Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 18 ottobre 2018, n. 5966.
La massima estrapolata:
L’istanza del debitore di ammissione al concordato preventivo costituisce una condizione impeditiva alla partecipazione alle procedure per l’aggiudicazione delle commesse pubbliche, ma tale situazione ostativa può essere superata solo mediante l’adempimento degli obblighi documentali contemplati da tale disposizione.
Sentenza 18 ottobre 2018, n. 5966
Data udienza 13 settembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3046 del 2018, proposto da
Pa. Be. S.p.A in proprio ed in qualità di Mandataria del Costituendo Rti, Si. S.p.A in proprio e quale Mandante Rti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Sa. Na., El. Po., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Sa. Na. in Roma, c.so (…);
contro
In. Lo. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pi. Pu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Em. Qu. in Roma, via (…);
Om. Se. S.r.l., in proprio e quale mandataria dell’RTI con Ap. Hs. S.p.A. e Bi. Si. Fa. Ma. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Pa. Pe., Gi. Di Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Pa. Pe. in Roma, piazza (…);
nei confronti
Pa. Be. Co. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato El. Po., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Sa. Na. in Roma, c.so (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Prima n. 00485/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di In. Lo. S.p.A e altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 settembre 2018 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Do. Sc. su delega di Sa. Na., Em. Qu. su delega di Pi. Pu. e Pa. Pe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente gravame la Pa. Be. S.p.A. chiede la riforma della sentenza con cui, in accoglimento del ricorso proposto da Om. Se. S.r.l. e Bi. Si. Fa. Ma. S.p.A., è stata annullata l’aggiudicazione, pronunciata in data 16 maggio 2017, della procedura aperta ex art. 53 comma 2 lett. c) D. Lgs. 163/2006 (normativa ratione temporis vigente) per l’affidamento dell’appalto integrato, con la relativa progettazione esecutiva degli “Adeguamenti strutturali ed impiantistici finalizzati alla razionalizzazione del Policlinico ad integrazione del nuovo DEA – Fo. IR. Po. S. Ma. di Pa., inserito nel Programma Investimenti ex art. 20 legge n. 67/1988.
L’appello, sotto un’unica rubrica articolata, è affidato alla denuncia dell’erroneità della sentenza per:
1. violazione dell’art. 38 comma 1 lett. a) D.lgs. n. 163/2006; degli artt. 186-bis e 161 comma 6 R.D. Legge Fallimentare n. 267/1942; dell’art. 45 comma 2 lett. a) e b) Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 e del principio del favor partecipationis;
2. errore sulla circostanza per cui fosse in corso una procedura di concordato preventivo della Pa. Be. S.p.A.;
3. erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha ritenuto che il concordato preventivo in bianco non integri una deroga ai motivi di esclusione previsti dall’art. 38 comma 1 lett. a) D.lgs. 163/2006.
In data 18 aprile 2018, si è costituita in giudizio ad adjuvandum la Pa. Be. Co. S.p.A. in qualità di affittuaria – con contratto del 17 luglio 2017 autorizzato dal Tribunale di Cremona – dell’intera azienda Pa. Be. S.p.A., la quale si era dichiarata disponibile ad eseguire, tra gli altri, anche il contratto relativo al Po. di Pa..
Con memoria del 5 maggio 2018, corredata dai relativi documenti versati in data 7 maggio 2018, si è costituita in giudizio la controinteressata Om. Se. S.r.l., anche per Ap. Hs. S.p.A. e Bi. Si. Fa. Ma. S.p.A., confutando le tesi di controparte e riproponendo “i motivi di impugnazione assorbiti o non esaminati in primo grado”.
Si è costituita in giudizio In. Lo. S.p.A. che, con le memorie in data 7 maggio 2018 e 27 luglio 2018, ha chiesto l’annullamento della sentenza — conformemente alle richieste dell’appellante Pa. Be. S.p.A. – ed ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza delle censure dichiarate assorbite e riproposte da Om. Se. S.r.l. in questa sede, ai sensi dell’art. 101 c.p.a..
Con le memorie rispettivamente in data 8 maggio, 27 luglio e 31 agosto 2018, Omnia ha replicato diffusamente alle tesi delle rispettive controparti.
