La cd. lottizzazione cartolare

Consiglio di Stato, Sentenza 2 novembre 2020, n. 6759.

L’illecito lottizzatorio può assumere anche le sembianze della cd. lottizzazione cartolare, quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.

Sentenza 2 novembre 2020, n. 6759

Data udienza 13 ottobre 2020

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Lottizzazione abusiva – Lottizzazione cartolare – Configurabilità – Ipotesi

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5776 del 2011, proposto da
Ci. Tu., rappresentato e difeso dagli avvocati An. Ra. ed Ar. Cr., elettivamente domiciliato in Roma, alla Via (…), presso lo studio Fe.
contro
– Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ru., elettivamente domiciliato in Roma, alla Via (…), presso lo studio dell’avv. Lu. Na.;
– Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Seconda n. 27695 del 20 dicembre 2010.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2020 il Cons. Roberto Politi; per le parti, nessuno comparso;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Espone l’appellante che, con ordinanza n. 139 del 18 settembre 2008, il Comune di (omissis) ha disposto l’immediata sospensione di ogni intervento edilizio e di lottizzazione sulle aree riportate in catasto al foglio (omissis), altresì ordinando la demolizione delle opere abusivamente realizzate.
2. Con ricorso N.R.G. 7147 del 2008, proposto innanzi al T.A.R. della Campania, il signor Ci. chiedeva l’annullamento del provvedimento anzidetto.
A sostegno della proposta impugnativa, ha dedotto i seguenti argomenti di doglianza:
2.1) Difetto di motivazione, difetto di istruttoria, violazione dell’art. 30 del D.P.R. 380 del 2001;
2.2) Difetto di motivazione, violazione dell’art. 30 del D.P.R. 380 del 2001, errore sui presupposti di legge.
3. Costituitasi l’Amministrazione comunale intimata, il Tribunale ha respinto il ricorso.
4. Avverso tale pronuncia, il signor Ci. ha interposto appello, notificato il 13 giugno 2011 e depositato il successivo 7 luglio, lamentando quanto di seguito sintetizzato:
4.1) Error in judicando, difetto di motivazione, illogicità . Errore sui presupposti, mancata pronuncia su circostanze essenziali. Erronea applicazione dell’art. 30 del D.P.R. 380 del 2001.
Contesta parte appellante la configurazione, dal Tribunale sostenuta nell’avversata pronunzia, della lottizzazione abusiva c.d. “mista”, assumendo che, quanto alla fattispecie in esame, non ne sussistessero i presupposti identificativi.
4.2) Error in judicando per erronea applicazione dell’art. 30 del D.P.R. 380 del 2001. Illogicità, difetto di istruttoria e di motivazione.
Il giudice di prime cure avrebbe, inoltre, omesso di prendere in considerazione le argomentazioni dalla parte esposte nel corso del giudizio, segnatamente riguardanti:
– la dimostrata assenza, da parte del sig. Ci., di ogni intento lottizzatorio (come comprovato dall’atto di acquisto dell’area di proprietà );
– l’esistenza di successivi frazionamenti dell’area, aventi peraltro carattere asseritamente occasionale e non preordinati alla realizzazione di un disegno lottizzatorio, anche in ragione dell’arco temporale trentennale, durante il quale essi sono stati posti in essere;
– la mancata contestazione, da parte dell’Amministrazione comunale, degli atti di frazionamento di che trattasi, a quest’ultima trasmessi nel corso del tempo, corredati da certificazione di destinazione urbanistica.
Viene, inoltre, rimarcata la qualificazione agricola degli aventi causa, rilevante anche in difetto di una formale titolarità della qualifica di imprenditore agricolo.
Escluso, poi, che la dimensione delle aree oggetto di alienazione rilevi al fine di integrare un indice rivelatore dell’intento di cui all’art. 30 citato, parte appellante soggiunge di non aver mai posto in essere alcuna attività edificatoria abusiva, il cui compimento va ascritto agli acquirenti aventi causa.
