Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 19 giugno 2020, n. 3921.
La massima estrapolata:
L’art. 8 del DPR n. 160/2010 prevede che possa essere attivata una variante, con il procedimento di SUAP solo “quando lo strumento urbanistico non individua aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti”. Ciò comporta che, prima di avviare un procedimento di variante, devono essere effettuate verifiche sulla non disponibilità o insufficiente disponibilità di aree produttive. Il procedimento semplificato di variante ex art. 8 del D.P.R. n. 160/2010, consiste infatti in un procedimento che ha carattere eccezionale e derogatorio e non può essere surrettiziamente trasformato in una modalità ordinaria di variazione dello strumento urbanistico generale.
Sentenza 19 giugno 2020, n. 3921
Data udienza 23 aprile 2020
Tag – parola chiave: Strumenti urbanistici – PGT – Variante – Procedimento semplificato di variante ex art. 8 del D.P.R. n. 160/2010 – Comparto di completamento produttivo/artigianale – Opere di urbanizzazione primaria e secondaria e verde pubblico – Interventi oggetto di DIA e di SCIA – Variante urbanistica – Deroga – SUAP – Ampliamento di impianto produttivo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 4480 del 2018, proposto dalla società Fr. Se. Au. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Do. Be. e Ma. Av., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il signor Gi. Sa., la società Jo. St. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e il signor Cr. Be., in proprio e quale titolare della ditta Fl. Ga. di Be. Cr., rappresentati e difesi dagli avvocati Fr. Lu., Al. Lu. e Ja. D’A., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la signora Ma. El. So., in qualità di Trustee del Trust “S & E”, rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. Be., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Provincia di Brescia e la Regione Lombardia, non costituite in giudizio;
sul ricorso in appello numero di registro generale 4498 del 2018, proposto dalla società Fr. Se. Au. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Do. Be. e Ma. Av., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la signora Lu. Tr., in proprio ed in qualità di legale rappresentate della società 3V di Tr. Lu. & C. s.a.s., rappresentata e difesa dagli avvocati Fr. Lu., Al. Lu. e Ja. D’A., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Ba., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la signora So. Ma. El., in qualità di Trustee del Trust “S & E”, rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. Be., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Provincia di Brescia e la Regione Lombardia, non costituite in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso n. 4480 del 2018:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede staccata di Brescia, Sezione prima, n. 181 del 14 febbraio 2018, resa tra le parti, concernente la delibera del Consiglio comunale di (omissis) n. 31 del 23 giugno 2016 di approvazione definitiva del progetto in variante al PGT relativa al SUAP Fr. Au..
quanto al ricorso n. 4498 del 2018:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede staccata di Brescia, Sezione prima, n. 180 del 14 febbraio 2018, resa tra le parti, concernente l’approvazione della stessa variante al PGT del Comune di (omissis);
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del signor Gi. Sa., della società Jo. St., del signor Cr. Be., della signora Lu. Tr., del Comune di (omissis) e della signora Ma. El. So.;
Visti i ricorsi incidentali del signor Gi. Sa., della società Jo. St., del signor Cr. Be., della signora Lu. Tr. e della signora Ma. El. So.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2020, svoltasi in video conferenza, ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito dalla legge n. 27 del 2020, il consigliere Nicola D’Angelo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor Gi. Sa., la società Jo. St. s.r.l. e il signor Cr. Be., in proprio e quale titolare della ditta Fl. Ga., sono proprietari nel Comune di (omissis) di aree all’interno del comparto di completamento produttivo/artigianale di via (omissis) nel quale, a seguito di un piano di lottizzazione convenzionata del 1982, è stata prevista anche la realizzazione e la cessione al Comune di aree per gli standard relativi ad opere di urbanizzazione primaria e secondaria e a verde pubblico, con destinazione, secondo il Piano dei servizi del PGT, a verde di arredo.
1.1. Quest’ultima area veniva poi inserita nel piano comunale delle alienazioni del 2013, modificando la destinazione urbanistica da “Ambiti per servizi pubblici o di interesse pubblico e collettivo” a “Verde Urbano di Salvaguardia”.
