Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 26 ottobre 2020, n. 6511.
La natura condominiale del lastrico solare, affermata dall’art. 1117 c.c., può essere esclusa soltanto da uno specifico titolo in forma scritta, essendo irrilevante che il singolo condomino non abbia accesso diretto al lastrico, se questo riveste, anche a beneficio dell’unità immobiliare di quel condomino, la naturale funzione di copertura del fabbricato comune.
Sentenza 26 ottobre 2020, n. 6511
Data udienza 22 ottobre 2020
Tag – parola chiave: Condominio – Lastrico solare – Natura condominiale – Art. 1117 cc – Applicazione – Esclusione – Presupposti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1753 del 2020, proposto da
Tu. Re. Quale Procuratore di Tu. El., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Je. Qu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fr. Ca. in Roma, viale (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Di Cu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
nei confronti
An. Ca., rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Di So., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fr. Li. in Roma, viale (…);
sul ricorso numero di registro generale 1783 del 2020, proposto da
Tu. Re. Quale Procuratore di Tu. El., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Je. Qu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fr. Ca. in Roma, viale (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sa. Di Cu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Sa. Di Cu. in Roma, via (…);
Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio, Mibact – Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio, Ufficio Territoriale di Latina non costituiti in giudizio;
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
An. Ca., rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Di So., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Fr. Li. in Roma, viale (…);
per la riforma
quanto al ricorso n. 1753 del 2020:
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Prima n. 00732/2019, resa tra le parti, concernente
l’annullamento:
– della nota n. 5999 datata 12/07/2019 del Comune di (omissis), Settore Pianificazione e Territorio, Servizio Urbanistica e Demanio Marittimo;
– di ogni altro atto, antecedente o consequenziale, conosciuto e non, comunque connesso.
quanto al ricorso n. 1783 del 2020:
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina Sezione Prima n. 00727/2019, resa tra le parti, concernente l’annullamento:
– della determinazione n. 100 datata 07/03/2019 del Comune di (omissis), Settore Urbanistica, con la quale è stata rilasciata l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146, D.lgs. n. 42/2004, a favore del sig. An. Ca.;
– della nota prot. MIBACT-SABAP-LAZ n. 15663 datata 04/12/2018 della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio, Ufficio Territoriale di Latina;
– di ogni altro atto, antecedente o consequenziale, conosciuto e non, comunque connesso, ivi compresa la nota prot. n. 5999 datata 12/07/2019 del Comune di (omissis).
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di (omissis) e di An. Ca. e di Comune di (omissis) e di An. Ca. e di Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2020 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Za. d’A. in dichiarata sostituzione dell’avv. Je. Qu., Sa. di Cu., Ma. di So. Za. d’A. in dichiarata sostituzione dell’avv. Je. Qu., Sa. di Cu., Ma. di So.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il primo degli appelli in esame la parte odierna appellante impugnava la sentenza n. 732 del 2019 del Tar Latina, di rigetto dell’originario gravame; quest’ultimo era stato proposto dalla stessa parte, in qualità di proprietaria di immobile per civile abitazione sito al (omissis), del fabbricato in (omissis), Corso (omissis) (sottostante a quello di parte controinteressata) al fine di ottenere l’annullamento della nota del Comune di (omissis) prot. n. 5999 del 12 luglio 2019, con cui l’Amministrazione, in riscontro a precedenti diffide fatte pervenire dal medesimo soggetto, ha affermato che: a) le opere realizzate dal controinteressato sull’immobile sito in (omissis), corso (omissis) e distinto in catasto al foglio n. 20, particella n. 156, subalterno n. 4 – consistenti in interventi di manutenzione con cambio di destinazione d’uso da lastrico solare a terrazzo praticabile, messa in sicurezza con ringhiera metallica, rimozione e reinstallazione di apparati