Ordinanza  16/2014
Giudizio
Presidente SILVESTRI – Redattore CRISCUOLO
Camera di Consiglio del 15/01/2014    Decisione  del 28/01/2014
Deposito del 30/01/2014   Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:Art. 157, c. 5°, del codice penale.
Massime:
Atti decisi:ord. 183/2013

ORDINANZA N. 16

ANNO 2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Gaetano SILVESTRI; Giudici : Luigi                  MAZZELLA, Sabino                 CASSESE, Giuseppe               TESAURO, Paolo Maria            NAPOLITANO, Giuseppe               FRIGO, Alessandro             CRISCUOLO, Paolo                  GROSSI, Giorgio                LATTANZI, Aldo                   CAROSI, Marta                  CARTABIA, Sergio                 MATTARELLA, Mario Rosario          MORELLI, Giancarlo              CORAGGIO,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 157, quinto comma, del codice penale, promosso dal Tribunale ordinario di Firenze, sezione distaccata di Empoli, nel procedimento penale a carico di S.S. ed altro, con ordinanza del 29 marzo 2007, iscritta al n. 183 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 15 gennaio 2014 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Firenze, sezione distaccata di Empoli, con ordinanza del 29 marzo 2007 (r.o. n. 183 del 2013), pervenuta alla Corte costituzionale il 13 novembre 2012, ha sollevato – in riferimento all’art. 3 della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’art. 157, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), «nella parte in cui non prevede che il termine triennale di prescrizione non possa trovare applicazione con riferimento anche agli altri reati attribuiti alla competenza del Giudice di pace puniti con pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria»;

che, secondo il rimettente, il termine triennale di prescrizione fissato dalla norma censurata troverebbe effettiva applicazione con riguardo ai reati attribuiti alla competenza del giudice di pace, per i quali possono essere irrogate le sanzioni «paradetentive» della permanenza domiciliare e del lavoro di pubblica utilità (art. 52 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, recante «Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468»);

che nel giudizio a quo si procede, secondo quanto riferito dal rimettente, per il reato di lesioni personali (art. 582 cod. pen.), nonché per i reati di ingiuria (art. 594 cod. pen.) e minaccia (art. 612 cod. pen.);

che per la seconda e la terza fattispecie di reato non sono applicabili le sanzioni «paradetentive»;

che la prescrizione triennale prevista dall’art. 157, quinto comma, cod. pen., sarebbe quindi applicabile al reato più grave di lesioni personali, punibile, ai sensi dell’art. 52, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 274 del 2000, con pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, ma non ai reati meno gravi di ingiuria e minaccia, punibili, ai sensi dell’art. 52, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 274 del 2000, con la sola pena pecuniaria;

che per i delitti meno gravi, puniti con la sola pena pecuniaria, il tempo necessario a prescrivere sarebbe di sei anni, secondo il disposto del primo comma dell’art. 157 cod. pen.;

che, in questo quadro, ad avviso del rimettente la questione di legittimità costituzionale sollevata dai difensori con riferimento all’art. 3 Cost. non sarebbe manifestamente infondata;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in giudizio con atto depositato il 24 settembre 2013, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;

che la difesa dello Stato ricorda come, con diversi provvedimenti (sono citate la sentenza n. 2 del 2008 e l’ordinanza n. 223 del 2008), la Corte costituzionale abbia già ritenuto infondate questioni dello stesso genere;

che in particolare, secondo la stessa Avvocatura, un unico termine triennale di prescrizione varrebbe per tutti i reati di competenza del giudice di pace, così da restare esclusa ogni ingiustificata disparità di trattamento.

Considerato che la questione sollevata dal Tribunale ordinario di Firenze, sezione distaccata di Empoli, relativamente al quinto comma dell’art. 157 del codice penale, è manifestamente inammissibile;

che, infatti, l’ordinanza di rimessione risulta priva di un’adeguata descrizione della fattispecie concreta;

che, in particolare, il giudice rimettente ha omesso di indicare quali fossero i capi di imputazione, limitandosi ad enunciare le norme incriminatrici poste ad oggetto della contestazione, e neppure ha riferito la data di commissione dei reati;

che il giudice a quo non ha fornito informazioni circa il corso della prescrizione e l’esistenza di eventuali cause di interruzione o sospensione;

che tali carenze precludono a questa Corte la possibilità di svolgere ogni controllo sulla rilevanza della questione nel giudizio a quo;

che, infine, il rimettente non ha esposto con sufficiente chiarezza le ragioni del ritenuto contrasto tra la norma censurata e l’art. 3 Cost.;

che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, sono inammissibili le questioni caratterizzate da genericità della prospettazione, omessa indicazione del contenuto dei parametri di riferimento e carente motivazione in ordine alle ragioni per cui le disposizioni censurate ne comporterebbero la violazione (ex plurimis: sentenze n. 326 e n. 168 del 2008, n. 38 del 2007; ordinanze n. 48 del 2012, n. 175 del 2009);

Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi 

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 157, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze, sezione distaccata di Empoli, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 2014.

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2014.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella MELATTI

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