1.2. Nel 2014 veniva quindi indetta un’asta pubblica per la cessione della stessa porzione, procedura che si concludeva con la vendita ad un Trust denominato “S & E” avente come unico disponente il signor Se. Fr..
1.3. In data 2 marzo 2015, la società Fr. Se. Au. presentava al Comune di (omissis) una DIA e una SCIA, per la realizzazione sull’area di un box prefabbricato per deposito attrezzi (di 20 mq e di altezza inferiore a 3 metri) e di un muro di recinzione, sistemando anche il terreno per renderlo idoneo ad essere asfaltato e trasformato in un piazzale per i mezzi della ditta. Il 28 aprile 2015 la stessa società presentava poi una richiesta di variante urbanistica, tramite procedimento di SUAP, per realizzare un deposito di automezzi consistente nella costruzione degli uffici per la ditta (una palazzina di 80 mq.), nello spostamento e la messa a dimora di alberi esistenti, nonché in un parcheggio e una zona di lavaggio per autocarri (assistita dall’impianto di depurazione).
1.4. Il signor Gi. Sa., la società Jo. St. ed il signor Cr. Be. proponevano quindi il 28 ottobre 2015 un primo ricorso al Tar di Brescia (n. 2163/2015), per l’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di attivare la potestà di vigilanza e sanzionatoria e di inibire gli interventi oggetto di DIA e di SCIA.
1.5. A seguito di una loro ulteriore diffida, inviata al Comune in ragione della modifica della destinazione d’uso dell’area, della violazione della convenzione urbanistica e del contrasto con la disciplina urbanistica sugli standard del comparto, il Comune intimava alla società Fr. Se. Au. di ripristinare le opere così come autorizzate.
1.6. Nel frattempo veniva svolta la conferenza di servizi per la verifica tecnico urbanistica del progetto di SUAP presentato dalla stessa società . Dopo aver acquisito il parere di compatibilità della Provincia, con deliberazione n. 31 del 23 giugno 2016 il Consiglio comunale approvava in via definitiva il progetto di variante al PGT.
1.7. La variante veniva quindi impugnata dal signor Gi. Sa., dalla società Jo. St. e dal signor Cr. Be., in proprio e quale titolare della ditta Fl. Ga., dinanzi al Tar di Brescia (ricorso n. 1059/2016).
1.8. Lo stesso Tribunale, con la sentenza n. 181 del 2018, dopo aver respinto le eccezioni del Comune e della società Fr. Se. Au. di inammissibilità del gravame per la mancata impugnativa dei provvedimenti che hanno disposto l’alienazione dell’area e di difetto di legittimazione e di interesse, ha parzialmente accolto il ricorso, ritenendo disatteso da parte dell’Amministrazione comunale l’obbligo di una ponderazione comparativa degli interessi contrapposti nell’ambito del comparto oggetto del piano di lottizzazione (in sostanza, per il Tar un cambio di destinazione d’uso dell’area era possibile, ma la scelta andava ponderata e motivata con il vincolo a “Verde Urbano di Salvaguardia”).
2. Con identica decisione (n. 180 del 2018), il Tar di Brescia ha anche parzialmente accolto il ricorso (n. 1058/2016) avverso la stessa variante proposto dalla signora Lu. Tr., in proprio ed in qualità di legale rappresentate della società 3V di Tr. Luisa & C. s.a.s., nuda proprietaria di immobili limitrofi al comparto.
3. Contro le suddette identiche sentenze del Tar di Brescia (n. 180 e 181 del 2018) ha quindi proposto appello, con due distinti ricorsi (rispettivamente n. 4481/2018 e n. 4480/2018) la società Fr. Se. Au., censurando la pronuncia di infondatezza dell’eccepita inammissibilità dei ricorsi di primo grado, per il duplice profilo sopra evidenziato, e i soli profili di merito accolti dal Tar.