L’interventore ad adjuvandum Pa. Be. Co. S.p.A., in replica, ha ribadito le proprie argomentazioni a sostegno dell’appello.
A sua volta, l’appellante Pa. Be. S.p.A., con memoria del 31 agosto 2018, ha riepilogato le argomentazioni avverso la sentenza e replicato ai motivi riproposti dall’appellata, insistendo per l’accoglimento.
Uditi all’udienza pubblica di discussione i patrocinatori delle parti, l’appello è stato ritenuto in decisione dal Collegio.
DIRITTO
1.§ . Al fine di una compiuta definizione degli aspetti essenziali della decisione della controversia, appare fondamentale puntualizzare la consecutiotemporis degli avvenimenti:
— il 16 settembre 2016, veniva pronunciata l’aggiudicazione provvisoria della gara a favore del costituendo RTI Pa. Be. S.p.A.;
— tuttavia, a seguito dell’accoglimento del ricorso di un’altra concorrente esclusa e della conseguente sua riammissione alla gara, l’esame della relativa offerta comportava un ritardo di circa un anno;
— nelle more, il 27 febbraio 2017, la Pa. Be. S.p.A. depositava – presso la cancelleria del Tribunale di Cremona – la domanda prenotativa ex art. 161 comma 6 R.D. n. 267/1942, con cui proponeva ai creditori, in alternativa, “il soddisfacimento delle loro ragioni di credito tramite la sottoscrizione di accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis ovvero, nel caso ciò non si concludesse entro il termine fissato dal giudice ai sensi dell’art. 161, 6° comma, un concordato preventivo, ove ne sussistano le condizioni, in continuità ex art. 186 bis L.F.”;
— in data 21 aprile 2017 (di pubblicazione dei decreti del 17 marzo 2017), il Tribunale di Cremona fissava termine di giorni 120 dalla data di pubblicazione del ricorso al registro delle imprese per presentare la proposta, il piano e tutta la documentazione indicata i commi 2 e 3 dell’art. 161 L.F., ovvero l’accordo di ristrutturazione ex art. 182-bisL.F.;
— il 5 maggio 2017, la stazione appaltante confermava la graduatoria precedente;
— il 16 maggio 2017, la gara veniva aggiudica definitivamente al raggruppamento Pa. Be. S.p.A. – Si. S.p.A. ed il relativo provvedimento comunicato a tutti i concorrenti il 18 maggio 2017;
— in data 24 luglio 2017, la Be. decideva di procedere con il concordato con continuità aziendale indiretta, ai sensi dell’art. 186-bis comma 1 L.F., disponendo il conferimento dell’azienda ad una società in bonis – la Pa. Be. Co. S.p.A. – a mezzo di contratto di affitto.
Per ragioni di economia espositiva devono essere esaminati unitariamente i tre profili di censura dell’appello principale in quanto attengono a profili sostanzialmente connessi ed interdipendenti.
2.§ .1. Con un primo profilo di censura, l’odierna appellante Pa. Be. S.p.A. lamenta l’erroneità della sentenza con cui, in accoglimento del primo motivo di ricorso del RTI Om., avrebbe ritenuto che “la Pa. Be. S.p.A., mandataria del RTI aggiudicatario, nel corso della procedura di gara, è incorsa nella causa sopravvenuta di esclusione di cui all’art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163/2006, avendo presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco (dichiaratamente volto ad attivare il concordato con continuità aziendale) successivamente alla scadenza del termine per la presentazione delle domande, senza peraltro ottenere l’ammissione al concordato prima della aggiudicazione definitiva”.
L’annullamento del provvedimento di aggiudicazione sarebbe dunque fondato su due premesse del tutto inesatte e cioè che:
1) la Pa. Be. S.p.A. avrebbe avuto “in corso” una procedura di concordato preventivo, in conseguenza del deposito della domanda prenotativa di concordato “in bianco” con continuità aziendalesenza ottenere l’ammissione al concordato prima dell’aggiudicazione definitiva;
2) la procedura di concordato preventivo in bianco, o con riserva, integrerebbe un’ipotesi di esclusione disciplinata dall’art. 38 comma 1 lett. a) D.lgs. 163/2006.
