Consiglio di Stato, Sentenza|10 novembre 2021| n. 7498.
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia.
La necessità della motivazione analitica attiene alla conclusione del giudizio di anomalia con valutazione negativa, cioè di non congruità dell’offerta sottoposta alle verifiche dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016; quando invece il giudizio è positivo, la valutazione dell’amministrazione può essere motivata anche per relationem alle giustificazioni dell’impresa.
Sentenza|10 novembre 2021| n. 7498. Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
Data udienza 21 ottobre 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Appalto pubblico – Aggiudicazione – Accordo quadro – Valutazione positiva della congruità dell’offerta – Motivazione analitica
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero di registro generale 833 del 2021, proposto da
Ma. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Br., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Fe. dello St. It.o S.p.A., non costituita in giudizio;
Fe. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Cl. Gu. e Ad. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Ge. Vi. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Ma. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, sez. III, n. 330/2021, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ge. Vi. S.p.A. e di Fe. Spa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2021 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati To., su delega dell’avv. Br., Gu. e Pe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
FATTO e DIRITTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti proposti dalla Ma. s.r.l. contro Fe. s.p.a. e Fe. dello St. s.p.a. e nei confronti della Ge. Vi. s.p.a. (Ge.Vi.) per l’annullamento dell’aggiudicazione a quest’ultima, della gara indetta da Fe. per l’affidamento di un accordo quadro per la somministrazione di personale alle società del gruppo Fe. dello St..
1.1. La sentenza, dato conto dell’oggetto dell’impugnativa riferito alla valutazione positiva della congruità dell’offerta dell’aggiudicataria e, in subordine, alla lettera d’invito e al capitolato tecnico nella parte relativa ai criteri di valutazione dell’offerta tecnica, ha scrutinato congiuntamente il primo motivo del ricorso principale e il primo mezzo dei motivi aggiunti.
Con questi la ricorrente aveva sostenuto, rispettivamente, l’insufficienza a coprire anche soltanto i costi fissi dell’utile indicato dall’aggiudicataria (ottenuto moltiplicando la commissione -c.d. fee- di agenzia offerta per il numero di ore annuali somministrabili, pari all’importo di Euro 10.555,00), nonché l’impossibilità di considerare quale utile d’impresa i fondi Forma.Temp di cui all’art. 3 del d.lgs. n. 276 del 2003, destinati alla formazione del personale.
Il giudice di prime cure ha ritenuto infondato il primo motivo, con conseguente irrilevanza del motivo aggiunto, per la non consistente incidenza, in misura proporzionale, “del contestato abbattimento dei costi (pari a 300.000 euro) e dell’utile di circa 140.000 euro… derivanti all’aggiudicataria dalla -anche ove avvenuta contra legem – utilizzazione a tal fine dei fondi Format […]”; ciò “sia in relazione all’economia generale e al considerevole importo dell’appalto, sia in relazione alle “utilità indirette” -pari a circa 1 milione di euro- non colpite da censure e comunque rese oggetto di analitiche giustificazioni procedimentali da parte controinteressata, e versate in atti”.
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
Richiamata la giurisprudenza in tema di limiti di sindacabilità del giudizio di congruità espresso dalla stazione appaltante, i detti motivi sono stati respinti.
1.2. Sono stati respinti anche:
– il secondo motivo di ricorso, concernente le modalità di valutazione dell’offerta tecnica previste nella lettera d’invito (asseritamente fondate su criteri tabellari di tipo on/off);
– il secondo motivo aggiunto, concernente l’asserita incapienza dell’importo indicato nell’offerta per gli oneri di sicurezza (Euro 100,00) e la sua successiva mancata indicazione nelle giustificazioni, nonché il terzo motivo aggiunto, concernente i costi diversi dalla somministrazione del lavoro, che l’aggiudicataria ha indicato soltanto nelle seconde giustificazioni;
– l’ultimo motivo aggiunto, concernente l’asserita carenza di istruttoria svolta ai sensi dell’art. 97 del Codice dei contratti pubblici, per non avere la stazione appaltante approfondito le giustificazioni fornite dalla controinteressata relativamente all’impiego dei fondi Format.
1.3. Stante la ritenuta infondatezza del gravame, sono state reputate assorbite le eccezioni di inammissibilità del ricorso.
1.4. La ricorrente è stata condannata a corrispondere le spese di lite in favore di Fe. e di Ge. Vi., controparti costituite.
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2. Avverso la sentenza la società Ma. ha proposto appello con quattro motivi, avanzati in via principale, ed un quinto motivo, in via subordinata.
2.1. Fe. e Ge. Vi. si sono costituite per resistere all’appello ed hanno riproposto l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di procura, dichiarata assorbita in primo grado.
2.2. A seguito della rinuncia dell’appellante alla richiesta di sospensione dell’esecutività della sentenza, formalizzata all’udienza in camera di consiglio del 4 marzo 2021, è stata fissata l’udienza di merito.
2.3. All’udienza pubblica del 21 ottobre 2021 la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memorie delle parti appellate e di memoria di replica dell’appellante.
3. Il primo motivo di appello (Errores in judicando e in procedendo. Violazione dell’art. 97 del d.lgs. n. 50/2016. Violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 276/2003. Violazione del disciplinare di gara. Eccesso di potere per erroneità della sentenza e carenza della istruttoria) è volto a sostenere che il margine di utile generato dalla c.d. fee offerta da Ge.Vi. (Euro 0,01 per ciascuna ora somministrata) non era sufficiente a coprire i costi indicati dalla stessa controinteressata nelle seconde giustificazioni, per l’importo complessivo di Euro 213.809,16. Data tale premessa, l’appellante censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la copertura della differenza, pari a circa 200.000 euro, avrebbe potuto essere garantita da “poste attive” estranee alla commessa.
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
Tali poste sono state individuate nei seguenti benefici indiretti:
– la formazione finanziata da Forma.Temp, che avrebbe generato un utile di Euro 301.372, 50 (Euro 547.950,00, incassati dal fondo, meno le spese vive per la formazione pari ad Euro 246.577,50);
– in via meramente eventuale, circa 800.000 euro, derivanti dalla ricollocazione sul mercato del personale selezionato per Fe. e formato con il fondo Forma.Temp.
3.1. L’appellante sostiene di avere contestato l’ammissibilità delle seconde giustificazioni; di avere comunque contestato l’utilizzazione dei fondi Forma.Temp; di avere inoltre contestato -sia sotto il profilo della aleatorietà ed incertezza dell’evento sia sotto quello della totale estraneità – la possibilità di ricavare “utilità indirette” dalla ricollocazione del personale formato per Fe. in future commesse.
Pertanto, ad avviso dell’appellante, sarebbe errata la sentenza che ha ritenuto “non colpite da censure” le utilità indirette ulteriori rispetto al finanziamento per la formazione; in ogni caso, sarebbe errata per aver dato “un peso eccessivo” a tali utilità, che non sarebbero state oggetto di apprezzamento nemmeno da parte del RUP nel sub-procedimento di verifica di anomalia.
3.2. Nel prosieguo dello stesso mezzo vengono riproposte le censure concernenti l’inutilizzabilità delle utilità generate dai fondi Forma.Temp, perché tale possibilità sarebbe esclusa dalla disciplina generale sui fondi pubblici per la formazione e specificamente da quella sui fondi gestiti da Forma.Temp (pagg. 12-15 del ricorso in appello).
Vengono poi avanzate censure concernenti le altre utilità indirette, poiché le giustificazioni relative farebbero riferimento a contratti futuri, incerti e diversi dalla commessa (pagg. 16-17 del ricorso in appello).
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
In sintesi, l’offerta economica di Ge.Vi. sarebbe matematicamente insostenibile.
3.3. Il motivo non merita favorevole apprezzamento.
Va premesso che il subprocedimento di verifica di anomalia dell’offerta si è svolto come segue:
– in data 13 gennaio 2020, a seguito della prima richiesta di giustificazioni da parte della stazione appaltante, l’aggiudicataria ha prodotto una relazione (prime giustificazioni: all. 2 alla memoria di Ge.Vi. depositata in primo grado il 20 aprile 2020);
– in data 20 gennaio 2020, Fe. ha richiesto integrazioni e chiarimenti;
– nelle date del 27 gennaio 2020 e 7 febbraio 2020, Ge.Vi. ha fornito chiarimenti e nota integrativa (all. 3 e 4 della detta memoria: seconde e terze giustificazioni);
– in data 10 febbraio 2020 la stazione appaltante ha convocato la società per il contraddittorio orale;
– il responsabile del procedimento ha ritenuto congrua l’offerta dell’aggiudicataria, sulla base di una relazione tecnica predisposta il 17 febbraio 2020 dalla Struttura Tecnica di Fe. all’uopo incaricata, che ha concluso nei seguenti termini: “è ragionevole ritenere che l’offerta presentata dall’impresa Ge. Vi. S.p.A. possa essere considerata sostenibile, in quanto l’insieme dei ricavi, diretti o indiretti che siano, risultano sufficienti ad assicurare un adeguato equilibrio della Commessa”.
Dall’insieme delle spiegazioni fornite da Ge.Vi. si evince che il margine di utile della commessa è stato individuato non soltanto nelle utilità dirette corrispondenti all’importo della commissione (c.d. fee), ma anche in “utilità indirette”. Queste sono state indicate come corrispondenti sia a quelle discendenti dalla gestione dei fondi Forma.Temp, destinati alla formazione del personale e collegati alla fornitura delle prestazioni oggetto della commessa, sia a quelle derivanti da utilità ulteriori.
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
La società ha dato conto delle utilità indirette ricavabili dalla commessa e delle marginalità connesse al fatto di essere gestore uscente, esponendo che: grazie alla commessa, è in grado di formare numeroso personale che, se non utilizzato per le società del Gruppo FS, rientra nella disponibilità dell’agenzia del lavoro, la quale lo può fornire ad altri utilizzatori senza necessità di ulteriore formazione; l’attività prestata per la commessa, anche prescindendo dalla formazione, consente di disporre di numerosi lavoratori che, se non utilizzati per le società del Gruppo FS, vengono forniti ad altre imprese del settore, senza necessità di apposita selezione; la gestione della commessa attira le candidature; infine, la gestione dello stesso servizio negli anni precedenti consente di disporre di economie di scala e condizioni favorevoli. In sintesi, la società ha quantificato siffatte utilità in un importo superiore ad 800.000 euro.
3.3.1. Il giudice di primo grado ha ritenuto dirimenti tali utilità ai fini del giudizio di sostenibilità economica dell’offerta, senza perciò entrare nel merito delle contestazioni della ricorrente concernenti l’utilizzazione dei fondi Forma.Temp.
In sentenza si afferma che le utilità indirette diverse da quelle derivanti dai fondi per la formazione non sono state contestate dalla ricorrente Ma. e sono state considerate dalla stazione appaltante nel proprio giudizio di non anomalia dell’offerta.
L’appellante, come detto, censura l’una e l’altra affermazione, sostenendo di avere contestato le dette utilità col primo e con l’ultimo dei motivi aggiunti e ribadendo che non sarebbero state prese in considerazione nel provvedimento del responsabile unico del procedimento.
Il primo assunto è infondato, come si dirà, relativamente all’ultimo dei motivi aggiunti. Quanto al primo motivo di ricorso, risulta per tabulas che le censure erano specificamente rivolte soltanto avverso l’asserita indebita utilizzazione dei fondi per la formazione.
Tuttavia, anche a voler ritenere che la ricorrente abbia inteso contestare anche la restante parte delle giustificazioni fornite da Ge.Vi. – quando ha genericamente fatto riferimento all’aleatorietà ed incertezza dei ricavi esposti ed alla loro estraneità all’ambito della commessa – è infondata tale censura, così come è infondata quella che l’appellante riferisce alla sentenza per aver dato “un peso eccessivo” alle utilità indirette, in quanto prospettate dalla controinteressata in modo discorsivo ed assolutamente eventuale, tanto non essere state oggetto di apprezzamento da parte del r.u.p.
