Consiglio di Stato, Sentenza|16 luglio 2021| n. 5374.
Procedure di affidamento la concorrenza e le azioni a tutela.
A norma dell’art. 101, par. 1, Tfue “sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno”.
L’art. 2 della legge n. 287 del 1990 contiene analoga disposizione.
La giurisprudenza ha messo in rilievo la diversità esistente tra l’accordo e la pratica concordata. Il primo ricorre quando le imprese hanno espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo. La seconda ricorre quando si realizza una forma di coordinamento fra imprese che “senza essere spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza” (Cons. Stato, sez. VI, 29 maggio 2018, n. 3197). È evidente come la figura dell’accordo sia rara nella prassi in quanto “gli operatori del mercato, ove intendano porre in essere una pratica anticoncorrenziale, ed essendo consapevoli della sua illiceità, tenteranno con ogni mezzo di celarla, evitando accordi scritti o accordi verbali espressi e ricorrendo, invece, a reciproci segnali volti ad addivenire ad una concertazione di fatto”. Per queste ragioni la giurisprudenza, “consapevole della rarità dell’acquisizione di una prova piena, ritiene che la prova della pratica concordata, oltre che documentale, possa anche essere indiziaria, purché gli indizi siano gravi, precisi e concordanti” (Cons. Stato, sez. VI, n. 3197 del 2018; Cons. Stato, sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4123).
Nelle fattispecie di intesa anticoncorrenziale, risulta superfluo, al fine dell'”an” della responsabilità, indagare se il singolo partecipante all’intesa abbia avuto un ruolo maggiore o minore, attivo o addirittura meramente passivo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 maggio 2011, n. 3013 e 18 maggio 2015, n. 2513).
Inoltre, per consolidata giurisprudenza, un’intesa restrittiva della concorrenza integra una fattispecie di pericolo, nel senso che il vulnus al libero gioco della concorrenza può essere di natura soltanto potenziale e non deve necessariamente essersi consumato (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 giugno 2014, n. 3032 e 24 ottobre 14, nn. 5274, 5275, 5276, 5277, 5278).
In base alla disciplina antitrust, ogni impresa deve determinare autonomamente le proprie condotte e vieta rigorosamente che fra gli operatori abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l’effetto di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenziale, ovvero di rivelare ad un concorrente il comportamento che l’interessato ha deciso, o prevede, di tenere sul mercato (cfr. Corte di giustizia dell’Unione Europea del 16 dicembre 1975, Suiker Unie, causa C-114/73).
Anche secondo una consolidata giurisprudenza della Sezione “ogni operatore economico deve determinare autonomamente la propria condotta sul mercato; ciò non esclude che egli abbia il diritto a reagire in maniera razionale al comportamento, constatato o atteso, dei propri concorrenti; gli proibisce però di instaurare con i concorrenti stessi ogni contatto, diretto o indiretto, volto influenzare il reciproco comportamento sul mercato o mettersi reciprocamente al corrente dei comportamenti che si intendono porre in atto. Se tali contatti fossero ammessi, infatti, si sostituirebbe “all’alea della concorrenza il vantaggio della concertazione” ed il consumatore sarebbe privato sistematicamente dei benefici che gli derivano dalla tendenza fisiologica di ogni impresa concorrente a conquistarsi fette di mercato offrendo condizioni più favorevoli rispetto ad altre imprese” (Consiglio di Stato, VI, 19 dicembre 2019, nn. 8585 e 8591).
Sentenza|16 luglio 2021| n. 5374. Procedure di affidamento la concorrenza e le azioni a tutela
Data udienza 1 luglio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Appalti pubblici – Procedure di affidamento – Concorrenza – Azioni a tutela – Intesa restrittiva – Natura – Fattispecie di pericolo – Presupposti integrativi
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9795 del 2020, proposto da
La. Ma. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Mi. An. Pu., Lu. Tr. e Gu. An. Pu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gu. An. Pu. in Roma, via (…);
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Società Regionale per la Sanità (Soresa) S.p.A. non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. 10789/2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 luglio 2021 il Cons. Giordano Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Mi. An. Pu. e Lu. Tr. in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Procedure di affidamento la concorrenza e le azioni a tutela
FATTO
1 – Con il bando di gara del 14 ottobre 2016, So.re.Sa. s.p.a (“Soresa”, centrale di acquisto regionale in materia sanitaria della Regione Campania) ha indetto una gara centralizzata per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti sanitari di tutte le aziende sanitarie ed ospedaliere della Regione Campania.
Tale gara è stata articolata in 6 lotti, ognuno ottenuto raggruppando un numero variabile da due a quattro aziende sanitarie. Il criterio di aggiudicazione è stato quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con l’attribuzione di un punteggio massimo di 50 punti per l’offerta tecnica e di 50 punti per quella economica.
Il bando di gara ha previsto la possibilità di partecipare ai diversi lotti sia in forma singola, sia mediante ATI, che non dovevano necessariamente avere la medesima composizione in tutti i lotti. È stato inoltre stabilito che ogni concorrente, singolo o raggruppato, che avesse presentato offerta e fosse risultato primo in graduatoria per più lotti, non avrebbe potuto comunque aggiudicarsi più di due lotti per ogni forma di partecipazione (singola o raggruppata) scelta.
2 – In seguito alle denunce inoltrate da Soresa, nel settembre 2017, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) ha dato avvio al procedimento nei confronti delle società La. Ma. S.r.l. (“La”) ed altri, volto ad accertare l’esistenza di possibili violazioni dell’articolo 101 del TFUE, in occasione della partecipazione alla gara bandita nell’autunno del 2016 da Soresa; successivamente, l’istruttoria è stata estesa anche nei confronti della Gr. Li. Se. Am. s.r.l. (“Gr. Li.”).
Il procedimento si è concluso con la delibera adottata il 30 gennaio 2019, con la quale l’Autorità ha accertato che i comportamenti posti in essere dalle suddette società, con l’ausilio della società di consulenza Gr. Li., consistenti in una ripartizione dei lotti nei quali si articolava la gara, costituivano un’intesa restrittiva della concorrenza, in violazione dell’articolo 101 del TFUE, e, previa diffida ad astenersi in futuro da comportamenti analoghi, ha irrogato le seguenti sanzioni pecuniarie amministrative: Ec.: euro 355.442,30; Ec.: euro 197.231,70; La eu. 535.828,10; Bi.: euro 258.582,50; Gr. Li.: euro 8.051,70.