3.1. In particolare, la società appellante ha evidenziato la mancata e tempestiva impugnazione da parte dei ricorrenti in primo grado della deliberazione con cui il Consiglio comunale aveva deliberato, nell’ambito di un piano comunale delle alienazioni, la vendita dell’area già destinata a standard (delibera n. 13 del 2013), modificandone anche la destinazione originaria. Il Tar avrebbe invece erroneamente ritenuto che la stessa deliberazione consiliare fosse stata puntualmente sottoposta a censura con il gravame n. 2163/2015 proposto dai ricorrenti in primo grado per l’accertamento dell’obbligo dell’Amministrazione di attivare la potestà di vigilanza e sanzionatoria e di inibire gli interventi oggetto di DIA e di SCIA.
3.1.1. Per l’appellante, sarebbe inoltre erronea anche l’affermazione del Tar in ordine alla insussistenza di un difetto di legittimazione ed interesse in capo ai ricorrenti originari. L’area destinata a verde pubblico non avrebbe infatti potuto essere destinata, come asserito dai contro interessati, a parcheggio pubblico, mentre quella adiacente all’area verde medesima, ove non alienata e residuata in mano pubblica, non ha mai cessato di essere destinata a parcheggio. Peraltro, il difetto di legittimazione e di interesse deriverebbe anche dalla mancata tempestiva impugnazione del piano delle alienazioni e degli atti conseguenti. Una volta acquistata l’area, la società appellante aveva diritto a recintarla con esclusione dell’altrui diritto ad utilizzarla.
3.2. Quanto ai motivi di merito accolti dal Tar nelle due sentenze impugnate, la società ricorrente evidenzia come le stesse, dopo avere riconosciuto la fondatezza delle sue argomentazioni, nonché di quelle rese dal Comune circa la possibilità di rivedere le destinazioni di aree definite standard nell’ambito di un piano attuativo, a maggior ragione una volta scaduta la relativa convenzione urbanistica ed una volta dimostrato, come nella fattispecie, che le dotazioni globali di standard non erano state incise dal mutamento di destinazione impresso, abbiano ritenuto erroneamente che l’Amministrazione non avesse motivato in ordine alla decisione di modificare la destinazione d’uso a “Verde Urbano di Salvaguardia”, cioè sul passaggio da una fruizione pubblica in una produttiva.
3.2.1. Secondo l’appellante, il “Verde Urbano di Salvaguardia” assegnato dal piano delle alienazioni nel 2013 non consentiva invece la fruizione dell’area da parte della collettività, ma il godimento esclusivo dell’area medesima, per nulla asservita ad uso pubblico (così come desumibile dall’art. 28 delle NTA del PGT che non consente una fruizione indifferenziata del lotto, ma una limitata capacità edificatoria in capo alla proprietà privata).
3.2.2. La scelta di cambiare la destinazione d’uso all’area sarebbe stata comunque motivata, posto che poteva essere desunta nella deliberazione impugnata con riferimento al rigetto delle osservazioni alla variante presentate dalle controparti.
3.2.3. Evidenzia infine l’appellante che indipendentemente dal fatto che l’ampliamento aziendale costituisce in re ipsa la motivazione dell’intervento, il provvedimento impugnato contiene una lunga serie di motivazioni riportate dagli atti acquisiti nel corso del procedimento, ove tutti gli interessi pubblici riguardanti l’intervento sono stati esaminati analiticamente.
4. In entrambi gli appelli la società Fr. Se. Au. ha poi proposto istanze di sospensione delle sentenze impugnate.
4.1. Nella camera di consiglio del 28 giugno 2018 le stesse istanze sono state abbinate al merito.
5. Nell’udienza pubblica del 30 maggio 2019, il Presidente del Collegio ha dato poi mandato alla Segreteria di questa Sezione di ricostruire i fascicoli relativi ai due ricorsi in esame, essendo stati erroneamente invertiti taluni depositi di atti nel fascicolo digitale (costituzioni, appelli incidentali e memorie depositati dalla signora Tr. nel giudizio n. 4480/2018 anziché nel n. 4498/2018).
5. Negli appelli in esame (n. 4480/2018 e n. 4498/2018) si sono quindi costituiti in giudizio per resistere rispettivamente il signor Gi. Sa., la società Jo. St., il signor Cr. Be., in proprio e quale titolare della ditta Fl. Ga., e la signora Lu. Tr..
5.1. Il Comune di (omissis) e la signora Ma. El. So., Trustee del Trust “S & E”, si sono costituiti in giudizio, chiedendo invece l’accoglimento dell’appello.
6. Il signor Gi. Sa., la società Jo. St., il signor Cr. Be. e la signora Lu. Tr. hanno anche proposto ricorsi incidentali. Negli stessi mezzi di gravame hanno quindi evidenziato, oltre che l’infondatezza degli appelli principali, l’erroneità ed il difetto della motivazione delle sentenze impugnate relativamente ai profili di censura proposti in primo grado e non accolti dal Tar sull’omessa istruttoria e contraddittorietà della motivazione della delibera impugnata, sulla violazione della convenzione urbanistica a suo tempo sottoscritta a valle del piano di lottizzazione del comparto (cioè al mantenimento della destinazione di uso pubblico dell’area), sulla violazione del termine quinquennale di validità della variante (in ragione della conclusione dei lavori indicata i sei anni), sulla violazione dell’art. 8 del DPR n. 160/2010.
6.1. In particolare, il giudice di prime cure, in ordine a quest’ultimo aspetto, non avrebbe considerato che lo stesso art. 8 (disposizione di riferimento nella specifica procedura) prevede che possa essere attivata una variante, con il procedimento di SUAP solo “quando lo strumento urbanistico non individua aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti”. Ciò comporta che, prima di avviare un procedimento di variante, devono essere effettuate verifiche sulla non disponibilità o insufficiente disponibilità di aree produttive. La stessa osservazione, peraltro, è stata formulata dalla Provincia di Brescia che, nella relazione istruttoria al parere di compatibilità del SUAP con il PTCP, ha ricordato al Comune che il progetto avrebbe potuto variare ” lo strumento urbanistico in base a necessità individuate, attuali e puntualmente dimostrate” e che “l’insufficienza di aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o l’insufficienza di queste in relazione al progetto presentato è presupposto per l’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. 160/2010”.
6.2. Tuttavia, a fronte di aree idonee, già produttive, interne al medesimo comparto e a confine o a ridottissima distanza dall’attività della società appellante, il Comune non ha giustificato, in alcun modo, l’eliminazione di un’area a standard e l’adozione di una variante urbanistica semplificata, ai sensi dell’art. 8 del DPR n. 160/2010.
7. Anche la signora Ma. El. So. ha proposto appelli incidentali in entrambi i giudizi nei quali, oltre a ribadire i profili di inammissibilità del ricorso di primo grado (i ricorrenti non avrebbero avuto una posizione differenziata e non avrebbero impugnato tempestivamente il piano comunale delle alienazioni), ha contestato le conclusioni del Tar in ordine alla difetto di motivazione del provvedimento impugnato, rilevando, in particolare, la conformità dell’intervento proposto dalla società Fr. con lo strumento urbanistico.
8. La società appellante e le altre parti dei giudizi hanno poi depositato ulteriori scritti difensivi e memorie.
9. Le cause sono state trattenute in decisione, ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, del decreto legge n. 18 del 2020, nell’udienza pubblica tenutasi in video conferenza il 23 aprile 2020.
10. Preliminarmente, il Collegio dispone la riunione dei ricorsi indicati in epigrafe (n. 4480 e n. 4498 del 2018), in ragione della loro evidente connessione oggettiva, ai sensi dell’art. 70 c.p.a., e passa al loro esame congiunto.
11. Innanzitutto, con precedenza rispetto agli altri profili di appello, il Collegio si sofferma sulle eccezioni di inammissibilità dei ricorsi di primo grado riproposti in questa fase di giudizio dalla società appellante, dal Comune di (omissis), nella sua memoria di costituzione, e dalla signora Ma. El. So., nel suo ricorso incidentale.
