Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 18449.
Abuso del diritto di impugnazione
Costituisce indice di mala fede o colpa grave – e, quindi, di abuso del diritto di impugnazione – la proposizione di un ricorso per cassazione con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione, ovvero senza avere adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione, non compiendo alcuno sforzo interpretativo, deduttivo ed argomentativo per mettere in discussione, con criteri e metodo di scientificità, il diritto vivente o la giurisprudenza consolidata, sia pure solo con riferimento alla fattispecie concreta.
Ordinanza|| n. 18449. Abuso del diritto di impugnazione
Data udienza 18 maggio 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Proprietà – Area demaniale – Rivendicazione – Accertamento – Prova – Lite temeraria – Risarcimento – esclusione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
Dott. CHIECA Danilo – Consigliere
Dott. TRAPUZZANO Cesare – rel. Consigliere
Dott. POLETTI Dianora – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 26827/2018) proposto da:
(OMISSIS) S.r.l., (P.IVA: (OMISSIS)), gia’ (OMISSIS) S.a.s., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende, unitamente all’Avv. (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.r.l., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, e (OMISSIS) S.r.l., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS), che le rappresenta e difende, unitamente all’Avv. (OMISSIS), giusta procure in calce al controricorso;
– controricorrenti –
e
(OMISSIS) S.n.c., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 1244/2018, pubblicata il 27 luglio 2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 18 maggio 2023 dal Consigliere relatore Dott. Cesare Trapuzzano;
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse delle parti, ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
FATTI DI CAUSA
1.- Con atto di citazione del 30 ottobre 2009, all’esito della previa proposizione di un procedimento monitorio per convalida di sfratto per morosita’ e di un procedimento possessorio di reintegrazione nel possesso, la (OMISSIS) S.r.l. conveniva, davanti al Tribunale di Chiavari, l’ (OMISSIS) S.a.s. e la (OMISSIS) S.n.c., affinche’ fosse accertato che l’immobile di proprieta’ dell’attrice, identificato nel nuovo catasto terreni del Comune di (OMISSIS) al foglio n. (OMISSIS), mappale n. (OMISSIS), latistante la strada provinciale n. (OMISSIS) – Portofino, era abusivamente occupato dalle societa’ convenute. Per l’effetto, chiedeva altresi’ che le convenute medesime fossero condannate all’immediato rilascio dell’immobile, con eliminazione delle opere realizzate, oltre al risarcimento dei danni.
Si costituivano in giudizio separatamente l’ (OMISSIS) S.a.s. e la (OMISSIS) S.n.c., le quali contestavano le pretese attoree, in quanto il terreno conteso era di proprieta’ demaniale, ramo Marina mercantile, e – in via riconvenzionale – chiedevano che l’attrice fosse condannata al risarcimento dei danni per l’instaurazione di una lite temeraria.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 595/2011, depositata il 13 settembre 2011, in accoglimento della domanda di rivendicazione avanzata da parte attrice, previo accertamento della proprieta’ del cespite controverso in favore della societa’ istante, condannava le societa’ convenute al rilascio dell’immobile in oggetto, all’eliminazione delle opere realizzate sullo stesso nonche’ alla rimozione della catena con lucchetto apposta sul cancello di accesso nel bene. Rigettava, invece, le ulteriori domande spiegate dalle parti.
