Scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 19 febbraio 2019, n. 1165.

La massima estrapolata:

Lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, ai sensi dell’art. 143, D.Lgs. 267/2000, non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, ma preventivo, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, è sufficiente la presenza di elementi che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato.

Sentenza 19 febbraio 2019, n. 1165

Data udienza 24 gennaio 20199

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5450 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avvocato Ma. Ch., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto come in atti;

contro
Presidenza della Repubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Catanzaro, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
Commissione Straordinaria per la Gestione del Comune di -OMISSIS-, non costituita in giudizio;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Fr. Ma. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Mi. De Ci. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente lo scioglimento del Consiglio Comunale di -OMISSIS-;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza della Repubblica, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Catanzaro;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2019 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati Fr. Co. su delega di Ma. Ch., Fr. Ma. Sa. e l’avvocato dello Stato Ca. Co.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso RG -OMISSIS-i signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, rispettivamente Sindaco, Vice Sindaco – assessore e consiglieri di maggioranza, hanno impugnato il decreto del -OMISSIS-, con il quale il Presidente della Repubblica aveva disposto lo scioglimento del Consiglio Comunale per infiltrazioni mafiose, ai sensi dell’art. 143 del T.U.E.L. (d.lgs. 267/2000).
Unitamente a tale decreto hanno impugnato anche la relazione di accompagnamento del Ministro dell’Interno del 29 giugno 2017 e la Relazione del Prefetto di Catanzaro del 20 marzo 2017
Avverso tali atti i ricorrenti hanno dedotto due motivi di doglianza.
1.1 – Con il primo di essi hanno denunciato i vizi di violazione dell’art. 143 del d.lgs. 267/2000, eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità manifesta, carenza di istruttoria, sviamento di potere, sostenendo che mancherebbero “concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata”.
In particolare, hanno contestato la portata indiziaria delle circostanze evidenziate nella relazione del Ministro dell’Interno a sostegno di un collegamento della attuale Giunta con una non meglio specificata criminalità locale, osservando che:
– l’asserita mancata sottoscrizione nel mese di maggio 2015 da parte del Comune di -OMISSIS- del protocollo di legalità con la Prefettura di Catanzaro non potrebbe a loro imputarsi in quanto gli attuali amministratori sono stati eletti e si sono insediati, rispettivamente, il 1° ed il 20 giugno 2015, ovvero successivamente al periodo della sottoscrizione di tale protocollo;
– l’Assessore -OMISSIS-, che sta completando brillantemente gli studi in Architettura presso l’Università di Reggio Calabria, è incensurata, non è mai stata sottoposta ad attenzionamenti da parte delle autorità ed è risultata la terza eletta con 35 voti su otto candidati;
– la scelta di nominarla assessore è maturata a seguito della rinuncia di altri due consiglieri incompatibili o non pronti ad accettare;
– il padre dell’assessore -OMISSIS-, ucciso in un agguato del quale a tutt’oggi non si conoscono gli autori e le ragioni, è stato prosciolto nel processo “-OMISSIS-” ed è stato assolto negli altri procedimenti;
– le irregolarità amministrative negli appalti e nei contratti non sarebbero attribuibili all’attuale Giunta che si è insediata solo il 20 giugno 2015.
1.2 – Con il secondo motivo hanno lamentato la mancata ostensione da parte della Prefettura di Catanzaro della documentazione relativa allo scioglimento del Comune di -OMISSIS-.
1.3 – Il 24 aprile 2018 i ricorrenti hanno depositato una memoria nella quale hanno riportato la motivazione del Decreto n. -OMISSIS-del 19/4/2018 con cui il Tribunale Civile di Catanzaro, chiamato a pronunciarsi sulla incandidabilità del Sindaco -OMISSIS-e dell’Assessore -OMISSIS-, ex art. 143, comma 11, del d.lgs. 267/2000, ha affermato non essere emersa, ad avviso del Collegio, ” la sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi, seppur indiziari, su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso tali da aver determinato un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi e amministrativi e da aver compromesso il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione comunale, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad essa affidati o tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”.