Inoltre, la persistenza della destinazione agraria anche successivamente all’alienazione delle porzioni immobiliari, comproverebbe l’assenza di alcuna modificazione della destinazione urbanistica delle aree.
4.3) Difetto e/o insufficienza della motivazione sull’eccepita carenza motivazionale del provvedimento impugnato. Carenza di istruttoria. Illogicità .
Nell’osservare come il provvedimento impugnato in prime cure si sarebbe limitato ad indicare il succedersi di una serie di atti di frazionamento dell’originaria area, osserva parte appellante come la qualificazione lottizzatoria – esplicitata dall’Amministrazione soltanto in sede difensiva – sia stata argomentata dal giudice di prime cure in assenza di comprovati elementi indicativi.
Conclude, pertanto, l’appellante per l’accoglimento dell’appello; e, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.
5. In data 7 marzo 2012, l’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio.
6. In vista della trattazione nel merito del ricorso, parte appellante ha depositato in atti:
– alla data del 19 agosto 2020, memoria, recante data 8 luglio 2010, già prodotta dinanzi al T.A.R. della Campania;
– alla data dell’8 settembre 2020, ulteriore memoria, recante analitica elencazione degli atti notarili di vendita di porzioni immobiliari in ambito territoriale del Comune di (omissis).
7. Anche l’appellata Amministrazione comunale ha depositato (8 settembre 2020) conclusiva memoria, nella quale trovano analitica confutazione le argomentazioni dalla controparte dedotte a sostegno del proposto mezzo di tutela; del quale viene, conseguentemente, chiesta la reiezione.
8. A tale memoria, parte appellante ha replicato in data 18 settembre 2020, contestando la fondatezza delle considerazioni esposte dalla difesa del Comune di (omissis), segnatamente con riferimento alla configurazione, quanto alla vicenda in esame, di una lottizzazione abusiva.
9. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 13 ottobre 2020.

DIRITTO

1. Giova procedere ad una preliminare ricognizione dei contenuti dell’appellata sentenza del T.A.R. Campania.
1.1 Il giudice di prime cure ha, in primo luogo, affermato che “in tema di lottizzazione abusiva per mezzo di frazionamento e vendita di terreno l’accertamento della fattispecie implica la ricostruzione di un quadro indiziario…, dalla quale sia possibile desumere in maniera non equivoca “la destinazione a scopo edificatorio” degli atti posti in essere dalle parti”; escludendo, peraltro, che debba essere necessariamente “dimostrata l’esistenza di tutti gli indici rilevatori indicati [dall’art. 30 del D.P.R. 380 del 2001], ma è sufficiente che lo scopo edificatorio emerga anche da un solo indizio”.
Lo stesso giudice ha, quindi, ritenuto che il Comune di (omissis) abbia dato “corretta applicazione dei richiamati principi, evidenziando come sulla suindicata porzione di territorio sono stati compiuti, nel corso degli anni, non solo il frazionamento di un più ampio fondo (la ex particella n. (omissis) del foglio n. (omissis)) in più lotti e la compravendita di questi ultimi, ma anche realizzate molteplici opere abusive certamente idonee ad attuare un’illecita trasformazione urbanistica dell’area, classificata come agricola dal P.R.G.”.