2.§ .2. Con un secondo profilo l’appellante assume, per contro, che la presentazione della domanda di concordato preventivo in bianco – dopo la presentazione dell’offerta – non costituirebbe affatto una causa sopravvenuta di esclusione. Le conclusioni del TAR non risulterebbero compatibili né con il tenore testuale dell’art. 38 del (pro tempore vigente) Codice dei contratti pubblici, né con l’interpretazione della suddetta normativa, orientata al rispetto dei principi dettati dalla normativa comunitaria. Difatti, l’art. 38 comma 1 lett. a) D.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, farebbe salvo il caso di cui all’art. 186-bis della Legge fallimentare, che disciplina specificamente il concordato con continuità aziendale.
L’individuazione del momento in cui una procedura concorsuale (in genere) – e la procedura di concordato preventivo in bianco (in particolare) – possa dirsi “in corso” sarebbe stata oggetto di contrastanti interpretazioni giurisprudenziali. L’interpretazione per cui la locuzione “procedimento in corso” si applicherebbe anche al caso di mera preposizione della relativa istanza sarebbe stata rimessa alla Corte di Giustizia Europea, al fine di verificarne la compatibilità con la normativa comunitaria (ma sul punto vedi infra).
La giurisprudenza avrebbe chiarito che una mera istanza di un creditore non può ritenersi sufficiente a far ritenere il procedimento i concordato in corso, mentre quando è l’imprenditore a chiedere l’ammissione alla procedura concorsuale, fa luogo ad una dichiarazione confessoria della consapevolezza del proprio stato di dissesto (cfr. Cons. Stato, A. P., s. del 15.4.2010 n. 2155).
I dubbi riguardanti la compatibilità della disciplina dell’articolo 38 (così come interpretata dalla giurisprudenza amministrativa nazionale) con la pertinente normativa europea di cui all’art. 45 comma 2 lett. a) e b) della Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, relativamente alla pendenza della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, sarebbero state rimesse alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea dal Consiglio di Stato (cfr. sez. V, ordinanza n. 686 del 4 febbraio 2018).
In conseguenza, l’appellante ritiene che la pronuncia sulla questione relativa alla considerazione dell’istanza di concordato preventivo “in bianco” presentato dalla Be. come fattispecie legale di “procedimento in corso” dovrebbe attendere la pronuncia della Corte di Giustizia.
1.§ .3. Infine, quand’anche non si volesse, in ipotesi, ritenere che la mera istanza di concordato preventivo in bianco integri la fattispecie di “procedimento in corso”, la sentenza appellata avrebbe comunque erroneamente statuito che la pendenza del concordato preventivo “in bianco”, con effetti prenotativi di continuità aziendale, integrerebbe una delle ipotesi di esclusione dalla partecipazione alle procedure di evidenza pubblica sul eilievo per cui “la deroga contemplata dall’art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006 fa esclusivo riferimento all’ipotesi del concordato preventivo con continuità aziendale (art. 186-bis L.F.); peraltro, anche in tale caso la partecipazione a procedure di affidamento a contratti pubblici deve essere autorizzata dal Tribunale, secondo quanto disposto dal citato art. 186-bis, comma 4 (C.d.S., Sez. V, n. 1677/2017, cit.), e l’autorizzazione in questione deve essere ottenuta prima dell’aggiudicazione definitiva”(così la sentenza impugnata).
Al contrario, il quarto comma del citato art. 186-bis ammette la partecipazione alle procedure di evidenza pubblica dell’operatore economico che abbia depositato il ricorso per l’ammissione al concordato preventivo (dunque prima dell’emissione del relativo decreto di ammissione), previa acquisizione del parere del commissario giudiziale, ove nominato, stabilendo inoltre che, in mancanza di nomina del commissario, vi provvede il Tribunale.
L’interpretazione letterale dell’art. 186-bis comma 4 della legge fallimentare farebbe ritenere, dunque, che la proposizione della domanda di concordato non comporti, di per sé, l’automatica perdita dei requisiti di ordine generale di ammissione alle procedure ad evidenza pubblica.
La sentenza appellata avrebbe, invece, operato una distinzione tra concordato “con continuità ” ordinario e concordato “in bianco”, assumendo che la previsione del comma quarto dell’art. 186-bis della L.F. opererebbe solo nella prima ipotesi.