Sebbene espresse in forma discorsiva le giustificazioni di Ge.Vi., complessivamente considerate, indicano tutte quante le fonti di utilità sopra sintetizzate, con argomentazioni ampie e articolate, svolte in tutti e tre gli scritti giustificativi.
E’ poi da escludere che il giudizio della stazione appaltante sia stato espresso prescindendo da dette utilità ; all’opposto si deve ritenere riscontrato il contenuto di tutte le giustificazioni fornite dall’aggiudicataria.
Il giudizio di verifica di anomalia dell’offerta si è svolto con le diverse interlocuzioni tra stazione appaltante e aggiudicataria sopra sintetizzate e si è concluso con una relazione di apposita struttura tecnica, della quale si è avvalso il r.u.p. La relazione, sebbene non menzioni punto per punto le giustificazioni dell’impresa, conclude il giudizio favorevole alla Ge.Vi. nei termini sopra specificati, cioè ponendo a fondamento della valutazione positiva tutto “l’insieme dei ricavi, diretti o indiretti, che siano” indicati nelle giustificazioni. Si tratta di una conclusione che, pur se preceduta da motivazione non analitica, risulta essere esplicitamente per relationem alle spiegazioni fornite dall’aggiudicataria.
Come ha bene argomentato il tribunale, non era affatto necessaria un’analitica motivazione atta a dare conto, punto per punto, dei ricavi diretti e indiretti positivamente valutati dalla stazione appaltante.
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
Va in proposito ribadito l’insegnamento giurisprudenziale secondo cui la necessità della motivazione analitica attiene alla conclusione del giudizio di anomalia con valutazione negativa, cioè di non congruità dell’offerta sottoposta alle verifiche dell’art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016; quando invece il giudizio è positivo, la valutazione dell’amministrazione può essere motivata anche per relationem alle giustificazioni dell’impresa (cfr. Cons. Stato, V, 9 marzo 2020, n. 1655, citata in sentenza), come accaduto nel caso di specie.
3.3.2. La questione che resta da affrontare attiene allora alla correttezza del giudizio di congruità espresso dalla stazione appaltante, avvalendosi di dette giustificazioni.
In proposito vanno ribaditi i noti principi giurisprudenziali secondo cui:
– la verifica di anomalia dell’offerta non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze, quanto piuttosto la verifica della sua complessiva attendibilità e affidabilità nel concreto e nel complesso, dovendo pertanto essere globale e sintetica, senza concentrarsi esclusivamente ed in modo parcellizzato su singole voci di prezzo (ex plurimis, tra le più recenti, Cons. Stato, sez. V, 21 luglio 2021, n. 5483; sez. III, 13 luglio 2021, n. 5283) o, come nella specie, dei ricavi;
– costituendo la valutazione di anomalia espressione della discrezionalità di cui è titolare in materia l’amministrazione, il relativo sindacato del giudice amministrativo non può superare l’apprezzamento della intrinseca logicità e ragionevolezza, nonché della congruità della relativa istruttoria, essendo del tutto preclusa al giudice qualsiasi forma di un’autonoma verifica (Cons. Stato, sez. V, 14 giugno 2021, n. 4620), ferma restando la corretta individuazione del substrato fattuale della valutazione e delle disposizioni normative da applicare.
Applicando i principi su enunciati al caso di specie consegue l’inammissibilità della censura in esame perché parcellizza il giudizio di affidabilità economica complessiva dell’offerta espresso dalla struttura tecnica e dal r.u.p. e soprattutto contesta genericamente i ricavi presi in considerazione dalla stazione appaltante quali utilità indirette; la contestazione specifica riguardante invece l’utilizzazione dei fondi Forma.Temp è in radice priva di interesse, attesa la ritenuta irrilevanza ai fini della decisione.
Nel merito, peraltro, la sola circostanza che le utilità ulteriori indicate dall’aggiudicataria siano future non dimostra affatto l’irragionevolezza e men che meno la manifesta abnormità del giudizio della stazione appaltante, mentre è infondata in punto di fatto la tesi dell’appellante che esse siano estranee all’ambito di incidenza della presente commessa.
In proposito è pertinente e condivisibile l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “nella gara pubblica la valutazione di anomalia dell’offerta va fatta considerando tutte le circostanze del caso concreto, poiché un utile all’apparenza modesto può comportare un vantaggio significativo sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa (il mancato utilizzo dei propri fattori produttivi è comunque un costo), sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e dall’aver portato a termine un appalto pubblico, cosicché nelle gare pubbliche non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulta pari a zero” (Consiglio di Stato, sez. III, 10/11/2015, n. 5128, richiamato da Cons. Stato, III, 22 gennaio 2016, n. 211, in tema di somministrazione di manodopera).
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
A maggior ragione la considerazione di utilità future s’impone nella somministrazione di manodopera, laddove l’utile che può essere tratto dalla commessa si atteggia in termini del tutto peculiari, ma non aleatori né estranei alla commessa medesima, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante.
Come ben osservano sia Federservizi che Ge.Vi., la giurisprudenza ha già avuto modo di indagare in concreto la natura della somministrazione di personale e delinearne i tratti distintivi dal contratto di appalto di servizi evidenziando, tra l’altro il “fatto che attraverso il contratto di appalto una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro – secondo lo schema dell’obbligazione di risultato; nel contratto di somministrazione, al contrario, l’agenzia invia in missione dei lavoratori, che svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore – secondo lo schema dell’obbligazione di mezzi”, con la conseguenza che “nel contratto di appalto i lavoratori restano nella disponibilità della società appaltatrice, la quale ne cura la direzione ed il controllo; nella somministrazione è invece l’utilizzatore che dispone dei lavoratori, impartendo loro le direttive da eseguire” (Cons. Stato, III, 12 marzo 2018, n. 1571).
Essendo lo schema tipico della “somministrazione di lavoro” a tempo determinato caratterizzato dalla ricerca di lavoratori da utilizzare per gli scopi del committente, risulta evidente la differenza delle prestazioni rese dalle agenzie del lavoro, quali somministratrici di personale, da quelle rese dalle imprese appaltatrici di altri servizi.
In particolare, trattandosi di prestazioni di mezzi e non di risultato sono assimilabili alle prestazioni di natura intellettuale e procurano un ritorno economico collegato alle politiche attive per il lavoro ed alla posizione che l’agenzia del lavoro viene man mano ad occupare nel relativo mercato (tanto più rilevante quanto più numeroso è il personale che viene scrutinato e formato per una commessa e ricollocabile, perché non utilizzato o comunque somministrabile in future commesse).
L’arricchimento curriculare e la conquista o il mantenimento di nuove fasce di mercato e della correlata qualificazione economico-professionale, nonché il ritorno pubblicitario, costituiscono forme di remunerazione valutabili ai fini del giudizio di congruità dell’offerta (cfr., sul tema, anche Cons. Stato, V, 3 ottobre 2017, n. 4614, laddove si afferma che “[…] la ratio di mercato…, di garanzia della serietà dell’offerta e di affidabilità dell’offerente, può essere ragionevolmente assicurata da altri vantaggi [n. d.r. rispetto al prezzo corrispettivo dell’appalto], economicamente apprezzabili anche se non direttamente finanziari, potenzialmente derivanti dal contratto. La garanzia di serietà e affidabilità, intrinseca alla ragione economica a contrarre, infatti, non necessariamente trova fondamento in un corrispettivo finanziario della prestazione contrattuale, che resti comunque a carico della Amministrazione appaltante: ma può avere analoga ragione anche in un altro genere di utilità, pur sempre economicamente apprezzabile, che nasca o si immagini vada ad essere generata dal concreto contratto”).
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
Peraltro, la pratica commerciale, che la stazione appaltante e la controinteressata assumono essere diffusa nelle gare di somministrazione di lavoro, di offrire una commissione (fee) di agenzia piuttosto bassa, per definizione non direttamente remunerativa, trova riscontro nella legge della gara de qua: era infatti vietata l’offerta di una fee pari a 0,00, con conseguente ammissibilità dello 0,01 (c.d. moltiplicatore a pareggio).
A quanto sopra consegue la non manifesta illogicità del giudizio di sostenibilità economica dell’offerta che ha tenuto conto dell’utile complessivo non coincidente col solo ricarico sul costo dei lavoratori somministrati.
3.4. Il primo motivo di appello va respinto.
4. Il secondo motivo (Errores in judicando. Violazione degli artt. 95 e 97 del d.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per erroneità dell’istruttoria) ripropone il motivo aggiunto col quale si è sostenuto che mentre nell’offerta economica Ge.Vi. ha indicato oneri per la sicurezza pari ad Euro 100,00, la voce corrispondente sarebbe addirittura sparita nelle giustificazioni e comunque sarebbe mancata la verifica della relativa congruità da parte della stazione appaltante.
4.1. Il tribunale ha respinto la censura osservando che “la controinteressata ha significativamente illustrato come non vi sia stata alcuna cancellazione della voce relativa agli oneri della sicurezza dall’offerta economica, ma che semplicemente in sede di giustificazioni gli oneri della sicurezza sono stati inclusi nella voce 7.2. della tabella allegata ai giustificativi “Altri costi, oneri finanziari varie generali”, voce quantificata in Euro 20.000,00 e pertanto assolutamente idonea anche a coprire i predetti oneri.”.
4.2. Secondo l’appellante la voce 7.2 delle seconde giustificazioni non includerebbe affatto gli oneri della sicurezza, mentre l’imputazione di questi alla detta voce sarebbe in realtà avvenuta soltanto nel corso del giudizio, con una giustificazione postuma, perciò inammissibile, erroneamente recepita dal giudice.
In sintesi, in sede di gara, ad avviso dell’appellante, vi sarebbe stata una vera e propria modifica dell’offerta (posto che i detti costi rappresentano un elemento costitutivo della proposta contrattuale), che avrebbe dovuto condurre addirittura all’esclusione della controinteressata.
Comunque, vi sarebbe stata una grave carenza istruttoria da parte della stazione appaltante nella fase di valutazione di anomalia dell’offerta.
4.3. Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
Nelle giustificazioni di Ge.Vi. sotto la voce “altri costi” quantificati nell’importo di Euro 20.000,00 su base annua possono certo essere compresi i costi della sicurezza aziendale, tenuto conto delle voci di cui si compone la tabella giustificativa e della composizione della voce dei costi (sub 7, suddivisa in tre sotto-voci), cui si aggiunge una parte descrittiva che chiarisce il significato delle singole voci riportate in tabella: il punto 7.2 aggrega tutti gli oneri economici non riportati nelle altre sotto-voci.
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
Il contrario avviso dell’appellante è privo di fondamento.
Esso si basa su una personale lettura delle giustificazioni, in combinazione con l’offerta dell’aggiudicataria, che non trova alcun riscontro oggettivo nella documentazione del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.
Peraltro, il dato oggettivo del modesto importo dei costi (Euro 100,00) di che trattasi finisce per smentire l’assunto dell’appellante (circa l’impossibilità di ricomprenderlo nella voce “altri costi”), sia perché l’importo in sé non è specificamente contestato (come appresso si dirà ) sia perché le già evidenziate peculiarità dei servizi di somministrazione del personale comportano l’assoluta marginalità dei costi aziendali della sicurezza.
Questi ultimi sono riferibili ai selezionatori impiegati, sicché vanno considerati compresi nelle spese generali dell’impresa e sono comunque scarsamente significativi attesa la natura prevalentemente intellettuale delle prestazioni loro richieste (cfr. Cons. Stato, V, 16 marzo 2016, n. 1051; Cons. Stato, VI, 1 agosto 2017, n. 3857, nonché l’espresso esonero dall’indicazione di costi aziendali interni per i servizi di natura intellettuale di cui al testo attuale dell’art. 95, comma 10, d.lgs. n. 50 del 2016).
4.3.1. La censura subordinata di carenza di istruttoria è poi inammissibile.
Essa è riferita al mancato assolvimento, da parte della stazione appaltante, dell’onere di verificare l’adeguatezza dei costi della sicurezza rispetto al servizio oggetto di affidamento, ex art. 97, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016.
Orbene, trattandosi di valutazione discrezionale oggetto dell’approfondito e puntuale sub-procedimento di verifica dell’anomalia condotto come sopra dalla stazione appaltante, sarebbe stato onere dell’appellante quanto meno indicare le ragioni per le quali i costi aziendali per la sicurezza dell’offerta dell’aggiudicataria si sarebbero dovuti ritenere incongrui o insufficienti o non compresi nell’importo di euro 20.000 di cui alla voce 7.2.
Peraltro quanto sopra detto sulla marginalità dei costi per gli oneri di sicurezza nei servizi di somministrazione di manodopera supporta il giudizio di congruità espresso della stazione appaltante e rende palese l’inammissibilità della censura dell’appellante, in quanto inidonea a prospettarne profili di manifesta irragionevolezza o travisamento di fatto che ne consentano la sindacabilità .
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
4.4. Il motivo va quindi complessivamente respinto.
5. Il terzo motivo (Errores judicando. Violazione dei limiti della giurisdizione. Violazione dell’art. 34 del C.p.A. Violazione dell’art. 97 del d.lgs. 50/2016. Violazione del principio di immodificabilità dell’offerta. Carenza ed erroneità dell’istruttoria) ripropone il terzo dei motivi aggiunti, con cui si è sostenuto che tra le prime e le seconde giustificazioni sarebbe intervenuta una modifica dei costi diversi da quelli di somministrazione del lavoro che avrebbe reso l’offerta non seria ed inattendibile. In particolare, nelle seconde giustificazioni, i costi che nelle prime sarebbero stati indicati pari a zero (Euro 0), sarebbero stati precisati in misura particolarmente ingente (Euro 173.809,16 per il personale diretto, Euro 4.026,24 per i due consulenti del lavoro, Euro 20.000 per le spese generali, Euro 20.000 per l’acquisto dei test psicosometrici).
5.1. Il tribunale ha respinto la censura osservando che non si sarebbe avuta alcuna modifica tra le prime e le seconde giustificazioni, poiché “mentre in prima battuta la controinteressata si è limitata ad una sintetica asserzione circa la remuneratività dell’offerta e la congruità della medesima, in sede di giustificazioni, aderendo alla richiesta formulata dalla stazione appaltante con la nota del 20 gennaio 2020 in atti, ha compiuto uno sviluppo argomentativo delle asserzioni espresse in prima fase, procedendo alla dettagliata specificazione degli importi e delle cifre. Ha, ad esempio, chiarito che i costi del personale diretto specificamente riferibili alla commessa, indicati per rispondere alle precise e perentorie richieste della committenza, erano relativi a dipendenti tutti assunti stabilmente a tempo indeterminato da Ge. Vi. s.p.a.”.
5.2. L’appellante insiste nella propria censura, osservando che l’indirizzo giurisprudenziale che ammette gli aggiustamenti dei costi nelle giustificazioni successive, per sopravvenienze e/o compensazioni fra stime e sottostime, riconosce tuttavia dei limiti a tale possibilità (come da giurisprudenza riportata in ricorso, pag. 22), che, nel caso di specie, sarebbero stati superati.
5.2.1. Inoltre, ad avviso dell’appellante, il giudice di primo grado, nell’apprezzare positivamente le prime giustificazioni della controinteressata, si sarebbe sostituito alla stazione appaltante ed avrebbe violato i limiti della propria giurisdizione quando ha affermato che “lo schema negoziale della somministrazione di manodopera vede l’appaltatore – fornitore del personale, impiegare la propria struttura aziendale costituita da migliaia di lavoratori già selezionati e posti a disposizione di molteplici clienti – committenti (i quali, come l’odierna stazione appaltante resistente, pagano al fornitore appaltatore il corrispettivo del servizio e l’appaltatore fornitore retribuisce i lavoratori elaborando per ciascuno la relativa busta paga) dimodoché è l’appaltatore – fornitore al centro dell’operazione. Ragion per cui i costi sopportati per il personale impiegato nella commessa per cui è causa sono costi fissi, che la controinteressata comunque sostiene per mantenere in vita ed attiva la propria struttura di personale, prescindendo dal numero e dalla consistenza delle commesse di somministrazione che riceve.”. Secondo l’appellante, l’amministrazione resistente non aveva affatto condiviso le prime giustificazioni (come emerge dalla relazione del R.U.P.), laddove il giudice di primo grado, invece, le avrebbe giudicate congrue per ragioni differenti rispetto a quelle recepite dall’amministrazione (e non impugnate dalla controinteressata).
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
Inoltre, la sentenza sarebbe errata anche nel merito perché, sotto il profilo dei costi da imputare alla commessa, la struttura di una gara per la somministrazione del lavoro non sarebbe affatto differente da quella di qualsiasi altra gara quanto ai costi comuni a più commesse (che vanno presi in considerazione per ogni affidamento, sia pure pro-quota, come affermato, tra l’altro, da Cons. Stato, V, 30 luglio 2020, n. 4856).
5.2.2. Infine, sarebbe frutto di “una personale valutazione del TAR” sulla convenienza economica dell’offerta della Ge.Vi. la circostanza, che si assume non emersa nelle giustificazioni né addotta dal RUP, che “la controinteressata nel precedente triennio nel quale ha svolto il servizio per la resistente, è verosimile che abbia implementato la propria struttura aziendale, le sue banche dati e corroborato il proprio know how in maniera tale da poter richiedere una fee di agenzia ridotta rispetto ad altri concorrenti; il che è ragione della convenienza economica e della concorrenzialità della sua offerta.”.
5.3. Nessuna delle censure esposte è apprezzabile in senso favorevole all’appellante.
E’ infondata la deduzione contenuta nell’originario motivo di ricorso di inammissibile modifica intervenuta tra le prime e le seconde giustificazioni.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, non si tratta di fare applicazione del principio secondo cui, immutato il prezzo complessivo dell’appalto, è possibile la rimodulazione delle voci di costo indicate nell’offerta e nelle giustificazioni, sia pure nei limiti consentiti dalla giurisprudenza con maggiore o minore ampiezza (cfr. Cons. Stato, IV, 4 giugno 2020, n. 3528 e le altre citate nell’atto di appello).
Nella specie è accaduto piuttosto che le voci di costo, non indicate nelle prime giustificazioni (in cui vi è effettivamente un’indicazione di costi pari a zero, ma con la ripetuta affermazione che non vi erano costi direttamente generati dalla commessa, ma dovevano intendersi tutti ammortizzati nella generale gestione d’azienda, trattandosi di personale assunto a tempo indeterminato da Ge.Vi. per la fornitura dei lavoratori presso tutti gli utilizzatori committenti dell’agenzia del lavoro), sono state specificate nelle seconde, esplicitando quei costi che, in prima battuta, erano stati dichiarati assorbiti dalle spese generali.
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
Essendo mancata, nelle prime giustificazioni, la specificazione delle voci di costo, non si è trattato di far “quadrare i conti”, ma piuttosto – come evidenziato in sentenza – di aderire alla richiesta di specificazione formulata dalla stazione appaltante con la nota del 20 gennaio 2020 e quindi di compiere “uno sviluppo argomentativo delle asserzioni espresse in prima fase, procedendo alla dettagliata specificazione degli importi e delle cifre”.
5.3.1. Nell’esprimere tale valutazione -che pienamente si condivide – il primo giudice non si è affatto sostituito all’amministrazione giudicando congrue le prime giustificazioni, pur se mancanti della specificazione dei costi. Piuttosto ha ritenuto che l’affermazione di congruità della propria offerta da parte di Ge.Vi., contenuta nelle prime giustificazioni, fosse supportata dal dato di fatto che i costi (successivamente) indicati erano risultati essere comunque quelli fissi e necessari per il funzionamento della struttura aziendale, anche a prescindere dalla specifica commessa de qua. Siffatta considerazione è stata inserita nella motivazione della sentenza a supporto e rafforzamento della decisione di rigetto delle censure della ricorrente che lamentavano, sotto diversi profili, una modifica sostanziale dell’offerta, che è stata invece esclusa.
Né il modus procedendi dell’aggiudicataria rivela -come sostenuto dall’appellante – una mancata considerazione o sottovalutazione di costi fissi, che pure di regola vanno ripartiti pro-quota tra le diverse commesse (come da giurisprudenza richiamata dall’appellante). Delle peculiarità della somministrazione di manodopera rispetto agli affidamenti di altri servizi, quanto ai costi ed ai ricavi da considerare ai fini della valutazione di congruità dell’offerta, si è già detto trattando dei motivi precedenti: l’offerta di Ge.Vi. ha tenuto conto dei costi fissi (pur non specificati nelle prime giustificazioni) e ne ha previsto la copertura con le utilità dirette e anche indirette della commessa.
5.3.2. Parimenti infondato è l’assunto dell’appellante che il tribunale sia andato oltre i limiti del proprio sindacato e delle stesse risultanze del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, quando ha considerato, tra gli elementi di convenienza economica dell’offerta di Ge.Vi., la circostanza che questa fosse il precedente gestore del servizio e potesse perciò godere di economie di scala e know how già acquisiti.
I vantaggi e le utilità indirette conseguenti al fatto di essere gestore uscente erano stati menzionati dall’aggiudicataria sin dalle prime giustificazioni, sicché anche a tale fatto va riferito, per relationem, il giudizio complessivamente positivo espresso dalla relazione di congruità, nella parte, sopra citata.
5.4. Il terzo motivo va quindi respinto, non essendo illegittimo il giudizio di non anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria espresso dalla stazione appaltante.
6. Il quarto motivo (Errores in judicando. Travisamento. Violazione dell’art. 97 del d.lgs. 50/2016. Carenza ed erroneità dell’istruttoria) ripropone l’ultimo dei motivi aggiunti in primo grado sulla carenza istruttoria concernente l’utilizzo dei fondi Forma.Temp., ampliandone tuttavia la portata.
Motivazione analitica e conclusione del giudizio di anomalia
6.1. Il tribunale ha respinto nel merito la censura del primo grado osservando che “tali fondi sono governati da una minuziosa regolamentazione normativa che ne disciplina ogni aspetto, dal riconoscimento all’erogazione e infine all’utilizzazione, di talché appare ultronea ovvero superflua l’estrinsecazione di un’apposita ed analitica gamma di specifiche giustificazioni, essendo la controinteressata tenuta d operare con riguardo ai fondi in parola, in ossequio a comportamenti vincolati dettati da analitiche disposizioni normative.”.
6.2. In proposito è corretto il rilievo dell’appellante che il passaggio motivazionale appena riportato è in contraddizione con la parte della sentenza con la quale si è esclusa la rilevanza dell’utilizzo (legittimo o meno) dei fondi Forma.Temp, essendo sufficienti a rendere sostenibile l’offerta le altre “utilità indirette” derivanti dall’affidamento della commessa.
L’irrilevanza dell’utilizzazione dei fondi Forma.Temp ai fini del giudizio di anomalia dell’offerta è stata confermata con la presente decisione, respingendo il primo motivo di appello e ritenendo dirimente il riferimento fatto nelle giustificazioni di Ge.Vi. alle “utilità indirette”.
Ne consegue che si può prescindere dall’esaminare le censure di merito riproposte col quarto motivo di gravame, perché esse, così come il corrispondente motivo aggiunto in primo grado, sono improcedibili per carenza di interesse alla stregua di quanto argomentato appunto sulla irrilevanza della utilizzazione (legittima o meno) dei fondi Forma.Temp.
6.3. L’ulteriore assunto dell’appellante che il T.a.r. avrebbe dovuto esaminare la censura (contenuta nell’ultimo dei motivi aggiunti) anche “in riferimento alla prova della possibilità di fruire delle utilità indirette”, è invece infondata quanto all’asserita omessa pronuncia.
Il motivo è stato esaminato dal giudice così come formulato in primo grado, nel quale la ricorrente si era riferita soltanto all’istruttoria che la stazione appaltante avrebbe dovuto compiere rispetto all’utilizzazione dei fondi Forma.Temp.
Soltanto nel presente grado la Ma. ha riferito la censura alle altre utilità indirette.
In proposito, è fondata l’eccezione di inammissibilità per novità della censura formulata sia dalla stazione appaltante che dalla controinteressata. Le argomentazioni spese da Ma. nell’illustrare l’ultimo dei motivi aggiunti in primo grado non contengono alcun riferimento alle utilità indirette considerate da Ge.Vi. nelle seconde giustificazioni (per un importo di oltre 800.000 euro).
La doglianza di difetto di istruttoria (per la mancanza di supporto documentale a dimostrazione dell’utilizzabilità di detti fondi in modo da garantire la complessiva sostenibilità dell’offerta) è esplicitamente ed esclusivamente riferita agli utili derivanti dai fondi Forma.Temp, per come fatto palese dal seguente testuale passaggio del ricorso per motivi aggiunti, oltre che da quanto interamente esposto alle pagine 17-20 di tale ricorso (cui è qui sufficiente fare rinvio):
” […] Le giustificazioni di Ge.Vi. sono prive di qualunque supporto probatorio a sostegno dei costi dichiarati, oltre che, soprattutto, a sostegno dei margini ricavabili dai fondi Forma.Temp, su cui si regge l’intero impianto giustificatorio. Ge.Vi. si è limitata ad “asserire” di maturare (in futuro) un utile dalla formazione finanziata con i fondi Forma.Temp di ben Euro 301.372,50 (seconde giustificazioni – doc. 26, pag. 2, punti 4, 5 e 6), senza alcuna documentazione a supporto. […] La controinteressata avrebbe dovuto documentare e non solo affermare:
a) che annualmente ottiene l’approvazione di progetti da parte di Forma.Temp per (almeno) Euro 547.950,00 e che annualmente eroga direttamente (e non tramite diversi enti di formazione) tale attività formativa;
b) che i costi per l’attività formativa sono poco meno della metà dell’importo finanziato, e precisamente (almeno) Euro 246.577,50, onde la restante parte è tutto “utile”.
Solo così, e attraverso un esame quantomeno statico dei documenti prodotti da Ge.Vi., sarebbe stato possibile “appurare” la sostenibilità dell’offerta. Tale istruttoria non è stata in alcun modo condotta […]”.
Su tale deduzione il primo giudice si è pronunciato.
La previsione dell’art. 104, comma 1, cod. proc. amm., che vieta i nova in appello, preclude una pronuncia di questo Collegio sulle diverse, peraltro generiche, deduzioni dell’appellante in merito alla mancanza di istruttoria sulle utilità indirette diverse dalla gestione dei fondi di formazione.
6.4. Il quarto motivo di appello, in parte improcedibile ed in parte infondato e inammissibile, va complessivamente respinto.
7. Il quinto motivo (Errores in judicando. Violazione dell’art. 95 d.lgs. 50/2016. Violazione dell’art. 1 lett. ff) della Legge n. 11 del 2016. Violazione dell’art. 67 della Direttiva n. 24 del 2014. Eccesso di potere per sviamento e travisamento) ripropone, in via subordinata, la censura della legge di gara concernente i criteri di valutazione dell’offerta, che, essendo del tipo on/off, avrebbero snaturato il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
7.1. La censura è stata respinta in primo grado richiamando la sentenza di questo Consiglio di Stato, V, 26 marzo 2020, n. 2094, con la quale l’impiego di criteri on/off è stato ritenuto legittimo perché “pur ridimensionando in parte il margine di apprezzamento del merito tecnico dell’offerta, non lo esclude, anticipando, piuttosto, la valutazione dei requisiti tecnici che devono essere offerti, con la conseguenza che si ha poi un controllo finalizzato a comprovarne il possesso”.
7.2. L’appellante critica l’applicazione di questo principio alla gara de qua, nella quale sostiene che cinque dei sei criteri previsti non contemplerebbero alcun esercizio di discrezionalità tecnica, obbligando la commissione giudicatrice ad assegnare il punteggio in modo automatico per ben 60 punti su 70 ed esonerando i concorrenti dal formulare un vero e proprio progetto tecnico (se non limitatamente ad un criterio comportante l’assegnazione del punteggio massimo di appena 10 punti).
7.3. Il motivo non è fondato.
7.1. Va premesso che esso muove da un errato presupposto di fatto, affermando che cinque dei sei criteri di valutazione dell’offerta tecnica erano del tipo on/off e comunque tali ad impedire un effettivo confronto concorrenziale tra le offerte tecniche dei partecipanti alla gara.
La lettera d’invito prevedeva un massimo di 70 punti, suddivisi in sei criteri di valutazione, dei quali:
– il primo (lett. A), con un peso ponderale di 10 punti, aveva natura discrezionale, come riconosciuto anche dall’appellante;
– il secondo (lett. B) era effettivamente del tipo on/off, ma aveva un peso di 5 punti (assegnati ai concorrenti che si sarebbero impegnati ad offrire l’integrazione del portale informatico proposto in gara con “Identity Provider del Gruppo FS” in modalità “Single Sign On”);
– gli altri criteri di valutazione (lett. C-F) avevano natura tabellare, ma non con assegnazione di punteggio fisso, bensì gradualmente crescente in ragione del contenuto dell’offerta tecnica del concorrente, e precisamente:
– – C) “capillarità territoriale” fino ad un massimo di 20 punti, per la presenza di presidi regionali (per ogni presidio offerto, una quota di punteggio predeterminato);
– -D) ed E) “numerosità del Team di selezionatori” e loro “seniority”, con punteggi crescenti a seconda del maggior numero e della competenza specifica dei selezionatori offerti;
– F) riguardante il numero dei test “psicometrici” da far eseguire ai candidati per valutarne le abilità e le motivazioni, con punteggio graduale commisurato ai test indicati.
7.2. Così sintetizzato il contenuto della lettera d’invito, va decisamente esclusa la violazione di legge e va confermata la pertinenza del precedente di questa Sezione V, 26 marzo 2020, n. 2094, richiamato in sentenza.
In primo luogo, infatti, la normativa di riferimento non prevede alcun obbligo di attribuire punteggi graduati tra un minimo ed un massimo per tutti i criteri di valutazione dell’offerta tecnica e quindi “non è ravvisabile un diretto contrasto con la norma di legge nella scelta, da parte della stazione appaltante, di una modalità di attribuzione del punteggio di tipo on/off, in cui cioè vi è attribuzione del punteggio nel caso di ricorrenza di un elemento ritenuto rilevante dalla stazione appaltante” (Cons. Stato, V, n. 2094/20, citata).
In secondo luogo, non risulta nemmeno snaturato il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui all’art. 95, comma 10 bis, del d.lgs. n. 50 del 2016 invocato dall’appellante laddove impone alla stazione appaltante, per assicurare l’effettiva individuazione del miglior rapporto qualità /prezzo, di valorizzare “gli elementi qualitativi dell’offerta” e individuare “criteri tali da garantire un confronto concorrenziale effettivo sui profili tecnici”.
In linea di principio, va ribadito quanto affermato nel su citato precedente secondo cui “il metodo di attribuzione si/no, pur ridimensionando in parte il margine di apprezzamento del merito tecnico dell’offerta, non lo esclude, anticipando, piuttosto, la valutazione dei requisiti tecnici che devono essere offerti, con la conseguenza che si ha poi un controllo finalizzato a comprovarne il possesso” e l’illegittimo appiattimento del punteggio si determina quando oggetto di valutazione siano i requisiti minimi di partecipazione “anziché il possesso di tecniche differenti, secondo quanto richiesto dalla lex specialis” (Cons. Stato, V, n. 2094/20, citata, che richiama anche le Linee Guida n. 2 del 2016 dell’ANAC).
La violazione della richiamata disposizione del Codice dei contratti pubblici va esclusa a maggior ragione nel caso di specie in cui non si verte affatto nell’ipotesi nella quale i criteri on/off assorbono gran parte del complessivo punteggio tecnico (come era nel richiamato precedente n. 2094/20); soltanto uno dei sei criteri di valutazione (per un punteggio pari a 5 su 70) individuati da Fe. era effettivamente di quel tipo.
Tutti i restanti criteri di valutazione erano tabellari, attenevano ad elementi qualitativi dell’offerta e, garantendo in maggioranza la graduazione dei punteggi in range ragionevolmente ampi, erano atti ad assicurare un effettivo confronto concorrenziale sugli elementi qualitativi del servizio (dislocazione territoriale, numero e competenza dei selezionatori, test di valutazione dei candidati).
In definitiva va esclusa la violazione dell’art. 95, comma 10 bis, del d.lgs. n. 50 del 2016 ogniqualvolta, in un appalto di servizi, i criteri di valutazione dell’offerta tecnica definiti dalla lex specialis, pur essendo in parte del tipo c.d. on/off, per altra parte comportano l’assegnazione di punteggi gradualmente crescenti in ragione della tipologia degli elementi qualitativi dell’offerta presi in considerazione, diversi dai requisiti minimi di partecipazione e caratterizzanti le modalità di svolgimento del servizio (cfr. Cons. Stato, III, 22 ottobre 2020, n. 6380; Cons. Stato, V, 12 maggio 2020, n. 2967).
7.3. Sotto ogni altro profilo il motivo è inammissibile perché non tiene conto dell’ampia discrezionalità della quale gode la stazione appaltante nel definire i criteri di valutazione dell’offerta tecnica.
In proposito va dato seguito all’univoco indirizzo giurisprudenziale secondo cui la scelta operata dall’amministrazione appaltante, in una procedura di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, relativamente ai criteri di valutazione delle offerte, ivi compresa anche la disaggregazione eventuale del singolo criterio valutativo in sub-criteri, è espressione dell’ampia discrezionalità attribuitale dalla legge per meglio perseguire l’interesse pubblico; come tale è sindacabile in sede di giurisdizione di legittimità solo allorché sia macroscopicamente illogica, irragionevole ed irrazionale ed i criteri non siano trasparenti ed intellegibili (Cons. Stato, V, 30 aprile 2018, n. 2602; III, 2 maggio 2016, n. 1661; V,18 giugno 2015, n. 3105).
7.3.1. L’appellante non ha segnalato alcun significativo profilo di abnormità delle scelte tecniche di Federservizi, censurando piuttosto nel suo complesso ed in astratto il metodo selettivo prescelto, finendo per sollecitare un inammissibile sindacato nel merito delle decisioni riservate alla stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, V, 12 maggio 2020, n. 2967).
8. In conclusione, l’appello va respinto, restando perciò definitivamente assorbita l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado riproposta dalle parti appellate.
8.1. Le peculiarità del giudizio di anomalia in tema di appalto di somministrazione di manodopera consentono la compensazione per giusti motivi delle spese del grado di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero – Presidente FF
Federico Di Matteo – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore
Anna Bottiglieri – Consigliere
Elena Quadri – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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