2.1 – In estrema sintesi, l’Autorità ha ravvisato un parallelismo di comportamenti tra le parti nella mancata sovrapposizione nei lotti di gara.
Procedure di affidamento la concorrenza e le azioni a tutela
Tale parallelismo non avrebbe “costituito il frutto di un’autonoma scelta individuale delle società, ma l’esito di una definizione concertata tra le stesse” e ciò sarebbe dimostrato da “un contatto qualificato tra le Parti, consistente in una bozza di contratto, inviata da Gr. Li. a Ec. Su., in data 21 ottobre 2016, e da quest’ultima veicolata alle società Ec., Bi. e La…, nella consapevolezza reciproca della indisponibilità di Gr. Li. ad assistere soggetti tra loro in concorrenza sul medesimo lotto”.
3 – La società appellante ha impugnato il provvedimento avanti il T.A.R. per il Lazio che con la sentenza indicata in epigrafe ha respinto integralmente il ricorso.
4 – Avverso tale pronuncia ha proposto appello la società per i motivo di seguito esaminati.
Si è costituita in giudizio l’Autorità .
All’udienza pubblica del 1 luglio 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1 – Prima di esaminare i motivi di appello giova ricordare che la controversia trae origine dall’invio da parte di Soresa di una segnalazione con quale venivano rappresentate all’Autorità talune anomalie nella presentazione delle offerte per la procedura ad evidenza pubblica indetta nell’autunno del 2016 per la selezione centralizzata del servizio di raccolta, trasporto e conferimento ad impianto di smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, provenienti dalle attività di 17 aziende sanitarie ed ospedaliere della Regione Campania.
La gara in questione – la prima nella quale il servizio di raccolta, trasporto e conferimento a impianto di smaltimento dei rifiuti sanitari è stato acquisito in via centralizzata per tutte le aziende sanitarie campane – era articolata in sei lotti distinti. Il criterio di aggiudicazione adottato era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa ex articolo 95, comma 2, del D. Lgs. n. 50/2016.
All’esito della competizione sono stati aggiudicati i lotti 2, 3, 4, 5 e 6, rispettivamente all’ATI Ec. Su./La. ed altri. Con successiva determina n. 201 del 5 ottobre 2017, infine, si è provveduto ad aggiudicare il lotto 1 alla società La Ma..
In particolare, nella segnalazione Soresa rappresentava che le società La. Ma. S.r.l. ed altri avevano presentato sei offerte, una per ogni lotto, per le quali in molti punti era riscontrabile una “piena sovrapponibilità ed identità di contenuti delle offerte tecniche” non potendo quindi escludersi che le offerte fossero state redatte in modo coordinato.
L’istruttoria ha consentito all’Autorità di accertare la sussistenza di un’intesa di tipo orizzontale posta in essere dalle società Bi. ed altri per il tramite della società di consulenza Gr. Li., nella forma di una pratica concordata con la finalità di condizionare gli esiti della gara Soresa, attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti. L’Autorità ha accertato che le imprese hanno evitato di competere in occasione della gara, anche grazie all’attività svolta dalla società di consulenza Gr. Li., la cui reale funzione in seno all’intesa emerge in primo luogo dalla condivisione fra le parti di una bozza di contratto originariamente veicolata dalla società di consulenza ad una soltanto di esse e cioè a Ec. Su..
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La società di consulenza avrebbe costituito il “collante” a garanzia reciproca delle parti dell’intesa del rispetto della preventiva spartizione dei lotti.
1.1 – Prima di scrutinare i singoli motivi di censura, giova inoltre ricordare che il sindacato giurisdizionale che viene in considerazione nell’ambito in esame è finalizzato a verificare se l’Autorità ha violato il principio di ragionevolezza tecnica, senza che sia consentito, in coerenza con il principio costituzionale di separazione, sostituire le valutazioni, anche opinabili, dell’amministrazione con quelle giudiziali.
In particolare, la giurisprudenza amministrativa più recente ? superate alcune incomprensioni lessicali legate all’inziale distinzione tra sindacato “debole” e “forte” ? ha ammesso una piena conoscenza del fatto e del percorso intellettivo e volitivo seguito dall’amministrazione. Si è affermato che l’unico limite in cui si sostanzia l’intangibilità della valutazione amministrativa complessa è quella per cui, quando ad un certo problema tecnico ed opinabile (in particolare, la fase di c.d. “contestualizzazione” dei parametri giuridici indeterminati ed il loro raffronto con i fatti accertati) l’Autorità ha dato una determinata risposta, il giudice (sia pure all’esito di un controllo “intrinseco”, che si avvale cioè delle medesime conoscenze tecniche appartenenti alla scienza specialistica applicata dall’Amministrazione) non è chiamato, sempre e comunque, a sostituire la sua decisione a quella dell’Autorità, dovendosi piuttosto limitare a verificare se siffatta risposta rientri o meno nella ristretta gamma di risposte plausibili, ragionevoli e proporzionate, che possono essere date a quel problema alla luce della tecnica, delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto (Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4990).
Tale sindacato è stato definito di “attendibilità tecnica e non sostitutivo” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 4990 del 2019).
2 – Con il primo motivo di appello la società contesta la configurazione di una pratica concordata.
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Al riguardo, deduce che il Giudice di prime cure ha erroneamente interpretato il complesso della documentazione risultante dal fascicolo processuale; viceversa, una lettura più approfondita dei fatti di causa e delle caratteristiche del bando di gara, avrebbe sicuramente smentito l’ipotesi di una previa spartizione dei lotti di gara da parte dell’odierna appellante.
2.1 – In particolare, la società sostiene che l’AGCM non avrebbe rispettato i principi espressi dalla giurisprudenza comunitaria in tema di distribuzione dell’onere della prova.
