Consiglio di Stato, Sentenza|29 gennaio 2021| n. 867.
La radicale invalidità delle operazioni elettorali può essere ravvisata solo qualora la mancanza di elementi o di requisiti essenziali impedisca il raggiungimento dello scopo che connota il singolo atto; sicché, regola fondamentale nella materia di che trattasi è quella del rispetto della volontà dell’elettore e dell’attribuzione di significato, fin tanto che si possa, alla consultazione elettorale, in difetto di violazioni delle regole strumentali indicative di una sostanziale inattendibilità del suo esito conclusivo.
Sentenza|29 gennaio 2021| n. 867
Data udienza 21 gennaio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Elezioni – Operazioni elettorali – Invalidità – Presupposti – Individuazione – Regola del rispetto della volontà dell’elettore e dell’attribuzione di significato
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7504 del 2020, proposto da
Gi. Di Ce., rappresentato e difeso dagli avvocati Er. Bo., Fr. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio De. Nic. Ma. in Roma, via (…);
contro
Ca. Ca., rappresentato e difeso dall’avvocato An. Ab., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
Comune di (omissis), ed altri – non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Seconda n. 01849/2020, resa tra le parti, concernente le elezioni per la carica di sindaco e per il rinnovo del Consiglio Comunale nel Comune di (omissis).
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto da Ca. Ca.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2021, tenuta in modalità telematica, il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti gli avvocati Er. Bo. e An. Ab.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- In data 26 maggio 2019 si sono svolte le elezioni per il rinnovo della carica di sindaco e del Consiglio Comunale nel Comune di (omissis).
2.- Vi hanno preso parte tre candidati sindaci, il sig. Cl. Fe., collegato alla lista n. I (“Officina delle Idee”), il sig. Gi. Di Ce., collegato alla lista n. 2 (“Vivi (omissis)”) e il sig. Ca. Ca., collegato alla lista n. 3 (“Per (omissis) Unita”).
3.- All’esito è stato proclamato eletto il candidato Ca. Ca. con 811 voti, seguito dal candidato Gi. Di Ce. con 803 voti.
4.- Nel giudizio di primo grado intentato da Gi. Di Ce. e An. An. Ra. Fo. (quest’ultimo come consigliere eletto per la lista n. 2) sono state avanzate censure riguardanti sia la complessiva regolarità delle operazioni di voto, sia, in via subordinata, l’attribuzione di voti alle rispettive liste.
Ca. Ca. ha proposto ricorso incidentale.
All’esito, il Tar ha respinto il ricorso principale e dichiarato inammissibile per carenza di interesse quello incidentale.
5. Le medesime posizioni deduttive e controdeduttive si ripropongono invariate nel presente grado di giudizio, a mezzo di un appello principale al quale si contrappone un appello incidentale condizionato all’accoglimento del primo.
6. In assenza di istanze cautelari, la causa è stata discussa in modalità telematica e posta in decisione all’udienza pubblica del 21 gennaio 2021.
DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti in prime cure hanno denunciato: i) la mancata indicazione, nei verbali sezionali, degli orari di chiusura degli scrutini e del seggio nelle Sezioni n. 2 e n. 3; ii) la mancata apposizione della firma da parte dello scrutatore Santacroce Girolamo nel paragrafo n. 33 del verbale della Sezione n. 2; iii) la mancata sottoscrizione del verbale dell’Adunanza dei Presidenti da parte del Presidente della Sezione n. 2, Servillo Giuseppe.
1.1. Il Tar ha respinto i rilievi argomentando circa l’impossibilità di rinvenire nelle incongruenze segnalate delle cause tipiche di nullità /illegittimità ovvero delle disfunzioni idonee ad inficiare la procedura, poiché capaci di compromettere l’autenticità, la genuinità e la correttezza dei relativi adempimenti.
1.2. Con i primi quattro motivi di appello i ricorrenti illustrano l’opposta tesi della atipicità delle cause di nullità delle operazioni elettorali e da questa premessa traggono argomenti per sostenere che le illegittimità denunciate, sebbene non sanzionate espressamente da una specifica norma di legge, sono di portata e rilevanza sostanziale tali da compromettere la validità dell’intera tornata elettorale, in quanto l’assenza delle formalità contestate impedirebbe l’accertamento dell’effettiva regolarità delle relative operazioni.
1.3. L’impostazione non può essere condivisa.
In termini generali, quanto alla possibile incidenza che le incongruenze rituali possono assumere sulla legittimità della complessiva procedura elettorale, giova ricordare che ciò che rileva accertare è se la violazione delle forme ha compromesso il corretto svolgimento delle operazioni di espressione del voto, la sincerità e la libertà di espressione del voto e, quindi, lo scopo ultimo al quale l’iter del procedimento elettorale è indirizzato.
Dunque, è causa invalidante le operazioni elettorali solo l’anomalia “funzionale”, sia pure indotta dall’omessa osservanza delle “forme”.
Su questa traccia si pone la costante giurisprudenza di questo Consiglio, secondo la quale la radicale invalidità delle operazioni elettorali può essere ravvisata solo qualora la mancanza di elementi o di requisiti essenziali impedisca il raggiungimento dello scopo che connota il singolo atto (Cons. Stato Sez. V, n. 3166/2016; Sez. III, n. 2119/2016; Sez. V, n. 2920/2015); sicché, regola fondamentale nella materia di che trattasi è quella del rispetto della volontà dell’elettore e dell’attribuzione di significato, fin tanto che si possa, alla consultazione elettorale, in difetto di violazioni delle regole strumentali indicative di una sostanziale inattendibilità del suo esito conclusivo (ex multis, Cons. giust. amm. Sicilia, n. 403/2020).
1.4. Ciò posto, in relazione al primo profilo di censura va innanzitutto osservato che il sub-procedimento di chiusura delle operazioni di scrutinio, come regolato dall’art. 66 del d.P.R. n. 570/1960, non richiede la tassativa indicazione dell’orario di chiusura delle operazioni, ma, al contrario, unicamente la firma del verbale nella sezione dedicata alla chiusura, accompagnata dalla dichiarazione di chiusura.
Nel caso di specie, non vi è alcuna incertezza sull’avvenuta regolare chiusura del procedimento, atteso che i verbali contengono la relativa attestazione (pag. 57, paragrafo 33) e le rispettive firme in calce confermano, senza equivoci, l’effettivo adempimento conclusivo, avvenuto una volta terminate le operazioni di scrutinio, a loro volta correttamente verbalizzate nei relativi paragrafi.
1.5. Di analoga inconsistenza si rivela, in applicazione dei medesimi principi, la censura concernente la mancanza di firma dello scrutatore, in calce al verbale della sezione n. 2, nel paragrafo n. 33.
Vero è, infatti, che a pag. 57 del verbale considerato difetta la sottoscrizione dello scrutatore Santacroce, in calce a destra.
Tuttavia, il medesimo scrutatore ha regolarmente firmato la medesima pagina 57 del verbale al centro della pagina, nella parte dedicata alla vidimazione del foglio stesso. Non solo risulta apposta la firma dello scrutatore sulla pagina contestata, ma essa è tale da consentire la riconducibilità allo stesso della dichiarazione di chiusura contenuta nella pagina stessa, come del resto correttamente rilevato dal primo giudice nella sentenza appellata.
1.6. Quanto alla mancanza di firma di uno dei Presidenti nel verbale relativo alla Adunanza dei Presidenti, appare corretta la conclusione alla quale è pervenuto il Tar secondo la quale “la verbalizzazione di operazioni procedimentali ha funzione strumentale e di carattere probatorio delle operazioni svolte; pertanto le irregolarità o le eventuali carenze ivi riscontrate non sono di per sé idonee ad inficiare la procedura qualora non sia stato provato che detta funzione sia stata compromessa”.
— Questo Consiglio di Stato, esprimendosi su analoga vicenda (Sez. V, n. 3716/2005 e 3151/2014), ha già avuto modo di osservare che l’art. 66, comma 3, del d.P.R. n. 570/1960, laddove dispone che il verbale delle operazioni elettorali deve essere firmato in ogni suo foglio e sottoscritto seduta stante da tutti i membri dell’ufficio elettorale di sezione, va anch’esso interpretato alla luce del principio di strumentalità delle forme, in base al quale la nullità è determinata solo dalla mancanza di quegli elementi o requisiti che impediscano il raggiungimento dello scopo al quale l’atto è prefigurato: nel caso di specie, non può dirsi che l’assenza di una delle tre firme abbia compromesso l’efficacia accertativa e riepilogativa del verbale.
— Sotto un secondo profilo, strettamente connesso al precedente, merita considerare che per le operazioni dell’Adunanza dei Presidenti è sufficiente la presenza della maggioranza dei componenti.
Tanto si ricava dal disposto dell’articolo 67, ultimo comma, del d.P.R. n. 570/1960 e delle “Istruzioni per le operazioni dell’adunanza dei presidenti delle sezioni delle Elezione diretta del sindaco e del consiglio comunale nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti”, rese note dal Ministero dell’Interno con pubblicazione n. 21/2012. Dette Istruzioni, al paragrafo 9 (“Quorum per la validità delle operazioni dell’adunanza”) prevedono che “affinché le operazioni dell’adunanza siano valide occorre che sia presente la maggioranza di coloro che hanno qualità per intervenirvi (articolo 67, ultimo comma, del testo unico n. 570)”.
Dunque, a fortiori, la sola mancata sottoscrizione del verbale dell’Adunanza da parte di un Presidente – in presenza della firma della maggioranza dei componenti – non può di per sé sola comportare la nullità delle operazioni elettorali, stante la funzione certificativa, e non certo valutativa, che si addice all’attività collegiale dell’Adunanza.
— Non conduce a diversa conclusione neppure la giurisprudenza richiamata da parte appellante (Tar Salerno, n. 1404/2018) poiché, ai sensi della stessa, la mancata sottoscrizione del verbale da parte del Presidente è ritenuta causa di invalidità delle operazioni elettorali solo allorquando essa dipenda dalla mancata partecipazione ai lavori. Dunque, ciò che rileva è questa doppia carenza, formale e sostanziale, della quale, tuttavia, nel caso di specie non vi è prova, nessun dimostrazione essendo stata fornita sul secondo profilo in tema (la mancata partecipazione).
1.7. Per quanto esposto, il primo motivo va respinto nella totalità dei rilievi in esso veicolati.
2. Con il quinto e settimo motivo di appello, l’appellante riprende i temi svolti nel secondo e sesto motivo del ricorso introduttivo, per sostenere che:
— le schede attribuite alla lista n. 3 e riportanti la dicitura “Ma. Gi.” e “Ug.” (in luogo dei nominativi dei candidati “Ca. Ug. Pi.” e “Ma. Gi.”) sarebbero da ritenersi nulle, perché tali nominativi integrano altrettanti segni di riconoscimento, non riconducibili ad alcun candidato;
— analoga valutazione dovrebbe estendersi, per le medesime ragioni, alle altre quattro schede rivenute nella Sezione n. 3 e riportanti i nominativi “Ce.” e “Ug. Pi. Ri.” (non appartenenti a candidati delle tre liste partecipanti alle elezioni ma ad elettori iscritti nelle liste elettorali).
2.1. La verificazione espletata nel corso del primo grado di giudizio da parte della Prefettura di Benevento ha accertato la presenza di:
– n. 7 schede riportanti la dicitura “Ma. Gi.” e “Ug.” e il crocesegno sulla lista n. 3 “Per (omissis) Unita”;
– nessuna scheda riportante il nominativo “Ce.” e una scheda riportante il nominativo “Ug. Pi. Ri.” e il crocesegno sulla lista n. 3 “Per (omissis) Unita”.
La verificazione ha attribuito tali voti alla lista “Per (omissis) Unita”, e quindi al candidato Sindaco Ca., così come aveva fatto la Commissione Elettorale in sede di scrutinio delle schede, con esclusione del voto di preferenza per i candidati consiglieri comunali.
2.2. La sentenza appellata ha avallato tale modus agendi, ritenendo che la scheda elettorale debba considerarsi valida se viene individuato univocamente il voto di lista e, dunque, il voto al sindaco. Il primo giudice ha inoltre escluso l’ipotesi del “segno di riconoscimento”, accogliendo la tesi alternativa del mero errore di scrittura del nome del consigliere comunale, inidoneo ad invalidare la volontà di voto dell’elettore, quanto meno con riferimento al voto di lista correttamente formulato.
2.3. Il motivo di appello qui in esame, inteso a contestare questa conclusione in quanto ritenuta inconciliabile con il valore costituzionale della segretezza del voto e con l’oggettiva riconoscibilità del voto, non può essere accolto.
In relazione alle n. 7 schede riportanti la dicitura “Ma. Gi.” e “Ug.” (in luogo dei nominativi dei candidati “Ca. Ug. Pi.” e “Ma. Gi.”) deve osservarsi che:
— la dicitura “Ug.” è direttamente riconducibile al candidato della lista n. 3 “Ug. Pi. Ca.”, in quanto ana nominativo non è presente in nessuna altra lista (come appurato in sede di verificazione).
Pertanto, l’incertezza o l’imprecisione nell’indicazione del candidato si ritiene che possa essere dipesa da un’inesatta memoria del nome o dall’abitudine di identificare quella persona direttamente con il nome “Ug.”. Non si ravvisano, di contro, elementi dimostrativi in maniera inoppugnabile della volontà dell’elettore di rendere riconoscibile il proprio voto (Cons. Stato, Sez. V, n. 4474/2013). Vale in proposito il principio per cui l’elemento della riconoscibilità deve essere valutato caso per caso, al fine di stabilire se l’anomalia del voto possa giustificarsi ragionevolmente con cause alternative e diverse da quella della volontà di far identificare il consenso attribuito alla lista o al candidato (cfr. in ultimo, Cons. Stato, Sez. III, nn. 6749 e 4689/2020, n. 5053/2019). Ebbene, tra le spiegazioni alternative tradizionalmente ammesse dalla giurisprudenza vi è anche quella – pertinente al caso di specie – che riconduce l’anomala modalità compilativa della scheda all’individuazione del candidato mediante impiego del diminuitivo (v., per una fattispecie analoga, Cons. Stato, Sez. III, n. 4689/2020, § 14.3);
— quanto alle schede che riportano la dicitura “Ma. Gi.”, esse paiono direttamente riconducibili al candidato Gi. Ma., del quale è correttamente indicato il cognome ed erroneamente o parzialmente il nome. Si ritiene che nella fattispecie si possa applicare l’ana principio, più volte affermato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui “l’erronea indicazione del nome di battesimo del candidato, con corretta indicazione del cognome, non giustifica, in assenza di candidati di altre liste aventi lo stesso cognome, dubbi o incertezze circa la volontà dell’elettore. Per quanto riguarda la riconoscibilità del voto, è plausibile che l’imprecisione sia frutto di un errore mnemonico, non improbabile poiché non necessariamente il voto di preferenza riflette una conoscenza diretta del candidato prescelto” (Cons. Stato, Sez. V, n. 1020/2001 e n. 5720/2013 e n. 5652/2015).
2.4. Una volta esclusa la sussistenza del segno di riconoscimento, prende quota il concorrente principio del “favor voti”, in forza del quale è sempre possibile ritenere valida la preferenza accordata al candidato Sindaco – e alla relativa lista – nel caso di erronea indicazione, nella medesima scheda, della preferenza accordata al candidato di lista individuato con un nome errato. Esaminando fattispecie raffrontabili a quella qui in esame ai fini che qui rilevano, la giurisprudenza ha avuto modo di statuire che “nel caso di voto espresso per una lista e preferenza per un candidato di lista diversa o non esistente, è valido il voto di lista e nullo il voto di preferenza” (Cons. Stato, Sez. V, n. 6309/2004); e che “le schede recanti il voto per il candidato alla carica di sindaco ed un voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale di altra lista devono essere considerate valide per il sindaco e la lista a lui collegata ed inefficaci relativamente al voto di preferenza” (Cons. Stato, Sez. V, n. 3360/2004 e n. 1477/2016).
Nel caso di specie, le schede contengono riferimenti erronei o incompleti a candidati consiglieri comunali (Campochiaro e Marzano) della lista “Per (omissis) Unita” oltre che la chiara volontà dell’elettore di votare per tale lista: ne consegue che la Commissione, pur non conteggiando tali voti in favore dei candidati consiglieri, del tutto correttamente li ha assegnati alla lista “Per (omissis) Unita” e al relativo candidato a Sindaco.
2.5. – Quanto alle rimanenti 3 schede asseritamente riportanti i nominativi “Ce.” e “Ug. Pi. Ri.” (non appartenenti a candidati delle tre liste partecipanti alle elezioni ma ad elettori iscritti nelle liste elettorali), occorre precisare che dalla verificazione è emerso che nella predetta Sezione non vi è stata alcuna scheda riportante il nominativo “Ce.”.
Con riguardo, invece, all’unica scheda riportante il nominativo “Ug. Pi. Ri.”, si conviene con la parte appellante sul fatto che la composizione grafica del voto è obiettivamente problematica e difficilmente compatibile con l’impostazione “conservativa” illustrata nei precedenti paragrafi. Si veda in tal senso quanto sostenuto da Cons. Stato, Sez. V, n. 4014/2008, secondo cui “va ricondotta a nullità la scheda che contenga l’espressione di preferenza per un nominativo che non corrisponde a quello di alcun candidato, costituendo tale erronea indicazione un palese segno di riconoscimento del voto; tale conclusione si deve ritenere maggiormente rafforzata qualora il nominativo indicato dal votante risulti coincidere con quello di un elettore/elettrice della sezione”.
Nel medesimo senso si è espressa anche la recente pronuncia di questa sezione n. 4689/2020 (v. § 15.1 e § 18.1), valutando il caso di un voto espresso affiancando al nome di battesimo coincidente con quello di uno dei candidati un cognome del tutto diverso da quello del suddetto candidato.
Vi è tuttavia da considerare che nel caso de quo il carattere isolato della singola scheda non attribuibile (1) è largamente inferiore allo scarto di voti registrato tra le due liste (10) e, quindi, inidoneo a superare la prova di resistenza.
3. Con il sesto motivo di appello viene contestato il capo decisorio con il quale è stato respinto il quarto motivo di ricorso in prime cure, inteso a censurare la dichiarazione di nullità di n. 5 schede non attribuite alla lista n. 2.
3.1. Il primo giudice ha dichiarato il motivo di ricorso inammissibile per genericità, per non essere stati indicati i motivi che condurrebbero a ritenere illegittima la dichiarazione di nullità delle schede in questione; tanto più che alcuna contestazione in merito a tale valutazione risulta presente nel verbale delle operazioni elettorali.
3.2. Gli appellanti ritengono di aver assolto l’onere deduttivo in modo puntuale e specifico, avendo indicato la tipologia di vizio, il numero delle schede denunziate e la sezione elettorale ove le irregolarità lamentate si sarebbero avverate.
Nel merito, ciò che si contesta è la violazione dell’art. 54 del d.P.R. n. 570 del 1960, sotto il profilo della mancata indicazione nel verbale delle motivate ragioni per le quali tali schede sono state annullate.
3.3. Il motivo non può essere accolto.
Per saggiare la consistenza generica ed esplorativa della censura è sufficiente considerare l’esito auspicato da parte ricorrente, che non è quello di sottoporre a revisione la valutazione di alcune specifiche schede singolarmente individuate, ma di operare, in sede giurisdizionale, una rinnovazione generalizzata delle operazioni di spoglio e di scrutinio di tutte le schede della sezione interessata.
3.4. Quanto all’art. 54 del d.P.R. n. 570 del 1960, esso prevede la sola verbalizzazione dei reclami e delle conseguenti decisioni del Presidente adottate sugli stessi (“nel verbale deve farsi menzione di tutti i reclami avanzati, anche verbalmente, dei voti contestati, siano stati o non attribuiti, e delle decisioni adottate dal Presidente”), mentre nulla specifica in ordine ad una prescritta motivazione sulla declaratoria di nullità (v. Cons. Stato, Sez. V, n. 1151/2012).
Nel caso di specie, non solo non vi è stata contestazione immediata che imponesse un obbligo di verbalizzazione, ma neppure è stato rappresentato alcun oggettivo impedimento “ambientale” alla registrazione della contestazione al momento dello scrutinio.
Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata, in assenza di contestazioni specifiche all’atto dello scrutinio e di allegazioni processuali minimamente circoscritte, ha ritenuto non assolto l’onere di sufficiente puntualità della deduzione.
La doglianza si concretizza, in altri termini, niente più che in un inammissibile espediente volto a provocare un generale riesame delle operazioni di scrutinio in sede giurisdizionale.
4. Va quindi affermata l’integrale infondatezza dell’appello principale, la quale determina l’improcedibilità, per sopravvenuto difetto di interesse ad agire, dell’appello incidentale, in quanto condizionato all’accoglimento del primo (Cons. Stato, Sez. IV, n. 3124/2017).
5. La natura delle questioni trattate e degli interessi in esse implicati giustificano la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti,
respinge l’appello principale e dichiara improcedibile l’appello incidentale.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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