Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 24 gennaio 2019, n. 596.
La massima estrapolata:
In punto di riparto di giurisdizione, che la natura del bene assume rilevanza dirimente, posto che: a) nel caso dei beni demaniali e indisponibili, l’amministrazione titolare gode di poteri amministrativi, a fronte dei quali la situazione soggettiva dei privati assume i contorni dell’interesse legittimo, con conseguente rimessione alla cognizione del giudice amministrativo; b) nel caso dei beni disponibili, i rapporti tra le parti, analoghi a quelli interprivati, prefigurano la mera esistenza di diritti soggettivi in conflitto, come tali rimessi alla giurisdizione ordinaria.
Sentenza 24 gennaio 2019, n. 596
Data udienza 18 settembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 960 del 2018, proposto da
Comune di Terni, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pa. Ge., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ro. Pe., titolare della omonima impresa individuale, rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Ra., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria Sezione Prima n. 684/2017, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ro. Pe.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2018 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Pa. Ge. e, in sostituzione dell’avv. Ra., Fr. Va.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, il Comune di Terni impugnava la sentenza del Tar Umbria n. 684/17, depositata il 03.11.2017, con la quale era stato dichiarato inammissibile, per difetto di giurisdizione, il ricorso proposto da Ro. Pe., quale titolare della omonima impresa individuale, avverso l’atto ingiuntivo prot. n. 0008871, datato 20 gennaio 2017, con il quale era stato ordinato di riconsegnare gli immobili occupati liberi da persone e cose entro, sotto comminatoria di autotutela esecutiva.
A sostegno del gravame esponeva:
a) che la ridetta Pe. gestiva da oltre un ventennio un campeggio sito nel Comune di Terni, in località (omissis), denominato “Ca. delle Ma.”, in forza di concessioni amministrative annuali rilasciate a fronte del pagamento di un canone;
b) che, avendo accertato che gli immobili ove veniva svolta l’attività di campeggio erano oggetto di occupazione sine titulo, ne aveva ordinato l’immediata riconsegna;
c) che, su ricorso dell’interessata, il primo giudice aveva ritenuto che – non essendovi prova della appartenenza delle aree de quibus al patrimonio indisponibile comunale (né tantomeno del loro carattere demaniale) – la natura patrimoniale disponibile dei beni coinvolti implicasse, avuto riguardo al consolidato orientamento in subiecta materia, la sussistenza della giurisdizione ordinaria;
d) che – nondimeno ed in diverso senso – l’area coinvolta, situata intorno alla Ca. delle Ma.) avrebbe dovuto essere considerata parte del patrimonio indisponibile, in quanto vincolata e funzionale alle esigenze ricettive turistiche del Pa. fl. del Ne. (e, come tale, individuata nel corredo disciplinare dell’Area Naturale Protetta denominata “Pa. fl. del Ne.” (art. 42 NTA), nonché nel sito Comunitario “Zona di Protezione Speciale” (Z.P.S.) denominata “Ba. Va. – Mo. Fi. – Ca. delle Ma.”)
Sulle esposte premesse, auspicava la riforma della sentenza, con consequenziale rimessione al primo giudice per la definizione nel merito della controversia.
2.- Si costituiva in giudizio Ro. Pe., la quale – pur dissentendo sui formulati motivi d’appello – concordava sulla ricorrenza della giurisdizione amministrativa, invocando, per tal via, l’annullamento, per quanto di ragione, della sentenza.
3.- Alla camera di consiglio del 18 settembre 2018, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.
DIRITTO
1.- L’appello è fondato e merita di essere accolto.
Come è noto, in materia di beni di appartenenza pubblica, il codice civile opera una classificazione incentrata sulla distinzione tra beni demaniali (artt. 822 ss.) e beni patrimoniali (art. 826), sostanzialmente incentrata – di là dalle perduranti dispute, essenzialmente de jure condendo, in ordine alla sua complessiva razionalità tassonomica – sul criterio di individuazione tipologica dei primi e sul criterio funzionale del momento destinatorio per i secondi (cfr. art. 828).
In negativo, la mancata inclusione all’interno dei beni demaniali e l’assenza di destinazione a pubblico servizio qualifica, per contro, beni patrimoniali in senso esclusivamente soggettivo, caratterizzati dalla mera titolarità pubblica (tali da concretare, sotto il profilo funzionale, beni pubblici di interesse oggettivamente privato): i quali – per la assenza di un profilo destinatorio idoneo ad attrarli al regime propriamente pubblicistico – è invalsa la tradizionale denominazione di beni patrimoniali disponibili.
Il regime di questi ultimi è, per tal via, sostanzialmente privatistico, di tal che l’ente pubblico che ne sia titolare agisce con i comuni poteri dominicali, senza, in particolare, potersi avvalere, per la loro tutela, della facoltà (riconosciuta dall’art. 823 per i beni demaniali, ma estensibile ai beni patrimoniali indisponibili propter tenorem rationis) di “procedere in via amministrativa”, cioè a dire con modalità autoritative e potestative, tradizionalmente evocate dalla figura della c.d. autotutela esecutiva.
Di fatto, per i beni patrimoniali disponibili (per i quali, a diverso fine, l’affidamento a titolo oneroso a soggetti privati assume i connotati privatistici della locazione e non quelli pubblicistici della concessione), gli unici strumenti di tutela sono rappresentati dai “mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso” previsti dal codice civile (che, per i beni pubblici propriamente detti, restano mere alternative allo strumentario autoritativo pubblicistico).
Ne discende pianamente, in punto di riparto di giurisdizione, che la natura del bene assume rilevanza dirimente, posto che: a) nel caso dei beni demaniali e indisponibili, l’amministrazione titolare gode di poteri amministrativi, a fronte dei quali la situazione soggettiva dei privati assume i contorni dell’interesse legittimo, con conseguente rimessione alla cognizione del giudice amministrativo; b) nel caso dei beni disponibili, i rapporti tra le parti, analoghi a quelli interprivati, prefigurano la mera esistenza di diritti soggettivi in conflitto, come tali rimessi alla giurisdizione ordinaria (cfr., ex permultis, Cass., sez. un., 3 dicembre 2010, n. 24563; ma si tratta di orientamento consolidato).
2.- Ciò posto, affinché un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili, in quanto destinati a un pubblico servizio ai sensi dell’art. 826, 3º comma, c.c., deve sussistere il doppio requisito (soggettivo e oggettivo) della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico (e, perciò, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene a un pubblico servizio) e dell’effettiva e attuale destinazione del bene al pubblico servizio (cfr. Cass., sez. un., 25 marzo 2016, n. 6019).
3.- Nel caso di specie – che coinvolge le aree, di proprietà comunale, site in località (omissis), denominato “Ca. delle Ma.”, oggetto di “concessione” a favore di parte appellata – la natura di bene patrimoniale disponibile è stata postulata dal primo giudice, facendo richiamo a propri precedenti resi inter partes e, segnatamente, alla sentenza n. 549/2014, nella quale la conclusione veniva desunta, sul piano probatorio, dalla mancata dimostrazione della destinazione a pubblico servizio.
4.- La decisione merita di essere rimodulata.
Invero, l’Amministrazione comunale allega: a) che il sito per cui è causa costituisce area vincolata e funzionale alle esigenze ricettive turistiche del Pa. fl. del Ne., essendo, come tale, individuato, sul piano formale, nel corredo disciplinare dell’Area Naturale Protetta denominata “Pa. fl. del Ne.” (art. 42 NTA), nonché nel sito Comunitario “Zona di Protezione Speciale” (Z.P.S.) denominata “Ba. Va. – Mo. Fi. – Ca. delle Ma.”); b) che l’interesse pubblico riconnesso all’area (di là dalla mera e non contestata situazione dominicale) emergerebbe, sia pur in guisa indiretta, dagli ingenti investimenti effettuati ai fini della sua valorizzazione dal punto di vista scientifico, turistico e didattico, in relazione alla posizione strategica occupata, in prossimità della Ca. delle Ma. e del Museo Naturalistico di Palazzo Ma. in località (omissis).
