Consiglio di Stato, Sentenza|10 gennaio 2022| n. 154.
La pertinenza urbanistico-edilizia è configurabile allorquando sussiste un oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e vi sia una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa in cui esso inerisce, onde, ai fini del possesso dei necessari titoli abilitativi edilizi, non è meramente pertinenziale quell’opera la cui costruzione determina un nuovo volume di consistenti dimensioni, su un’area diversa e peraltro ulteriore rispetto al bene principale.
Sentenza|10 gennaio 2022| n. 154. La pertinenza urbanistico-edilizia
Data udienza 4 novembre 2021
Integrale
Tag- parola chiave: Interventi edilizi – Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Pertinenza urbanistico-edilizia – Configurabilità – Presupposti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso NRG 5815/2015, proposto da -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’avv. Al. Za. D’A., con domicilio eletto in Roma, via (…), presso l’avv. Fr. Ca.,
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Ro. De Ti., con domicilio eletto in Roma, via (…),
per la riforma
della sentenza del TAR Lazio-Latina n. -OMISSIS-/2014, resa tra le parti e concernente l’acquisizione al patrimonio comunale di opere edilizie abusive per inottemperanza all’ordine di demolizione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza pubblica del 4 novembre 2021 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, il solo avv. Ge. Qu. (per delega di Za. D’A.);
Ritenuto in fatto che:
– i sigg. -OMISSIS- dichiarano d’esser comproprietari (per successione dal loro padre -OMISSIS-) del terreno sito in (omissis), via -OMISSIS- (in CT fg. (omissis), partt. (omissis)) e che è contiguo a quelli ove insistono gli edifici del complesso turistico-ricettivo “-OMISSIS-” (ristorante, albergo, e stabilimento balneare), di cui i sigg. -OMISSIS- sono contitolari;
– con rapporto dei locali CC del 30 gennaio 2008, fu denunciata la realizzazione abusiva di: a) un manufatto con struttura portante in ferro e muratura, accessibile da una porta e con copertura a tetto in pannelli coibentati isolanti, a pianta trapezoidale, di dimensioni di m 6,30 x 2,80 x 4,90 x 5, con altezza min. di m 2,80 e max di m 3,30, completamente rifinito internamente e destinato ad ospitare una cella frigorifera ad uso dell’attività ricettiva; b) una tettoia perpendicolare al lato S del citato manufatto, con struttura portante completamente in ferro e copertura in onduline di lamiera grecata, sorretta da 12 pilastri in tubolari di ferro e relativa travatura di sostegno della lunghezza di ca. m 23 x ca. m 5 ed altezza min. di m 2,20 e max di ca. m 2,70, utilizzata per parcheggio di autovetture; c) di fronte a quest’ultima e adiacente a via -OMISSIS- (lato N), una tettoia con struttura portante in ferro e copertura in onduline di lamiera grecata, sorretta da un doppio ordine di pilastrini in ferro con travi dello stesso materiale con relativa travatura di sostegno, di ca. m. 33 x ca. m 5, con altezza min. di m 2,20 e max di ca. m 2,50, anch’essa utilizzata per parcheggio di autovetture; d) un piazzale in battuto di cemento (ove tali strutture insistono), di superfice pari a ca. mq 586, adibito a parcheggio di autoveicoli, con contestuale cambio di destinazione d’uso agricolo del terreno;
– quindi i sigg. -OMISSIS- furono attinti da un ordine di sospensione dei lavori e, poi, dall’ordinanza n. 24 del 29 febbraio 2008, con cui il Comune di (omissis) ne ingiunse loro la demolizione, sicché i essi proposero: a) al Comune (19 febbraio 2008) l’accertamento di conformità di tali opere ai sensi dell’art. 36 del DPR 6 giugno 2001 n. 380; b) ricorso al TAR Latina che, con sentenza n. 1001 del 28 agosto 2008, ne accolse la pretesa, perché “… in pendenza di valutazione da parte della P.A. di accertamento di conformità non possono essere adottati provvedimenti sanzionatori…”
– nel frattempo il Comune, previa relazione istruttoria del 1° agosto 2008 e con nota prot. n. 21886 del successivo 12 settembre aveva rigettato l’istanza attorea ex art. 36 del DPR 380/2001, in quanto le tettoie furono nuove opere prive di titolo edilizio e non interventi manutentivi, la cella frigorifera non poté esser definita volume tecnico ed il piazzale costituì intervento di cambio di destinazione d’uso illecito del terreno agricolo, in violazione del vincolo paesaggistico di zona, non sanabile ai sensi dell’art. 167 del D.lgs. 22 febbraio 2004 n. 42;
La pertinenza urbanistico-edilizia
Rilevato altresì che:
– avverso tali provvedimenti, i sigg. -OMISSIS- insorsero nuovamente innanzi al TAR Latina, col ricorso NRG 1068/2008, deducendo: A) – la natura pertinenziale e risalente nel tempo (visibili da aereofoto del 1954) delle tettoie, un tempo in legno e sulle quali furono svolti meri interventi di manutenzione straordinaria, ammissibili a sanatoria e non contrastanti con l’art. 167 del D.lgs. 42/2004; B) – la natura di mero volume tecnico riconoscibile alla cella frigorifera, essendo strumentale all’abitazione principale e priva d’ogni autonomia funzionale; C) – l’assenza d’ogni contrasto tra le opere, il PRG e l’art. 167 del D.lgs. 42/2004;
– con l’atto per motivi aggiunti depositato il 17 gennaio 2009, i ricorrenti si gravarono anche contro l’ordinanza n. 195 del 24 ottobre 2008 (con cui il Comune ingiunse loro la demolizione dei citati manufatti), deducendo l’illegittimità derivata dagli atti impugnati col ricorso introduttivo;
– a seguito dei verbali del 23 settembre 2009, sull’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione e l’immissione in possesso delle opere edilizie e dell’area di sedime, il 28 ottobre successivo i sigg. -OMISSIS- depositarono un secondo atto per m.a., deducendo, oltre all’illegittimità derivata, l’obbligo del Comune d’attendere la definizione del contenzioso sul diniego di sanatoria e sull’ordine di demolizione prima di acquisire le opere abusive, l’esclusiva responsabilità del loro dante causa nella commissione degli abusi sanzionati, nonché l’omesso frazionamento catastale prima dell’acquisizione;
– l’adito TAR, con sentenza n. -OMISSIS- del 10 dicembre 2014, accolse la pretesa azionata soltanto con riguardo al verbale d’acquisizione delle opere abusive e dell’area di sedime, respingendola per il resto in quanto: I) – le due tettoie costituirono nuove costruzioni, non avendo i ricorrenti fornito una prova sicura sull’epoca della realizzazione di esse e le aerofotogrammetrie allegate al ricorso non diedero contezza né dell’area interessata, né di quali fossero le reali caratteristiche dei manufatti insistenti sull’area; II) – tutte le opere costituirono “nuove costruzioni”, in quanto le tettoie non ebbero carattere pertinenziale e la cella frigorifera non fu mai qualificabile come volume tecnico; III) – di conseguenza, fu irrilevante la disamina della doglianza sulle sorti del n. o. paesaggistico in sanatoria; IV) – fu quindi infondata la censura d’illegittimità di cui ai motivi aggiunti;
La pertinenza urbanistico-edilizia
Rilevato quindi che:
– appellarono i sigg. -OMISSIS-, col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità dell’impugnata sentenza, alla luce: a) delle aerofotogrammetrie degli anni ’50 e dagli atti notori depositati, da cui si poté evincere l’esistenza delle tettoie, aperte su tre lati, in origine come ricovero di mezzi agricoli e ora come ombreggiature (principio di prova, questo, ritualmente offerto sì da stimolare approfondimenti istruttori officiosi ex art. 64, co. 3, c.p.a.), quindi non sanzionabili con la demolizione e da ritenere pertinenze al di là delle loro dimensioni; b) dell’omessa pronuncia sull’obbligo di motivazione rafforzata nelle repressioni di abusi commessi da lungo tempo e del conseguente affidamento determinatosi; c) della certa natura pertinenziale della cella frigorifera, le cui dimensioni non son certe; d) dell’omessa pronuncia sul n. o. in sanatoria, trattandosi di opere che non creano superfici utili o volumi.
– resiste in giudizio il Comune intimato, concludendo per il rigetto dell’appello;
Considerato in diritto che:
– l’appello è fondato e va accolto, con riguardo specifico alle due tettoie;
– esse s’appalesano aperte su tre lati ed adiacenti, non solidali coi muri viciniori, onde esse sono escluse dal regime del permesso di costruire e sono sanabili con una mera CILA, essendo in situ da molti decenni (presumibilmente prima del 1956) ed in area esterna al centro abitato di (omissis), oltreché da sempre strumentali alla attività d’impresa (un tempo agricola, ora ricettivo-balneare) degli appellanti e del loro dante causa, con conseguente l’irrilevanza paesaggistica di tali forme di ombreggiatura;
La pertinenza urbanistico-edilizia
– per contro, in ordine alla cella frigorifera, sull’incertezza delle cui dimensioni gli appellanti molto insistono, ma senza offrire una diversa misurazione rispetto a quella accertata dai Carabinieri e poi trasfusa nell’impugnato diniego di conformità ;
– essa, per vero, è un nuovo, rilevante volume, che non ha la natura di pertinenza urbanistica in base alla nota e ferma giurisprudenza, pure della Sezione (cfr., per tutti, Cons. St., II, 24 novembre 2020 n. 7348; id., 28 gennaio 2021 n. 847; id., VI, 22 febbraio 2021 n. 1552), secondo cui la pertinenza urbanistico-edilizia è configurabile allorquando sussiste un oggettivo nesso che non consenta altro che la destinazione della cosa ad un uso servente durevole e vi sia una dimensione ridotta e modesta del manufatto rispetto alla cosa in cui esso inerisce, onde, ai fini del possesso dei necessari titoli abilitativi edilizi, non è meramente pertinenziale quell’opera la cui costruzione determina un nuovo volume di consistenti dimensioni, su un’area diversa e peraltro ulteriore rispetto al bene principale;
– a differenza della nozione di pertinenza di derivazione gius-civilistica, ai fini edilizi il manufatto può esser reputato pertinenza quando è non solo preordinato ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale ed è funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche se sia sfornito d’un suo autonomo valore di mercato e non comporta un carico urbanistico autonomo e, per le dimensioni ed utilizzo, la cella frigorifera non risponde a tali rigorosi requisiti, essendo bene strumentale dell’impresa, nella cui struttura operativa è inserita, come ogn’altro bene aziendale;
– inoltre, appunto a causa di tal sua consistenza e non costituendo un’attività manutentiva, la cella frigorifera stessa non rientra ictu oculi tra i casi di compatibilità paesaggistica ex art. 167, commi 4 e 5 del D.lgs. 42/2004, donde la superfluità del parere vincolante della Soprintendenza sul punto;
La pertinenza urbanistico-edilizia
– per la restante parte inerente ai beni diversi dalle tettoie, l’appello è altresì infondato, in quanto, in primo luogo e quand’anche fosse vero il lungo tempo trascorso dalla commissione dell’abuso, tal circostanza non richiede una motivazione rafforzata, potendosi la stessa basare anche solo sulla necessità di ripristinare la legalità violata (jus receptum: cfr., ancora di recente ed oltre a Cons. St., ad. plen., 17 ottobre 2017 n. 9, id., VI, 13 novembre 2020 n. 6998), né tampoco dà luogo ad alcun affidamento alla conservazione del bene abusivo, come, cioè, se il tempo sia di per sé fattispecie sanante di illeciti edilizi;
– in definitiva, l’appello va accolto nei sensi fini qui visti, ma giusti motivi suggeriscono l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. VI), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso NRG 5815/2015 in epigrafe), lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso di primo grado con riguardo alla questione delle tettorie.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità degli appellanti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 4 novembre 2021, con l’intervento dei sigg. Magistrati:
Hadrian Simonetti – Presidente FF
Andrea Pannone – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
La pertinenza urbanistico-edilizia
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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