In particolare, la pronuncia di prime cure deduceva: che il giudizio intrapreso non aveva natura possessoria, ma natura petitoria; che la legittimazione passiva sostanziale anche della (OMISSIS) non era esclusa dal rapporto di detenzione intrattenuto con la (OMISSIS); che la natura privata del terreno rivendicato emergeva dalla planimetria redatta da (OMISSIS), allegata alla richiesta di concessione presentata all’Ufficio demanio del Comune di (OMISSIS) per l’ultimo rinnovo in data 11 dicembre 2008, riportante la dicitura “individuazione e delimitazione dell’area in concessione demaniale”, dalla quale emergeva che l’area rivendicata non era oggetto della concessione demaniale; che anche la concessione del 20 giugno 2003, poi rinnovata, confermava l’assunto, poiche’ il suo allegato evidenziava in colore rosso la zona in concessione, dalla quale rimaneva escluso il terreno oggetto dell’azione di rivendica; che anche il contratto di affitto di azienda, stipulato il 31 marzo 2008 tra (OMISSIS) e (OMISSIS), riguardava i beni demaniali di cui ai mappali nn. (OMISSIS) e, dunque, non comprendeva il terreno in questione; che, invece, il certificato catastale prodotto dalle convenute doveva considerarsi superato dalle produzioni documentali della (OMISSIS), trattandosi di certificato di impianto, cioe’ relativo alla prima iscrizione a seguito dell’impianto meccanografico effettuata nel 1987, mentre dal certificato prodotto da parte attrice risultava che il mappale n. (OMISSIS) era stato originariamente iscritto al demanio, ma che poi l’iscrizione era stata modificata in sede di riordino fondiario del 30 aprile 1999, a seguito del quale l’immobile era stato iscritto a favore della (OMISSIS) per effetto della vendita del 3 luglio 1992; che, ancora, nessuna rilevanza probatoria aveva la cartografia S.I.D., le cui risultanze erano smentite dalla cartografia COGI, rilasciata dall’Agenzia del territorio, dalla quale poteva ricavarsi che il mappale n. (OMISSIS) non apparteneva al demanio marittimo, e cio’ in quanto i mappali di proprieta’ demaniale erano inseriti senza confini ed a tratteggio mentre i mappali di proprieta’ privata erano inseriti con effettivi confini; che il certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di (OMISSIS), al momento della stipula dell’atto di acquisto in favore della (OMISSIS), suffragava detta ricostruzione, risultando da esso che il mappale n. (OMISSIS) non era demaniale, ma era stato inserito nel piano regolatore generale del Comune in zona 10 di rispetto assoluto, cosicche’ ricadeva negli “insediamenti sparsi” del piano territoriale del coordinamento paesistico; che l’attrice aveva prodotto una serie ininterrotta di atti di acquisto continuativi, risalenti, sin dal 1901; che, inoltre, la (OMISSIS) aveva riconosciuto la proprieta’ dell’istante, stipulando con essa un contratto di locazione e ripristinando cosi’, a seguito di una presunta precedente occupazione abusiva, il possesso della (OMISSIS) sin dal 1990; che la pretesa risarcitoria era rimasta priva di riscontro probatorio.
2.- Con atto di citazione del 4 novembre 2011, proponeva appello l’ (OMISSIS) S.a.s., la quale lamentava: 1) l’erroneo disconoscimento di efficacia probatoria della cartografia S.I.D., che avrebbe avuto rilievo ai fini della dimostrazione della proprieta’; 2) la negazione della natura demaniale del terreno, pur trattandosi di pertinenza del lido marittimo e della spiaggia, con funzione strumentale diretta per l’uso pubblico; 3) la mancanza di prova della proprieta’ della rivendicante, sempre contestata dal demanio, stante l’inidoneita’ del titolo di acquisto prodotto dalla (OMISSIS); 4) l’esistenza di una servitu’ di uso pubblico; 5) ovvero l’esistenza del diritto di servitu’ coattiva di passaggio sul terreno controverso; 6) la ricorrenza dei presupposti per la condanna della controparte al risarcimento dei danni per lite temeraria.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la (OMISSIS) S.r.l., la quale instava per il rigetto del gravame e spiegava appello incidentale, con il quale chiedeva che fosse accolta la domanda di risarcimento dei danni per l’indebita occupazione del terreno protratta per circa dieci anni.
Si costituiva nel giudizio d’appello anche la (OMISSIS) S.n.c., la quale proponeva appello incidentale volto ad ottenere la riforma della pronuncia impugnata.
