Le scelte operate in sede di pianificazione urbanistica

Consiglio di Stato, sezione seconda, Sentenza 7 agosto 2019, n. 5611.

La massima estrapolata:

Le scelte operate in sede di pianificazione urbanistica godono di ampi margini di discrezionalità, costituendo apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità; in tali casi, le decisioni dell’amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso.

Sentenza 7 agosto 2019, n. 5611

Data udienza 2 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8566 del 2011, proposto da Lu. Gr., rappresentato e difeso dagli avvocati Lu. D’A., Ma. Mu., con domicilio eletto presso lo studio Al. Pl. in Roma, Via (…);
contro
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sa. Or. Di Le., An. Bu., con domicilio eletto presso la Regione Puglia-delegazione in Roma, Via (…);
Comune di Trani, Autorità di Bacino per la Puglia non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Seconda, n. 310/2011, resa tra le parti, concernente approvazione del piano urbanistico generale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2019 il Cons. Italo Volpe e uditi per le parti gli avvocati Ma. Pe., su delega di Lu. D’A., e Am. l’A., su delega di Ma. Mu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Col ricorso in epigrafe la persona fisica ivi pure indicata ha impugnato la sentenza del Tar per la Puglia, Bari, n. 310/2011, pubblicata il 18.2.2011, che – con l’onere delle spese – ha respinto il suo originario ricorso volto all’annullamento:
– della deliberazione del Consiglio comunale n. 8 del 31.3.2009 di approvazione definitiva del P.U.G. del Comune di Trani (di seguito “Comune”);
– della delibera del Comitato istituzionale dell’Autorità di bacino della Puglia n. 143 del 6.4.2006 di approvazione del piano stralcio per la difesa dal rischio idrogeologico;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguenziale, ove lesivo.
1.1. La sentenza impugnata ha premesso in fatto che l’originario ricorrente, in quanto proprietario di terreni nel territorio del Comune, si doleva della circostanza per cui, in conseguenza del P.U.G. approvato, i suoi terreni erano stati assoggettati a vincolo di inedificabilità assoluta giacchè situati nella c.d. (omissis).
1.2. In diritto la sentenza ha deciso affermando in breve che:
– era infondata l’eccezione (della Regione Puglia) di inammissibilità del ricorso (basata sul fatto che lo stesso non era stato notificato alla Provincia) in quanto, non avendo tale ente territoriale approvato il Piano territoriale di coordinamento provinciale (che, per l’ente, avrebbe costituito presupposto per poter successivamente muovere eventuali osservazioni critiche alla proposta di P.U.G.), la Provincia non doveva considerarsi parte necessaria del rapporto processuale. Neppure sarebbe valsa la considerazione della avvenuta partecipazione della Provincia alla pur tenuta conferenza di servizi in quanto tale partecipazione (nella fattispecie) “non ha assunto una valenza sostanziale, tale da gravarla dell’onere di assumere determinazioni in adeguamento (…), delle quali, infatti, non consta l’esistenza”;
– erano infondate le due prime censure (volte a contestare che i terreni in argomento erano stati tutti tipizzati a zona agricola di recupero AR e sottoposti al predetto vincolo di inedificabilità giacchè interessati dalla c.d. (omissis)) perché i fondi del ricorrente erano già “tutti classificati, nel vigente PAI, come aree ad alta pericolosità idraulica”, onde si doveva “ritenere (…) che la tipizzazione impressa dal P.U.G. sia la conseguenza della classificazione operata dal P.A.I., che è in vigore e che il ricorrente non ha impugnato”. Né il ricorrente aveva dato prova conclusiva in ordine al fatto che alcune delle particelle catastali interessate fossero esterne al perimetro della (omissis) e, quindi, ab origine estranee all’area di incidenza giuridica del vincolo derivante dal P.A.I.;
– era infondata anche la terza censura (legata al fatto che la conferenza di servizi – espressiva di condizionamenti poi recepiti dal P.U.G. – era stata convocata dal Sindaco e non dal competente Consiglio comunale) perché non si poteva non rilevare “che nel caso di specie la conferenza di servizi andava sicuramente convocata, a causa del parere negativo di compatibilità espresso dalla Regione Puglia; inoltre il Consiglio Comunale, esprimendosi in sede di approvazione definitiva del P.U:G. avrebbe implicitamente ratificato la convocazione della conferenza di servizi”.
2. L’appello è affidato, sostanzialmente, a censure di error in iudicando.
Ad avviso di parte i primi Giudici hanno erroneamente:
– mancato di rilevare il dedotto vizio di eccesso di potere, ricorrente sotto diverse figure sintomatiche, che avrebbe inficiato l’atto comunale di approvazione del P.U.G., determinatosi con l’imposizione di un vincolo di inedificabilità assoluta (sui terreni del privato) attraverso l’acritico recepimento delle previsioni del piano di assetto idrogeologico, adottato dall’Autorità di bacino della Regione con delibera n. 143 del 6.4.2006 (c.d. PAI), a sua volta impugnato per illegittimità in quanto privo di preventiva puntuale indagine ed anzi in contrasto con dati di fatto oggettivi. La contestazione di questo piano preventivo si dovrebbe, poi, considerare in ogni caso tempestiva in quanto l’interesse di parte a censurarlo si è concretizzato soltanto in occasione del’travasò dei suoi contenuti nel successivo P.U.G., di per sé impugnato tempestivamente;
– omesso di considerare che col ricorso introduttivo l’illegittimità del P.U.G. era stata prospettata anche in relazione alla mancata applicazione dell’istituto della perequazione (o compensazione). In pratica, il vincolo di inedificabilità assoluta imposto sui terreni ricadenti nel perimetro della (omissis) si sarebbe dovuto compensare con un corrispondente, simmetrico incremento della capacità edificatoria di quei terreni, o loro porzioni, che invece erano esterni a detto perimetro;
– omesso di apprezzare adeguatamente il dedotto vizio di incompetenza nella convocazione della sopra ricordata conferenza di servizi.
3. Costituitasi, con memoria del 27.5.2019 la Regione ha replicato partitamente alle argomentazioni avversarie, concludendo per la reiezione dell’appello.
4. Con memoria firmata il 31.5.2019 parte appellante, insistendovi, ha riepilogato le proprie tesi.
5. La causa quindi, chiamata alla pubblica udienza di discussione del 2.7.2019, è stata ivi trattenuta in decisione.
6. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto, con conseguente conferma della impugnata sentenza di primo grado.
6.1. Parte appellante, nella sostanza, lamenta una mancata giustificazione del vincolo di inedificabilità assoluta imposto dal P.U.G. sulle aree di sua proprietà, derivante dalla presunta carenza di attività istruttoria svolta dal Comune, il quale avrebbe sommariamente classificato l’intera zona come area ad alta pericolosità in ragione della particolare sua collocazione geografica.
6.2. Occorre al riguardo evidenziare che la giurisprudenza amministrativa è conforme nel ritenere che le scelte operate in sede di pianificazione urbanistica godono di ampi margini di discrezionalità, costituendo apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità (Cons. Stato, IV, 19.2.2019, n. 1151).
In tali casi, le decisioni dell’amministrazione riguardo alla destinazione di singole aree non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale – seguiti nell’impostazione del piano stesso.
Infatti, nell’ipotesi in cui la destinazione di un’area muti per effetto dell’adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale, ciò che è in discussione è il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale, di modo che la motivazione non può riguardare ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall’ente con il nuovo strumento urbanistico. Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile con l’adozione di un nuovo strumento urbanistico, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute (Cons. Stato, IV, 19.11.2018, n. 6483).
In applicazione di tale costante orientamento giurisprudenziale, il vincolo di inedificabilità assoluta, impresso dal P.U.G. sui suoli di proprietà della parte appellante, deriva dalla nuova e complessiva valutazione del territorio operata dal Comune sulla base della classificazione degli stessi effettuata dal vigente PAI come aree ad alta pericolosità idraulica.
6.3. Nessun rilievo assume conseguentemente quanto affermato da parte appellante secondo il quale il terreno in oggetto avrebbe dovuto essere sottoposto alle previsioni di cui all’art. 4.07.1 delle NTA e non a quelle di cui all’art. 4.07.2, costituendo quest’ultime misura sproporzionata ed ingiustificata, essendo l’area de quo stata già impegnata da attività estrattiva.
Risulta, infatti, fondato l’assunto del Comune secondo cui, a differenza di quanto rilevato da parte appellante, le aree di sua proprietà non si troverebbero nelle stesse condizioni dei suoli soggetti alla disciplina prevista dall’art. 4.07.1 delle NTA, essendo quest’ultimo riferibile solamente alle aree già impegnate da attività estrattive e non alle aree interessate da attività estrattive attualmente dismesse, come quelle di cui si discute e sottoposte, pertanto, a quanto previsto dall’art. 4.07.2 delle NTA.
6.4. Ne consegue come, stante la legittimità del vincolo imposto dal P.U.G., l’asserito vizio di incompetenza relativo alla convocazione della conferenza di servizi da parte del Sindaco, anziché dal Consiglio comunale, possa dirsi assorbito da quanto precedentemente affermato.
Si rileva comunque che, anche laddove tale eccezione fosse considerata fondata, detto vizio di incompetenza non rileverebbe nel caso di specie, non essendo intervenuta, a seguito della conferenza di servizi, alcuna modifica alla determinazione precedentemente assunta, relativa alla tipizzazione delle aree agricole con i relativi livelli di tutela vincolistica.
6.5. Infine non assume rilievo l’obiezione secondo la quale il Comune avrebbe omesso di considerare la possibilità di offrire alla parte appellante, in compensazione del pregiudizio che sarebbe seguito all’imposizione del vincolo per cui è causa, una ‘perequazione edilizià .
Nella specie, in disparte l’effettiva operatività, in via generale, di una siffatta misura, difetta invero la prova della ricorrenza di una pretesa contingibile – per la parte appellante – di una tale misura compensativa, onde l’assunto si risolve nella sola enunciazione di una aspettativa mera, come tale (giacchè non soddisfatta) non sindacabile in questa sede.
Anche da questo punto di vista, allora, la sentenza resa in primo grado risulta meritevole di conferma.
7. Le spese di questo grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano, in favore del Comune resistente, in complessivi euro 3.000,00.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante al pagamento in favore del Comune resistente delle spese di questo grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 3.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina – Presidente
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Italo Volpe – Consigliere, Estensore
Francesco Frigida – Consigliere
Carla Ciuffetti – Consigliere

 

 

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