Il disegno lottizzatorio – la cui configurabilità integra fondamento della determinazione in primo grado avversata – avrebbe ricevuto, secondo quanto nell’appellata sentenza indicato, chiara emersione, “ove si considerino unitariamente, nel loro sviluppo cronologico, le circostanze fattuali poste a base dell’iter logico seguito dall’organo emanante”, così individuate:
“a) dopo il primo frazionamento del fondo individuato in catasto con la suindicata particella madre n. (omissis) del foglio (omissis), di oltre 16 ettari – da parte dell’originario proprietario sig. Tu. Ci., odierno ricorrente – nel corso degli anni i suoli sono stati frammentati, a più riprese, in nuove particelle di superficie via via sempre inferiore, tanto che, nel solo periodo dal 1991 al 2005, si contano ben 14 atti di frazionamento (come indicato nello stesso atto impugnato e rilevabile, anche visivamente, dai tre estratti di mappa catastale depositati dall’amministrazione resistente);
b) la maggior parte dei lotti derivati sono stati successivamente alienati a terzi con distinti atti di compravendita (il sig. T. Ci. è restato comunque proprietario di alcune residue particelle, individuate nel provvedimento coi nn. (omissis));
c) dagli accertamenti compiuti dall’amministrazione comunale, risultano eseguite costruzioni abusive su numerosi lotti (particelle nn.(omissis), quest’ultima restata di proprietà del ricorrente), dotate delle relative infrastrutture;
d) sulla base dei suindicati presupposti e tenuto conto delle dimensioni, della destinazione urbanistica, del numero e dell’ubicazione dei lotti, l’amministrazione ha quindi sanzionato la lottizzazione abusiva emettendo, in data 19.9.2008, l’ordinanza n. 139 impugnata con il ricorso in trattazione”.
1.2 Nel richiamare la presenza di numerosi precedenti, formatisi su vicende lottizzatorie omogeneamente riguardanti il territorio del Comune di (omissis), il T.A.R. ha ritenuto che le circostanze, come sopra rappresentate, siano “tali da evidenziare congruamente il disegno lottizzatorio abusivo non solo nella forma negoziale ma anche materiale”, in presenza di “univoci indici rivelatori da cui emerge l’illecito scopo edificatorio, risultando accertato per tabulas che all’atto di suddivisione dell’area in lotti di dimensione inferiore al minimo prescritto dal P.R.G. è seguita, prima, la stipula di atti di trasferimento della loro proprietà a terzi e, successivamente, anche la costruzione di opere abusive destinate ad abitazione”.
Conseguentemente, viene nella gravata sentenza dato atto che “la fattispecie concreta sanzionata dal Comune di (omissis) assume natura cd. mista, in quanto caratterizzata, oltre che da una pluralità di atti di frazionamento di un più ampio fondo in più lotti e dalla compravendita di questi ultimi, anche da consistenti attività materiali realizzate in un ampio arco temporale e proseguite anche di recente, indubbiamente idonee ad attuare in via progressiva un’abusiva trasformazione urbanistica ed edilizia dell’area, in violazione delle prescrizioni del P.R.G. dirette a salvaguardarne la destinazione agricola”.
2. Come sopra riassunti i tratti essenziali dell’articolata pronunzia, con la quale il T.A.R. Campania ha respinto il ricorso in prime cure proposto dall’odierno appellante, non può omettere il Collegio dal dare atto come la problematica relativa a fattispecie lottizzatorie poste in essere nel territorio del Comune di (omissis) abbia, ripetutamente, formato oggetto di attenzione da parte di questa Sezione.
Vengono in considerazione, fra le più recenti, le sentenze 25 luglio 2020, n. 4754, 30 gennaio 2020, nn. 765 e 768, 20 gennaio 2020, n. 466; unitamente alle quali, vanno ulteriormente annoverate le pronunzie 7 agosto 2019, nn. 5607, 5608 e 5609 e 20 giugno 2019, n. 4228.
Nel rilevare come i principi e le considerazioni in esse espresse – a fronte di censure largamente sovrapponibili rispetto a quelle esposte con il presente mezzo di tutela – rivelino piena condivisibilità, ritiene il Collegio di sinteticamente riprodurne il contenuto, a confutazione delle argomentazioni dalla parte dedotte con l’appello all’esame.
3. Viene, in primo luogo, in considerazione la configurazione – e la giuridica qualificazione – del complesso di interventi edilizi caratterizzanti l’area di che trattasi.