Nel corso del giudizio d’appello era espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Genova, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’appello principale e quello incidentale della (OMISSIS) e, in accoglimento dell’appello incidentale della (OMISSIS), condannava l’ (OMISSIS) al risarcimento dei danni per occupazione illegittima, nella misura di Euro 5.000,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
A sostegno dell’adottata pronuncia il Giudice d’appello rilevava, per quanto interessa in questa sede: a) che doveva essere confermata, ai fini di negare la natura demaniale del terreno, l’inidoneita’ della cartografia S.I.D., a fronte del riscontro di cui all’estratto cartografico COGI, redatto dall’Agenzia del territorio, che riportava tra i cespiti del demanio il solo mappale n. (OMISSIS), nonche’ di cui alla planimetria allegata all’istanza di concessione presentata da (OMISSIS) all’Ufficio del demanio del Comune di (OMISSIS) dell’11 dicembre 2008, che escludeva dalla concessione demaniale il mappale n. (OMISSIS); b) che tali dati erano confermati nell’elaborato del consulente tecnico d’ufficio, il quale – alle pag. da 77 a 80 – riproduceva due planimetrie, dalle quali risultava con sufficiente chiarezza che il mappale n. (OMISSIS) non ricadeva in area demaniale marittima, ma semplicemente confinava con essa per un lungo tratto, e – inoltre -, in risposta alle osservazioni del consulente di parte della (OMISSIS), alle pag. 76, 77, 78, 79 e 80, attestava che la concessione demaniale marittima interessava in modesta parte (recte infinitesimale) l’area censita nel nuovo catasto terreni con il mappale n. (OMISSIS); c) che la (OMISSIS) aveva dimostrato di avere acquistato l’immobile con atto di compravendita del 3 luglio 1992, i cui alienanti lo avevano ricevuto in eredita’ nel 1964 e nel 1971; d) che risultava, altresi’, in via documentale, ed era incontestato, che l’occupante abusivo (OMISSIS) S.a.s., nel 1993, aveva preso in affitto dalla (OMISSIS) l’appezzamento di terreno in questione, sicche’ la (OMISSIS) ne era stata possessore in buona fede, in forza di un valido titolo di acquisto, per oltre 10 anni, dovendo cosi’ ritenersi assolto l’onere probatorio della proprieta’ in testa al rivendicante, alla stregua della maturazione della fattispecie acquisitiva a titolo originario regolata dall’articolo 1159 c.c.; e) che le deduzioni in ordine all’integrazione di una servitu’ di uso pubblico e, in subordine, alla costituzione di una servitu’ coattiva di passaggio non erano state proposte nel giudizio di primo grado, sicche’ incorrevano nella censura di inammissibilita’ per divieto di introduzione di nova in appello; f) che la richiesta di condanna al pagamento di una somma a titolo di ristoro dei nocumenti per l’instaurazione di una lite temeraria, come avanzata dalla parte appellata (OMISSIS), non poteva trovare seguito, poiche’ l’equivoco in cui era incorsa l’appellante era il frutto del “disallineamento” rilevato dal consulente tecnico d’ufficio tra il mappale n. (OMISSIS) riportato nel nuovo catasto terreni e il mappale n. (OMISSIS) riportato nel nuovo catasto edilizio urbano (che riportava, quale particella n. (OMISSIS), una costruzione di proprieta’ demaniale confinante con il terreno per cui era causa), sovrapposizione di mappali che, seppure di modestissime dimensioni, poteva ingenerare confusione; g) che la domanda di risarcimento danni proposta dall’appellante incidentale (OMISSIS) doveva essere accolta, poiche’ tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) era stato stipulato un contratto di affitto per il canone annuo di vecchie Lire 400.000, importo a cui doveva farsi riferimento per la riparazione del pregiudizio conseguente all’occupazione abusiva dell’immobile, a decorrere dal 2003, nella misura equitativamente determinata di Euro 5.000,00; h) che l’ordine di demolizione poteva essere adottato nei confronti del possessore e dei suoi aventi causa; i) che nella comparsa di costituzione e risposta del 3 febbraio 2010, alla pag. 11, la societa’ (OMISSIS) aveva riconosciuto di svolgere attivita’ di ristorazione in ragione del contratto di affitto di azienda concluso con l’ (OMISSIS); l) che le opere abusive di cui era ordinata l’eliminazione erano specificamente elencate e descritte nella relazione peritale.
3.- Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, la (OMISSIS) S.r.l., gia’ (OMISSIS) S.a.s..
Hanno resistito con controricorso la (OMISSIS) S.r.l. e la (OMISSIS) S.r.l., la prima risultante dalla scissione della seconda, con assegnazione di parte del suo patrimonio, in forza di atto pubblico del 16 febbraio 2017.
E’ rimasta intimata la (OMISSIS) S.n.c..
4.- Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., per avere la Corte di merito confermato l’accoglimento dell’azione petitoria di rivendicazione, nonostante la societa’ rivendicante (OMISSIS) S.r.l. non avesse mai dimostrato la piena titolarita’ del diritto di proprieta’ sul terreno corrispondente al mappale n. (OMISSIS) del foglio n. (OMISSIS), iscritto nel nuovo catasto terreni del Comune di (OMISSIS).
