Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 22 febbraio 2019, n. 1223.

La massima estrapolata:

In tema di procedimento antidoping, le seconde analisi non possono qualificarsi alla stregua di mezzo di gravame contro le risultanze delle prime, bensì quale strumento di comparazione con queste e di approfondimento analitico, a garanzia dell’univocità scientifica del relativo esito. Esse, infatti, costituiscono essenzialmente, più che una revisione e/o un riesame, un accertamento ex novo, in contraddittorio con l’interessato, del secondo recipiente dell’unico prelievo effettuato sul cavallo.

Sentenza 22 febbraio 2019, n. 1223

Data udienza 14 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7084 del 2018, proposto da
Ma. Ma., rappresentato e difeso dall’avvocato St. Ma., con domicilio digitale come da PEC indicata in atti e domicilio fisico presso lo studio Do. Pa. in Roma, via (…);
contro
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso lo stesso domiciliato ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza emessa dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, n. 4844 del 2018, con la quale era respinto il ricorso proposto per l’annullamento della decisione della Commissione di disciplina di appello del MIPAAF settore ippica n. 1879/a-t dep. Il 15 febbraio 2018, di reiezione dell’appello contro la condanna di Ma. da parte della commissione di prima istanza n. 81/17 a mesi due di sospensione come allenatore con multa, per positività a sostanza proibita del prelievo su cavallo da lui allenato;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2019 il Cons. Solveig Cogliani e udito per l’Amministrazione l’Avvocato dello Stato Ma. La. Ch.; nessuno è comparso per l’appellante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I – Con il ricorso in appello, indicato in epigrafe, Ma., espone di essere stato sanzionato a seguito del risultato positivo dell’uso di sostanze vietate nell’allenamento di un cavallo, anche in seguito alla ripetizione delle stesse. L’appellante evidenziava, con l’atto introduttivo del giudizio, che il laboratorio delle seconde prove, indicato dal MIPAAF in Inghilterra, non aveva allegato il verbale di apertura del flacone di seconde analisi in Inghilterra.
L’appellante censura in questa sede, dunque, la sentenza di prime cure, che ha respinto il ricorso in primo grado, affermando che la decisione non avrebbe preso atto che la documentazione sarebbe carente del dossier di seconde analisi, e, dunque, della prova che le stesse siano state effettuate sull’urina effettivamente prelevata sul cavallo allenato e nella data indicata, in asserita violazione all’art. 10 del Regolamento di procedura disciplinare. Dunque, non sarebbe spettato all’istante dimostrare alcunché .
Si è costituta per resistere l’Amministrazione, che ha ribadito la correttezza dell’operato, anche in ragione della presenza della certificazione resa dal laboratorio inglese in ordine all’integrità del campione e del sigillo pervenuto, nonché del certificato di prelievo.
All’udienza di discussione del 14 febbraio 2019, la causa è stata trattenuta in decisione.
II – Osserva il Collegio che oggetto del presente giudizio è l’interpretazione del comma 11 dell’art. 10 del Regolamento di controllo delle sostanze proibite, che prescrive che il laboratorio che ha eseguito le seconde analisi ne invii l’esito unitamente al verbale di apertura del campione.
La l. 14 dicembre 2000 n. 376 sulla lotta contro il doping richiede che il controllo antidoping sia svolto presso uno o più laboratori accreditati dal CIO o da altro organismo internazionale, sicché la legge richiede che i laboratori presentino specifiche garanzie.
Tali garanzie risultano rispettate nel caso che occupa, in ragione della presenza di ben due certificati, l’uno relativo al prelievo campione inviato per la seconda analisi (che attesta, dunque, la provenienza dello stesso), l’altro concernente l’integrità del campione e del sigillo al momento dell’arrivo in laboratorio.
Ne discende che tale certificazione, assolve (al di là di un’interpretazione strettamente formalistica, che mal si attaglia alla situazione di specie, in ragione anche del fatto che si tratta di laboratorio straniero) alla funzione che costituisce la ratio della previsione di cui al menzionato art. 10.
Né sono svolte censure nei confronti della idoneità del laboratorio prescelto, peraltro, non avendo inteso l’istante partecipare all’operazione, pur essendo consentito.
III – Invero, appare ragionevole la ricostruzione svolta dall’Amministrazione nell’evidenziare l’evoluzione della prassi, dal tempo in cui la seconda analisi avveniva unicamente presso lo stesso laboratorio, sicché assumeva particolare rilievo la necessità di attestare che il prelievo fosse fatto dal secondo campione.
IV – Da ultimo, per completezza, deve evidenziarsi che, come affermato da questo Consiglio, “le seconde analisi non possono qualificarsi alla stregua di mezzo di gravame contro le risultanze delle prime, bensì quale strumento di comparazione con queste e di approfondimento analitico, a garanzia dell’univocità scientifica del relativo esito. Esse, infatti, costituiscono essenzialmente, più che una revisione e/o un riesame, un accertamento ex novo, in contraddittorio con l’interessato, del secondo recipiente dell’unico prelievo effettuato sul cavallo” (Sez. VI, n. 692/2017).
Da quanto sin qui osservato risulta, di conseguenza, che correttamente il primo giudice ha evidenziato la carenza di apporto probatorio da parte del ricorrente avverso il risultato (di ben due analisi) di positività alle sostanze vietate.
V – Per quanto sin qui ritenuto, l’appello deve essere respinto e, per l’effetto deve essere confermata la sentenza appellata n. 4844 del 2018.
La parte appellante è condannata, in ragione del principio della soccombenza, al pagamento in favore dell’amministrazione, delle spese del presente grado di giudizio, che sono determinate in euro 3.000,00 (tremila/00).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto deve essere confermata la sentenza appellata n. 4844 del 2018.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore dell’amministrazione, delle spese del presente grado di giudizio, che sono determinate in euro 3.000,00 (tremila/00). Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Pierfrancesco Ungari – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere, Estensore

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