Va sottolineato, al riguardo, come l’odierno appellante fosse intestatario, all’epoca di adozione dell’ordinanza dal medesimo gravata, di numerose particelle, derivanti tutte dalla originaria particella (omissis) (prima) e dalla p.lla (omissis) (poi), quest’ultima di mq. 103.422, in seguito oggetto – ad opera del sig. Ci. – di numerosi frazionamenti in numerosissime particelle più piccole, alienate ad una pluralità di acquirenti.
L’estensione superficiale delle dette unità risulta la più varia (come illustrato dal Comune con memoria depositata l’8 settembre 2020), constando l’originario compendio di aree, per come dallo stesso proprietario frazionate, costituite dalle particelle (omissis) (mq. 1887), (omissis) (mq. 238), (omissis) (mq. 193), (omissis) (mq. 528), (omissis) (mq. 1251), (omissis) (mq. 340), (omissis) (mq. 172), (omissis) (mq. 1798), (omissis) (mq. 20), (omissis) (mq. 205), (omissis) (mq. 132, (omissis) (mq. 5622), (omissis) (mq. 273), (omissis) (mq. 342), (omissis) (mq. 11), (omissis) (mq. 17), (omissis) (mq. 248), (omissis) (mq. 253).
Comune denominatore delle particelle indicate è l’estensione per una superficie, in tutti i casi, inferiore a quella prevista in area agricola per il lotto minimo (mq. 10.000), con conseguente inidoneità delle stesse ad un corrispondente utilizzo, in conformità con le prescrizioni all’uopo dettate dalla vigente pianificazione urbanistica.
Tale circostanza, alla luce dei principi – dei quali verrà successivamente dato conto – estrapolabili dall’orientamento d questo Consiglio elaborato in materia, si atteggia significativamente quale elemento di esclusa configurabilità di un impiego agricolo dei suoli, per come frazionati dall’originario titolare di diritto dominicale sull’area.
4. Quest’ultima, invero, risulta essere stata interessata da una lottizzazione c.d. “mista”, in quanto, alla originaria suddivisione del suolo con destinazione agricola e edificabilità limitata ad opere necessarie alla conduzione del fondo, si è aggiunta, nel tempo, la successiva attività di trasformazione edilizia dei singoli fondi attraverso la esecuzione di opere.
Risultano, per l’effetto, integrate:
– sia la lottizzazione materiale, in ragione della trasformazione urbanistica ed edilizia dell’area in contrasto con le norme vigenti;
– sia la lottizzazione cartolare, posta in essere mediante il frazionamento planimetrico del fondo e la conseguente vendita dei lotti da essa risultanti.
La lottizzazione contestata, infatti, è stata attuata all’interno di un rilevante arco temporale (la cui protrazione non assevera certo la tesi dell’escluso intento lottizzatorio, propugnata dal sig. Ci.), dapprima attraverso vari atti di frazionamento e conseguenti vendite di singoli lotti e, quindi, attraverso la esecuzione di opere di urbanizzazione e la trasformazione edilizia degli stessi.
5. L’art. 30 del D.P.R. n. 380 del 2001, in applicazione del quale è stata adottata l’ordinanza impugnata, riproduce integralmente le disposizioni già contenute nell’art. 18 della legge 28 febbraio 1985 n. 47; e dispone che si ha “lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”.
Da tale norma derivano due fattispecie di lottizzazione, rappresentate:
– da una lottizzazione “materiale”, consistente nella realizzazione, anche nella sola fase iniziale, di opere che comportino un’abusiva trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni in violazione degli strumenti urbanistici;
– e da una lottizzazione “negoziale”, ovvero “cartolare”, allorquando la trasformazione avvenga tramite atti negoziali che determinino un frazionamento del terreno in lotti tali da denunciare in modo inequivoco la destinazione a scopo edificatorio.
La fattispecie lottizzatoria può consolidarsi innanzitutto nella veste di c.d. lottizzazione materiale o sostanziale, che si realizza attraverso l’avvio non autorizzato di opere finalizzate alla trasformazione urbanistica di terreni in zona non adeguatamente urbanizzata in violazione della disciplina a quest’ultima impartita dalla legislazione e dagli strumenti pianificatori.
