Consiglio di Stato, Sentenza|9 dicembre 2020| n. 7794.
La presentazione di un’istanza di accertamento di conformità per un dato abuso non priva di efficacia l’ordinanza che ne abbia disposto la demolizione, e quindi non rende improcedibile il ricorso che sia stato parallelamente proposto contro di essa, perché, fondamentalmente, se così non fosse si lascerebbe al privato il potere di porre nel nulla l’ordinanza stessa semplicemente con la richiesta di sanatoria.
Sentenza|9 dicembre 2020| n. 7794
Data udienza 27 novembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Presentazione istanza di accertamento di conformità – Effetti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5555 del 2014, proposto dai signori Iv. Sa. Ca., ed altri nonché dalla società It. Co. Ed. S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Er. Co. e Ma. Co., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Co. in Roma, via (…);
contro
il Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
nei confronti
del Condominio “Il Ca.” in persona del legale rappresentante pro tempore e dei signori An. Bi., Gi. Gi., Al. Gi., Ca. Gi., Na. Ma., An. Va. ed El. Lo. non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza TAR Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, sez. I 28 maggio 2014 n. 168, che ha respinto il ricorso n. 145/2002, proposto per l’annullamento dell’ordinanza 15 marzo 2002 n. 20 e prot. n. 3121, conosciuta in data imprecisata, con la quale il Responsabile del Servizio pianificazione territoriale del Comune di (omissis) ha ingiunto ai ricorrenti quali proprietari la demolizione in quanto abusive di opere realizzate in parziale difformità della concessione edilizia 5 dicembre 1998 n. 237 e dalla concessione in variante 15 febbraio 2001 n. 28, consistenti in una recinzione in rete metallica, paline di ferro e pilastri in cemento armato, in un muretto di cemento armato e in un cancello metallico ad ante;
e degli atti connessi e conseguenti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 27 novembre 2020 il Cons. Francesco Gambato Spisani e dato atto che l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1 del d.l. 30 aprile 2020 n. 28 e dell’art. 25, co.2, del d.l. 28 ottobre 2020 n. 137 attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia Amministrativa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente appellante ha realizzato in Comune di (omissis), in via Statutaria 48/D, sul terreno distinto al catasto al foglio 23 mappali 341 e 698, un edificio residenziale composto da cinque appartamenti, il tutto come da concessione edilizia 5 dicembre 1998 n. 237 e variante 15 febbraio 2001 n. 28.
2. Ultimata la costruzione, il Comune ha eseguito una serie di sopralluoghi per rilevare eventuali difformità delle opere realizzate rispetto ai titoli edilizi rilasciati, e in particolare, per quanto qui interessa, ha riscontrato la presenza di una recinzione in rete metallica, paline di ferro e pilastri di cemento armato, con muretto pure di cemento armato, posta al lato sud ovest dell’area interessata, in modo da non consentire l’accesso dei parcheggi di pertinenza dell’edificio all’uso pubblico, come invece era previsto dal progetto approvato; in particolare il Comune ha riscontrato che lo spazio a parcheggio risultava di fatto incluso nell’area di pertinenza di un fabbricato al confine, indicato come di proprietà di tre dei ricorrenti appellanti, e sistemato a cortile con aiuole.
3. Di conseguenza, con l’ordinanza meglio indicata in epigrafe, il Comune ha ingiunto la demolizione della struttura ed ha prescritto ai proprietari del terreno di realizzare le aree di parcheggio privato ad uso pubblico e le aree verdi previste dai titoli edilizi (doc. 9 in I grado ricorrenti appellanti, ordinanza citata).
4. Con la sentenza a sua volta meglio indicata in epigrafe, il TAR ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto contro l’ordinanza citata, in dipendenza dalla presentazione da parte dei proprietari di un’istanza di sanatoria per la recinzione abusiva di cui si è detto.
5. Contro questa sentenza, i ricorrenti hanno proposto impugnazione, con appello che contiene due motivi:
– con il primo di essi, deducono di avere ancora interesse al ricorso, nonostante la presentazione delle domande di sanatoria;
– con il secondo motivo, deducono l’illogicità della decisione per contrasto con precedenti ordinanze collegiali, pronunciate nel giudizio di I grado, in cui il TAR aveva ritenuto la pregiudizialità della decisione di un ricorso straordinario presentato contro un’ordinanza precedentemente pronunciata sulla stessa vicenda. Il riferimento è ad un’ordinanza 16 luglio 2001 n. 60, che aveva a suo tempo ordinato di eliminare le difformità rispetto ai titoli edilizi citati, in modo ana all’ordinanza di cui qui si tratta;
– nella parte finale dell’atto, i ricorrenti appellanti dichiarano altresì (p. 23 dal decimo rigo) di volere riproporre le “domande ed eccezioni non esaminate dal TAR”, e in effetti nelle pagine precedenti dell’appello i motivi di I grado sono trascritti (pp. 14 e ss.):
– con il primo di essi, deducono presunto eccesso di potere per contraddittorietà dell’ordinanza impugnata con la precedente ordinanza 60/2001, perché quella e non questa considera abusiva la recinzione, della quale in precedenza nulla si era detto;
– con il secondo motivo, deducono propriamente violazione dell’art. 10 del T.U. 6 giugno 2001 n. 380, perché una recinzione come quella descritta non richiederebbe il permesso di costruire, e quindi in caso di realizzazione abusiva non sarebbe sanzionabile con la demolizione;
– con il terzo motivo, deducono infine violazione di legge, nel senso che nessuna norma consentirebbe al Comune di ordinare la realizzazione dei parcheggi.
6. Con memoria 10 febbraio 2020, i ricorrenti appellanti hanno infine ribadito le loro tesi, sostenendo di volere una decisione del ricorso di I grado, per i motivi dedotti in quella sede che ribadiscono di avere espressamente riproposto.
7. All’udienza del 27 novembre 2020, fissata su rinvio della precedente del 13 marzo 2020, la Sezione ha quindi trattenuto il ricorso in decisione.
8. L’appello è fondato e va accolto, per le ragioni di seguito esposte.
9. Il primo motivo dedotto è fondato. Secondo la giurisprudenza, infatti, la presentazione di un’istanza di accertamento di conformità per un dato abuso non priva di efficacia l’ordinanza che ne abbia disposto la demolizione, e quindi non rende improcedibile il ricorso che sia stato parallelamente proposto contro di essa, perché, fondamentalmente, se così non fosse si lascerebbe al privato il potere di porre nel nulla l’ordinanza stessa semplicemente con la richiesta di sanatoria: così per tutte C.d.S. sez. VI 7 maggio 2018 n. 2707 e 4 aprile 2017 n. 1565. Pertanto, l’interesse alla decisione di merito rimane.
10. Il secondo motivo è invece infondato. Non consta infatti che fra questo giudizio e il ricorso straordinario che si afferma proposto contro la precedente ordinanza 60/2001 di cui si è detto vi sia pregiudizialità in senso giuridico: si tratta di ricorsi rivolti contro provvedimenti distinti, che quindi possono essere decisi in via autonoma l’uno dall’altro. Importa invece verificare quanto dipende dall’esame dei motivi successivi, ovvero l’eventuale illegittimità dell’atto qui impugnato in rapporto ad essi.
11. Dei successivi motivi di cui si è detto, assume priorità logica il terzo, che riguarda l’ordine di realizzare i parcheggi; va quindi esaminato per primo e risulta fondato, nei termini ora esposti. L’ordinanza impugnata (doc. 9 in I grado ricorrenti appellanti, cit.) testualmente prevede, subito dopo l’ordine di demolizione delle opere, che “i medesimi Ca. Iv. Sa., Ca.Ro., Gi. Ma. Pi. realizzino le aree di parcheggio privato di uso pubblico e il relativo spazio di manovra”; pertanto, pone a loro carico una specifica prestazione di fare. Si deve allora stabilire se ciò sia consentito, sulla base del principio generalissimo di cui all’art. 23 della Costituzione, per cui “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
12. Ad avviso del Collegio, una norma di tale tipo non si rinviene nel sistema delle leggi urbanistiche.
12.1 In generale, i titoli edilizi, e in particolare l’attuale permesso di costruire e il suo equivalente nel sistema anteriore al T.U. 6 giugno 2001 n. 380, ovvero la concessione di cui si tratta, sono titoli permissivi, nel senso che consentono, e non impongono, di realizzare l’intervento cui si riferiscono. Parallelamente, il potere di ordinanza repressiva che spetta al Comune ai sensi dell’art. 27 del T.U. 380/2001 consente di ottenere un effetto per così dire negativo, ovvero di far demolire quanto indebitamente realizzato, e non l’effetto positivo di far costruire una data opera.
12.2 Ciò non significa che ciò sia impossibile, ovvero non consentito dall’ordinamento; significa soltanto che per raggiungere tale risultato si devono impiegare strumenti diversi, di tipo contrattuale, ovvero quelli ben noti della convenzione urbanistica ovvero del titolo convenzionato: si conclude un accordo, di natura contrattuale, con il quale il privato si obbliga con l’amministrazione a realizzare le opere di interesse, tipicamente opere di urbanizzazione come i parcheggi per cui è causa; dell’obbligo assunto, è poi possibile ottenere l’adempimento coattivo con un’azione in tal senso, proposta in sede di giurisdizione esclusiva.
12.3 Nel caso di specie, però, anche a prescindere dal fatto che il Comune ha invece emanato un’ordinanza, un titolo convenzionato di questo tipo non si rinviene. L’ordinanza, come da testo, rinvia alla concessione edilizia 5 dicembre 1998 n. 237 affermando che essa sarebbe la fonte dell’obbligo di realizzare i parcheggi, ma dall’esame del titolo, nel testo prodotto in causa (doc. 2 in I grado ricorrente appellante), non risulta nulla di tutto ciò, nel senso che non si tratta di una concessione convenzionata o accessoria ad una convenzione urbanistica. L’ordine di realizzare i parcheggi è quindi comunque illegittimo.
13. Dall’accoglimento del terzo motivo, deriva l’assorbimento degli altri due, che si riferiscono alla recinzione: quest’ultima non è considerata come opera autonoma, ma nel contesto di un presunto complessivo abuso, e quindi non è suscettibile di considerazione autonoma. Dall’illegittimità dell’ordinanza per quanto concerne i parcheggi, deriva la sua illegittimità complessiva, nel senso che il Comune, nel riesaminare l’affare, dovrà riconsiderare tutta la fattispecie.
14. Dall’accoglimento dell’appello deriva infatti, in riforma della sentenza impugnata, che venga accolto il ricorso di I grado, con annullamento dell’ordinanza per cui è causa.
15. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano così come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n. 5555/2014), lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di I grado (TAR Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, n. 145/2002 R.G.) e annulla l’ordinanza 15 marzo 2002 n. 20 e prot. n. 3121 del Responsabile del Servizio pianificazione territoriale del Comune di (omissis),
Condanna il Comune di (omissis) a rifondere ai ricorrenti appellanti le spese del giudizio, spese che liquida in Euro 3.000 (tremila/00) onnicomprensivi, oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 novembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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