11.1. Le eccezioni non sono fondate.
11.2. Quanto all’inammissibilità del ricorso con riferimento ai provvedimenti non ritualmente impugnati che hanno disposto l’alienazione dell’area (delibera del Consiglio comunale n. 39 del 2013), può essere infatti condivisa la conclusione del giudice di primo grado che ha constatato come la stessa determinazione comunale fosse stata impugnata con il ricorso dinanzi al Tar di Brescia (n. 2163/2015) proposto dai ricorrenti originari al fine di far accertare l’illegittimità della SCIA e della DIA depositate dalla Fr. il 2 marzo 2015.
11.3. E, d’altra parte, l’oggetto del giudizio di cui alle sentenze impugnate è stata l’ulteriore variazione della destinazione urbanistica dell’area da “Verde Urbano di Salvaguardia”, assegnata dal piano delle alienazioni nel 2013, ad un uso produttivo in seguito alla variante in deroga. Quindi con riferimento ad un tema diverso ed ulteriore rispetto a quello evocato come preclusivo dell’ammissibilità del ricorso.
11.4. Allo steso tempo deve ritenersi infondato l’ulteriore profilo relativo al difetto di legittimazione e di interesse in capo ai ricorrenti originari i quali non avrebbero una posizione differenziata rispetto ai provvedimenti impugnati.
11.5. Gli stessi invece per il loro stabile collegamento con l’area interessata (o come proprietari di aree all’interno del comporto o come confinanti) devono in primo luogo ritenersi legittimati in ragione della c.d. vicinitas.
11.6. Se, infatti, la giurisprudenza ha chiarito a più riprese che la vicinitas non rappresenta un dato decisivo per fondare l’interesse ad impugnare, nel senso che di per sé non è sufficiente, dovendosi dimostrare che l’intervento contestato abbia capacità di propagarsi sino a incidere negativamente sul fondo del ricorrente (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5278), nella fattispecie in esame tuttavia la nozione, oltre a identificare una posizione qualificata idonea a rappresentare la legittimazione a impugnare, è accompagnata anche dall’interesse a ricorrere.
11.7. In particolare, i ricorrenti hanno lamentato l’eliminazione di un’area destinata a verde pubblico e le limitazioni all’utilizzo del parcheggio adiacente, utilizzato dalle attività produttive presenti in zona. In sostanza, hanno prospettato il sacrificio arrecato alla loro sfera giuridica (quindi la positiva dimostrazione, in relazione alla configurazione dell’interesse ad agire, di un danno, certo o altamente probabile, che attingerebbe la loro posizione non dal trasferimento della proprietà dell’area ma da una sua diversa utilizzazione – cfr. Cons. Stato, Sez. V, 15 dicembre 2017, n. 5908).
12. Ciò premesso, i riuniti appelli principali devono ritenersi infondati nel merito.
13. Nel contesto dei ricorsi in esame, il motivo di censura relativo alla sussistenza ed alla rilevanza dell’onere della motivazione nella diversa destinazione d’uso imposta dalla variante al PGT in esito alla procedura in deroga proposta dall’appellante, risulta quello più ‘liquidò (secondo le coordinate interpretative dettate dall’Adunanza plenaria 27 aprile 2015, n. 5) rispetto agli altri profili di gravame, comunque riconducibili allo stesso. Di conseguenza, in ossequio al principio di economia dei mezzi processuali, il Collegio ritiene che la controversia possa essere risolta proprio esaminando in via prioritaria il sopra richiamato motivo, ritenuto centrale ai fini della decisione.
13.1. Il motivo non è fondato. Come correttamente rilevato dal Tar, se in astratto non è precluso al Comune disporre la cessione a terzi di un’area classificata standard, risulta in concreto immotivata la decisione di modificare, attraverso la procedura in deroga, la destinazione d’uso prevista dal PGT in produttiva “è stato disatteso l’obbligo di una ponderazione comparativa degli interessi antagonisti, nell’ambito del comparto oggetto del Piano di lottizzazione. I ricorrenti hanno dato conto del fatto che il lotto interessato dal cambio d’uso e dall’edificazione era destinato a verde e che l’adiacente parcheggio pubblico era utilizzato da molti anni da loro, dai lottizzanti e dai fornitori delle attività produttive presenti in zona, anche per i camion ingombranti. Colgono altresì nel segno gli esponenti quando affermano che la scelta comunale si pone in contraddizione con le statuizioni racchiuse nella deliberazione consiliare n. 39/2013, con le quali il Comune non ha riconosciuto al mappale alcuna possibilità di trasformazione, vincolandolo come “Verde Urbano di Salvaguardia VUS”, disciplinato dall’art. 31 delle NTA. Ad avviso del Collegio sussisteva un onere di motivazione per il percorso – tortuoso e anomalo – osservato dal Comune nell’evoluzione della vicenda: pur consapevole della volontà di sfruttamento produttivo (manifestato esplicitamente nell’originaria richiesta 4/2/2012 dell’impresa Fr.), l’Ente locale aveva rigettato l’istanza di modifica della destinazione d’uso. Infatti, la risposta del Comune del 14/2/2013 era stata negativa sulla possibilità di azzonamento produttivo del lotto (doc. 2 controinteressati), avvertendo che non sarebbe stata concessa nuova volumetria in quanto l’area risultava già densamente edificata. Quest’ultima è stata quindi alienata con il vincolo del mantenimento a verde e ciononostante – con la variante contestata -l’amministrazione ha accettato la proposta di trasformazione in produttiva senza dare minimamente conto del repentino revirement”.
13.2. Il sottolineato onere motivazionale scaturisce infatti dalla circostanza che, mentre la funzione perseguita dallo strumento di pianificazione generale (piano regolatore o variante generale) è quella di garantire un ordinato assetto del territorio, prescindendo dalle posizioni dei titolari di diritti reali e dai vantaggi o svantaggi che ad essi possono derivare dalla pianificazione medesima, nel caso di variante “specifica” che abbia per oggetto un’area limitata del territorio e per scopo la realizzazione di una singola opera, il Comune è obbligato ad effettuare una ponderazione comparativa in ordine alla destinazione di zona delle singole aree (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 2013, n. 2029).
13.3. Al consiglio comunale compete dunque una valutazione ulteriore, necessaria a giustificare sul piano urbanistico una deroga, per il caso singolo, alle regole poste dallo strumento vigente (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 novembre 2013, n. 5292). E tale onere permane anche nel caso dell’approvazione della variante urbanistica in deroga mediante il procedimento SUAP ex art. 8 del DPR n. 160/2010.
14. In ordine a quest’ultima disposizione deve poi ritenersi fondato il profilo di censura introdotto nei ricorsi incidentali proposti dal signor Gi. Sa., dalla società Jo. St., dal signor Cr. Be. e dalla signora Lu. Tr..
14.1. Nei due appelli incidentali le stesse parti sostengono che il Tar nelle sentenze impugnate non avrebbe considerato che l’art. 8 del DPR n. 160/2010 prevede che possa essere attivata una variante, con il procedimento di SUAP solo “quando lo strumento urbanistico non individua aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individua aree insufficienti”. Ciò comporta che, prima di avviare un procedimento di variante, devono essere effettuate verifiche sulla non disponibilità o insufficiente disponibilità di aree produttive (osservazione che, come ricordato, è stata formulata anche dalla Provincia di Brescia).
14.3. La tesi deve essere condivisa. Il procedimento semplificato di variante ex art. 8 del D.P.R. n. 160/2010, consiste infatti in un procedimento che ha carattere eccezionale e derogatorio e non può essere surrettiziamente trasformato in una modalità ordinaria di variazione dello strumento urbanistico generale. Pertanto, perché a tale procedura possa legittimamente farsi luogo, occorre che siano preventivamente accertati in modo oggettivo e rigoroso i presupposti di fatto richiesti dalla norma, e quindi anche l’assenza nello strumento urbanistico di aree destinate ad insediamenti produttivi ovvero l’insufficienza di queste, laddove per insufficienza deve intendersi, in costanza degli standard previsti, una superficie non congrua (e, quindi, insufficiente) in ordine all’insediamento da realizzare (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 settembre 2019, n. 6439).