1.4 – L’Avvocatura dello Stato ha depositato in giudizio la seguente documentazione:
a) d.P.R. del -OMISSIS-di scioglimento del Consiglio Comunale di -OMISSIS-;
b) estratto del processo verbale della riunione del Consiglio dei Ministri in data 9 giugno 2017.
Ha quindi depositato in data 7 maggio 2018 una memoria illustrativa nella quale ha richiamato tutti gli elementi sui quali si fonda il provvedimento dissolutorio.
2. – Con ricorso RG. -OMISSIS-l’assessore -OMISSIS- ha impugnato gli stessi atti proponendo quattro motivi di ricorso.
Con ordinanza collegiale n. -OMISSIS-7 dicembre 2017, pronunciata all’esito della camera di consiglio fissata per la delibazione dell’istanza cautelare, il TAR ha disposto incombenti istruttori disponendo l’acquisizione degli atti riservati sui quali si fonda il provvedimento di scioglimento del Comune, atti per i quali era stato negato l’accesso ai ricorrenti (in considerazione della loro natura riservata) nel giudizio RG -OMISSIS-.
Tali atti, quindi, sono stati depositati nel procedimento RG -OMISSIS-.
Le due cause sono state trattenute in decisione dal TAR alla stessa udienza pubblica del 23 maggio 2018.
3. – I due giudizi sono stati riuniti per connessione dal TAR con la sentenza n. -OMISSIS- e sono stati così definiti:
– il giudizio RG -OMISSIS-, proposto dagli odierni appellanti, è stato respinto;
– il giudizio RG -OMISSIS-, proposto dall’assessore -OMISSIS-, è stato dichiarato irricevibile per tardività del deposito.
4. – Tale decisione è stata appellata dai signori -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, ricorrenti nel giudizio RG -OMISSIS-, deducendo due motivi di gravame – che verranno in seguito esaminati – il primo dei quali diretto ad ottenere l’annullamento con rinvio, ai sensi dell’art. 105 c.p.a., della decisione di primo grado per violazione del diritto di difesa; il secondo, invece, diretto a censurare le statuizioni di merito contenute nella sentenza appellata.
4.1 – Nel giudizio di appello si sono costituite le Amministrazioni intimate che, con memoria del 21 luglio 2018, hanno replicato alle doglianze proposte chiedendone il rigetto. Le appellate hanno inoltre reiterato l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, già sollevata dinanzi al TAR, ed assorbita dal primo giudice.
4.2 – La ricorrente -OMISSIS-, risultata anch’essa soccombente nella medesima sentenza a seguito della declaratoria di irricevibilità del ricorso, non ha proposto appello, ma con atto del 24 luglio 2018 ha spiegato intervento ad adiuvandum nel giudizio proposto dal Sindaco e dagli altri consiglieri comunali appellanti.
4.3 – La parte appellata, con memoria del 7 gennaio 2019, ha eccepito l’inammissibilità dell’atto di intervento; ha poi svolto ulteriori argomentazioni difensive a sostegno delle proprie tesi concludendo per la conferma della sentenza appellata.
5. – All’udienza pubblica del 24 gennaio 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.
6. – L’appello è infondato e va, dunque, respinto.
7. – In via preliminare va accolta l’eccezione di inammissibilità dell’intervento proposto dall’assessore -OMISSIS-: l’atto di intervento, infatti, non è stato notificato, così come previsto dall’art. 97 c.p.a.
Inoltre, la signora -OMISSIS-, essendo destinataria del provvedimento dissolutorio, non può spiegare intervento in giudizio (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21/11/2018, n. 6578; Cons. Stato, sez. IV, 29/11/2017, n. 5596) tenuto conto che tale rimedio è concesso ai soggetti che sono titolari di una posizione giuridica collegata o dipendente, mentre lei è direttamente incisa dal provvedimento oggetto del giudizio e la sua impugnazione, proposta in via autonoma, è stata dichiarata irricevibile nella stessa sentenza impugnata.
Può invece prescindersi dalla disamina dell’ulteriore eccezione di inammissibilità sollevata dalla parte appellata, in considerazione dell’infondatezza dell’appello.
8. – Con il primo motivo di appello lamentano gli appellanti, in relazione alla riunione dei processi di primo grado, la violazione del diritto di difesa e del contraddittorio, del principio di autonomia delle cause riunite.
Con la stessa doglianza deducono, inoltre, la violazione del principio di non contestazione.
8.1 – In relazione al primo profilo rilevano di aver presentato in data 9/8/2017 istanza di accesso alla Prefettura di Catanzaro per acquisire tutta la documentazione posta a sostegno del provvedimento dissolutorio del Comune di -OMISSIS-, e non aver potuto acquisire tale documentazione in quanto “riservata”.
Aggiungono che nel giudizio nel quale erano parte è stato prodotto il solo d.P.R. del -OMISSIS-di scioglimento del Consiglio Comunale e l’estratto del processo verbale della riunione del Consiglio dei Ministri del 9 giugno 2017; tutta la documentazione posta a sostegno della motivazione della sentenza sarebbe stata acquisita dal TAR con ordinanza istruttoria nel giudizio RG -OMISSIS-, riunito d’ufficio dal Tribunale nella camera di consiglio; essi non avrebbero potuto accedere a tale documentazione e controdedurre su di essa.
In sostanza, sarebbe stato violato il principio di autonomia delle cause riunite ed il loro diritto di difesa.
8.2 – Quanto al secondo profilo, lamentano, invece, la violazione del principio della non contestazione: rilevano, infatti, che la mancata produzione in giudizio della documentazione da parte della P.A. non soltanto non avrebbe consentito di acquisire argomenti di prova da tale documentazione, ma avrebbe comportato anche l’applicazione di tale principio.
9. – Deve essere esaminato preventivamente il primo profilo di doglianza.
9.1 – La censura non può essere accolta, in quanto la dedotta violazione del diritto di difesa e del contraddittorio si appalesa, nel caso di specie, meramente formale, e quindi non concretamente lesiva dei diritti della parte.
Innanzitutto occorre tener conto che nel fascicolo di primo grado è stato depositato il d.P.R. del -OMISSIS-pubblicato sulla G.U. serie generale, n. -OMISSIS-di scioglimento del consiglio comunale di -OMISSIS-unitamente ai suoi allegati, costituiti dalla Relazione del Ministro dell’Interno (depurata dai soli riferimenti nominativi a persone) e dalla Relazione del Prefetto di Catanzaro (anch’essa contenente “omissis” con riferimento all’individuazione di specifiche persone); tali relazioni contengono tutti i fatti che hanno comportato l’adozione del provvedimento dissolutorio e che sono stati valutati dal TAR alla luce delle doglianze proposte in primo grado.
L’omessa indicazione nominativa delle persone coinvolte negli atti pubblicati sulla G.U., serie generale, n. -OMISSIS-, per ragioni di riservatezza, è stata colmata dalla memoria difensiva depositata dall’Avvocatura Generale dello Stato nel giudizio di primo grado e, comunque, dal tenore del ricorso di primo grado si evince che la parte ricorrente era ben consapevole dei fatti indicati nelle relazioni allegate al decreto presidenziale di scioglimento del Consiglio Comunale e dei soggetti ai cui erano riconducibili, anche se “omissati” negli atti pubblicati sulla G.U. prodotti in giudizio.
Anche la circostanza relativa alla gestione dell’albergo di proprietà comunale a cui si fa riferimento a pag. 8 della sentenza – ancorandola alle indagini eseguite dalla Commissione d’accesso, la cui relazione è stata acquisita nel giudizio connesso RG -OMISSIS– è riportata nella relazione del Ministro dell’Interno allegata al decreto presidenziale di scioglimento del consiglio comunale pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
Lo stesso deve ritenersi con riferimento alla circostanza del legame affettivo tra una delle figlie dell’imprenditore ucciso ed un esponente di spicco del clan -OMISSIS-, attualmente detenuto al regime del 41 bis per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., del quale si fa espressa menzione dell’estratto della relazione redatta dal Prefetto di Catanzaro, pubblicata sulla G.U. in allegato al provvedimento dissolutorio.
Tali considerazioni possono estendersi a tutti gli elementi induttivi valutati dal TAR.
Tutte le circostanze valutate nella sentenza di primo grado sono indicate nelle relazioni allegate al provvedimento di scioglimento del Consiglio Comunale, e quindi erano ben note ai ricorrenti odierni appellanti, sulle quali hanno avuto la possibilità di controdedurre.