Obietta l’istante che non sarebbe stato sufficiente provare l’acquisto a titolo derivativo, in forza dell’atto di compravendita prodotto, dovendo l’attore dimostrare altresi’ la proprieta’, in capo al proprio dante causa e cosi’ di seguito, fino alla dimostrazione di un acquisto a titolo originario, che avrebbe dovuto escludersi nel caso di specie, atteso il mancato possesso del bene e il suo carattere demaniale.
Lamenta, ancora, la ricorrente che gli atti di acquisto dei danti causa della (OMISSIS) non erano corredati dalla relativa nota di trascrizione, sicche’ erano ad essa inopponibili, ed inoltre contenevano la descrizione generica del bene trasferito, e non si riferivano specificamente al mappale n. (OMISSIS), ne’ sussisteva una serie ininterrotta di atti dai quali potesse desumersi la proprieta’ in favore della (OMISSIS), poiche’ gli atti del 1901 e del 1937 non si riferivano al mappale n. (OMISSIS) e l’atto del 1992 era antecedente ad una dichiarazione di successione, quale atto privato unilaterale che aveva un’attendibilita’ limitata.
In secondo luogo, l’istante contesta che l’immobile controverso fosse di proprieta’ della (OMISSIS), ricadendo invece nel demanio marittimo, come avrebbe potuto arguirsi dal certificato catastale urbano dell’8 luglio 2009, che riportava, con riguardo al mappale n. (OMISSIS), un’iscrizione in favore del Demanio dello Stato, ramo Marina mercantile, e dalla cartografia S.I.D., nella quale era evidenziata la “dividente demaniale”, ovvero la linea di demarcazione che divide il demanio marittimo dai beni di diversa appartenenza.
Senonche’, ad avviso della ricorrente, inspiegabilmente il Giudice del gravame avrebbe attribuito maggiore rilevanza al certificato catastale terreni, che riportava la proprieta’ in favore della (OMISSIS), e alla cartografia COGI redatta dall’Agenzia del territorio, che riportava nella proprieta’ demaniale il solo mappale n. (OMISSIS), nonche’ alla planimetria allegata alla richiesta di concessione presentata da (OMISSIS) all’Ufficio del demanio, e cio’ benche’ il consulente tecnico d’ufficio avesse dichiarato che la proprieta’ del demanio coinvolgeva i mappali nn. (OMISSIS) e che la concessione demaniale marittima interessava, seppure in modesta parte, l’area censita al nuovo catasto terreni con il mappale n. (OMISSIS).
2.- Con il secondo motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., in combinato disposto con gli articoli 99, 112, 113, 114, 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte del gravame disatteso le risultanze della disposta consulenza tecnica d’ufficio, alla stregua delle quali l’ausiliario incaricato avrebbe concluso nel senso che il bene in questione si sarebbe configurato come l’area, in parte coperta e in parte scoperta, di cui alle concessioni demaniali marittime rilasciate all’appellante (pag. 62 della relazione peritale).
Ad avviso dell’istante, lo stesso consulente tecnico d’ufficio avrebbe inoltre escluso che gli atti di provenienza anteriori alla compravendita del 3 luglio 1992, ivi compresa la dichiarazione di successione, quale mero atto unilaterale non probante, si riferissero specificamente al mappale n. (OMISSIS).
E il medesimo ausiliario del Giudice avrebbe riconosciuto efficacia probatoria alla cartografia S.I.D., sostenendo: che gli atti prodotti dalla societa’ (OMISSIS) non avevano provato l’asserita proprieta’ in capo alla stessa del terreno; che gli elaborati grafici allegati alla concessione demaniale marittima dimostravano la demanialita’ del terreno; che detta demanialita’ era comprovata dai riscontrati verbali di delimitazione provenienti dal Demanio e dalla Capitaneria di Porto.
3.- Con il terzo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 822 c.c., in combinato disposto con gli articoli 28 e 29 c.n., per avere la Corte territoriale escluso che l’area in questione ricadesse nel demanio marittimo, pur trattandosi di pertinenze che avrebbero esplicato una funzione strumentale diretta per l’uso pubblico del mare.
In proposito, l’istante osserva che il cancello, i gradini e le scale che portavano sulla spiaggia sarebbero ricaduti nel mappale n. (OMISSIS) ed avrebbero avuto lo scopo di garantire l’accesso alla spiaggia e al molo.
4.- Con il quarto motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1159 c.c., per avere la Corte distrettuale posto a fondamento del possesso esercitato dopo l’acquisto di cui all’atto pubblico del 3 luglio 1992 l’affitto concesso nel 1993 dalla (OMISSIS) alla (OMISSIS) S.a.s., senza considerare che tale contratto sarebbe stato tempestivamente contestato e disconosciuto, anche perche’ privo di data certa e inefficace.
Il che sarebbe stato comprovato anche dalla posizione processuale assunta dalla (OMISSIS), laddove aveva ammesso che nessun canone era stato mai pagato dall’affittuario.
4.1.- I quattro motivi – che possono essere affrontati congiuntamente, in quanto logicamente e giuridicamente connessi – sono infondati e devono essere disattesi.
4.2.- Sotto il primo profilo, si rileva che la parte che agisce in revindica ha l’onere di provare la sussistenza dell’asserita proprieta’ sulla cosa rivendicata, risalendo, anche attraverso i suoi danti causa, fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando il compimento dell’usucapione, laddove il convenuto puo’ trincerarsi dietro l’eccezione possideo quia possideo.
Senonche’, il titolo d’acquisto idoneo della proprieta’, ai fini dell’esercizio di detta azione petitoria, puo’ essere rappresentato anche da una fattispecie di usucapione abbreviata.
Nei termini anzidetti, il Giudice d’appello ha ritenuto che la prova della proprieta’ del rivendicante potesse essere desunta: a) dalla trascrizione dell’atto di vendita di cui all’atto pubblico del 3 luglio 1992 (le contestazioni della ricorrente sul mancato specifico riferimento alla particella n. (OMISSIS) e sul difetto della produzione delle note di trascrizione si riferiscono ai soli atti pregressi), quale atto astrattamente idoneo al trasferimento della particella n. (OMISSIS) in esso contemplata; b) dalla buona fede dell’acquirente (OMISSIS); c) dal possesso ininterrotto sin dall’atto di acquisto, esercitato indirettamente, a decorrere dal 1993, mediante la detenzione qualificata della (OMISSIS), in forza del contratto di affitto tra le parti stipulato e durato per oltre 10 anni.
Ebbene, l’onere della probatio diabolica deve ritenersi assolto, pur non identificandosi il concetto di dominus, nella disciplina della rivendica, con quello di semplice titolare, ma occorrendo, invece, anche che la titolarita’ risulti legittima.
In specie, l’acquisto a titolo originario puo’ essere determinato dalla protrazione del possesso per il tempo necessario alla usucapione ordinaria o abbreviata, la prima delle quali si verifica quando manchi del tutto un titolo derivativo o lo stesso, da chiunque provenga, e cioe’ a domino o a non domino, sia nullo o, comunque, affetto da vizi che lo rendano inidoneo al trasferimento della proprieta’, mentre la seconda (decennale) si verifica solo se ricorrano i requisiti della buona fede, del titolo idoneo e della trascrizione, ed e’ inapplicabile nell’ipotesi di acquisto a domino.
Pertanto, il rivendicante, per assolvere all’onere probatorio gravante a suo carico, deve dimostrare: 1) o che egli e’ fornito di un valido titolo derivativo proveniente, direttamente o tramite i suoi autori, da un soggetto cui possa (anche per la eventuale mancata contestazione del convenuto sul punto) attribuirsi la qualita’ di dominus nel senso precisato di legittimo titolare della proprieta’ del bene in contestazione; 2) o che, essendo privo di un idoneo titolo derivativo, abbia posseduto (egli stesso i suoi danti causa) per il tempo necessario all’usucapione ordinaria; 3) o che, essendo fornito (egli o il suo dante causa) di un titolo trascritto idoneo al trasferimento della proprieta’, ma proveniente a non domino, ed avendo effettuato (egli e il suo dante causa) l’acquisto stesso in buona fede, abbia posseduto (egli e il dante causa) per il tempo necessario alla maturazione dell’usucapione abbreviata; 4) o che abbia acquistato la proprieta’ in altro modo originario – alluvione, accessione, atti costitutivi – (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2325 del 18/08/1964).
Nella fattispecie, evocando la fattispecie di cui all’articolo 1159 c.c., la Corte d’appello ha implicitamente riconosciuto, conformemente all’assunto della stessa ricorrente e secondo i richiamati rilievi del consulente d’ufficio, che i precedenti atti di acquisto non si riferivano specificamente alla particella n. (OMISSIS) e che, quindi, la (OMISSIS), con l’atto traslativo del 3 luglio 1992, aveva acquistato a non domino, in base ad un titolo astrattamente idoneo e debitamente trascritto, cui seguiva il possesso in buona fede per oltre 10 anni, sebbene detto potere di fatto (mediato o indiretto) fosse stato esercitato a mezzo di altro soggetto, cui era stata concessa la detenzione qualificata, ai sensi dell’articolo 1140 c.c., comma 2 (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24060 del 03/08/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 24175 del 08/09/2021; Sez. 2, Sentenza n. 3076 del 16/02/2005; Sez. 2, Sentenza n. 3230 del 27/05/1982; Sez. 2, Sentenza n. 4756 del 07/11/1977).
4.3.- Quanto alla contestazione dell’effettiva riconducibilita’ alla (OMISSIS) dello stipulato contratto d’affitto, il rilievo e’ inammissibile perche’ aspecifico.
Non e’ infatti precisato, in alcun modo, in quale contesto processuale sia stata formalmente negata la conclusione di tale contratto, e cio’ a fronte delle opposte obiezioni della controricorrente, che riporta un puntuale passaggio della comparsa di risposta, nel quale la (OMISSIS) avrebbe espressamente ammesso l’esistenza dell’affitto (affermando che il terreno in questione le era pervenuto in virtu’ di un contratto di cessione di azienda da (OMISSIS) S.a.s., la quale lo deteneva in virtu’ di un contratto di locazione con la (OMISSIS) S.r.l.).
D’altronde, il richiamo al mancato pagamento dei canoni non e’ emblematico del disconoscimento dell’effettiva esistenza di un contratto di locazione, bensi’ del mero inadempimento, sul presupposto che il contratto fosse stato concluso.
4.4.- Con riferimento alla prospettata esclusione della natura demaniale del terreno, quale ragione inibitoria della rivendica, la censura si traduce in una mera critica dell’apprezzamento del giudice di merito, tanto sulla prevalenza attribuita alla richiamata documentazione probatoria, quanto sull’adesione ai rilievi tecnici del consulente d’ufficio nominato, sia pure all’esito delle obiezioni mosse dal consulente della parte appellata.
Segnatamente il Giudice del gravame ha dato adeguata contezza delle ragioni per le quali non avrebbe potuto attribuirsi un peso dirimente alla cartografia S.I.D., a fronte del riscontro di cui all’estratto cartografico COGI, redatto dall’Agenzia del territorio, che riportava tra i cespiti del demanio il solo mappale n. (OMISSIS), nonche’ di cui alla planimetria allegata all’istanza di concessione, presentata da (OMISSIS) all’Ufficio del demanio del Comune di (OMISSIS) l’11 dicembre 2008, che escludeva appunto dalla concessione demaniale il mappale n. (OMISSIS).
Ha altresi’ chiarito l’equivoco ingenerato dal “disallineamento” rilevato dal consulente tecnico d’ufficio tra il mappale n. (OMISSIS), riportato nel nuovo catasto terreni, e il mappale n. (OMISSIS), riportato nel nuovo catasto edilizio urbano (che riportava, quale particella n. (OMISSIS), una costruzione di proprieta’ demaniale confinante con il terreno), sicche’ avrebbe dovuto assegnarsi valenza decisiva alle sole risultanze di cui al catasto terreni.
La Corte d’appello ha ancora evidenziato, con logiche argomentazioni, che la conclusione sulla natura non demaniale del terreno corrispondente al mappale n. (OMISSIS) era confermata nell’elaborato del consulente tecnico d’ufficio, il quale – alle pag. da 77 a 80 – riproduceva due planimetrie, dalle quali risultava con sufficiente chiarezza che il mappale n. (OMISSIS) non ricadeva in area demaniale marittima, ma semplicemente confinava con essa per un lungo tratto.
Ha, inoltre, esposto che, in risposta alle osservazioni del consulente di parte della (OMISSIS), alle pag. 76, 77, 78, 79 e 80, l’ausiliario tecnico aveva sostenuto che la concessione demaniale marittima interessava in modesta parte (recte infinitesimale) l’area censita nel nuovo catasto terreni con il mappale n. (OMISSIS) (evidentemente mutando le precedenti ponderazioni espresse a pag. 62).
Precipuamente, all’esito di riscontro in atti, si ricava che, a pag. 62 della relazione peritale, l’ausiliario incaricato ha sostenuto che, sulla base degli elaborati prodotti nei fascicoli di parte nonche’ di quelli forniti direttamente dal Demanio, sono coinvolti gli immobili che risultano catastalmente censiti al foglio n. (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS), con i mappali nn. (OMISSIS), in virtu’ di una perimetrazione segnata in linea rossa tratteggiata, che rappresenta specifica manifestazione di volonta’ di utilizzazione di una determinata superficie secondo una determinata destinazione d’uso, da dichiarare al momento della richiesta di concessione nonche’ nelle successive richieste di rinnovo.
Dopodiche’, nel rispondere alle osservazioni dei consulenti tecnici di parte, a pag. 76, il consulente d’ufficio ha chiarito che vi e’ un “disallineamento” tra il mappale n. (OMISSIS) del nuovo catasto edilizio urbano, rappresentato da un piccolo corpo di fabbrica che nell’odierna mappa del nuovo catasto risulta contraddistinto con il mappale n. (OMISSIS), e il mappale n. (OMISSIS) del nuovo catasto terreni, pressoche’ interamente costituito da due rampe di scale ed un tratto di scogliera in parte sistemata a modeste aiuole. All’esito, il perito incaricato ha rilevato che le concessioni demaniali marittime rilasciate all’appellante sono relative ai terreni di cui ai mappali nn. (OMISSIS) del foglio n. (OMISSIS) e non hanno mai riguardato il mappale n. (OMISSIS) dello stesso foglio, quale oggetto di causa, come da illustrazioni grafiche di cui alle pagine seguenti.
Ha precisato, altresi’, a pag. 80, che la proprieta’ del terreno di cui trattasi, in capo alla (OMISSIS), non e’ mai stata contestata dal demanio marittimo e dal Comune di (OMISSIS).
A fronte di questa argomentata ricostruzione, la doglianza articolata si indirizza in termini avversativi nei confronti della valutazione dei fatti, di cui si auspica una rinnovata disamina, aspetto non sindacabile in sede di legittimita’, non potendo la Corte compiere una loro ponderazione alternativa, rimessa, invece, in via esclusiva al giudice di merito (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 20553 del 19/07/2021; Sez. 3, Sentenza n. 15276 del 01/06/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U., Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017).
4.5.- Ancora, il Giudice del gravame ha debitamente escluso, alla luce delle risultanze in atti, che tale area rientrasse nell’ambito del demanio all’esito della consulenza esperita.
Non e’ stata altresi’ acclarata la natura pertinenziale di tale area, rispetto ai beni del demanio marittimo necessario.
Peraltro, l’articolo 29 c.n., riconosce il carattere di pertinenze del demanio marittimo alle costruzioni e alle opere esistenti entro i limiti del demanio stesso e del mare territoriale che sono di proprieta’ dello Stato. Diversamente, pertanto, dai beni del demanio marittimo necessario, che l’articolo 28 dello stesso codice individua in beni di origine naturale, la cui proprieta’ non puo’ essere che pubblica, le costruzioni e le opere anzidette possono appartenere, nel regime giuridico vigente, anche a privati (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 968 del 14/02/1979; Sez. U., Sentenza n. 849 del 02/05/1962).
In ultimo, si sottolinea che, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6774 del 01/03/2022; Sez. 6-2, Ordinanza n. 27847 del 12/10/2021; Sez. U., Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Sez. 6-1, Ordinanza n. 1229 del 17/01/2019).
5.- Con il quinto motivo la ricorrente si duole, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., in combinato disposto con l’articolo 825 c.c., per avere la Corte d’appello ritenuto inammissibile, per l’introduzione di nova in sede di gravame, l’eccezione subordinata sollevata dall’appellante principale, secondo cui il tratto in contestazione sarebbe stato da oltre un ventennio gravato da una servitu’ di uso pubblico, costituendo da sempre unica via di accesso al bene demaniale oggetto di concessione in favore della (OMISSIS) e alla spiaggia libera ubicata a sinistra della scaletta.
6.- Con il sesto motivo la ricorrente censura, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 345 c.p.c., in combinato disposto con l’articolo 1052 c.c., per avere la Corte territoriale statuito in ordine alla inammissibilita’ della domanda formulata in via subordinata di costituzione di una servitu’ coattiva di passaggio sull’area in questione, per divieto di nova in appello.
Secondo l’istante, attraverso tale richiesta, in realta’ non sarebbe stato mutato l’oggetto della pretesa sotto il profilo del petitum mediato, inteso come richiesta di attribuzione di un bene determinato.
6.1.- I due motivi – che possono essere scrutinati congiuntamente – sono infondati.
Nella fattispecie l’odierna ricorrente nel primo grado del giudizio non ha proposto alcuna domanda, se non la pretesa di risarcimento del danno per lite temeraria.
Inoltre, si e’ difesa rispetto alla domanda di rivendicazione della proprieta’ proposta dalla controparte esclusivamente adducendo le seguenti due circostanze: l’assenza di un comprovato titolo dominicale in capo al rivendicante e la natura demaniale del terreno rivendicato.
Orbene, a fronte della posizione difensiva assunta nel primo grado di giudizio, la proposizione di un’eccezione riconvenzionale volta a far valere la servitu’ di uso pubblico, ovvero di una domanda riconvenzionale volta ad ottenere la costituzione di una servitu’ coattiva di passaggio, rappresentano rispettivamente eccezioni e domande nuove, non proponibili in appello, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., commi 1 e 2.
Anche rispetto alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio, le due pretese sono indirizzate a far valere diritti prima mai azionati, peraltro basati su un corredo fattuale innovativo, che avrebbe richiesto la dimostrazione di circostanze ulteriori in sede di gravame, ossia dei fatti costitutivi delle reclamate servitu’ attributive di un bene della vita formalmente e sostanzialmente eterogeneo rispetto alla mera difesa assunta avverso la domanda di revindica spiegata dalla controparte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18299 del 19/09/2016; Sez. 1, Sentenza n. 26905 del 10/11/2008; Sez. 2, Sentenza n. 4034 del 21/02/2007).
Non si tratta, dunque, di un mero adeguamento in una direzione piu’ idonea a legittimare la concreta attribuzione del bene materiale oggetto dell’originaria domanda, peraltro mai proposta dalla (OMISSIS) nel giudizio di prime cure.
7.- Con il settimo motivo la ricorrente contesta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 96 c.p.c., per avere la Corte distrettuale rigettato la domanda di condanna al risarcimento del danno per l’instaurazione di una lite temeraria, in conseguenza dell’accoglimento della domanda di rivendicazione, sicche’ l’infondatezza dell’azione petitoria spiegata avrebbe giustificato tale ulteriore riconoscimento processuale.
7.1.- Il motivo e’ inammissibile.
Esso, in realta’, e’ un “non motivo”, poiche’ e’ stato prospettato come mero precipitato dell’accoglimento dei superiori motivi, ossia quale conseguenza del rigetto della domanda di rivendicazione.
8.- Conseguentemente il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e i compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
In adesione all’istanza dei controricorrenti, la ricorrente deve essere altresi’ condannata al pagamento, in favore di detti controricorrenti, di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 3, vigente ratione temporis, nella misura di un quarto delle spese di lite, avendo impostato l’intrapreso giudizio di legittimita’ sulla parziale e fuorviante valorizzazione – imputabile almeno a colpa grave – degli esiti interlocutori della consulenza tecnica d’ufficio disposta nel giudizio di gravame e trascurato, per converso, le conclusioni finali espresse dal tecnico d’ufficio, in conseguenza della risposta ai rilievi del consulente tecnico di parte (in ordine alla perentoria negazione della natura demaniale della superficie identificata dal mappale n. (OMISSIS) del foglio n. (OMISSIS) del catasto terreni del Comune di (OMISSIS)).
Ora, costituisce indice di mala fede o colpa grave – e, quindi, di abuso del diritto di impugnazione – la proposizione di un ricorso per cassazione con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione, ovvero senza avere adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione, non compiendo alcuno sforzo interpretativo, deduttivo ed argomentativo per mettere in discussione, con criteri e metodo di scientificita’, il diritto vivente o la giurisprudenza consolidata, sia pure solo con riferimento alla fattispecie concreta (Cass. Sez. U., Ordinanza n. 32001 del 28/10/2022; Sez. 3, Ordinanza n. 4430 del 11/02/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 38528 del 06/12/2021; Sez. 3, Sentenza n. 19285 del 29/09/2016).
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Condanna altresi’ la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, di una somma equitativamente determinata, che si liquida in complessivi Euro 1.250,00.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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