In particolare, come evidenziato da questo Consiglio, siffatti interventi devono risultare globalmente apprezzabili in termini di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, di aggravio del relativo carico insediativo e, soprattutto, di pregiudizio per la potestà programmatoria attribuita all’amministrazione; devono, cioè, valutarsi alla luce della ratio del citato art. 30 del D.P.R. n. 380 del 2001, il cui bene giuridico tutelato risiede nella necessità di salvaguardare detta potestà programmatoria, nonché la connessa funzione di controllo, posta a garanzia dell’ordinata pianificazione urbanistica, del corretto uso del territorio e della sostenibilità dell’espansione abitativa in rapporto agli standards apprestabili (Cons. Stato, sez. VI, 6 giugno 2018, n. 3416 e 9 gennaio 2018, n. 5805, inerente peraltro un provvedimento adottato soltanto pochi giorni prima, rispetto a quello oggetto dell’odierna controversia).
L’illecito lottizzatorio può assumere anche le sembianze della cd. lottizzazione cartolare, “quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio” (Cons. Stato Sez. II, 20 maggio 2019, n. 3215).
Con riferimento specifico alla predetta lottizzazione c.d. “cartolare”, la fattispecie è ravvisabile allorquando la trasformazione del suolo intervenga mediante il frazionamento e la vendita – ovvero, mediante atti negoziali equivalenti – del terreno frazionato in lotti, i quali, per le loro oggettive caratteristiche (con riguardo, soprattutto, alla dimensione correlata alla natura dei terreni ed alla destinazione degli appezzamenti considerata sulla base degli strumenti urbanistici, il numero, l’ubicazione o l’eventuale previsione di opere di urbanizzazione) rivelino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio degli atti adottati dalle parti (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 agosto 2012, n. 4429, e Sez. IV, 13 maggio 2011, n. 2937).
Ai fini dell’accertamento della sussistenza di una lottizzazione abusiva “cartolare” non è peraltro sufficiente il mero riscontro del frazionamento del terreno collegato a plurime vendite, ma è richiesta anche l’acquisizione di un sufficiente quadro indiziario dal quale sia oggettivamente possibile desumere, in maniera non equivoca, la destinazione a scopo di edificazione perseguito mediante gli atti posti in essere dalle parti.
In altri termini, l’attività negoziale avente ad oggetto il frazionamento e il trasferimento di appezzamenti di terreno rileva quale indizio di un intento che deve trovare peraltro conferma anche in altre circostanze che rendano evidente la non equivocità del fine della futura edificazione, rilevando al riguardo la sussistenza di circostanze fattuali certe e univoche, che confermino che l’attività posta in essere è propedeutica alla realizzazione di un abuso o alla trasformazione del suolo a fini edificatori (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10 novembre 2015, n. 5108; Sez. II, 17 maggio 2019, n. 3196).
In ogni caso, l’illecito costituito dalla lottizzazione abusiva si consuma nel caso di qualsiasi tipo di opera in concreto idonea a stravolgere l’assetto del territorio preesistente ed a realizzare un nuovo insediamento abitativo e, pertanto, a determinare sia un concreto ostacolo alla futura attività di programmazione del territorio (che viene posta di fronte al fatto compiuto), sia un nuovo e non previsto carico urbanistico (Cons. Stato Sez. II, Sent., 20 maggio 2019, n. 3215).
6. In conseguenza dell’applicazione di tali coordinate giurisprudenziali al caso di specie, deve ritenersi integrata la fattispecie della lottizzazione abusiva in relazione alle circostanze di fatto, peraltro incontestate, desumibili da tutti gli accertamenti effettuati.
