Consiglio di Stato, sezione sesta, Ordinanza 8 ottobre 2018, n. 5760.
La massima estrapolata:
Si definisce “impianto a cogenerazione” qualsiasi impianto che produca contemporaneamente più forme di energia; l’impianto a cogenerazione che produca contemporaneamente energia elettrica e calore può poi avere un “indice energetico” favorevole, ovvero garantire un significativo risparmio di energia rispetto a quanto si consumerebbe mediante produzioni separate di elettricità e calore nelle stesse quantità . Un impianto di cogenerazione può poi funzionare con i combustibili più diversi, dai tradizionali combustibili fossili, come il gas naturale e i derivati del petrolio, alle cd biomasse, ovvero rifiuti non pericolosi costituiti da scarti organici di qualunque tipo, come gli scarti della lavorazione del legno o di alcuni prodotti alimentari.
Ordinanza 8 ottobre 2018, n. 5760
Data udienza 4 ottobre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 2634 del 2016, proposto dalla società :
Ta. En. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ma. Al. e Ri. Vi., con domicilio eletto presso lo studio legale De. Es. e associati presso lo studio legale Vi. in Roma, via (…);
contro
l’Autorità per energia, reti e ambiente – ARERA, già Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico -AEEGSI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
il Gestore dei servizi energetici – GSE S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ar. Po., con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via (…);
per la riforma parziale
previa sospensione
della sentenza del TAR Lombardia, sede di Milano, sezione II 4 marzo 2016 n. 439, resa fra le parti, la quale ha pronunciato sul ricorso n. 1623/2014 R.G., integrato da motivi aggiunti, proposto per l’annullamento:
(A – ricorso principale)
a) della deliberazione 27 febbraio 2014 n. 75 2014 E EFR della Autorità garante per l’energia, il gas ed il sistema idrico – AEEGSI, ora Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente – ARERA;
b) della nota 12 dicembre 2013 prot. n. P20130239291 del Gestore dei servizi energetici – GSE;
c) del chiarimento 25 giugno 2010 della AEEGSI sui prezzi di ritiro dell’energia elettrica;
d) della nota prot. n. P20120099570 del GSE;
(B – primi motivi aggiunti)
e) del provvedimento 30 giugno 2014 n. 5795 della AEEGSI;
f) della nota 4 luglio 2014 prot. n. P20140070395 del GSE;
(C – secondi motivi aggiunti)
g) del provvedimento 17 settembre 2014 prot. n. 7204 della CCSE;
(D- terzi motivi aggiunti)
d) del provvedimento 24 dicembre 2014 prot. n. P20140187240 del GSE;
provvedimenti tutti concernenti il recupero di somme asseritamente percepite senza titolo per la gestione di un impianto a cogenerazione per la produzione di energia elettrica da biomasse e rifiuti non pericolosi, situato a (omissis), in via (omissis), di proprietà della Ta. En. S.r.l.
In particolare, la sentenza ha respinto il ricorso principale, dichiarato in parte inammissibile e in parte improcedibili i primi motivi aggiunti, respinto i secondi motivi aggiunti e accolto in parte i terzi motivi aggiunti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità e del Gestore;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2018 il Cons. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti gli avvocati Da. Pa., per delega di Ri. Vi., e Ar. Po.;
Rilevato che:
– la ricorrente appellante gestisce in Comune di (omissis) un impianto di cogenerazione del tipo visto, che produce energia elettrica e la cede alla rete; produce altresì vapore, impiegato nel ciclo produttivo di un vicino oleificio.
