Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 9 ottobre 2018, n. 5805.
La massima estrapolata:
La lottizzazione abusiva opera in modo oggettivo e indipendentemente dall’animus dei proprietari interessati, i quali se del caso potranno far valere la propria buona fede nei rapporti interni con i propri danti causa.
Sentenza 9 ottobre 2018, n. 5805
Data udienza 25 settembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2267 del 2012, proposto da:
Ag. Al., Ni. Ci., rappresentati e difesi dagli avvocati Ca. Ma. Pa., Do. Pe., con domicilio eletto presso lo studio Studio Ab. & Pa. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ru., An. Ci., con domicilio eletto presso lo studio Lu. Na. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE II n. 04357/2011, resa tra le parti, concernente demolizione opere abusive
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 25 settembre 2018 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati P. Ba. per delega dell’avv. Ca. Ma. Pa. e Le. Sa. per delega dell’avv. Gi. Ru.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. È appellata la sentenza del Tar Campania, sez. II, n. 4357/2011 di reiezione del ricorso proposto dai sig.ri Ag. Al. e Ni. Ci. avverso l’ordinanza n. 139 del 18.09.2008 adottata dal comune di (omissis) di sospensione ex art. 30 d.P.R. 380/2001 dell’attività di lottizzazione in zona classificata come agricola-zona (omissis), che interessava la originaria p.lla (omissis) del fol. (omissis), di mq. 103.422.
2. I giudici di prime cure hanno respinto tutti i motivi d’impugnazione ravvisando gli estremi sia della c.d. lottizzazione negoziale che materiale.
3. Appellano la sentenza i sig.ri Ag. Al. e Ni. Ci.. Resiste il comune di (omissis).
4. Alla pubblica udienza del 25.09.2018 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
5. Con il primo motivo gli appellanti lamentano l’errore di diritto in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nell’omettere di considerare che per superficie complessiva (pari a mq. 15.750) delle particelle fondiarie possedute non sarebbe configurabile la lottizzazione abusiva.
6. Il motivo è infondato.
Il frazionamento del fondo originario in più lotti di superfici non più utilizzabili a fini agricoli sostanzia l’intento lottizzatorio nella zona.
6.1 Né in contrario rileva l’acquisto in buona fede dei quattro lotti di terreno nel 2005, quando oramai “l’intera superficie era interamente urbanizzata”.
Il provvedimento ex art. 30 d.P.R. 380/2001 mira in funzione anticipatoria al ripristino del tessuto urbano violato dalla lottizzazione abusiva in corso, a presidio dell’esigenza di assicurare un ordinato sviluppo del territorio attraverso la salvaguardia del potere di pianificazione urbanistica. Integrata la fattispecie illecita, il potere sanzionatorio dell’ente non è condizionato da successive vicende di trasferimento del bene, maturate per atti inter vivos o iure successionis, che potrebbero, altrimenti, comportare – ove invece ritenute idonee ad elidere la potestà sanzionatoria amministrativa – l’integrale vanificazione della tutela.
6.2 La giurisprudenza, qui condivisa, è ferma nel ritenere che “la lottizzazione abusiva opera in modo oggettivo e indipendentemente dall’animus dei proprietari interessati, i quali se del caso potranno far valere la propria buona fede nei rapporti interni con i propri danti causa (cfr., Cons. Stato, sez. IV, n. 26/2016).
Nè potrebbe rilevare l’affermazione per la quale gli appellanti versavano in situazione di buona fede, perché acquirenti dei suoli successivamente al frazionamento dell’area e quindi non autori dell’originario disegno lottizzatorio. Infatti, la lottizzazione abusiva rileva in modo oggettivo e indipendentemente dall’animus dei proprietari interessati, i quali, sussistendone i presupposti, potranno far valere la propria buona fede nei rapporti interni e di natura civilistica con i propri danti causa (cfr., Cons. Stato, sez. VI, n. 3419/2018; id., sez. VI, n. 2082/2018; id., sez. VI, n. 1888/2018).
7. Con altro motivo d’appello, si lamenta che la sentenza sarebbe errata nella parte in cui ha respinto la censura averso il difetto di partecipazione al procedimento.
8. Il motivo è infondato.
8.1 Mette conto ricostruire nei tratti salienti la vicenda storica dedotta in giudizio.
Il comune di (omissis), dopo aver preso atto della nota in data 11.6.2007, n. 873, della Polizia Municipale dell’ente, trasmessa in esecuzione di delega di indagine nell’ambito di un procedimento penale, ha avviato l’istruttoria che estendeva all’intero territorio comunale. La tipologia degli atti negoziali intervenuti, le caratteristiche dei soggetti coinvolti e la consistenza dei terreni, le risultanze dei sopralluoghi con i dati dell’Agenzia del Territorio e con i rilievi aerofotogrammetrici e satellitari, lasciavano inequivocabilmente intendere che nel tempo si era realizzata, su vaste aree del territorio comunale, una trasformazione urbanistica dei suoli. Emergeva infatti che in intere zone libere, a destinazione agricola secondo lo strumento urbanistico generale, era stata avviata nel corso degli anni un’intensa attività negoziale di vendita e frazionamento dei terreni a scopo edilizio.
Il contestuale riscontro della realizzazione di manufatti sine titulo e di opere di urbanizzazione su dette aree attribuiva a quegli indizi il valore di inconfutabile prova dell’avvenuta lottizzazione abusiva, in violazione degli strumenti urbanistici.
Di conseguenza il Comune adottava oltre dieci ordinanze ex art. 30 d.P.R. 380/2001, con le quali sanzionava altrettante lottizzazioni abusive.
Il procedimento penale, svoltosi in parallelo, portava all’esecuzione di ordinanze di custodia cautelare in carcere per molti agenti di polizia municipale.
Tra le diverse lottizzazioni accertate, con l’ordinanza n. 139 del 2008 il Comune disponeva la immediata sospensione di quella in area, classificata coma agricola-zona (omissis), che interessava la originaria p.lla (omissis) del fol. (omissis), di mq. 103.422.
8.2 L’accertamento dei fatti, l’analitico svolgimento del procedimento scandito da varie tappe intermedie mediate dai provvedimenti richiamati, evidenza, come ritenuto dal Tar, che pa partecipazione al procedimento dei ricorrenti non avrebbe affatto pregiudicato un’ipotetica diversa conclusione di esso.
8.3 Va al riguardo data continuità all’indirizzo giurisprudenziale, qui condiviso, a mente del quale “sulla censura relativa alla mancata comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della L. n. 241 del 1990, si ritiene di dover aderire a quell’orientamento giurisprudenziale, richiamato anche dal giudice di prime cure, che qualifica il provvedimento di sospensione come avente natura cautelare e non sanzionatoria e per il quale, dunque, tale obbligo non sussiste. L’art. 7 della legge sul procedimento amministrativo oltre a prescrivere tale obbligo, ne giustifica l’omissione in presenza di ragioni derivanti da particolari esigenze di celerità . Tale situazioni che giustificano l’omissione sono dunque atipiche e sono frutto di un bilanciamento di interessi fatto dalla stessa amministrazione, laddove decida di omettere tale adempimento. Nel caso di specie tali esigenze sussistevano trattandosi di un provvedimento cautelare che ben poteva essere revocato, qualora il ricorrente, nei successivi 90 giorni, avesse dimostrato all’amministrazione la legalità del suo agire. La natura cautelare del provvedimento in questione sembra essere confermata dalla rigida sequenza procedimentale, che presuppone un atto iniziale di accertamento circa la configurabilità di una lottizzazione abusiva, la successiva obbligatoria sospensione ed infine la eventuale acquisizione al patrimonio disponibile del Comune” (cfr., Cons. Stato, sez.IV, n. 3073/2016).
9. Con l’ultimo motivo gli appellanti sostengono che la sentenza del T.A.R. sarebbe errata perché il Comune non avrebbe indicato elementi certi e precisi dai quali desumere l’intento lottizzatorio.
10. Il motivo è infondato
Gli appellanti hanno acquistato i lotti nel 2005.
In quel torno di tempo, dopo il primo frazionamento del fondo individuato in catasto con la suindicata particella madre n. (omissis) del foglio (omissis), di oltre 16 ettari, da parte dell’originario proprietario sig. Tu. Ci., nel corso degli anni, i suoli sono stati frammentati, a più riprese, in nuove particelle di superficie via via sempre inferiore, tanto che, nel solo periodo dal 1991 al 2005, si contano ben 14 atti di frazionamento.
Di seguito si sono succeduti diversi contratti di compravendita del lotto originario, ormai frazionato.
La circostanza poi che abbiano acquistato un terreno oggetto di ripetuti frazionamenti senza titolo, e comunque ancora a destinazione agricola secondo lo strumento urbanistico generale, peraltro ben sapendo che lo stato dei luoghi già a quell’epoca era, per ammissione, pressocchè interamente urbanizzato, denota una piena consapevolezza nell’acquisito di un terreno agricolo frazionato nel tempo per finalità diverse.
Significativamente, l’art. 30 d.P.R. 380/2001 riproduce le disposizioni contenute nell’art. 18 della L. 47/85. La norma prevede che si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.
L’ordinamento disciplina una lottizzazione materiale, consistente nella realizzazione, anche nella sola fase iniziale, di opere che comportino un’abusiva trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni in violazione degli strumenti urbanistici.
Prevede, inoltre, la lottizzazione negoziale, ovvero cartolare, allorquando la trasformazione avvenga tramite atti negoziali che determinino un frazionamento del terreno in lotti tali da denunciare in modo inequivoco la destinazione a scopo edificatorio.
Con riguardo alla prima, il concetto di “opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia” dei terreni deve essere, dunque, interpretato in maniera “funzionale” alla ratio della norma, il cui bene giuridico tutelato è costituito dalla necessità di preservare la potestà programmatoria attribuita all’Amministrazione nonché l’effettivo controllo del territorio da parte del soggetto titolare della stessa funzione di pianificazione, al fine di garantire una ordinata pianificazione urbanistica, un corretto uso del territorio e uno sviluppo degli insediamenti abitativi e dei correlativi standard compatibile con le esigenze di finanza pubblica.
Con riferimento alla seconda, inoltre, sebbene l’accertamento dei presupposti di cui all’art. 30 del d.P.R. n. 380 comporti la ricostruzione di un quadro indiziario sulla scorta degli elementi indicati nella norma, dalla quale sia possibile desumere in maniera non equivoca la destinazione a scopo edificatorio degli atti posti in essere dalle parti, è tuttavia sufficiente che lo scopo edificatorio emerga anche solo da alcuni degli indizi o, anche da un solo indizio (Consiglio Stato, sez. IV sent. n. 2004/2009).
10.1 Nel caso in esame sussistono gli estremi del disegno lottizzatorio abusivo sia nella forma negoziale che materiale.
11.Conclusivamente l’appello è infondato.
12. Ricorrono giustificati motivi, rinvenibili nella controvertibilità della situazione di fatto dedotta in giudizio, per compensare le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere
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