In dettaglio, il Piano Regionale del Parco (pubblicato sul supplemento al Bollettino regionale n. 19/2012) individua (art. 41) come Area Speciale “Ca. delle Ma.” quella proposta come Sito d’Interesse Comunitario (S.I.C.), individuata con codice identificativo n. IT 5220017, precisando che la stessa “rappresenta l’emergenza principale dell’area Parco e deve essere vista come appartenente ad un unico sistema collegante il fiume Ne. con il lago di Pi. e il Fiume Ve.”.
Più ancora, all’art. 11, comma 6 delle NTA viene definita “l’area di protezione speciale “Ca. delle Ma.” ubicata in Comune di Terni”, costituita dall’alveo della cascata, compreso il tratto del fiume Ne. interessato; dalla rupe delle Ma., comprese le pendici boscate poste ai suoi piedi; dalla cosiddetta “Fo.”, comprese le aree circostanti. Tale zona “è compresa all’interno dell’area proposta come Sito d’Interesse Comunitario (SIC), codice identificativo sito n. IT 5220017 (P.U.T. Regione Umbria). In quest’area è vietato ogni intervento a carattere edificatorio, fatta eccezione per quelli destinati al recupero del patrimonio edilizio esistente, per quelli diretti al consolidamento della rupe e per quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere idrauliche; non si possono aprire nuove strade e sentieri, ma devono essere recuperati e valorizzati i tracciati esistenti, finalizzandoli alla fruizione turistica e allo svolgimento delle altre attività compatibili disciplinate dal Regolamento. Sono esclusi dal presente divieto la realizzazione di percorsi e collegamenti (anche meccanizzati) finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche”.
Anche con riferimento alle strutture ricettive il Piano del Parco detta all’art. Art. 46 (Articolazione del Piano Pluriennale Economico e Sociale) una serie di principi:
“1. Il P.P.E.S. si pone come strumento conoscitivo e programmatico, per una gestione razionale del patrimonio naturale e antropico (storico, culturale ed economico), finalizzata alla promozione d’attività compatibili con le esigenze di sviluppo e tutela delle risorse del territorio dell’area naturale protetta e dell’area d’influenza socioeconomica.
A tale scopo questo si articola in:
a) Un progetto generale che individua i servizi e le risorse, riassume le scelte progettuali legate al funzionamento del Parco e alla sua “dotazione di servizi” – sia per le attrezzature esistenti che in progetto. Questo, in particolare, individua il quadro dei servizi relazionali, dei centri visita ed informazione, le Porte del Parco, la sede del Parco (centro amministrativo e direzionale), le strutture/attrezzature ricettive, sportive e le attività ricreative.
b) Un programma che integra i progetti riguardanti gli interventi realizzati e/o finanziati o da realizzare, presentati da Enti pubblici e/o da privati, finalizzati ad attuare uno sviluppo integrato ed eco-compatibile del territorio dell’area naturale protetta.
c) Piani settoriali d’attuazione del P.P.E.S. di cui al successivo articolo”.
In siffatto quadro, deve convenirsi con l’Ente appellante sul rilievo che tali prescrizioni e vincoli sono del tutto incompatibili con la ritenuta pariteticità del rapporto e la rilevanza puramente patrimoniale dei beni pubblici interessati. In ordine ai quali, in definitiva, devono ritenersi sussistenti sia il profilo formale-soggettivo della preordinazione destinatoria alla salvaguardia di interessi pubblici, sia quello materiale-oggettivo della effettività della destinazione impressa.
A tal fine, non appare né dirimente né decisivo, rispetto a quanto opinato in prime cure, la mancata dimostrazione della prefigurazione dell’attività di camping a servizio pubblico (che pure, come non è inutile soggiungere, trova qualche indiretta conferma nella documentata esistenza di convenzioni con l’Ente gestore al fine di attuare politiche agevolative per i clienti del camping unitamente alla predisposizione di un prezziario da parte dell’Amministrazione.
5.- Le considerazioni che precedono sono sufficienti all’accoglimento del gravame, con conseguente riforma della sentenza impugnata e rimessione della causa al primo giudice, per la definizione nel merito della controversia.
Sussistono giustificate ragioni per disporre, tra le parti costituite, anche in considerazione della posizione convergente assunta in ordine alla delibata questione di giurisdizione, l’integrale compensazione di spese e competenze di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata e dispone la rimessione della causa al primo giudice.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente FF
Fabio Franconiero – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere, Estensore
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