14.4. Il Comune tuttavia non ha giustificato l’eliminazione di un’area a standard e l’adozione di una variante urbanistica semplificata, ai sensi dell’art. 8 del DPR n. 160/2010. La sentenza sul punto afferma invece che l’intervento mediante la procedura SUAP avrebbe avuto ad oggetto l’espansione di un’attività produttiva e che la possibilità di intervenire poteva essere riconosciuta “anche per l’ampliamento di edifici già esistenti. In quest’ultimo caso, infatti, la realizzazione di manufatti in ampliamento strettamente funzionali all’attività produttiva dello stabilimento esistente, non può prescindere dalla localizzazione nella stessa area, postulando “un collegamento anche logistico rispetto all’esistente”.
14.5. In sostanza, per il Tar la localizzazione, nel caso di specie, delle opere al di là della strada non avrebbe denotato una separazione fisica e una distanza, ma una prossimità rispetto all’attività da ampliare. Il citato art. 8 andava dunque interpretato come teso a favorire la comoda ed efficace espansione dell’attività produttiva, rendendosi inutile l’astratta indagine sulla possibilità di ricercare altrove l’area, certamente inidonea allo scopo o comunque non rispondente all’interesse imprenditoriale perseguito.
14.6. La conclusione del giudice di primo grado non può essere condivisa. In premessa si è detto come la procedura di variante agli strumenti urbanistici vigenti di cui all’art. 8 del DPR n. 160/2010 abbia carattere eccezionale. La stessa inoltre è assistita da una specifica disciplina comprensiva dell’indizione di un’apposita conferenza di servizi proprio per dar modo alle varie Amministrazioni interessate di compiere un esame contestuale delle ragioni della richiesta di intervento, anche sul piano della sua localizzazione. In altre parole, la procedura semplificata di variante urbanistica ha carattere eccezionale e derogatorio della disciplina generale, sicché non può trovare applicazione al di fuori delle ipotesi specificamente previste dalla norma, e i presupposti fattuali, da cui si assume nascere l’esigenza di tale variante, vanno accertati in modo oggettivo con il dovuto rigore (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 ottobre 2016, n. 4380).
14.7. Nell’ipotesi di ampliamento di un insediamento produttivo preesistente, la necessità di variare lo strumento urbanistico può ovviamente considerare i connotati del progetto presentato, cioè tener conto della circostanza che trattasi di un progetto di ampliamento di un insediamento produttivo già operante, ma ciò non toglie che la procedura derogatoria di cui all’art. 8 del DPR n. 160/2010, in quanto eccezionale, debba essere rigorosamente seguita, senza che si possa semplicemente affermare, come nel caso di specie, che l’area da destinare all’ampliamento della relativa attività non poteva essere ricercata altrove.
15. Per le ragioni sopra esposte, i riuniti appelli principali (n. 4480 e 4498 del 2018) vanno respinti, mentre vanno accolti in parte gli appelli incidentali proposti dai ricorrenti originari con riferimento al solo profilo relativo alla violazione dell’art. 8 del DPR n. 160/2010.
16. Di conseguenza, devono essere respinti gli appelli incidentali proposti adesivamente a quelli principali dalla signora Ma. El. So..
17. Per l’effetto, vanno dunque parzialmente riformate nella motivazione le sentenze impugnate nei sensi sopra indicati.
18. Le spese della presente fase di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sui riuniti appelli (n. 4480 e 4498 del 2018), come in epigrafe proposti, li respinge.
Accoglie in parte gli appelli incidentali proposti dai ricorrenti originari e, per l’effetto, riforma parzialmente la motivazione delle sentenze impugnate.
Respinge gli appelli incidentali proposti dalla signora Ma. El. So..
Condanna la società appellante al pagamento delle spese della presente fase di giudizio in favore degli appellati nella misura complessiva di euro 4000,00(quattromila/00), di cui 2000,00(duemila/00), in favore del signor Gi. Sa., della società Jo. St., del signor Cr. Be., ed euro 2000,00(duemila/00) in favore della signora Lu. Tr..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Stato nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2020, svoltasi da remoto in audio conferenza, ai sensi dell’art. 84, comma 6, del decreto legge n. 18 del 2020, convertito dalla legge n. 27 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore
Silvia Martino – Consigliere
Roberto Proietti – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply