Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 6 luglio 2020, n. 4300.
La massima estrapolata:
L’abbandono del ricorso è quindi rimesso integralmente a colui che agisce, ed è sottoposto alle sole condizioni della provenienza dalla parte, o dal suo procuratore all’uopo espressamente autorizzato, e dell’intervenuta conoscenza della controparte dell’atto di rinuncia, conoscenza da conseguirsi in modo formale.
Sentenza 6 luglio 2020, n. 4300
Data udienza 4 giugno 2020
Tag – parola chiave: Processo amministrativo – Abbandono del ricorso – Rinuncia – Condizioni legittimanti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1898 del 2020, proposto da
Ma. Be., rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Sc., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la funzione pubblica, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell’economia e delle finanze, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Terza n. 02593/2020, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2020 il Cons. Diego Sabatino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 1898 del 2020, Ma. Be. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 27 febbraio 2020 n. 2593, redatta in forma semplificata, con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la funzione pubblica e il Ministero dell’economia e delle finanze per l’annullamento
(i) del Decreto del Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione – Direzione generale per il personale scolastico – registrato con il n. 2200 del 6.12.2019; nonché di ogni altro atto presupposto o che con lo stesso possa avere comunque attinenza compreso
(ii) il Decreto del MIUR, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministro per la Pubblica Amministrazione e il Ministro dell’Economia e delle Finanze n. 1074 del 20.11.2019, registrato alla Corte dei Conti con il n. 1.3300 del 4.12.2019
I fatti di causa possono essere così riassunti.
L’art. 58, comma 5, del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni in legge 9 agosto 2013, n. 98, disponeva che a decorrere dall’anno scolastico 2013/2014 le istituzioni scolastiche ed educative statali avrebbero acquistato, ai sensi dell’art. 1, comma 449, della legge n. 296/2006, i servizi esternalizzati per le funzioni corrispondenti a quelle assicurate dai collaboratori scolastici loro occorrenti nel limite della spesa che si sarebbe sostenuta per coprire i posti di collaboratore scolastico accantonati ai sensi dell’articolo 4 del d.P.R. 22 giugno 2009, n. 119, ridotto di euro 25 milioni per l’anno 2014 e di euro 49,8 milioni a decorrere dall’anno 2015.
La scelta del del legislatore andava verso l’affidamento ad imprese specializzate dei servizi di pulizia ed ausiliari nelle scuole sia per razionalizzare i costi, sia per stabilizzare, attraverso l’assunzione a tempo indeterminato da parte delle imprese appaltatrici, migliaia di ex lavoratori socialmente utili (LSU) impiegati in servizi nelle scuole.
I rapporti contrattuali derivanti dalla citata disposizione sono stati connotati da vicende complesse: dopo l’affidamento, tramite appalto CONSIP, di tredici lotti alle principali imprese del settore, con il coinvolgimento di 19.843 lavoratori, si è assistito nel 2014 ad una riduzione del canone della convenzione CONSIP ed alla successiva attivazione di un tavolo di concertazione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali tra lo stesso Ministero, il MIUR, le OO.SS. e le imprese assegnatarie dei servizi, onde evitare ripercussioni sull’orario di lavoro, garantendo poi la piena occupazione dei lavoratori attraverso alcuni interventi ad hoc, quali: l’attivazione e finanziamento di un programma di ripristino del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti ad edifici scolastici e di percorsi di formazione e riqualificazione professionale; la garanzia da parte delle OO.SS. e delle imprese appaltatrici della flessibilità nell’orario di lavoro e nel luogo di lavoro, oltre all’istituzione della banca ore individuale.
Per altro verso, anche in fase di affidamento sono state riscontrate criticità, tanto da indurre AGCM Autorità garante della concorrenza del Mercato, con determinazione n. 25802 del 22 dicembre 2015, ad applicare, nei confronti di alcune delle imprese aggiudicatarie dei lotti messi a concorso, una sanzione per aver posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), consistente in una pratica concordata avente la finalità di condizionare gli esiti della gara Consip. Alla detta sanzione è conseguita la risoluzione di diritto delle convenzioni stipulate con la Consip s.p.a., con conseguenziale contenzioso.
Con l’art. 1, comma 760, lettera b) della legge 30 dicembre 2018, n. 145 e l’art. 2, comma 5, d.l. 29 ottobre 2019, n. 126, convertito con modificazioni dalla legge 20 dicembre 2019, n. 159, sono stati inseriti nell’art. 59 citato i commi da 5-bis a 5-sexies, i quali modificano totalmente l’assetto delineato dal legislatore nel 2013. Si stabilisce, in particolare, che a decorrere dal 1 marzo 2020, le istituzioni scolastiche ed educative statali svolgono i servizi di pulizia e ausiliari unicamente mediante ricorso a personale dipendente appartenente al profilo del collaboratori scolastici, autorizzando il MIUR ad avviare un’apposita procedura selettiva per 11.263 posti di collaboratore scolastico, graduando i candidati secondo le modalità previste per i concorsi provinciali per collaboratore scolastico di cui all’art. 554 del d.lgs. n. 297/1994, finalizzata ad assumere alle dipendenze dello Stato, a decorrere dal 1 marzo 2020, il personale impegnato per almeno 10 anni, anche non continuativi, purché includano il 2018 e il 2019, presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari, in qualità di dipendente a tempo indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento dei predetti servizi. Inoltre, si demanda ad un decreto del MIUR, di concerto con i Ministri del lavoro, della P.A. e dell’economia la determinazione dei requisiti di partecipazione alla procedura selettiva, nonché le relative modalità di svolgimento e i termini per la presentazione delle domande. Il comma 5-quater prevede che le assunzioni sono autorizzate anche a tempo parziale e che il personale immesso in ruolo non ha diritto, né ai fini giuridici né a quelli economici, al riconoscimento del servizio prestato quale dipendente delle imprese di cui al comma 5-ter.
Il limite di spesa fissato dal comma 5-bis dell’articolo citato è pari al costo da sostenere per l’assunzione del personale dipendente appartenente al profilo dei collaboratori scolastici, in ragione dei posti accantonati ai sensi dell’art. 4 del regolamento di cui al d.P.R. 22 giugno 2009, n. 119, aumentato di 10 milioni di euro annui dall’anno 2020 per l’acquisto dei materiali di pulizia.
Sempre nei limiti del detto limite di spesa, il comma 5-sexies autorizza il MIUR – dopo le operazioni di mobilità straordinaria di cui al comma 5 -quinquis – ad avviare una nuova procedura selettiva per l’assunzione alle dipendenze dello Stato di collaboratori scolastici a decorrere dal 1 gennaio 2021, con le stesse modalità e criteri della selezione di cui al bando impugnato, riducendo però il requisito dell’anzianità di servizio ad almeno cinque anni.
Quindi, con Decreto del MIUR, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la pubblica amministrazione e il Ministro dell’economia e delle finanze n. 1074 del 20 novembre 2019, sono stati determinati i requisiti per la partecipazione alla procedura selettiva, nonché le relative modalità di svolgimento e i termini per la presentazione delle domande per l’assunzione di detto personale, e con Decreto del Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione – Direzione generale per il personale scolastico – registrato con il n. 2200 del 6 dicembre 2019 è stata indetta la procedura selettiva, per titoli, finalizzata all’assunzione a tempo indeterminato di personale che ha svolto, per almeno 10 anni, anche non continuativi, nei quali devono essere inclusi gli anni 2018 e 2019, servizi di pulizia e ausiliari presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, in qualità di dipendente a tempo indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento di tali servizi.
La procedura selettiva è finalizzata alla copertura di 11.263 posti di collaboratore scolastico con possibilità di un numero massimo di contratti a tempo parziale al 50% per 9.100 addetti. Il bando prevede all’art. 3 che la procedura selettiva si svolga su base provinciale, espletata da ciascun Ufficio scolastico regionale a livello provinciale, e che il candidato possa presentare domanda solo per la provincia in cui ha sede l’istituzione scolastica nella quale presta la propria attività lavorativa. L’art. 4 del bando indica inoltre i requisiti di ammissione disponendo in particolare che “sono ammessi a partecipare alle procedure selettive coloro che sono in possesso del diploma di scuola secondaria di primo grado, conseguito entro la data di scadenza del termine per la presentazione della domanda di partecipazione, e hanno svolto, per almeno 10 anni, anche non continuativi, nei quali devono essere inclusi gli anni 2018 e il 2019, servizi di pulizia e ausiliari presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, in qualità di dipendente a tempo indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento di tali servizi”.
La situazione delineatasi in attuazione dei provvedimenti impugnati ha dato vita ad un contenzioso diffuso in sede amministrativa, azionato da un lato, dai candidati estromessi dalla procedura di assunzione (stante un esubero di oltre 6.500 addetti, visto che i dipendenti attualmente in servizio nei plessi scolastici interessati sono 17.818 e che tale esubero appare solo in parte riducibile applicando al massimo consentito i contratti a tempo parziale) e, dall’altro, dalle imprese che hanno sinora assicurato i servizi ora assorbiti all’interno dell’organizzazione scolastica, che lamentano la sottrazione di un’importante fetta del mercato.
Nel caso in esame, il contenzioso attiene alla prima della due tipologie, incidendo sulla situazione lavorativa della parte originariamente ricorrente che ha quindi gravato gli atti sopra indicati in quanto direttamente lesivi, non consentendogli la partecipazione alla procedura per l’assunzione a tempo indeterminato.
Costituitosi Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la funzione pubblica e Ministero dell’economia e delle finanze, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, anche in relazione alle censure di carattere costituzionale sollevate.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie censure, come meglio descritte in parte motiva.
Nel giudizio di appello, si sono costituiti il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la funzione pubblica e il Ministero dell’economia e delle finanze; chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Dopo il diniego della domanda di adozione di misure cautelari inaudita altera parte, avutosi con decreto presidenziale 3 marzo 2020 n. 1034, alla pubblica udienza del 4 giugno 2020, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione, previo deposito di una dichiarazione di rinuncia al ricorso.
DIRITTO
1. – Il ricorso è improcedibile per intervenuta rinuncia agli atti.
Come prevede espressamente l’art. 84 del codice del processo amministrativo (e già prima l’art. 46 del Regio Decreto 17 agosto 1907, n. 642, di approvazione del regolamento di procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), “la parte può rinunciare al ricorso in qualunque stato e grado della controversia, mediante dichiarazione sottoscritta da essa stessa o dall’avvocato munito di mandato speciale e depositata nella segreteria, o mediante dichiarazione resa in udienza e documentata nel relativo verbale.
Il rinunziante deve pagare le spese degli atti di procedura compiuti, salvo che il collegio, avuto riguardo ad ogni circostanza, ritenga di compensarle.
La rinunzia deve essere notificata alle altre parti almeno dieci giorni prima dell’udienza. Se le parti che hanno interesse non si oppongono, il processo si estingue”.
L’abbandono del ricorso è quindi rimesso integralmente a colui che agisce, ed è sottoposto alle sole condizioni della provenienza dalla parte, o dal suo procuratore all’uopo espressamente autorizzato, e dell’intervenuta conoscenza della controparte dell’atto di rinuncia, conoscenza da conseguirsi in modo formale (e quindi con notifica o dichiarazione agli atti, come indica la norma, ma anche mediante altre forme equipollenti, quali il deposito in udienza dell’atto di rinuncia sottoscritto dalla parte personalmente, ex multis Consiglio Stato, sez. IV, 17 gennaio 2002, n. 244; o anche con dichiarazione sottoscritta dalla ricorrente e, per adesione, anche dalle difese della altre parti costituite).
Intervenute le dette formalità, spetta infine al giudice pronunciare, espressamente ed a seguito di un accertamento che coinvolga la presenza dei detti requisiti, l’estinzione del giudizio, permanendo, fino a quel momento, il potere del rinunciante di revocare il proprio atto.
Effetto della rinuncia è pertanto, dal lato sostanziale, quello di determinare la cristallizzazione della situazione dedotta al momento anteriore della proposizione del ricorso, dall’altro lato, di carattere schiettamente processuale, quello di comportare l’obbligo di provvedere al rimborso delle spese sostenute dalla controparte (che tuttavia costituisce una posizione disponibile delle parti costituite, potendovi queste rinunciare).
2. – Venendo al caso in questione, non può non notarsi come le dette condizioni siano state integralmente adempiute, visto il deposito dell’atto in data 15 maggio 2020, per cui alla Sezione non resta altro che prendere atto dell’intervenuta rinuncia.
Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente le spese di giudizio tra le parti, trattandosi di contenzioso in cui, per cause similari, è stata adottata la stessa pronuncia in ragione della novità della questione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Dichiara improcedibile l’appello n. 1898 del 2020 per rinuncia agli atti del giudizio;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2020 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere, Estensore
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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