A tali considerazioni, già idonee a rigettare la prima doglianza, può aggiungersi, ad colorandum, che da quanto emerge dell’atto di appello (pag. 14) gli atti in questione (ed in particolare la relazione della Commissione d’accesso) erano a loro ben noti, in quanto facenti parte del fascicolo del parallelo giudizio pendente dinanzi al giudice ordinario, in merito all’incandidabilità ai sensi dell’art. 143, comma 11, del d.lgs. n. 267/2000 del Sindaco -OMISSIS-(oltre che dell’Assessore -OMISSIS-), amministratori responsabili delle condotte che avevano dato causa allo scioglimento del consiglio dell’ente locale, giudizio nel quale il Sindaco si è costituito in giudizio con il medesimo difensore che lo ha assistito in primo grado dinanzi al TAR Lazio.
Pertanto, quest’ultimo elemento conferma la natura meramente formale (e sostanzialmente “di comodo”) del vizio dedotto con il primo motivo di appello.
Ritiene quindi il Collegio che non ricorrano i presupposti per disporre l’annullamento con rinvio al primo giudice della sentenza appellata, in quanto:
– l’art. 105 c.p.a. richiede per l’annullamento della sentenza, ed il conseguente rinvio al primo giudice, che vi sia stata la “lesione del diritto di difesa”;
– tale norma va coordinata con la disposizione recata dall’art. 2 c.p.a., relativa al principio del giusto processo, ed in particolare, con la disposizione recata dal comma 2 dello stesso articolo relativo alla ragionevole durata del processo;
– la Corte Costituzionale nella sentenza n. 77/2007 ha indicato nel principio di ragionevole durata del processo un significativo parametro interpretativo per le norme processuali (Cons. Stato Ad. Plen., 28/09/2018, n. 15);
– l’annullamento con rinvio al primo giudice non può disporsi quando il giudice di appello ha acclarato che, al di là degli aspetti solo formali, in concreto non vi è stata alcuna violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, in quanto la decisione del giudice di primo grado è stata resa sulla base di atti ed elementi ben noti alla parte stessa e sui quali è stata in condizione di controdedurre;
– in casi di tal genere, l’annullamento della sentenza con rinvio al giudice di primo grado comporterebbe la lesione del principio della ragionevole durata del processo di cui all’art. 2, comma 2, c.p.a.;
– come già precisato, le versioni “omissate” delle relazioni allegate al d.P.R. del -OMISSIS-, pubblicate sulla G.U., serie generale n. -OMISSIS-, consentivano chiaramente agli appellanti di comprendere quali fossero i rilievi loro addebitati, e di controdedurre su di essi in sede processuale (cfr. pagg. 3 e 4 del ricorso di primo grado nel quale si riportano tutti i fatti oggetto di disamina nella sentenza appellata).
La doglianza va quindi respinta.
9.2 – Altrettanto infondata è la prospettazione degli appellanti relativa all’applicabilità al caso di specie dell’art. 64, comma 2, c.p.a.: come ha correttamente rilevato la parte appellata era onere dei ricorrenti contestare la veridicità dei fatti posti a fondamento della misura dissolutoria mentre gravava sulla parte resistente l’onere di contestare quanto dedotto nel ricorso di primo grado (come è puntualmente avvenuto).
Il mancato spontaneo deposito degli atti del procedimento da parte della resistente dipende dalla loro natura “riservata”; l’esibizione di tale tipologia di atti può avvenire solo su espresso provvedimento del giudice: il loro mancato deposito non può comportare, quindi, l’applicazione del principio di non contestazione, tanto più che la documentazione esibita era di per sé idonea a suffragare la tesi di parte resistente.
Il primo motivo va, quindi, respinto.
10. – Con la seconda doglianza gli appellanti contestano nel merito la sentenza di primo grado.
10.1 – E’ innanzitutto utile ribadire i consolidati principi giurisprudenziali applicabili alla materia controversa.
Lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 267/2000, non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, ma preventivo, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, è sufficiente la presenza di elementi che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato (cfr., in ultimo, Cons. Stato, Sez. Terza, n. 5023/2015).
L’art. 143, cit., al comma 1 (nel testo novellato dall’art. 2, comma 30, della legge 94/2009), richiede che la predetta situazione sia resa significativa da elementi “concreti, univoci e rilevanti”, che assumano valenza tale da determinare “un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi amministrativi e da compromettere l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali”. Gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono, quindi, caratterizzarsi per concretezza ed essere, anzitutto, assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica; per univocità, intesa quale loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire; per rilevanza, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale (cfr., Cons. Stato, III, n. 1038/2016, n. 196/2016 e n. 4792/2015).
Le vicende, che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento di un Consiglio comunale, devono essere considerate nel loro insieme, e non atomisticamente, e risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento mafioso;
assumono quindi rilievo situazioni non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere, nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni), e ciò anche quando il valore indiziario degli elementi raccolti non è sufficiente per l’avvio dell’azione penale o per l’adozione di misure individuali di prevenzione (cfr., in ultimo, Cons. Stato, III, n. 1038/2016, n. 4529/2015, n. 3340/2015, n. 2054/2015 e n. 3340/2014).
Stante l’ampia sfera di discrezionalità di cui l’Amministrazione dispone in sede di valutazione dei fenomeni connessi all’ordine pubblico, ed in particolare alla minaccia rappresentata dal radicamento sul territorio delle organizzazioni mafiose, con ogni effetto sulla graduazione delle misure repressive e di prevenzione (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 2038/2014) – il controllo sulla legittimità dei provvedimenti adottati si caratterizza come estrinseco, e cioè nei limiti del vizio di eccesso di potere quanto all’adeguatezza dell’istruttoria, della ragionevolezza del momento valutativo, della congruità e proporzionalità al fine perseguito (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 256/2016).
10.2 – Facendo corretta applicazione di tali principi, il TAR ha dapprima ripercorso tutti i fatti indicati nella relazione del Ministro dell’Interno e del Prefetto di Catanzaro in cui venivano evidenziate le risultanze di indagini svolte a seguito di taluni esposti nei quali si rappresentava la contiguità tra la famiglia di un amministratore locale ed esponenti delle locali consorterie mafiose a seguito dell’omicidio di un imprenditore (-OMISSIS-, padre dell’assessore -OMISSIS-), nel luglio 2016, gravato da condanne penali e segnalato come legato alla locale cosca criminale.
Ha aggiunto il TAR che tale imprenditore ha “riportato una condanna a due anni di reclusione per il reato di favoreggiamento poiché aveva ospitato per un lungo periodo esponenti di vertice di uno dei due menzionati sodalizi (per l’esattezza della consorteria egemone nel territorio di -OMISSIS-) in una sua proprietà situata nelle campagne del Comune di -OMISSIS- (proprietà nella quale, secondo risultanze investigative, si era svolta anche una riunione fra tutti gli esponenti di vertice del predetto sodalizio)”.
Nella sentenza si rappresenta inoltre che per la candidatura della figlia -OMISSIS- era stato chiesto l’assenso del padre, all’epoca sottoposto all’obbligo di firma; e la figlia, una volta eletta, era stata nominata Assessore e le erano state conferite varie deleghe in settori di particolare interesse per la locale criminalità organizzata.
Il primo giudice ha stigmatizzato i “rapporti di particolare deferenza dell’amministrazione verso l’imprenditore……testimoniati dalla circostanza del rinvio della locale festa dell’AVIS, in segno di rispetto per il lutto che aveva colpito la sua famiglia”.
Ha sottolineato la mancata adesione del Comune di -OMISSIS- al protocollo di legalità, sottoscritto nel maggio 2015; ha richiamato la vicenda relativa all’affidamento della gestione di una struttura alberghiera di proprietà comunale, a seguito della risoluzione per inadempimento del contratto in essere, assegnata ad una ditta che annovera tra i propri soci una persona con segnalazioni per reati associativi.
Ha richiamato tutte le vicende relative alla gestione amministrativa dell’ente locale (cfr. pagg. 8, 9 della sentenza alle quali si fa espresso rinvio per ragioni di sintesi) che forniscono un quadro tipico delle amministrazioni locali infiltrate dalla criminalità organizzata.
