Istanza di accesso a documenti amministrativi

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 28 febbraio 2020, n. 1464.

La massima estrapolata:

L’istanza di accesso a documenti amministrativi deve riferirsi a ben specifici documenti e non può comportare la necessità di un’attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta; inoltre, l’ostensione degli atti non può costituire uno strumento di controllo generalizzato sull’operato della Pubblica Amministrazione nei cui confronti l’accesso viene esercitato e l’onere della prova anche dell’esistenza dei documenti, rispetto ai quali si esercita il diritto di accesso, incombe sulla parte che agisce in giudizio, non potendo imporsi all’Amministrazione la prova del fatto negativo della non detenzione dei documenti.

Sentenza 28 febbraio 2020, n. 1464

Data udienza 27 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 6081 del 2019, proposto da
Vi. Ro., rappresentato e difeso dall’avvocato Fr. Nu., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Comune di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Da. Fa., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, n. 278/2019.
Visto il ricorso in appello;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Reggio Calabria;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 27 febbraio 2020 il Cons. Anna Bottiglieri; nessuno comparso per le parti;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante, dopo il diniego opposto dal Comune di Reggio Calabria alla sua istanza volta a ottenere l’assegnazione urgente di un alloggio ai sensi dell’art. 31 della l.r. Calabria n. 32/2006, presentava il 24 ottobre 2018 al medesimo Comune istanza volta a ottenere l’accesso agli atti in riferimento: a) al numero totale degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà del Comune di Reggio Calabria o comunque da esso gestiti; b) al numero totale di alloggi di edilizia residenziale pubblica dal Comune assegnati per far fronte a situazioni di emergenza abitativa ai sensi dell’art. 31, l.r. Calabria n. 32/2006; c) alla corrispondenza con il rispettivo alloggio di ciascun provvedimento di assegnazione provvisorio con indicazione del termine iniziale (e finale, ove previsto) dell’assegnazione medesima; d) alla conoscenza di per quante e quali delle assegnazioni di cui al punto b) fosse in corso il procedimento di regolarizzazione ai sensi dell’art. 1, l.r. Puglia n. 8/1995.
Poiché l’Amministrazione non adottava alcun provvedimento, l’interessato impugnava il silenzio serbato dall’Amministrazione sulla predetta istanza con ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria.
L’adito Tribunale, con sentenza n. 278/2019: respingeva il ricorso rilevando, tra altro, la genericità dell’istanza di accesso, la sua preordinazione a un controllo generalizzato a carattere ispettivo dell’operato dell’Amministrazione e la necessità, per la sua evasione, di un’attività di ricerca e di elaborazione di dati che l’Amministrazione non era tenuta a compiere; disponeva di non ammettere il ricorrente al richiesto gratuito patrocinio, stante l’insussistenza del presupposto della “non manifesta infondatezza”; non disponeva sulle spese del giudizio, stante la mancata costituzione del Comune di Reggio Calabria, rispetto alla quale rilevava comunque, in via preliminare, che la notifica del ricorso allo stesso Comune era stata effettuata presso un indirizzo PEC non presente nel relativo registro tenuto dal Ministero della giustizia ai sensi dell’art. 14 del d.m. n. 40/2016.
Avverso tale sentenza l’interessato ha proposto l’odierno appello, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e seguenti della l. n. 241 del 1990.
Il Comune di Reggio Calabria si è costituito in resistenza, concludendo per la reiezione del gravame.
La causa è stata trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 27 febbraio 2020.
2. E’ principio consolidato in giurisprudenza che l’istanza di accesso a documenti amministrativi deve riferirsi a ben specifici documenti e non può comportare la necessità di un’attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta; inoltre, l’ostensione degli atti non può costituire uno strumento di controllo generalizzato sull’operato della Pubblica Amministrazione nei cui confronti l’accesso viene esercitato e l’onere della prova anche dell’esistenza dei documenti, rispetto ai quali si esercita il diritto di accesso, incombe sulla parte che agisce in giudizio, non potendo imporsi all’Amministrazione la prova del fatto negativo della non detenzione dei documenti (per tutte, Cons. Stato, III, 24 febbraio 2016, n. 745; VI, 10 settembre 2009, n. 5461; 20 maggio 2004, n. 3271; 10 aprile 2003, n. 1925).
Ciò posto, si rileva che la sentenza appellata, nel respingere con le motivazioni sopra riassunte il ricorso dell’odierno appellante, si è attenuta a tali coordinate, e va pertanto confermata.
Di contro, non può accedersi alla tesi dell’appellante che afferma che gli atti per i quali ha chiesto l’acceso siano determinati o comunque determinabili.
Così, infatti, non è,: la latitudine e il tenore della richiesta è tale da compendiare in sostanza tutta l’attività amministrativa rimessa al Comune in materia di concessione di alloggi di edilizia residenziale pubblica.
Non si può poi dubitare che, contrariamente a quanto pure opinato dall’appellante, l’oggetto dell’istanza di accesso quanto ai punti sub c) e d) sopra riportati non riguardi la categoria degli atti amministrativi, trattandosi piuttosto della richiesta che l’Amministrazione appronti e renda disponibile al richiedente relazioni sulle specifiche attività oggetto di richiesta, che coinvolgono, vieppiù, anche posizioni giuridiche di terzi. Ciò che, oltre a integrare la specifica causa di inammissibilità costituita dall’introduzione sotto la veste di istanza di accesso della richiesta di una indebita attività di elaborazione di dati da parte dell’Amministrazione, ne rende evidente anche la marcata finalità ispettiva.
3. Per tutto quanto precede, l’appello si rivela destituito di qualsiasi fondamento e deve essere respinto.
Per le stesse ragioni, va confermata la non ammissione dell’appellante al gratuito patrocinio, già disposta dalla competente Commissione di questo Consiglio di Stato con decreto n. 174/2019.
Il Collegio rinviene nondimeno giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Conferma la non ammissione dell’appellante al gratuito patrocinio.
Compensa tra le parti le spese del giudizio del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Anna Bottiglieri – Consigliere, Estensore

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *