Consiglio di Stato
sezione VI
sentenza 8 luglio 2015, n. 3400
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE SESTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7435 del 2014, proposto da:
Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, Ufficio scolastico regionale per L’Abruzzo, Istituto Comprensivo Collodi – Marini di Avezzano, USP di Teramo, in persona dei rispetti rappresentanti legali, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, Via (…);
contro
Mo.Al., Bu.Em., non costituiti in questo grado;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO – L’AQUILA: SEZIONE I n. 255/2014, resa tra le parti, concernente risarcimento del danno da mancata assegnazione di ore di sostegno;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 9 giugno 2015, il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e udito per la parte appellante l’avvocato dello Stato Pa.Sa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo19 marzo 2014 n. 255, che ha accolto il ricorso di Mo.Al. e Bu.Ma., nella qualità di genitori esercenti la potestà sul minore di cui in atti, ed ha riconosciuto loro il risarcimento del danno conseguente alla mancata assegnazione al predetto minore di un numero sufficiente di ore di sostegno durante l’anno scolastico 2012-2013.
La sentenza ha condannato l’Amministrazione scolastica al pagamento, al predetto titolo, della somma di euro 5.000 in favore degli odierni appellati, sul rilievo che il minore avesse fruito per quattro mesi soltanto di nove ore (a fronte delle diciotto ore di sostegno a lui spettanti) e che solo tardivamente la scuola media di Avezzano frequentata dal minore gli avrebbe dapprima assegnato un secondo insegnante di sostegno e soltanto a decorrere dal nuovo anno 2013-2014 avrebbe garantito al minore il corretto rapporto di ore di sostegno utili al proficuo apprendimento degli insegnamenti scolastici.
L’Amministrazione appellante si duole dell’erroneità della impugnata sentenza e ne chiede la riforma ravvisando una carenza motivazionale della stessa sulla eccezione dalla stessa sollevata in primo grado in punto di mancata allegazione e dimostrazione del danno in concreto subito dal minore.
All’udienza pubblica del 9 giugno 2015 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
2.- L’appello è fondato e va accolto nei sensi di cui appresso.
Deve convenirsi con l’appellante Amministrazione che la sentenza di primo grado abbia dato per scontato ciò che avrebbe dovuto rappresentare oggetto quantomeno di un principio di prova, e cioè che il minore abbia subìto “micro-pregiudizi”per effetto della mancata assegnazione di un numero sufficiente di ore di sostegno e che detto pregiudizio sia pertanto meritevole di riparazione per equivalente, a mezzo di un ristoro patrimoniale.
Il Collegio non ha motivo di discostarsi dall’orientamento della Sezione (cfr. in termini, Cons. Stato, VI, 30 aprile 2013 n. 2373) secondo cui anche il danno non patrimoniale, configurabile quale danno-conseguenza derivante dall’effettiva lesione di specifici beni/valori oggetto di tutela (e non quale mero danno-evento), deve essere puntualmente allegato e dimostrato nella sua consistenza, se del caso – e sussistendone le condizioni legittimanti – attraverso il ricorso a presunzioni.
Vale, sul punto, rammentare l’orientamento della Corte di cassazione che, proprio in tema di danno non patrimoniale, ha considerato che laddove si accedesse all’opposta tesi del danno in re ipsa, si finirebbe per snaturare la funzione stessa del risarcimento, il quale non conseguirebbe all’effettivo accertamento di un danno, ma si atteggerebbe alla stregua di vera e propria pena privata per un comportamento illecito (in tal senso: Cass., SS:UU., 11 novembre 2008, n. 26972; 11 novembre 2008, n. 26973).
E’ stato quindi affermato che anche il danno non patrimoniale va sempre allegato e provato dal danneggiato (ovvero, come nel caso in esame, dal suo rappresentante legale) in quanto, come si osserva anche in dottrina, l’onere della prova non dipende dalla qualificazione del pregiudizio in termini di “danno-conseguenza”, tutti i danni extracontrattuali dovendo essere provati da chi ne pretende il risarcimento; pertanto anche il danno non patrimoniale va provato nelle sue distinte componenti, e la prova può essere data con ogni mezzo (in tal senso: Cass., 5 ottobre 2009, n. 21223; 22 luglio 2009, n. 17101).
Nella fattispecie, il Collegio osserva come i ricorrenti di primo grado non abbiano allegato alcun elemento concreto atto a confermare che l’illegittimità conseguente alla mancata assegnazione di un congruo numero di ore di sostegno(all’apprendimento scolastico) realizzata con l’atto impugnato in primo grado abbia effettivamente arrecato alla sfera giuridica del minore disabile un pregiudizio suscettibile di ristoro patrimoniale.
Nel caso in esame la prova in questione sarebbe risultata tanto più rilevante, laddove si osservi che solo limitatamente ad una frazione dell’anno scolastico 2012-2013 (e cioè durante il primo quadrimestre) il minore è rimasto sfornito di un adeguata attività di sostegno (che per vero mai è mancata del tutto), avendo la scuola provveduto ad assegnare al minore (già dal secondo quadrimestre dell’anno scolastico 2012-2013) un secondo insegnante di sostegno e poi, a partire dal successivo anno scolastico, un unico insegnante che ha garantito al minore le ore di sostegno di cui lo stesso necessitava.
A fronte di tali evidenze fattuali, e tenuto conto che il diritto particolare all’assistenza scolastica non è un diritto incondizionato (dovendo coniugarsi e essere posto in giusta e ragionevole proporzione con le esigenze generali rivenienti dalla limitatezza delle risorse finanziarie degli istituti scolastici), emerge qui che l’istituzione scolastica si sia adoperata per venire incontro alle esigenze del minore sia pur non assicurando allo stesso una integrità e continuità del servizio assistenziale di cui il minore assumeva aver bisogno. Nondimeno, anche a tutto voler concedere, nessun elemento è stato addotto né potrebbe desumersi dagli atti di causa riguardo alle conseguenze pregiudizievoli che da una tale circostanza siano derivate al minore. Questi non risulta aver contratto, in conseguenza dell’assunta non completa attività assistenziale, deficit cognitivi che abbiano pregiudicato il suo corso di studi (tanto vero che è stato ammesso alla classe successiva) ovvero turbamenti dell’animo che abbiano inciso in peius sulla qualità della sua vita.
3. Per le ragioni sin qui esaminate la sentenza è meritevole di riforma laddove, pur in carenza di adeguate allegazioni probatorie in ordine alla sussistenza e alla consistenza del danno asseritamente patito dal minore, ha affermato che lo stesso dovesse essere ristorato in una misura equitativamente determinata.
In conclusione, alla luce dei rilievi che precedono, l’appello deve essere accolto e, in riforma dell’impugnata sentenza, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
4. Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, tenuto conto della particolarità della vicenda
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello (RG n.7435/14), come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 giugno 2015 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Maurizio Meschino – Consigliere
Gabriella De Michele – Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg – Consigliere, Estensore
Roberta Vigotti – Consigliere
Depositata in Segreteria l’8 luglio 2015.
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