– in generale, e come fatto notorio nel relativo ambito scientifico, si definisce “impianto a cogenerazione” qualsiasi impianto che produca contemporaneamente più forme di energia; l’impianto a cogenerazione che produca contemporaneamente energia elettrica e calore può poi avere un “indice energetico” favorevole, ovvero garantire un significativo risparmio di energia rispetto a quanto si consumerebbe mediante produzioni separate di elettricità e calore nelle stesse quantità . Un impianto di cogenerazione può poi funzionare con i combustibili più diversi, dai tradizionali combustibili fossili, come il gas naturale e i derivati del petrolio, alle cd biomasse, ovvero rifiuti non pericolosi costituiti da scarti organici di qualunque tipo, come gli scarti della lavorazione del legno o di alcuni prodotti alimentari;
– l’impianto in questione fruisce di una serie di incentivi economici, nei termini di cui appresso, poiché l’impiego di cogeneratori è incentivato dal vigente ordinamento, allorquando risponda appunto a determinati parametri tecnici di efficienza;
– gli incentivi in questione si fondano anzitutto sulla l. 9 gennaio 1991 n. 9, recante “Norme per l’attuazione del nuovo Piano energetico nazionale”, volta ad incentivare la realizzazione nel nostro Paese di impianti produttivi di energia elettrica i quali garantissero una capacità ulteriore rispetto all’E., il monopolista pubblico di allora. Per quanto interessa, la l. 9/1991 all’art. 20prevedeva in particolare il regime giuridico degli impianti di produzione a mezzo delle “fonti rinnovabili”, nonché delle “fonti assimilate alle rinnovabili”, categoria oggi abrogata, che è quella che rileva in questa causa. Ne fanno parte gli impianti di cogenerazione che funzionano bruciando la biomassa, come quello per cui è causa, i quali sono quindi incentivati non solo in quanto cogeneratori efficienti, ma anche in quanto cogeneratori i quali utilizzino il combustibile di cui si è detto. In particolare, l’art. 20 l. 9/1991 prevede al comma 4 che “La cessione, lo scambio, la produzione per conto terzi e il vettoriamento dell’energia elettrica prodotta dagli impianti di cui al presente articolo sono regolati da apposite convenzioni con l’E. in conformità ad una convenzione tipo, approvata dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sentite le regioni, che terrà conto del necessario coordinamento dei programmi realizzativi nel settore elettrico nei diversi ambiti territoriali”, convenzioni che, venuta meno la posizione dell’E. come monopolista pubblico, sono state poi stipulate con il Gestore della rete di trasmissione nazionale-GTRN, ora denominato Gestore dei servizi energetici – GSE. Sempre l’art. 20 della l. 9/1991 prevedeva nel testo originario al comma 5 che “I prezzi relativi alla cessione, alla produzione per conto dell’E., al vettoriamento ed i parametri relativi allo scambio vengono definiti dal CIP” ovvero, dal Comitato interministeriale prezzi, oggi abolito- “entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge ed aggiornati con cadenza almeno biennale, assicurando prezzi e parametri incentivanti nel caso di nuova produzione di energia elettrica ottenuta da fonti energetiche di cui al comma 1. Nel caso di impianti che utilizzano fonti energetiche assimilate a quelle rinnovabili, il CIP definisce altresì le condizioni tecniche generali per l’assimilabilità “.
– in attuazione di tale normativa, è stato quindi emanato il provvedimento del CIP 29 aprile 1992 n. 6, noto come “CIP 6/92”, successivamente integrato e modificato dal D.M. Industria 4 agosto 1994, che prevede appunto i parametri tecnici di cui s’è detto, e in particolare disciplina gli impianti “assimilabili”, ovvero alimentati a biomassa. In proposito, va precisato che, in generale, tali impianti non utilizzano soltanto biomassa come combustibile, ma per funzionare necessitano anche di una quota, più o meno elevata, di combustibili fossili tradizionali. Il provvedimento CIP 6/92 prevede allora anzitutto che gli stessi impianti possano fruire dell’incentivo solo quando presentino un indice energetico pari ad almeno un valore dato. Ciò traduce in termini matematici l’esigenza di erogare l’incentivo solo nei casi in cui l’energia prodotta utilizzando la biomassa sia superiore in modo apprezzabile a quella prodotta mediante i combustibili fossili tradizionali: nel calcolo del valore caratteristico di ogni impianto entra com’è ovvio l’energia prodotta globalmente dall’impianto, da cui si deve sottrarre l’energia prodotta mediante i combustibili fossili commerciali; entra però anche una grandezza ulteriore, ovvero l’energia assorbita dai servizi ausiliari di impianto, che va pure sottratta dall’energia globale, per un ragionamento ana a quello per cui per conoscere il prezzo di una merce venduta a peso lordo, corrispondente all’energia totale di impianto, si deve sottrarre la tara, appunto l’energia per i servizi ausiliari.