tecnologici e manutenzione della pavimentazione in resina, interventi preceduti nel tempo dall’allargamento di un passaggio, dalla realizzazione di un impianto di illuminazione e di una doccia con posizionamento di vasi da fiori, sedie a sdraio e suppellettili – non integrano illeciti edilizi assoggettabili ad ordinanza di demolizione e ripristino dei luoghi, ai sensi degli artt. 31, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 e 167, d.lgs. n. 42 del 2004, ma solo a sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 6-bis, comma 5, d.P.R. n. 380 del 2001; b) resta in vigore l’autorizzazione paesaggistica n. 100 del 7 marzo 2019, non sussistendo i presupposti per un suo annullamento d’ufficio in via di autotutela.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello:
– erroneità della sentenza per violazione della normativa paesaggistica, in quanto aderendo alla coriandolarizzazione degli interventi postulata dal Comune ha assentito illegittime opere su area soggetta a vincolo paesaggistico ex D.M. 14/01/1954, nonché ex PTP ed ex PTPR, i quali classificano l’area: “tessuto urbano storico”;
– erroneità della sentenza per violazione della normativa edilizia, in quanto le opere, comportanti un cambio di destinazione d’uso del lastrico solare, non costituiscono attività edilizia libera;
– erroneità della sentenza difetto di legittimazione del controinteressato ad ottenere l’autorizzazione paesaggistica n. 100 del 07/03/2019, trattandosi di lastrico solare di proprietà condominiale.
L’amministrazione comunale e la parte privata appellate si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Con ordinanza n. 3085 del 2020 veniva accolta la domanda cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata
Alla pubblica udienza del 22 ottobre 2020 la causa passava in decisione.
Con il secondo appello di cui in epigrafe la stessa parte appellante impugnava la sentenza n. 727 del 2019, sempre del Tar Latina, di rigetto dell’originario gravame, proposto dalla medesima parte al fine di ottenere l’annullamento della determinazione dirigenziale del Comune di (omissis) n. 100 del 7 marzo 2019, con la quale è stata rilasciata l’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146, d.lgs. 22 gennaio 2004 n 42, a favore del controinteressato An. Ca. per interventi di manutenzione con cambio di destinazione d’uso da lastrico solare a terrazzo praticabile, messa in sicurezza con ringhiera metallica, rimozione e reinstallazione di apparati tecnologici e manutenzione della pavimentazione in resina sull’immobile in questione, nonché della nota della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Frosinone, Latina e Rieti, prot. n. MIBACT-SABAP-LAZ 15663 del 4 dicembre 2018, recante parere favorevole al rilascio della predetta autorizzazione paesaggistica.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava, avverso la sentenza di rigetto, i seguenti motivi di appello:
– erroneità della sentenza per violazione della normativa paesaggistica, in quanto aderendo alla coriandolarizzazione degli interventi postulata dal Comune ha assentito illegittime opere su area soggetta a vincolo paesaggistico ex D.M. 14/01/1954, nonché ex PTP ed ex PTPR, i quali classificano l’area: “tessuto urbano storico”;
– erroneità della sentenza difetto di legittimazione del controinteressato ad ottenere l’autorizzazione paesaggistica n. 100 del 07/03/2019, trattandosi di lastrico solare di proprietà condominiale.
Le parti appellate si costituivano anche qui in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello.
Con ordinanza n. 3086 del 2020 veniva accolta la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata, nonché fissata l’udienza di merito per la discussione
Alla pubblica udienza del 22 ottobre 2020 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, va disposta la riunione degli appelli in epigrafe, a fronte della evidente connessione soggettiva ed oggettiva fra gli stessi gravami.
Sul versante soggettivo assume rilievo dirimente l’identità delle parti coinvolte. Sul versante oggettivo, se per un verso i provvedimenti in contestazione riguardano le medesime opere di trasformazione effettuate sul lastrico solare sovrastante l’immobile in cui insistono le proprietà di entrambe le odierne parti private, per un altro verso contro le sentenze impugnate vengono dedotti analoghi vizi di appello, tesi a censurare le decisioni stesse e l’esercizio del medesimo potere sull’unico manufatto in contestazione.
2. Sempre in via preliminare, sono infondate le eccezioni di inammissibilità degli appelli, avendo gli stessi non solo riproposto le censure di prime cure ma altresì contestato le – peraltro succinte, stante la forma di sentenze semplificate ex art. 60 cod proc amm – argomentazioni poste a base delle sentenze impugnate, in coerenza al consolidato orientamento di questo Consiglio (cfr. ad es. cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 26 agosto 2020, n. 5208).
3. Passando all’analisi del merito occorre prendere le mosse, anche a fronte della motivazione semplificata delle sentenze impugnate, dalla ricostruzione della fattispecie controversa.
3.1 Nel fabbricato in questione si trovano l’immobile della parte appellante e, in posizione immediatamente sovrastante, quello di parte appellata, oggetto degli interventi in contestazione. L’appartamento sovrastante, quello di parte appellata, risulta essere stato oggetto di compravendita fra le stesse parti, con atto 24 febbraio 2014.
Il fabbricato in questione è coperto da un lastrico solare. Dagli atti prodotti risulta la proprietà condominiale ad eccezione della porzione laterale su cui sono ubicati n. 2 serbatoi idrici a servizio dell’appartamento acquistato da parte odierna appellata.
L’area risulta sottoposta a vincolo paesaggistico in base al d.m. 14 gennaio 1954, nonché soggetta a PTP e PTPR, che classificano l’area “tessuto urbano storico”.
3.2 L’acquirente odierno appellato avviava lavori edili interni, nel corso dei quali si prevedeva di allargare il passaggio per manutenzioni/ispezioni ai due serbatoi idrici collocati sulla predetta piccola porzione, laterale e ridossata, della copertura del fabbricato; a seguito di alcune segnalazioni, gli uffici comunali svolgevano accertamenti (cfr. doc nn. 5 – 11 di parte appellante) da cui emergevano interventi tesi a trasformare il predetto lastrico solare in terrazzo.
Successivamente all’avvio del relativo procedimento sanzionatorio (cfr. in specie nota comunale datata 20 ottobre 2017), veniva presentata una c.i.l.a. in data 14 dicembre 2017, e successive integrazioni, seguita dal rilascio dell’autorizzazione paesaggistica oggetto di impugnazione, relativa ad opere di manutenzione e cambio di destinazione d’uso del lastrico solare in terrazzo praticabile.
4. Passando all’analisi del merito, l’appello è fondato sotto due dei profili dedotti: il difetto di legittimazione a richiedere i titoli di assenso edilizio e paesaggistico concernenti la trasformazione del lastrico solare; il difetto di presupposti e di motivazione dell’assenso paesaggistico.
4.1 In primo luogo, appare pacifica la proprietà condominiale del lastrico solare, di cui parte appellata invoca l’utilizzo esclusivo.
Ai sensi dell’art. 1117 c.c. “Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo:1) tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio,…., i tetti e i lastrici solari,…”.
La natura condominiale del lastrico solare, affermata dall’art. 1117 c.c., può essere esclusa soltanto da uno specifico titolo in forma scritta, essendo irrilevante che il singolo condomino non abbia accesso diretto al lastrico, se questo riveste, anche a beneficio dell’unità immobiliare di quel condomino, la naturale funzione di copertura del fabbricato comune (Cassazione civile, sez. II, 5 maggio 2016, n. 9035).
A fronte di tali risultanze, va ribadito che i lavori edilizi, da eseguirsi su parti indicate come comuni del fabbricato e comportanti opere non connesse all’uso normale della cosa comune, devono essere preceduti dal previo assenso dei comproprietari, situazione questa che impone al Comune di accertare l’esistenza del consenso alla realizzazione da parte di tutti i condomini e, quindi, un preciso obbligo di istruttoria (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 10 marzo 2011, n. 1566).
In generale, in sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio sussiste l’obbligo per il Comune di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili e/o non contestati, di modo che il controllo da parte dell’Ente locale si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi senza necessità di procedere ad una accurata e approfondita disamina dei rapporti tra condomini.
Se, dunque, l’Amministrazione normalmente non è tenuta a svolgere indagini particolari in presenza di una richiesta edificatoria presentata da un comproprietario, al contrario, qualora uno o più comproprietari si attivino per denunciare il proprio dissenso rispetto al rilascio del titolo edificatorio, il Comune dovrà verificare se, a base dell’istanza edificatoria, sia riconducibile l’effettiva sussistenza della disponibilità del bene oggetto dell’intervento edificatorio, limitando invero l’art. 11, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 la legittimazione attiva all’ottenimento del titolo edificatorio “al proprietario del’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”.
In applicazione della citata disposizione di legge, che prevede la verifica dell’esistenza in capo al richiedente di un titolo attributivo dello “ius aedificandi” sull’immobile oggetto di intervento edilizio, qualora i lavori edilizi siano da eseguirsi su parti comuni del fabbricato e si tratti di opere non connesse all’uso normale della cosa comune, essi abbisognano dunque del previo assenso dei comproprietari anche in relazione agli aspetti pubblicistici dell’attività edificatoria, in sede di rilascio del titolo autorizzativo (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 20 dicembre 2011, n. 6731).
Nel caso di specie, non solo manca l’assenso ma, a contrario, la parte comproprietaria ha, nelle forme più diverse, manifestato il proprio formale dissenso.
4.2 In secondo luogo, in tema di tutela paesaggistica, è necessario che il parere reso dalla Soprintendenza archeologia delle belle arti e del paesaggio sia sempre sorretto da un’ampia e circostanziata motivazione, dalla quale sia possibile ricostruire sia le premesse che l’iter logico seguito nel percorso valutativo che si conclude con il giudizio finale (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 20 aprile 2020, n. 2515).
Nel caso di specie l’analisi degli atti di assenso impugnati evidenzia l’assenza di qualsiasi elemento in ordine alla sussistenza dei presupposti per il rilascio della invocata autorizzazione: sia di accertamento del vincolo esistente e della relativa consistenza, sia di valutazione delle opere e della relativa rilevata compatibilità .
Piuttosto, lo stesso assenso paesaggistico della competente Soprintendenza appare, oltre che gravemente carente nei termini predetti, contraddittorio in quanto rimette in toto alle valutazioni e prescrizioni comunali, venendo quindi meno alla propria funzione.
In proposito, come noto, nel procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica la Soprintendenza non esercita più un sindacato di legittimità ex post sull’autorizzazione già rilasciata dalla Regione o dall’ente delegato, con il correlativo potere di annullamento, ma esercita un potere attraverso il quale le è consentito effettuare ex ante valutazioni di merito amministrativo, con poteri di cogestione del vincolo paesaggistico (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 23/07/2018, n. 4466).
Nel caso di specie, inoltre, risulta dimostrato, a fronte dei mutamenti già accertati dagli uffici comunali in epoca anteriore alla c.i.l.a. di fine 2017, come l’autorizzazione sia stata in parte rilasciata in merito ad opere già realizzate, in termini quindi incompatibili con la stessa forma legale dell’autorizzazione paesaggistica, così come disciplinata dalla stessa regola generale di cui all’art. 146 comma 4 d.lgs. 42 del 2004, a mente del quale: “L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio. Fuori dai casi di cui all’articolo 167, commi 4 e 5, l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.”
L’eventuale diverso esame dell’istanza, da svolgersi in termini di sanatoria, con i relativi limiti, deve avvenire preliminarmente nella naturale sede procedimentale.
5. Alla luce delle considerazioni che precedono gli appelli riuniti sono fondati e vanno accolti; per l’effetto, in riforma delle sentenze impugnate, vanno accolti i ricorsi di primo grado.
Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li riunisce e li accoglie; per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie i ricorsi di primo grado.
Condanna le parti appellate in solido al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore di parte appellante, liquidate in complessivi euro 4.000,00 (quattromila\00), oltre accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Alessandro Maggio – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore
Giovanni Orsini – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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