Con riferimento agli elementi endogeni, l’Autorità avrebbe dovuto dimostrare che la condotta dell’appellante era irrazionale, e che il suo comportamento non poteva essere spiegato altrimenti, se non con l’intesa anticoncorrenziale. Gli elementi endogeni che vengono in rilievo nella sentenza impugnata sono riferiti: a) al fatto che La e le altre imprese si sarebbero concentrate solamente sui loro lotti di interesse, dove sono poi risultate aggiudicatarie; b) alla circostanza che tutte le parti avevano versato il contributo ANAC richiesto dal disciplinare solo con riguardo agli specifici lotti su cui poi si sono effettivamente presentati.
L’appellante precisa di aver ricollocato in maniera razionale tutte le scelte economiche aziendali effettuate come segue:
– La è un’impresa di piccole dimensioni; per questo motivo, puntare su tutti i lotti, anche in composizione diversa, avrebbe portato ad una situazione insostenibile;
– siccome i costi di trasporto dei rifiuti dalla struttura di prelievo agli impianti di trattamento incidono sul prezzo dei servizi di Gara in una misura che si aggira intorno al 30% dei costi totali, era fondamentale per l’impresa puntare esclusivamente sui lotti vicini agli impianti della stessa;
– l’esistenza di un previo affidamento del servizio nelle strutture dei lotti in questione, consentiva, da un lato, di non dover replicare gli investimenti specifici già effettuati sulla struttura; dall’altro lato, di prevedere le esigenze specifiche della struttura e, dunque, calcolare con esattezza i costi del servizio, potendo così formulare un’offerta economica particolarmente competitiva;
– non era sostenibile l’impegno economico connesso alla partecipazione di tutti i lotti in gara, tenuto anche conto delle relative cauzioni.
Alla luce di tali chiarimenti, La ha spiegato di aver partecipato: – al Lotto 1 poiché vantava una significativa pregressa esperienza sulle strutture ospedaliere di tale lotto, avendo operato in precedenza sulle ASL Napoli 1 e 3, nonché per il collocamento del suo impianto proprio su tale lotto; – al Lotto 2 perché era il gestore uscente dell’Ospedale On. Pa., che aveva un peso specifico su tale lotto, data la peculiarità dei servizi sanitari ivi resi; – al Lotto 3, poiché era incumbent sull’azienda ospedaliera S. Gi. di Di. Ru. collocata su tale lotto.
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In relazione all’ulteriore elemento endogeno, concernente la circostanza che tutte le parti avevano versato il contributo ANAC richiesto dal disciplinare solo con riguardo agli specifici lotti su cui poi si sono effettivamente presentati, la società rappresenta che lo stesso è il percorso naturale di un’autonoma e libera iniziativa economica, scaturita da un’accurata valutazione aziendale effettuata all’esito di specifici sopralluoghi presso tutte le strutture sanitarie oggetto dei lotti in appalto.
1.2 – Con riferimento agli elementi esogeni, l’appellante prospetta che l’Autorità avrebbe dovuto dimostrare una relazione diretta o indiretta tra le imprese di tipo sospetto o anomalo, ossia al di fuori degli ordinari rapporti tra imprese e del contesto giuridico ed economico di riferimento. Gli elementi esogeni che vengono in rilievo nella sentenza impugnata riguardano, soprattutto, la presenza di un contratto di consulenza, in favore di Gr. Li., per la redazione di una parte dell’offerta tecnica, e alcuni scambi di informazioni via mail, riunioni ed incontri. Tuttavia, secondo la società, non solo i contatti intervenuti tra le imprese sono perfettamente riconducibili nell’alveo della legalità, ma gli stessi si sono potuti sviluppare proprio in virtù del particolare tenore dell’art. 9 del Disciplinare di gara, che limitava la possibilità di aggiudicazione dei lotti alle imprese aventi la medesima formazione (individuale o in ATI) per più di due lotti, e dell’art. 18 dello stesso Disciplinare, che assegnava lo stesso punteggio sia all’offerta tecnica che all’offerta economica.
L’appellante precisa inoltre che Gr. Li. è uno dei maggiori esperti del settore, occupandosi da anni proprio di fornire consulenza sui capitolati tecnici delle gare aventi ad oggetto servizi di prelievo, trasporto e smaltimento di rifiuti sanitari in tutto il territorio nazionale; nello specifico, il supporto di tale consulente si è rilevato assolutamente necessario, poiché ha consentito di accrescere e valorizzare al massimo le proprie competenze e di presentare un’offerta tecnica in linea con il complesso Disciplinare di gara.
Nello specifico, secondo l’appellante, il ruolo della società di consulenza non sarebbe un indice significativo della supposto concertazione, in quanto le parti avrebbero potuto comunque presentare offerte in altri lotti, anche avvalendosi di altri consulenti, ed a prescindere dall’implicita clausola di esclusiva della Gr. Li..
Quanto ai contatti intervenuti tra Ec. ed altri, questi avevano esclusivamente ad oggetto, da un lato, l’ipotesi di costituire delle ATI, tutte successivamente formatesi (nel Lotto 2: ATI Ec./La; nel Lotto 3: ATI Bi./La), dall’altro lato, la condivisione di alcuni fattori produttivi (nel Lotto 4: l’impianto di trattamento di La da parte di Ec.).
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Più in generale, la società sostiene come le caratteristiche del Disciplinare di gara presupponessero necessariamente forme di collaborazione tra imprese. La stessa ripartizione del punteggio al 50% dell’offerta tecnica e dell’offerta economica, rendeva fondamentale ridurre i costi, al fine di presentare un’offerta economica con il massimo ribasso possibile ed ottenere un buon punteggio complessivo. In questo contesto, la negoziazione congiunta con i fornitori di alcuni input produttivi (come i contenitori in plastica forniti da IS. Pl. S.p.A.) aveva l’effetto di garantire un abbattimento dei costi del servizio e, pertanto, forniva a ciascuna impresa un vantaggio competitivo certo su tutte le altre imprese che avrebbero partecipato alla Gara.
3 – Con il secondo motivo l’appellante contesta la scelta dell’AGCM di qualificare le condotte sanzionate quali integranti un’intesa per oggetto ai sensi dell’articolo 101 TFUE in mancanza dei relativi presupposti.