– il provvedimento CIP 6/92, in base alla modifica apportata dal D.M. 4 agosto 1994, sempre in relazione alla descritta caratteristica degli impianti a biomasse, prevede poi un indice ulteriore, la quantità strettamente indispensabile – QSI dei combustibili fossili commerciali, a significare che l’impianto, il quale pure abbia il richiesto indice energetico, ma in concreto utilizzi più combustibili fossili dell’indispensabile, vede diminuire l’incentivo riconosciutogli: invece di cedere l’energia prodotta ad un prezzo costante prefissato, si vede applicare la tariffa cd. a ore piene ed ore vuote, ovvero più favorevole nelle ore di maggior fabbisogno della rete, meno favorevole nelle altre;
– il regime di incentivi così delineato è rimasto in vigore anche dopo la successiva l. 14 novembre 1995 n. 485, che com’è noto ha istituito l’Autorità garante di settore, la quale ha fra l’altro assorbito le competenze di regolazione dell’abolito CIP, per una categoria particolare di impianti, denominata “iniziative prescelte” e costituita dagli impianti la cui realizzazione era stata già proposta alla data di entrata in vigore della legge, e che quindi possono beneficiare del più favorevole regime precedente;
– l’impianto per cui è causa, che rientra appunto fra le iniziative prescelte, è descritto come composto da due linee di produzione, distinte, ma con alcune parti in comune. La prima linea, che rileva in questa causa, è denominata “CCT”, funziona bruciando biomassa, nella specie legna vergine, farine di carne e scarti vegetali come farina di vinacciolo, vinaccia esausta e bucce d’uva, e consta di una caldaia di combustione e due turbine, ciascuna connessa ad un alternatore. La seconda linea è denominata “Idrotermici”, funziona anch’essa a biomasse, e consta a sua volta di due caldaie di combustione e di un proprio gruppo turbina a vapore e alternatore. Le linee producono sia energia elettrica, che viene ceduta alla rete, sia vapore, e utilizzano assieme alla biomassa il gas naturale, per sostenere la combustione all’avvio e per i surriscaldatori esterni di vapore, che incrementano il rendimento dell’impianto, e quindi per entrambi gli impianti vale la QSI (fatti pacifici in causa; si vedano comunque l’all. A, verbale ispettivo, al doc. 1 in primo grado ricorrente appellante e la relazione del verificatore);
– per la linea CCT, la ricorrente appellante fruisce degli incentivi di cui s’è detto, e pertanto ha subito da parte dell’Autorità di settore – AEEGSI, ora ridenominata ARERA, un’ispezione, materialmente eseguita da personale del GSE, volta a verificare che degli incentivi stessi permanessero tutti i presupposti;
– l’ispezione ha avuto esito sfavorevole. Per quanto qui interessa, con un primo provvedimento, la deliberazione 27 febbraio 2014, l’AEEGSI ha ritenuto che l’impianto CCT in primo luogo presentasse, per tutto il periodo di efficacia della convenzione che dà titolo agli incentivi, un consumo di energia per servizi ausiliari superiore al 2,5% previsto dalla convenzione stessa; in secondo luogo, per gli anni 2007 e 2009 avesse sforato la QSI. Ha quindi ritenuto di dover procedere al recupero degli incentivi a suo avviso indebitamente percepiti, tenendo conto della minor energia ceduta alla rete, dipendente a sua volta dal maggior consumo per servizi ausiliari, e della meno favorevole tariffa dovuta per il superamento della QSI. Con ulteriori provvedimenti, l’AEEGSI ha liquidato il dovuto e ne ha richiesto il pagamento;
– si controverte ora dell’appello proposto dalla ricorrente contro la sentenza di primo grado che ha respinto il suo ricorso contro i provvedimenti predetti, e in particolare del terzo motivo dell’appello medesimo, che contiene argomentazioni in fatto, ovvero deduce eccesso di potere per falso presupposto, affermando che il superamento della QSI, non si sarebbe verificato, e l’opposta conclusione dell’Autorità, condivisa dalla sentenza impugnata, sarebbe frutto di errore di calcolo;
– sul punto specifico, la Sezione, con ordinanza 2 marzo 2017 n. 984 ha disposto verificazione per accertare la correttezza delle metodologie seguite dall’autorità ispettiva nel corso delle verifiche sull’impianto;
– il verificatore designato, il successivo 6 giugno 2017, ha depositato il proprio elaborato, da cui emerge, in sintesi, un giudizio di correttezza metodologica dell’operato dell’amministrazione.
– la ricorrente appellante, con memoria del giorno 24 aprile 2018, ha contestato tale esito, ed ha in particolare sostenuto, sulla base della relazione di un proprio esperto, che i rilievi svolti dal verificatore sarebbero scientificamente non corretti.
– di conseguenza, la Sezione, con propria ordinanza 11 giugno 2018 n. 3540, ha osservato come, in base all’ordinanza precedente 984/2017, che ha disposto la verificazione, il verificatore nominato avrebbe dovuto procedere “operando in contraddittorio con le parti”. Ha però rilevato che in concreto il contraddittorio si è svolto nelle sole forme di una “riunione congiunta” che ha avuto luogo il giorno 18 maggio 2017, con “la partecipazione dei tecnici nominati dalle parti”, riunione alla quale ha fatto senz’altro seguito il deposito della relazione stessa (verificazione, p. 2);
– ha quindi ritenuto necessario completare il contraddittorio assegnando termine alle parti, per depositare memoria con le osservazioni al testo della verificazione già in atti e al verificatore nominato per dare risposta;
– il verificatore il giorno 13 agosto 2018 ha depositato l’ulteriore relazione richiesta;
– di seguito, il verificatore ha poi depositato la richiesta di liquidazione del proprio compenso, per Euro 3.478,43 al lordo delle ritenute di legge;
– l’attività svolta non è esattamente inquadrabile in alcuna delle categorie di cui al D.M. 30 maggio 2002 e al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, anche per non essere noto il valore del bene, peraltro non rilevante ai fini dell’incarico da svolgere;
– di conseguenza, l’onorario va calcolato a vacazioni secondo il criterio residuale di cui all’art. 1 dell’allegato al D.M. citato;
– peraltro, l’art. 52 comma 2 del D.P.R. 115/2002 dispone: “Se la prestazione non è completata nel termine originariamente stabilito o entro quello prorogato per fatti sopravvenuti e non imputabili all’ausiliario del magistrato, per gli onorari a tempo non si tiene conto del periodo successivo alla scadenza del termine e gli altri onorari sono ridotti di un terzo”;
– risulta dagli atti che il verificatore ha depositato i propri elaborati con ritardo sui termini assegnati, ed è quindi necessaria sul punto istruttoria come da dispositivo;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, non definitivamente pronunciando nel procedimento in epigrafe (ricorso n. 2634/2016) prescrive al verificatore di far pervenire, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione di questa ordinanza, una relazione che contenga il calendario delle attività svolte e le giustificazioni per il ritardo.
Manda alla Segreteria perché il sig. Presidente fissi la camera di consiglio ovvero udienza per la prosecuzione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Mele – Presidente FF
Dario Simeoli – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
Italo Volpe – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere
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