10.3 – Tali elementi, puntualmente indicati nel provvedimento dissolutorio, contrariamente a quanto dedotto nell’atto di appello, si appalesano idonei a sostenere l’adozione della misura preventiva.
Giustamente il TAR ha ritenuto irrilevante “che all’atto dell’insediamento del nuovo consiglio fosse trascorso il periodo della sottoscrizione dei protocolli di legalità, atteso che gli affidamenti diretti senza gara o con pretermissione ingiustificata di domande di partecipazione è proseguita”; ha aggiunto il TAR che nel Comune di -OMISSIS- non è stata introdotta “una “white list” delle ditte o un albo dei fornitori che fornissero garanzie di estraneità ad infiltrazioni mafiose”, né è stata garantita la turnazione delle ditte, al fine di evitare favoritismi.
Ha quindi rappresentato che esistevano nel Comune prassi clientelari tipiche del condizionamento da parte della criminalità organizzata.
Il TAR ha poi correttamente sottolineato che “i legami con la cosca -OMISSIS-del padre dell’Assessore, più volte inquisito per mafia, anche se mai condannato, trovano poi ulteriore riscontro nel legame affettivo della sorella della sig.ra -OMISSIS- con un esponente di spicco della suddetta cosca, oggi detenuto al 41 bis per il reato di associazione mafiosa”.
A quanto affermato dal primo giudice può aggiungersi quanto rilevato dalla Corte di Appello di Catanzaro nella sentenza n. -OMISSIS-in ordine allo strettissimo legame fiduciario esistente tra il padre dell’Assessore -OMISSIS- ed esponenti di spicco del clan -OMISSIS-, per averli nascosti durante la latitanza; tale legame si era poi ancor più irrobustito a seguito della relazione affettiva tra la figlia del -OMISSIS-(sorella di -OMISSIS-) e un importante esponente del suddetto clan (-OMISSIS-).
Alla luce di tali elementi di fatto, le doglianze proposte con il secondo motivo di appello, che riproducono sostanzialmente argomenti già spesi in primo grado e respinti dal TAR, non riescono a superare le condivisibili conclusioni del primo giudice secondo cui “il provvedimento risulta adeguatamente sostenuto da un quadro fattuale d’insieme attestante il rischio di condizionamento da parte della criminalità organizzata e comprovato da prassi amministrative poco trasparenti, ove non decisamente illegittime, che, sebbene anche precedenti alla gestione nella quale sono stati coinvolti gli odierni ricorrenti, non risultano essere state in alcun modo bloccate, contrastate e/o sovvertite dalla amministrazione subentrante.
La giurisprudenza è, peraltro, consolidata nel ritenere, dato il carattere preventivo del provvedimento, non necessaria l’individuazione di condotte individuali penalmente rilevanti o suscettibili di applicazione di misure di prevenzione, essendo sufficiente delineare un quadro indiziario di condotte plausibilmente frutto di condizionamento mafioso (vedi tra le altre Cons. Stato, Sez. III, n. 4529/2015, n. 3340/2015 e n. 2054/2015)”.
10.4 – Le statuizioni contenute nella sentenza appellata hanno poi trovato conferma anche nella sentenza della Corte di Appello di Catanzaro n. -OMISSIS-che ha decretato l’incandidabilità del Sindaco (e dell’Assessore -OMISSIS-): il giudice ordinario ha rappresentato che a seguito degli accertamenti istruttori è emerso un quadro complessivo di cattiva amministrazione del Comune e di permeabilità agli interessi privati e, segnatamente, di esponenti contigui alla cosca degli -OMISSIS-di -OMISSIS-, con riferimento all’intera gestione della compagine comunale che è riferibile a carenze nell’esercizio dei poteri di indirizzo politico e programmazione nonché alla violazione dell’obbligo di vigilanza da parte degli organi politici sui risultati dell’attività di gestione.
11. – In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto e, per l’effetto, in conferma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.
12. – Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, in conferma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna gli appellanti al pagamento delle spese del grado di appello che liquida in complessivi Euro 6.000,00 oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone fisiche e giuridiche indicate in motivazione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari – Consigliere
Giorgio Calderoni – Consigliere

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