A questo riguardo, l’appellante ha evidenziato che:
– i contatti tra le parti avevano lo scopo di perseguire efficienze produttive tali da consentire a ciascuna di esse di presentare un’offerta quanto più possibile competitiva sia sotto il profilo economico, sia sotto quello tecnico;
– tali efficienze si sono effettivamente concretizzate, visto che le Parti hanno offerto ribassi molto consistenti rispetto alla base d’asta (il ribasso praticato dalla La va dal 29% fino al 52%, con una media del 38% di sconto, determinando prezzi di aggiudicazione diversi dagli altri partecipanti);
– le Parti non hanno formulato nessuna offerta d’appoggio, o comunque tale da evitare la parvenza di una “scacchiera” programmata ai fini della partecipazione ai singoli lotti;
– la stessa Soresa, che aveva previamente inoltrato la segnalazione, ha successivamente giudicato positivamente le offerte presentate senza sollevare alcuna osservazione in ordine alla loro congruità e decidendo di non escludere le Parti dalla gara (Soresa ha sottoscritto con La le convenzioni relative ai Lotti 1-2-3, aggiudicati definitivamente ad ottobre 2017, attestando così come le offerte presentate dall’azienda fossero congrue, vantaggiose e sostenibili).
4 – Le censure di parte appellante, che possono essere esaminate congiuntamente, non possono trovare accoglimento.
Procedure di affidamento la concorrenza e le azioni a tutela
In via generale, deve ricordarsi che, a norma dell’art. 101, par. 1, Tfue “sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno”.
L’art. 2 della legge n. 287 del 1990 contiene analoga disposizione.
La giurisprudenza ha messo in rilievo la diversità esistente tra l’accordo e la pratica concordata. Il primo ricorre quando le imprese hanno espresso la loro comune volontà di comportarsi sul mercato in un determinato modo. La seconda ricorre quando si realizza una forma di coordinamento fra imprese che “senza essere spinta fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce, in modo consapevole, un’espressa collaborazione fra le stesse per sottrarsi ai rischi della concorrenza” (Cons. Stato, sez. VI, 29 maggio 2018, n. 3197). È evidente come la figura dell’accordo sia rara nella prassi in quanto “gli operatori del mercato, ove intendano porre in essere una pratica anticoncorrenziale, ed essendo consapevoli della sua illiceità, tenteranno con ogni mezzo di celarla, evitando accordi scritti o accordi verbali espressi e ricorrendo, invece, a reciproci segnali volti ad addivenire ad una concertazione di fatto”. Per queste ragioni la giurisprudenza, “consapevole della rarità dell’acquisizione di una prova piena, ritiene che la prova della pratica concordata, oltre che documentale, possa anche essere indiziaria, purché gli indizi siano gravi, precisi e concordanti” (Cons. Stato, sez. VI, n. 3197 del 2018; Cons. Stato, sez. VI, 4 settembre 2015, n. 4123).
Circa la specifica posizione della società ricorrente, deve precisarsi sin da ora che nelle fattispecie di intesa anticoncorrenziale, risulta superfluo, al fine dell'”an” della responsabilità, indagare se il singolo partecipante all’intesa abbia avuto un ruolo maggiore o minore, attivo o addirittura meramente passivo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 maggio 2011, n. 3013 e 18 maggio 2015, n. 2513).
Procedure di affidamento la concorrenza e le azioni a tutela
Inoltre, per consolidata giurisprudenza, un’intesa restrittiva della concorrenza integra una fattispecie di pericolo, nel senso che il vulnus al libero gioco della concorrenza può essere di natura soltanto potenziale e non deve necessariamente essersi consumato (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 giugno 2014, n. 3032 e 24 ottobre 14, nn. 5274, 5275, 5276, 5277, 5278).
4.1 – Ai fini del presente giudizio è utile ricordare che, in base alla disciplina antitrust, ogni impresa deve determinare autonomamente le proprie condotte e vieta rigorosamente che fra gli operatori abbiano luogo contatti diretti o indiretti aventi lo scopo o l’effetto di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenziale, ovvero di rivelare ad un concorrente il comportamento che l’interessato ha deciso, o prevede, di tenere sul mercato (cfr. Corte di giustizia dell’Unione Europea del 16 dicembre 1975, Suiker Unie, causa C-114/73).
Anche secondo una consolidata giurisprudenza della Sezione “ogni operatore economico deve determinare autonomamente la propria condotta sul mercato; ciò non esclude che egli abbia il diritto a reagire in maniera razionale al comportamento, constatato o atteso, dei propri concorrenti; gli proibisce però di instaurare con i concorrenti stessi ogni contatto, diretto o indiretto, volto influenzare il reciproco comportamento sul mercato o mettersi reciprocamente al corrente dei comportamenti che si intendono porre in atto. Se tali contatti fossero ammessi, infatti, si sostituirebbe “all’alea della concorrenza il vantaggio della concertazione” ed il consumatore sarebbe privato sistematicamente dei benefici che gli derivano dalla tendenza fisiologica di ogni impresa concorrente a conquistarsi fette di mercato offrendo condizioni più favorevoli rispetto ad altre imprese” (Consiglio di Stato, VI, 19 dicembre 2019, nn. 8585 e 8591).
5 – L’istruttoria condotta dall’Autorità ha fatto emergere idonei elementi atti a comprovare l’ipotesi accusatoria, ovvero che le imprese partecipanti alla procedura indetta da Soresa hanno definito ex ante ed in maniera concordata la propria strategia di gara, non sovrapponendosi in nessuno dei lotti, in ciò agevolate dalla scelta condivisa di utilizzare un medesimo consulente per la predisposizione delle relazioni tecniche, che ha anche attivamente favorito la realizzazione del coordinamento.
Al riguardo, deve sin da ora evidenziarsi, come il dato incontestato che le società, in concorrenza tra loro, si siano avvalse consapevolmente del medesimo consulente (Gr. Li.) per la medesima gara costituisca un indice significativo dell’intento illecito perseguito, che le giustificazioni della società non riescono a superate. Intento che, oltretutto, ha trovato riscontro nella denuncia della società appaltante e nel dato pacifico che le offerte delle parti dell’intesa non si sono mai sovrapposte.
Procedure di affidamento la concorrenza e le azioni a tutela
5.1- Nello specifico, la sussistenza di contatti e l’intento anticompetitivo perseguito dalle parti dell’intesa emergono in modo non equivoco dalla condivisione della e-mail, datata 21 ottobre 2016, inviata dal legale rappresentante di Gr. Li., a un dipendente della società Ec. Su., nella quale il primo gira al secondo la bozza di un possibile contratto di consulenza tra Gr. Li. ed Ec. Su., relativo all’assistenza tecnica in occasione della gara So.re.sa. Tale bozza di contratto di consulenza allegata alla e-mail conteneva un riferimento, nelle premesse, a tutti e sei i lotti nei quali si articolava la gara indetta da Soresa.
Tale bozza di contratto è stata inoltrata, unitamente al contenuto della mail da Ec. ai rappresentanti delle società Bi., Ec. e La. Se. in seguito le società hanno formalizzato singoli ed individuali contratti di consulenza con Gr. Li., è pacifico che le stesse hanno selezionato i lotti sui quali candidarsi senza essere in concorrenza con gli altri operatori che si erano rivolti a Gr. Li..
Tali emergenze testimoniano di per sè la finalità collusiva perseguita dalle imprese, che non riescono a giustificare in modo attendibile la ragione della trasmissione tra concorrenti della bozza di contratto sopra richiamata, rendendo per l’effetto poco convincenti le spiegazioni alla loro successiva condotta relativa ai rapporti con la società di consulenza ed alle offerte presentate.
Invero, la bozza di contratto (poi oggetto di condivisione) era stata redatta a favore di Ec. con riferimento a tutti i lotti nei quali si articolava la gara; la stessa è stata poi condivisa con le altri parti ed ha avuto quale pacifico effetto quello di costituire un vincolo di non concorrenza sul medesimo lotto accettato dalle società parti.
Deve anche rilevarsi che il rappresentante di Gr. Li. ha affermato testualmente che: “una volta liberatasi la sua disponibilità per i quattro lotti ai quali non era più interessata Ec. Su.” era stato poi “contattato “a ruota” dalle altre società ” alle quali avrebbe ribadito – come inizialmente rappresentato a ciascuna di loro – “di poter accettare l’incarico di consulenza solo ove avessero deciso di presentare offerta nei lotti in cui non erano in concorrenza tra loro”; al riguardo, anche il rappresentante legale di La, in sede di audizione, ha affermato: “(Ec. Su.), riferì che Gr. Li. non avrebbe fornito consulenza ad imprese in concorrenza fra loro” e che, una volta formalizzata l’attività di consulenza, Gr. Li. suggerì di mettere a fattor comune le proprie conoscenze ed i propri asset.
Procedure di affidamento la concorrenza e le azioni a tutela
Tale esito imposto da Gr. Li. e condiviso dalle parti, indipendentemente dall’intento perseguito da quest’ultima, come da quello perseguito dalle altri parti (vedasi le giustificazioni delle stesse addotte al fine di dimostrare la razionalità economica della propria condotta) per le modalità con le quali è stato ottenuto è illecito, nel momento in cui le parti hanno dato vita consapevolmente ad un impegno alla non sovrapposizione nei diversi lotti, rivelando necessariamente alle concorrenti la propria condotta di gara.
5.2 – L’Autorità ha messo in luce anche ulteriori elementi che confermano il preventivo coordinamento in relazione alle modalità di partecipazione alla procedura indetta da Soresa. In particolare, rilevano:
a) una e-mail reperita presso la sede della società Ec. Su., del 17 dicembre 2016, inviata da un rappresentante di tale società a Gr. Li., cui risultano allegati una serie di file contenenti alcune simulazioni di offerta economica relativamente ai lotti 2 e 5 della gara indetta da Soresa, riguardanti non solo Ec. Su. ma anche altre imprese, ma che non includono le altri partecipanti all’intesa;
b) gli appunti manoscritti reperiti presso la sede della società Bi., custoditi nella cartellina nella quale è stato rinvenuto il contratto stipulato tra la citata società e Gr. Li.. Tali appunti, sebbene privi di data, riportano il pattern di offerte poi effettivamente presentate dalle aziende nella gara. Infatti, in essi si legge: “Bi. = lotto 6 lotto 3 La = lotto 1 lotto 3 Br. (Ce. AD di Ec. Su.) = lotto 2 lotto 5”. Ancora, nella pagina successiva si legge: “Lotto 1 La. 2 Br. (Ec.) 3 Bi./La. 4 Or. (AD di Ec.), 5 Ce. 6 Bi.”;
c) i documenti dai quali emerge che verosimilmente le parti, in vista dello svolgimento della procedura, hanno condiviso nel corso di specifici incontri, i medesimi input produttivi, nella consapevolezza reciproca che esse non sarebbero mai state concorrenti effettive sui lotti selezionati (vedasi: lo scambio di e-mail, datato 3 novembre 2016, reperito presso la sede di Ec.; la successiva mail, reperita presso la sede della società Ec. e datata 14 novembre 2016);
d) la e-mail, reperita presso la sede di La, datata 24 novembre 2016, dalla quale risulta che la stessa La avesse organizzato un incontro presso la sua sede legale, alla presenza degli altri operatori concorrenti per discutere congiuntamente della possibile fornitura di contenitori in plastica da parte dell’impresa produttrice IS. Pl. S.p.A. (di fatto, tutte le parti dell’intesa hanno indicato la medesima tipologia di contenitori nelle relazioni tecniche depositate in sede di gara);
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e) i contatti tesi a condividere tra Bi. e La Ma., a cavallo tra novembre e dicembre 2016, la relazione tecnica che il secondo stava predisponendo con l’ausilio di Gr. Li. (presso la sede di Bi., è stata infatti rinvenuta una bozza di relazione, non ancora depositata presso la sede di Soresa, relativa al lotto 1, sul quale ha poi presentato offerta la sola società La Ma.);
f) il documento reperito presso la sede della società La ed inviato, in data 28 ottobre 2016, alle società La Ma. ed altri dal rappresentante della società di consulenza che richiedeva alle parti la documentazione necessaria per chiudere la parte tecnica ed amministrativa delle offerte (l’istruttoria svolta dall’Autorità ha permesso di confermare la sussistenza di evidenti similitudini presenti negli elaborati tecnici presentati dalle parti e financo l’identità di contenuti degli stessi).
6 – Come già ricordato, la giurisprudenza ha confermato il principio secondo cui laddove vengano rinvenuti elementi di prova esogeni, ovvero afferenti all’esistenza di contatti tra le imprese e scambi di informazioni, come nel caso di specie, grava in capo alle imprese l’onere di dover fornire una diversa spiegazione lecita delle loro condotte mentre, in mancanza, la prova dell’elemento endogeno, ovvero dell’irrazionalità della condotta incombe sull’Autorità (Consiglio di Stato, IV, 19 dicembre 2019, n. 8581 e 8599).
Le modalità di partecipazione delle società alle gare (sia singolarmente che in ATI), senza mai sovrapporsi, confermano la riconducibilità delle condotte delle imprese alla predetta strategia collusiva.
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Ad ulteriore conferma di una consapevole ripartizione concertata dei lotti, l’Autorità ha evidenziato che le parti del procedimento hanno versato il contributo ANAC richiesto dal disciplinare di gara solo con riguardo agli specifici lotti su cui poi si sono effettivamente presentate avvalendosi del contributo di Gr. Li., con l’unica eccezione della società Ec. (che risulta aver effettuato il versamento anche per un ulteriore lotto, e che ha tuttavia giustificato la propria scelta come irrazionale e dettata dal “panico”).
6.1 – Anche la tesi facente leva sulla pronuncia del T.A.R. per il Lazio del 23 luglio 2019 n. 9833, al fine di prospettare la liceità dell’incarico conferito a Gr. Li. non risulta del tutto pertinente, dal momento che tale pronuncia ha ad oggetto un giudizio relativo all’impugnazione di una sanzione dell’ANAC nei confronti di una società esclusa da una gara pubblica ai sensi dell’art. 80, c. 5, lett. m), del d.lgs. 50/2016, per avere violato il divieto di presentare offerte imputabili ad un unico centro decisionale.
In ogni caso, ai fini del presente giudizio, l’aspetto dell’incarico conferito a Gr. Li. deve essere collocato nel più ampio quadro probatorio già messo in luce e non valutato singolarmente e dal solo punto di vista della società appellante.
6.2 – Gli ulteriori tentativi di spiegazione alternativa forniti dall’appellante non risultano convincenti: la tesi che il comportamento della società sia stato determinato dal contesto nel quale si è svolta la gara ed il conseguente interesse a prestare il servizio unicamente nelle aree nelle quali era già gestore uscente, pur astrattamente plausibile, non esclude necessariamente che tale intento sia stato perseguito in modo illecito, scontrandosi comunque con le evidenze relative ai contatti avuti con le imprese concorrenti e l’utilizzo del medesimo consulente che, come evidenziato, direttamente o indirettamente metteva al riparo l’appellante dal concorrenza delle altre parti dell’intesa.
L’Autorità ha inoltre verificato che alcune delle parti avevano comunque maturato pregresse esperienze in altri presidi sanitari e dunque erano nella condizione di poter formulare offerte anche per lotti ulteriori e diversi rispetto a quelli prescelti, sia pure con la necessità di ricorrere ad ATI a composizione variabile, in ragione dei limiti derivanti dal bando.
Le giustificazioni economiche prospettate dalle società si scontrano inoltre che la loro decisione assunta, dopo la scadenza dei termini per la presentazione delle offerte prevista nella gara indetta da Soresa, ma ben prima dell’aggiudicazione di tale gara, di partecipare alla successiva gara indetta dalla Regione Lazio.
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6.3 – Quanto alla configurazione di intesa per oggetto ed alla mancata verifica degli effetti dell’intesa, il punto VI del provvedimento impugnato esprime chiaramente le motivazioni in punto di qualificazione della fattispecie, evidenziando che i comportamenti assunti dalle parti configuravano un’intesa restrittiva della concorrenza, frutto di una consapevole collaborazione delle parti, volta ad eliminare i rischi connessi al dispiegarsi di corrette dinamiche competitive in occasione della prima gara centralizzata indetta da Soresa nella Regione Campania.
La prospettazione dell’appellante, tenuto conto della specifica fattispecie che viene in rilievo, risulta in contrasto che la consolidata giurisprudenza, secondo cui un’intesa restrittiva della concorrenza integra una fattispecie di pericolo, nel senso che il vulnus al libero gioco della concorrenza può essere di natura soltanto potenziale e non deve necessariamente essersi consumato (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 giugno 2014, n. 3032 e 24 ottobre 14, nn. 5274, 5275, 5276, 5277, 5278).
L’Autorità ha correttamente ritenuto che l’intesa posta in esame ha avuto per oggetto un coordinamento nella decisione di partecipare alla gara indetta da Soresa volto alla suddivisione dei lotti, senza sovrapposizioni degli uni con gli altri partecipanti all’intesa.
Tale conclusione risulta conforme alla decisioni rese in riferimento a casi analoghi, ove, in ragione del chiaro oggetto anticoncorrenziale, si è affermato che una intesa deve ritenersi illecita “per il suo stesso oggetto spartitorio senza necessità di verificarne gli effetti concreti” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 5998).
Del resto, la rilevanza della procedura di gara interessata, la partecipazione alla stessa di società di spessore nazionale, la circostanza che la gara fosse stata indetta per tutti i presidi sanitari della regione Campania e l’ulteriore circostanza che le imprese parti all’accordo fossero gestori uscenti della gran parte dei presidi sanitari presenti nei lotti, rendono plausibile il prodursi di un effetto di cristallizzazione del mercato, a danno di una reale e sana competizione nel settore.
La giurisprudenza più recente della Sezione ha ribadito che “le infrazioni anticoncorrenziali che mirano al coordinamento e alla concertazione delle strategie di partecipazione a gare d’appalto possono essere considerate, per loro stessa natura dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza, perché la probabilità di effetti negativi è talmente alta da rendere inutile la dimostrazione degli effetti concreti sul mercato, ai fini dell’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, TCE” (Consiglio di Stato, nn. 3555/2021 e 3566/2021).