Il Giudice di prime cure avrebbe aderito ad una interpretazione fornita dall’ANAC (Determinazione n. 3/2014) per cui la deroga all’esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica, ai sensi del combinato disposto dell’art. 38 comma 1 lett. a) d.lgs. 163/2006 e dell’art. 186-bis comma 4 L.F., ricorrerebbe solo laddove sia espressamente prevista la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore (ovvero la cessione dell’azienda in esercizio o ancora il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società anche di nuova costituzione) nel piano di concordato, depositato ai sensi dell’art. 161 comma 2 lett. e) L.F.; con la conseguenza che tale deroga non potrebbe operare nell’ipotesi di concordato preventivo “in bianco”, stante l’assenza di un piano di concordato (Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2014, n. 3344). Tuttavia, la stessa ANAC sarebbe successivamente giunta a conclusioni diametralmente opposte affermando che, nel caso di presentazione della domanda di concordato “in bianco”, sarà il giudice a valutare se sussistono le condizioni per consentire la partecipazione medesima (ANAC, n. 5/2015, cit.).
Nello stesso senso si sarebbe orientato il Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6303; id., 27 dicembre 2013, n. 6272; id., sez. IV, n. 3344 del 2013 cit.) che, in coerenza con le finalità della riforma della legge fallimentare di “guidare l’impresa oltre la crisi” e di preservare “la capacita dell’impresa di soddisfare al meglio i creditori attraverso l’acquisizione di nuovi appalti” (Cons. Stato, sez. IV, 3 febbraio 2016, n. 426), ha escluso che la pendenza di una procedura di concordato in continuità aziendale, ex art. 181 comma 6 della legge fallimentare, costituisca motivo di esclusione per perdita dei requisiti di carattere generale ex art. 38 D.lgs. n. 163/2006 (Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 2017, n. 4300).
Del tutto priva di specifica rilevanza sarebbe poi la circostanza, affermata dal TAR, per cui la deroga contemplata dall’art. 38 comma 1 lett. a) non avrebbe riguardato la fattispecie del concordato “in bianco”. Si tratterebbe di un obiter dictum estraneo al caso oggetto del giudizio, in quanto la Pa. Be. S.p.A. non si trovava in stato di crisi quando ha presentato la propria offerta, con la conseguenza che, come ovvio, non necessitava di alcuna autorizzazione ai fini della partecipazione alla procedura di affidamento.
Per questo, sotto un ulteriore ed autonomo profilo, sarebbe ultronea qualsivoglia indagine in ordine al contratto di affitto d’azienda sottoscritto in data 24.07.2017, tra la Pa. Be. Co. S.p.A. (affittuaria) e la Pa. Be. S.p.A., al fine di verificare se il medesimo abbia o meno “effetti sananti” (cfr. punto 2.3.7 della sentenza appellata), dato che la Pa. Be. S.p.A. avrebbe sempre mantenuto durante tutta la procedura di gara, e senza soluzione di continuità, il possesso del requisito di ordine generale di cui all’art. 38 comma 1 lett. a) D.lgs. 163/2006.
2.§ . L’impianto complessivo è privo di pregio.
2.§ .1. Ai sensi dell’art. 38 D.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (oggi sostituito dall’art. 80 comma 5 lett. b)), è consentita in via di eccezione la partecipazione alle gare pubbliche a tutti i soggetti “che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all’articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”.
Non vi sono dubbi che, come affermato dall’Adunanza Plenaria (cfr.s. n. 1 del 15/04/2010, dal cui avviso allo stato non vi è dato di dubitare), nel caso in cui un concorrente ovvero un creditore presenti domanda di concordato, non può certamente dirsi che sussista una “procedura in corso” di concordato preventivo, in quanto l’iniziativa del creditore potrebbe essere strumentale o infondata.
Al contrario, le predette preoccupazioni “… possano dirsi superate dal fatto che è lo stesso imprenditore a chiedere l’ammissione alla procedura concorsuale, con una condotta che ben può ritenersi confessoria della consapevolezza del proprio stato di dissesto…” (cfr. A.P. cit.n. 1 2010), per cui ben può ritenersi che, in tali casi, la procedura sia “in corso” ai fini dell’applicabilità della deroga.
La domanda dell’impresa di ammissione alla procedura concorsuale costituisce una diretta ed inequivocabile ammissione del suo stato di crisi e dunque costituisce una procedura “in corso” a norma dell’art. 38 D.lgs. n. 163, che inibisce la partecipazione alla gara, fatta salva la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione della deroga di cui all’art. 186-bis della Legge Fallimentare.
Quest’ultima disposizione consente, in via di eccezione, in mantenimento dei requisiti di capacità do cui all’art. 38 lett. a) del d.lgs. 163 cit., alle imprese che o sono già state ammesse al concordato con continuità aziendale ovvero alle società che abbiano presentato l’istanza di ammissione al concordato preventivo “in bianco” o “con riserva” ex art. 161 comma 6 L.F. condizionatamente però all’assolvimento di determinati oneri.
In caso di istanza di ammissione della stessa impresa, nelle more tra il deposito della domanda e l’ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, la facoltà dell’impresa di partecipare alle gare di affidamento dei pubblici contratti sia pure a determinate condizioni (cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 marzo 2018 n. 1772; id., sez. III, n. 5519/2015; id., sez. IV, n. 1091/2015).
In tale direzione non vi è dunque ragione di attendere la pronuncia della Corte di Giustizia sul punto come richiesto dall’appellante.
La disciplina del concordato con continuità aziendale di cui all’art. 186-bis legge fallimentare – con riferimento a tutte le situazioni di pendenza della procedura concordataria per le quali non sia ancora stato emesso il decreto di omologazione – dispone in particolare:
— al comma 4 che “Successivamente al deposito del ricorso, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale, se nominato; in mancanza di tale nomina, provvede il tribunale”;
— al comma 5 che “L’ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l’impresa presenta in gara:
a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto;
b) la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica nonché di certificazione, richiesti per l’affidamento dell’appalto, il quale si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all’esecuzione dell’appalto e a subentrare all’impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all’appalto. Si applica l’articolo 49 del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163″;
— al comma 6 che “Fermo quanto previsto dal comma precedente, l’impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale. In tal caso la dichiarazione di cui al precedente comma, lettera b), può provenire anche da un operatore facente parte del raggruppamento”.
Nella sostanza, in base alle ricordata disposizione, la deroga all’esclusione può operare:
1) condizionatamente all’adempimento degli obblighi documentali di cui al ricordato quinto comma dell’art. 186-bis, cioè condizionatamente alla tempestiva presentazione della relazione del professionista ed alla dichiarazione di avvalimento di idonea impresa ausiliaria;
2) subordinatamente alla specifica espressa autorizzazione dal tribunale, previo il parere del commissario giudiziale, se nominato ai sensi del ricordato quarto comma dell’art. 186-bis, che dovrebbe intervenire comunque prima dell’aggiudicazione definitiva (cfr. Cons. Stato, sez. III, 14 gennaio 2014, n. 101; Cons. Stato, Sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6272; Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2014, n. 3344);
3) sempre che l’impresa non sia la mandataria del RTI.
Nel caso di specie difettavano tutti e tre i presupposti.
Non si può infatti tralasciare che la disposizione è diretta da un lato a tutelare i creditori da ulteriori estemporanee azioni intraprese in loro danno e dall’altro ad assicurare il buon andamento dei contratti pubblici delle pubbliche amministrazioni, e quindi dei servizi al cittadino.
E’ dunque evidente che l’istanza del debitore di ammissione al concordato preventivo costituisce una condizione impeditiva alla partecipazione alle procedure per l’aggiudicazione delle commesse pubbliche, ma tale situazione ostativa può essere superata solo mediante l’adempimento degli obblighi documentali contemplati da tale disposizione (arg. ex Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2018, n. 3225).
Ciò perché, se pure, come afferma l’appellante, la Pa. Be. S.p.A. non si trovava in stato di crisi quando ha presentato la propria offerta, certamente lo era al momento della presentazione dell’istanza di concordato (che, in caso contrario, non avrebbe avuto alcuna ragione d’essere) con la conseguenza che, contrariamente a quanto afferma l’appellante, il mantenimento della sua partecipazione alle gare e dell’aggiudicazione della procedura, necessitava del controllo costituito specifica autorizzazione del Tribunale e del previo assolvimento degli obblighi documentali a ciò finalizzati.
L’appellante Be., né al momento della presentazione della istanza di ammissione al concordato “in bianco” del 27 febbraio 2017, né al 18 maggio 2017 data di comunicazione dell’aggiudicazione definitiva in favore del raggruppamento Pa. Be. S.p.A. – Si. S.p.A, e nemmeno quando ha sciolto la riserva di procedere con concordato con continuità aziendale indiretta (24 luglio 2017) risulta aver presentato l’autorizzazione di cui al comma 4 e la documentazione di cui alle citate lett. a) e b) del quinto comma.
A quest’ultimo proposito appare decisiva la mancata produzione del Piano di concordato di cui all’art. 161 comma 2 lett. e) L.F., (contenente l’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura) e della dichiarazione ex art. 49 D.lgs. 163/2006 di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica.
In difetto di tali adempimenti espressamente previsti dal quarto comma dell’art. 186-bis dalla legge, dunque, non poteva operare la deroga all’esclusione dalla gara, e quindi esattamente il TAR ha ritenuto che la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere l’omonimo RTI, perché la Pa. Be. S.p.A. aveva perduto i requisiti generali di partecipazione “…successivamente alla presentazione dell’offerta, avvenuta il 6 giugno 2016, e anteriormente alla aggiudicazione definitiva, disposta il 16 maggio 2017”.
2.§ .2. Con la domanda di presentazione del concordato “in bianco”, l’appellante si era dunque preclusa la possibilità di conseguire l’aggiudicazione anche per un terzo profilo.
Non può infatti concordarsi con il Primo Giudice quando, al punto 2.3.6., ritiene superflua la questione relativa al fatto che l’odierna appellante avesse partecipato alla gara in qualità di capogruppo.
L’appellante, in quanto mandataria del RTI, al momento della presentazione della istanza di concordato “in bianco” era incorsa nell’insormontabile ostacolo del ricordato comma 6 dell’art. 186-bis.
La preclusione ai sensi del sesto comma dell’art. 186-bis, per cui l’imprese non possa rivestire la qualità di mandataria, è dunque del tutto insuperabile per cui l’appellante avrebbe dovuto essere necessariamente comunque esclusa.
2.§ .3. Né il complessivo quadro normativo di cui sopra poteva essere banalmente aggirabile con il semplice artifizio dell’affitto di azienda:
Anche in tal caso particolare, l’impresa affittuaria Pa. Be. Co. S.p.A. doveva altresì dare la dimostrazione del possesso a proprio autonomo titolo dei requisiti di ordine generale e di capacità economica tecnica ed operativa comunque richiesti dall’articolo 51 del precedente codice dei contratti di cui al D.lgs. 163/2006, e allegare i documenti di cui al quarto comma dell’art. 186-bis.
Per cui anche la cessione dell’azienda in affitto non ha comunque rispettato esattamente le prescrizioni dei commi 4, 5 e 6 e quindi è irrilevante ai fini della presente causa.
2.§ .4. In definitiva, l’appellante doveva comunque essere esclusa perché, in violazione dell’art. 186-bis:
— al momento della presentazione dell’istanza di concordato in bianco, l’appellante non aveva immediatamente richiesto l’autorizzazione del Tribunale e non aveva contestualmente presentato i documenti di cui al quarto comma dell’art. 186-bis L.F.;
— dall’altro, per l’ostacolo del sesto comma, non avrebbe comunque potuto ottenere l’aggiudicazione in quanto rivestiva la qualifica di mandataria;
— infine, aveva ceduto in affitto l’azienda ad un soggetto del quale non risulta né il possesso dei requisiti di capacità tecnico-economica, né l’osservanza degli oneri di cui al quarto comma.
2.§ . In conseguenza di quanto sopra, può dichiararsi il difetto di interesse allo scrutinio dei restanti motivi introdotti dal RTI Omnia.
3,§ . In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
Restano in ogni caso assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Le spese secondo la regola generale seguono la soccombenza e sono liquidate in Euro 2.500,00 in favore dell’appellato RTI Om. Se. S.r.l..
Possono invece essere compensate nei riguardi di In. Lo. S.p.A..
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando:
1. Respinge l’appello, come in epigrafe proposto.
2. Le spese secondo le regole generali seguono la soccombenza e sono liquidate in Euro 2.500,00 in favore dell’appellato RTI Omnia. Possono invece essere compensate nei riguardi di In. Lo. S.p.A..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Umberto Realfonzo – Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Ezio Fedullo – Consigliere
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