Ricorso avverso il silenzio rifiuto

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 29 luglio 2019, n. 5310.

La massima estrapolata:

Il ricorso avverso il silenzio rifiuto è volto a sollecitare l’esercizio di un pubblico potere e risulta esperibile solo qualora si sia in presenza di un obbligo di provvedere e della violazione di quest’ultimo, testimoniata dalla inerzia serbata; agli atti di pianificazione, in specie, del territorio, proprio perché atti amministrativi generali, si applica il principio enunciato con riferimento agli atti regolamentari, in relazione ai quali è esclusa l’ammissibilità dello speciale rimedio processuale avverso il silenzio-inadempimento della P.A., in quanto strettamente circoscritto alla sola attività amministrativa di natura provvedimentale, ossia finalizzata all’adozione di atti destinati a produrre effetti nei confronti di specifici destinatari.

Sentenza 29 luglio 2019, n. 5310

Data udienza 18 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 1413 del 2019, proposto da
Comune de L’Aquila, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Do. De Na., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Ce. Gu. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Ce. Gu., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Ce. Gu. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione Prima, n. 00033/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ce. Gu. ed altri, che hanno spiegato anche appello incidentale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 luglio 2019 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Do. De Na. e Ce. Gu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Gli odierni appellati risiedono tutti, ovvero dimorano o esercitano attività ricettive nel centro, storico di L’Aquila.
In ragione di ciò essi diffidavano in data 12 maggio 2016 il Comune a provvedere, ai sensi dell’art. 1, comma 94, l.r. n. 11 del 2008, all’adozione dei criteri di programmazione per il rilascio delle licenze di somministrazione di alimenti e bevande nel centro di L’Aquila ed alla revoca delle licenze già rilasciate in assenza di detti criteri.
2. A fronte del riscontro negativo da parte del Comune e alla successiva continuata inerzia serbata ai fini dell’adozione dei suddetti criteri programmatori, i signori Gualtieri, Tatozzi, Cappa, Vignini, Centi Pizzutilli e Gallo ricorrevano al Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo avverso il silenzio inadempimento del Comune.
3. Il Tribunale adì to, nella resistenza del Comune di L’Aquila, accoglieva il ricorso dichiarando l’obbligo del Comune di adottare entro sessanta giorni il provvedimento espresso di programmazione a definizione del procedimento avviato con l’istanza dei ricorrenti del 12 maggio 2016 e a riesaminare le autorizzazioni degli esercizi di somministrazione già concesse; veniva altresì nominato un commissario ad acta per il caso di persistente inerzia del Comune nei successivi trenta giorni.
4. Avverso tale sentenza ha proposto appello principale il Comune di L’Aquila lamentando:
I) violazione dell’art. 112 Cod. proc. civ. per mancata corrispondenza tra la pronuncia del Tribunale amministrativo e i motivi di ricorso; violazione dell’art. 73 Cod. proc. amm. per aver giudicato il Tribunale amministrativo utilizzando atti processualmente inesistenti;
II) difetto dell’interesse a ricorrere; violazione dell’art. 2 l. n. 241 del 1990 e dell’art. 31 Cod. proc. amm.; inammissibilità dell’azione per imporre l’adozione di atti a contenuto generale.
5. Si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello i ricorrenti in primo grado, che hanno altresì interposto appello incidentale condizionato affidato a unico motivo con cui hanno dedotto la violazione dell’art. 53, lett. b), delle norme tecniche di attuazione al Prg del Comune di L’Aquila.
6. Con ordinanza cautelare n. 1660 del 29 marzo 2019, in accoglimento dell’istanza cautelare, è stata sospesa l’esecutività della sentenza impugnata.
7. Dopo la rituale discussione alla camera di consiglio del 18 luglio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Va preliminarmente respinta l’eccezione d’inammissibilità del secondo motivo di gravame sollevata, sia pur velatamente, dagli appellati.
Erroneamente questi ultimi hanno dedotto la novità del motivo riguardante l’inammissibilità dell’azione contro il silenzio rispetto ad atti pianificatori e di programmazione, giacché detta questione – in ogni caso rilevabile d’ufficio, in quanto riguardante l’ammissibilità del ricorso in ragione della natura degli atti impugnati – era stata introdotta dal Comune di L’Aquila già con la memoria di costituzione in primo grado (cfr. in particolare pag. 7-8).
Del resto, quanto ai profili d’interesse dei ricorrenti, essi sono stati specificamente esaminati dalla sentenza, sicché il Comune era ben legittimato a proporre censure al riguardo.
2. Nel merito è fondato e va accolto, con particolare riferimento al secondo motivo di gravame, avente carattere assorbente.
Con tale motivo il Comune de L’Aquila ha dedotto l’inammissibilità del ricorso di primo grado in quanto avente a oggetto l’azione avverso il silenzio proposta in relazione ad un atto di natura pianificatoria a carattere regolamentare o comunque generale.
Secondo un convincente indirizzo giurisprudenziale è stato chiarito che “il ricorso avverso il silenzio rifiuto è volto a sollecitare l’esercizio di un pubblico potere e risulta esperibile solo qualora si sia in presenza di un obbligo di provvedere e della violazione di quest’ultimo (testimoniata dalla inerzia serbata); agli atti di pianificazione [in specie, del territorio], proprio perché atti amministrativi generali, si applica il principio enunciato con riferimento agli atti regolamentari, in relazione ai quali è esclusa l’ammissibilità dello speciale rimedio processuale avverso il silenzio-inadempimento della P.A., in quanto strettamente circoscritto alla sola attività amministrativa di natura provvedimentale, ossia finalizzata all’adozione di atti destinati a produrre effetti nei confronti di specifici destinatari.
Il che non avviene per gli atti generali, i quali sono indirizzati ad una pluralità indifferenziata di destinatari e non sono destinati a produrre effetti nella sfera giuridica di singoli soggetti specificamente individuati” (Cons. Stato, IV, 27 dicembre 2017, n. 6096; 3 novembre 2015, n. 5015; 26 marzo 2014, n. 1460).
In relazione al caso di specie, come rilevato dalla sentenza, il parametro normativo originariamente invocato dai ricorrenti ai fini l’adozione dei criteri di programmazione per la distribuzione degli esercizi adibiti a somministrazione di alimenti e bevande (i.e., art. 1, comma 94, l.r. n. 11 del 2008) risulta abrogato dall’art. 147, comma 1, lett. o), della successiva l.r. n. 23 del 2018, la quale ha abrogato l’intera l.r. n. 11 del 2008, incluso il comma 97-bis dell’art. 1, già introdotto dall’art. 12 l.r. n. 59 del 2010, che aveva integrato la disciplina sulla programmazione distributiva dei suddetti esercizi.
In tale contesto la normativa (statale) richiamata dalla sentenza per regolare la fattispecie prevede che “al fine di assicurare un corretto sviluppo del settore, i comuni, limitatamente alle zone del territorio da sottoporre a tutela, adottano provvedimenti di programmazione delle aperture degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico (…), ferma restando l’esigenza di garantire sia l’interesse della collettività inteso come fruizione di un servizio adeguato sia quello dell’imprenditore al libero esercizio dell’attività . Tale programmazione può prevedere, sulla base di parametri oggettivi e indici di qualità del servizio, divieti o limitazioni all’apertura di nuove strutture limitatamente ai casi in cui ragioni non altrimenti risolvibili di sostenibilità ambientale, sociale e di viabilità rendano impossibile consentire ulteriori flussi di pubblico nella zona senza incidere in modo gravemente negativo sui meccanismi di controllo in particolare per il consumo di alcolici, e senza ledere il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio e alla normale mobilità . In ogni caso, resta ferma la finalità di tutela e salvaguardia delle zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale e sono vietati criteri legati alla verifica di natura economica o fondati sulla prova dell’esistenza di un bisogno economico o sulla prova di una domanda di mercato, quali entità delle vendite di alimenti e bevande e presenza di altri esercizi di somministrazione” (art. 64, comma 3, d.lgs. n. 59 del 2010).
La sopraggiunta normativa regionale dispone a sua volta che “i Comuni, al fine di migliorare la funzionalità e la produttività del sistema dei servizi concernenti le attività commerciali, valutate le caratteristiche e le tendenze della distribuzione commerciale e nel rispetto di quanto disposto dal Piano di cui all’articolo 10 [i.e., il Piano regionale di programmazione della rete distributiva del commercio], adottano un atto di programmazione che disciplina le modalità di applicazione dei criteri qualitativi individuati dalla programmazione regionale in riferimento all’insediamento di tutte le attività commerciali, ivi compresa la somministrazione di alimenti e bevande, tenendo conto delle diverse caratteristiche del proprio territorio” (art. 12, comma 1, l.r. n. 23 del 2018; cfr. anche art. 4, comma 2, della medesima l.r.).
Dal coacervo delle predette disposizioni emerge che l’attività programmatoria sulla distribuzione degli esercizi adibiti alla somministrazione di alimenti e bevande, ancorché doverosa da parte dei comuni, non soggiace a uno specifico termine o parametro temporale.
L’atto di programmazione che i comuni sono chiamati ad emanare in base alle suddette fonti si configura pertanto come un atto di natura generale a contenuto programmatorio non soggetto a specifico termine d’adozione.
Per questo, ancorché possa anche stigmatizzarsi l’atteggiamento inerte dell’amministrazione comunale, non è possibile con azione avverso il silenzio rimediare a tale omissione riguardante un atto di programmazione non sottoposto a termine d’emanazione.
In relazione ad atti di tale natura, infatti, né sussiste un posizione giuridica qualificata e differenziata invocabile dal singolo, né l’azione amministrativa risulta compulsabile dal giudice amministrativo con azione avverso il silenzio.
La sussistenza d’un termine per provvedere è del resto un presupposto indefettibile, in via generale, per l’esperibilità di siffatta azione (cfr. art. 31, comma 1, Cod. proc. amm.), così come per l’adozione delle altre tutele coercitive nei confronti dell’amministrazione inerte, anche in relazione ad atti di natura generale prescritti da norme di legge o di regolamento (cfr. Cons. Stato, 9 giugno 2011, n. 3519, in relazione al rimedio di cui al d.lgs. 198 del 2009, cd. “class action” amministrativa).
3. L’accoglimento dell’esaminato motivo di gravame (di carattere assorbente), cui consegue la riforma della sentenza impugnata, impone l’esame dell’appello incidentale condizionato, con cui gli originari ricorrenti hanno dedotto la violazione dell’art. 53, lett. b), delle Nta del Prg che vieta l’insediamento di nuove attività commerciali nel centro storico de L’Aquila; secondo gli interessati, autorizzando nuove attività commerciali in violazione di siffatto divieto, il Comune avrebbe agito in contrasto con il suddetto art. 53, cosicché i titoli autorizzativi rilasciati in difformità dalle previsioni delle Nta andrebbero annullati in quanto illegittimi.
Il motivo è non è meritevole di favorevole considerazione.
Le censure avverso i titoli abilitativi per la loro contrarietà agli strumenti di pianificazione del territorio non possono essere proposte in via generale e in incertam personam, dovendo eventualmente impugnarsi il singolo titolo contestato, convenendo in giudizio quale controinteressato il relativo titolare.
La censura prospettata dagli appellanti incidentali è invece generica e, senza richiamare alcun titolo abilitativo, si limita a contestare l’indistinta illegittimità delle autorizzazioni rilasciate nel centro storico di L’Aquila, in assenza peraltro di notifica del ricorso ad alcun titolare delle suddette autorizzazioni.
4. In virtù delle considerazioni esposte l’appello principale deve essere accolto, mentre deve essere respinto quello incidentale e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado.
5. Attesa la particolarità della fattispecie ricorrono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, accoglie l’appello principale, respinge l’appello incidentale e, in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado.
Compensa integralmente fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Valerio Perotti – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere, Estensore

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