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7 – Con il terzo motivo di appello, la società deduce l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto insussistenti le condizioni previste dall’art. 101, comma 3, TFUE.
L’appellante avrebbe invece dimostrato di aver soddisfatto le condizioni richieste dall’art. 101, comma 3, TFUE, tenuto conto delle seguenti circostanze:
– la scelta delle Parti di avvalersi del medesimo consulente tecnico e di mettere a fattor comune una serie di input utili alla predisposizione dell’offerta tecnica, si è tradotta nella formulazione di offerte economiche particolarmente basse e della migliore offerta tecnica possibile. In questo modo, è stato possibile generare un beneficio non solo per le aziende sanitarie campane, ma anche dei pazienti di tali strutture, che indirettamente si avvantaggeranno di tale risparmio di spesa, nonché della qualità del servizio offerto (nella memoria finale depositata in primo grado in data 7 dicembre 2018, la società ha evidenziato come, soprattutto sulla base dei risultati di gara, le proprie offerte abbiano portato a sconti elevatissimi sia rispetto alla base d’asta sia rispetto al passato, nonché ad un’offerta tecnica espressiva di una qualità eccellente);
– la gara Soresa è stata quella con maggior partecipazione in Italia (nel settore); infatti, alla procedura hanno partecipato in tutti i Lotti complessivamente tredici imprese (operanti anche sull’intero territorio nazionale).
7.1 – La censura è infondata.
In primo luogo, deve rilevarsi come gli argomenti fattuali dedotti dall’appellante appaiono assolutamente opinabili, non essendo idonei a sorreggere in modo oggettivo la prospettazione dell’appellante.
In particolare, l’elevato punteggio tecnico ottenuto dalle parti è indicativo della qualità della loro offerta rispetto a quella degli operatori estranei al cartello, ma non può in alcun modo escludersi che la qualità delle offerte tecniche presentate dalle imprese partecipanti al cartello sarebbe stata superiore nel caso in cui queste si fossero confrontate direttamente per l’aggiudicazione dei singoli lotti. Parimenti, con riguardo agli sconti, va osservato che la vantata vantaggiosità è puramente teorica, in quanto le imprese non hanno affatto provato che tali sconti sarebbero stati più contenuti in assenza del cartello a causa di minori efficienze a livello dei costi di produzione.
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Soprattutto non è stato provato che l’accertata spartizione dei lotti in gara fosse indispensabile al fine di realizzare le ipotizzate efficienze.
Sul piano teorico, deve ricordarsi che l’art. 101, paragrafo 3, TFUE, prevede la possibilità di accordare un’autorizzazione in deroga a un’intesa restrittiva della concorrenza laddove questa soddisfi talune condizioni, apportando complessivamente dei benefici che compensino più che proporzionalmente gli effetti anticoncorrenziali, e purché a seguito dell’intesa residui sul mercato un grado di concorrenza sufficiente.
Tale eccezione deve tuttavia essere correttamente calibrata al contesto all’interno del quale si sviluppano gli effetti dell’intesa, non potendo certo giustificare una concertazione atta ad alterare una procedura di evidenza pubblica – il cui scopo è precipuamente quello di rendere contendibile, secondo i principi del confronto competitivo, il bene posto in gara – la cui trasparenza ed integrità è presidiata non solo dalla disciplina antitrust.
Anche secondo la Comunicazione della Commissione C101/08 del 27 aprile 2004 le intese in discorso non possono “verosimilmente soddisfare le condizioni di cui all’articolo 81.3. Tali restrizioni figurano nella lista nera dei regolamenti di esenzione per categoria o sono individuate come restrizioni fondamentali” di cui al citato articolo.
8 – Con il quarto motivo l’appellante contesta sotto diversi profili, la determinazione della sanzione.
In particolare, deduce l’ingiustizia dell’incremento percentuale della sanzione e la non gravità della sanzione, in ragione del fatto che:
– lo scopo di deterrenza non sussisterebbe, poiché l’intento della società era solo quello di fornire la migliore offerta tecnica ed economica possibile in sede di gara senza in alcun modo sottrarsi al confronto competitivo;
– l’insussistenza del ritenuto carattere di gravità dell’intesa, in quanto: non era segreta e non ha prodotto effetti dannosi sul mercato, costituendo un caso isolato;
– le Parti non hanno formulato nessun’offerta d’appoggio o comunque tale da evitare la parvenza di una “scacchiera” programmata ai fini della partecipazione ai singoli lotti.
Per quanto riguarda l’applicazione della c.d. “entry fee”, l’appellante ribadisce che i contatti intervenuti tra le Parti non possono essere assolutamente qualificati come intese aventi lo scopo di spartirsi il mercato, secondo le caratteristiche del “bid rigging” e, pertanto, sarebbe del tutto assente quel carattere di gravità e quella finalità di deterrenza che giustifica la sua applicazione, ai sensi del punto 17 delle Linee Guida.
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Sotto altro profilo, l’appellante prospetta la sussistenza dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza di riduzione della sanzione per incapacità contributiva, alla luce della relazione del proprio consulente, che all’epoca elaborò una relazione dalla quale emergevano gli indici di solidità strutturale.
9 – Le censure sono infondate.
Il provvedimento ha fatto corretta applicazione dei criteri atti a determinare la sanzione nell’ambito in questione e l’esito non risulta irragionevole e sproporzionato.
In particolare, viene in considerazione il punto 18 delle Linee Guida, ai sensi del quale “in generale, anche nei casi di collusione nell’ambito di procedure di gare di appalti pubblici, l’Autorità prenderà in considerazione il valore delle vendite direttamente o indirettamente interessate dall’illecito. In linea di principio, tale valore corrisponde, per ciascuna impresa partecipante alla pratica concertativa, agli importi oggetto di aggiudicazione […], senza necessità di introdurre aggiustamenti per la durata dell’infrazione ai sensi dei paragrafi precedenti”.
Dato tale presupposto, il provvedimento identifica il valore delle vendite con l’importo al quale ciascun lotto è stato aggiudicato sul quale calcola la percentuale che avrebbe dovuto riflettere la gravità dell’infrazione, individuata nel 15%, in conformità al punto 12 delle Linee Guida, in caso di “intesa orizzontale segreta di ripartizione del mercato, la percentuale del valore delle vendite considerata ai fini del calcolo dell’importo base è in genere non inferiore al 15%”.
A ciò è stata aggiunta la c.d. entry fee per un ammontare supplementare pari ad un ulteriore 15%, in ragione del fatto l’intesa sarebbe “particolarmente grave”, sia per la sua natura, sia per la tipologia del servizio interessato necessario per le strutture sanitarie e per la popolazione.
Considerato che l’importo base così calcolato superava il limite massimo edittale previsto dall’art. 15 della legge n. 287/1990, la sanzione pecuniaria finale irrogata è stata ricondotta entro tale limite e quantificata in Euro535.828.
9.1 – Avuto riguardo alla specifica posizione dell’appellante ed al contesto nel quale si colloca l’intesa, in relazione alla determinazione di gravità dell’intesa va condivisa la valutazione operata dall’Autorità, dovendosi sul punto confermare la sentenza impugnata, avuto riguardo al fatto che l’intesa aveva per oggetto la condotta da serbare nella gara pubblica indetta da Soresa e si connotava anche per la sua segretezza, dal momento che il relativo supporto probatorio è fondato su contatti di posta elettronica non conoscibili all’esterno, evidenziando così la carenza di trasparenza e pubblicità dell’accordo stesso (cfr. Cons. St., Sez. VI, n. 8591/2019; n. 8581/2019; n. 8599/2019).
Tale valutazione pare in sintonia con la definizione di “cartello segreto” fornita dall’art. 2 della Direttiva 2019/1 (“cartello segreto: un cartello di cui è celata in tutto o in parte l’esistenza”) nonché dal considerando 53 della stessa Direttiva (“perché un cartello sia considerato un cartello segreto non è necessario che siano segreti tutti gli aspetti della condotta. In particolare, un cartello può essere considerato un cartello segreto quando non sono a conoscenza del pubblico, dei clienti o dei fornitori elementi del cartello che rendono più difficile da individuare la condotta nel suo complesso”).
La gravità è stata apprezzata dall’Autorità anche valorizzando la circostanza che le società sanzionate comprendessero i principali gestori uscenti nel mercato di riferimento nonché una società di consulenza attiva su tutto il territorio nazionale.
Le giustificazione addotte dall’Autorità al fine di qualificare l’intesa come grave appaiono dunque ragionevoli e conformi agli orientamenti della giurisprudenza, non risultando dirimente in senso contrario neppure la prospettata mancata produzione di un effetto anticoncorrenziale (cfr. Consiglio di Stato, 15 luglio 2019, n. 4990). Per altro, l’intesa ha avuto piena attuazione dal momento che le parti si sono aggiudicate i lotti ai quali miravano.
L’Autorità ha anche adeguatamente motivato l’applicazione di un ulteriore incremento del 15% che risulta giustificato dal fatto che l’infrazione ha interessato un servizio (raccolta, trasporto e conferimento ad impianti di smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non derivanti dalle aziende sanitarie della Campania) necessario sia per le ASL che per l’intera popolazione della Regione.
In ogni caso, l’applicazione del cap del 10% sul fatturato globale, con il relativo effetto di abbattimento dell’importo base della sanzione, assorbe sostanzialmente i plurimi rilievi della società (attraverso l’applicazione del limite edittale l’importo della sanzione è passato da circa Euro2.105.842 a Euro535.828).
Deve infatti concludersi che la sanzione concretamente irrogata dall’Autorità risulta del tutto congrua e proporzionata, dovendosi considerare che deve in ogni caso esserne assicurata l’efficacia deterrente (ex multis Consiglio di Stato, 4 settembre 2014, nn. 4506: “la sanzione da applicare in caso di illeciti “antitrust” deve rivestire il necessario e sufficiente carattere dissuasivo, allo scopo, da un lato, di sanzionare le imprese responsabili dell’infrazione (scopo dissuasivo specifico) e, dall’altro, di dissuadere altre imprese dall’assumere o dal continuare in comportamenti illeciti”.
La sanzione concretamente irrogata comporta anche la conferma della non condivisione della prospetta inability to pay.
Al riguardo, ai sensi del p. 31 delle Linee Guida, l’impresa interessata che voglia far valere la propria limitata capacità contributiva deve all’uopo produrre “evidenze complete, attendibili e oggettive da cui risulti che l’imposizione di una sanzione, determinata secondo quanto delineato nelle presenti Linee Guida, ne pregiudicherebbe irrimediabilmente la redditività economica, potendo pertanto determinarne l’uscita dal mercato”. Secondo le Linee Guida, l’Autorità, in ogni caso, “non prenderà in considerazione istanze basate unicamente su perdite di bilancio negli ultimi esercizi o di crisi generalizzata del settore interessato”.
Alla luce delle disposizioni citate devono essere confermati i principi della eccezionalità della riduzione per “incapacità contributiva” e l’onere per la parte di provarne il collegamento con il pagamento della sanzione, conformemente alla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. St. n. 5998 del 2017), che richiama la giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentt. CGUE 19 marzo 2015, C-286/13P, Do. Fo.; 26 novembre 2013, C-58/12, Gr. Ga.).
Al riguardo, non appare dunque censurabile la valutazione dell’Autorità che non ha riconosciuto la sussistenza delle condizioni per l’accoglimento dell’istanza della ricorrente, in quanto, tra l’altro, gli ultimi tre esercizi contabili presi in esame denotavano una situazione di liquidità dell’impresa complessivamente buona nella misura in cui il capitale circolante netto era ampiamente positivo e pari a più del doppio il valore della sanzione.
10 – Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663).
L’appello va, quindi, respinto nei sensi di cui in motivazione.
Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta respinge l’appello e condanna parte appellante alla refusione delle spese di lite in favore dell’Autorità, che si liquidano in Euro5.000, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 luglio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino – Presidente FF
Alessandro Maggio – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore
Francesco De Luca – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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