Esse, in particolare, evidenziano la seguente comune caratterizzazione:
– in capo alla parte appellante, risulta la titolarità di un’originaria area, che ha formato oggetto di ripetuti – e temporalmente articolati – atti di frazionamento ed alienazione, realizzati con riferimento a porzioni aventi estensione (in taluni casi, grandemente) ridotta rispetto alla pregressa estensione (in ogni caso, insufficiente ad integrare la presenza del “lotto minimo” impiegabile a fini di conduzione agricola del suolo);
– le vendite, ancorché non connotate da contestualità temporale, si sono tuttavia protratte per un arco temporale avente dimensione largamente pluriennale, sì da consentire di inferire, con carattere di obiettiva rilevanza, la presenza di un medesimo, quanto complessivo disegno (intento) connotato da finalità lottizzatorie;
– la realizzazione sui suoli risultanti dal frazionamento di molteplici interventi edilizi abusivi, evidentemente incompatibili con la detta destinazione agricola delle aree;
– la carenza in capo agli aventi causa – o, comunque la mancata dimostrazione- della qualifica di imprenditori agricoli;
– la necessaria realizzazione di opere di urbanizzazione, in assenza delle quali un insediamento residenziale non avrebbe avuto le necessarie condizioni di abitabilità .
Agli effetti della configurazione della fattispecie lottizzatoria, inoltre, ciò che rileva non è l’epoca (successiva) di realizzazione delle opere edilizie abusive, quanto la loro comune matrice genetica dall’iniziale frazionamento dell’area: elemento, questo, ben sufficiente a dimostrarne la coerenza con l’originario intento lottizzatorio.
7. A quanto osservato – che consente di escludere condivisibile fondatezza alle doglianze articolate con il mezzo di tutela all’esame – va soggiunto che parimenti inconfigurabile si rivela l’affermato difetto motivazionale inficiante la determinazione comunale in prime cure avversata.
L’ordinanza gravata in primo grado esprime, infatti, congruo corredo motivazionale del percorso seguito dall’Autorità emanante, sia con riferimento alla individuazione degli elementi indiziari della lottizzazione abusiva, sia attraverso la puntuale ricostruzione degli atti di alienazione e frazionamento susseguitisi nel tempo negli anni, sia, da ultimo, con il richiamo alla diffusa attività di edificazione abusiva sull’area posta in essere.
Né, altrimenti, la carenza motivazionale può essere condivisibilmente allegata con riferimento all’interesse pubblico alla repressione dell’attività abusiva, ovvero ad una mancata comparazione di quest’ultimo con l’interesse privato sacrificato, considerato anche il tempo trascorso dall’epoca della lottizzazione abusiva.
Costante orientamento giurisprudenziale ha individuato nei provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, la presenza di atti vincolati, che non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il decorso del tempo non può mai legittimare.
Infatti, la sanzione repressiva in materia edilizia costituisce atto dovuto della Pubblica Amministrazione, riconducibile ad esercizio di potere vincolato, in mera dipendenza dall’accertamento dell’abuso e della riconducibilità del medesimo ad una delle fattispecie di illecito previste dalla legge; con la conseguenza che il provvedimento sanzionatorio non richiede una particolare motivazione, essendo sufficiente la mera rappresentazione del carattere illecito dell’opera realizzata; né è necessaria una previa comparazione dell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso- che è in re ipsa- con l’interesse del privato proprietario del manufatto e ciò anche se l’intervento repressivo avvenga a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso (Cons. Stato, Sez. VI, 9 aprile 2019, n. 2329; Sez. IV 31 agosto 2016, n. 3750 con espresso riferimento ad una ipotesi di lottizzazione abusiva).
8. Le considerazioni precedentemente esposte inducono il Collegio ad escludere che le doglianze articolate dalla parte appellante meritino condivisione; e consentono, altresì, di disattendere le argomentazioni con le quali la parte stessa, anche con gli scritti difensivi successivi all’atto introduttivo del giudizio, ha confutato la presenza (non soltanto di un intento lottizzatorio; ma anche) di un frazionamento dell’originaria particella (omissis) suscettibile di essere configurato quale “lottizzazione”.
Valgano, al riguardo, le considerazioni da questa Sezione recentemente esposte a proposito di sovrapponibile vicenda, parimenti attuatasi nel territorio del Comune di (omissis).
Con la (già ) citata sentenza 30 gennaio 2020, n. 768, è stato infatti rilevato che:
– “il previo frazionamento del fondo… e la compravendita successivamente conclusa… non possono essere invero riguardate quale fattispecie singola, bensì come ricadente in un deprecabilmente ampio fenomeno riguardante una consistente porzione del territorio comunale di (omissis), per effetto del quale intere zone libere a destinazione agricola secondo le previsioni dello strumento urbanistico generale sono state rese oggetto di un’intensa attività negoziale di vendita e di frazionamento dei terreni ad evidente scopo di edificazione e, quindi, in aperta violazione della disciplina urbanistica ivi vigente”;
– “l’avvenuto riscontro della massiva realizzazione in tali terreni di opere di urbanizzazione abusive (allacciamenti alla fognatura, alla rete idrica e a quella elettrica, cui si aggiunge la realizzazione di pozzi neri, strade e impianti di illuminazione), nonché di edifici destinati ad abitazione parimenti abusivi costituiva e costituisce pertanto una prova ben eloquente dell’avvenuta lottizzazione contra legem”;
– “risulta di per sé significativa la circostanza che per effetto del frazionamento sono state formate nuove particelle di terreno di estensione inferiore alle dimensioni del lotto minimo di 10.000 mq. e, quindi, oggettivamente incompatibili per il loro utilizzo a scopo agricolo”;
– “il ritardo con il quale l’Amministrazione comunale ha contestato… la sussistenza della fattispecie di lottizzazione abusiva” non rileva, atteso che, ferma la connotazione di illecito progressivo nell’evento e di durata di tale fattispecie, la reazione repressiva “non… richiede alcuna specifica valutazione delle ragioni d’interesse pubblico né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati e neppure una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non essendo configurabile alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente, che il tempo non può legittimare in via di fatto”.
Tali considerazioni, a fronte della immanenza del potere repressivo in materia riservato alla competente Autorità, significativamente depotenziano (fino ad escluderne concreta rilevanza) le doglianze con le quali la parte accredita che, nel corso del tempo:
– i frazionamenti posti in essere rispetto all’originaria configurazione della particella sono stati “approvati dal Comune di Giugliano all’esito di verifica tecnico-urbanistica che contempla anche l’esame dello strumento urbanistico in vigore la cui elusione è pertanto da escludersi”;
– “gli atti di vendita sono corredati dal certificato di destinazione urbanistica (rilasciato peraltro… a seguito di idonea istruttoria tecnica) secondo le previsioni anche della legge 47/85 e dell’art. 30 cit.”;
– “i frazionamenti sono stati approvati dallo U.T.E. e dal Comune di Giugliano al quale risultano notificati”.
Pur in presenza, infatti, di atti permissivi, deve darsi atto che, proprio in ragione del carattere permanente dell’abuso integrato dalla lottizzazione abusiva, il Comune ha preservato il potere di nuovamente (e diversamente) apprezzare la situazione venutasi a determinare per effetto del frazionamento di che trattasi: integra rivelandosi, al ricorrere dell’ipotesi di cui all’art. 30 T.U.E., l’esercitabilità delle prerogative sanzionatorie, in difetto di alcun consolidamento, in capo ai privati interessati, di alcuna posizione giuridica soggettiva tutelabile (neppure riguardata sub specie di un mero “affidamento”).
9. Ribadita l’infondatezza degli argomenti sottoposti all’esame di questa Sezione, l’appello deve essere respinto.
In presenza di consolidato orientamento di questo Consiglio in ordine alla complessiva vicenda nell’ambito della quale si inserisce anche la presente controversia, dispone il Collegio di porre le spese di lite – liquidate come da dispositivo – a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante signor Ci. Tu. al pagamento, in favore del Comune di (omissis), delle spese del presente grado di giudizio, complessivamente liquidate nella misura di Euro 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Contessa – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Roberto Politi – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *