Consiglio di Stato, Sentenza|16 dicembre 2021| n. 8398.
Intervento di ristrutturazione edilizia
Ai fini della qualificazione di un intervento edilizio come “intervento di ristrutturazione edilizia”, e non come “intervento di nuova costruzione”, è del tutto irrilevante il fatto che l’edificio ricostruito, a seguito della demolizione, sia in tutto o in parte diverso dal precedente edificio demolito, in quanto tale possibilità era (ed è tuttora, pur dopo la novella di cui al decreto legge n. 76 del 2020, convertito con modificazioni con legge n. 120/2020) espressamente contemplata e prevista dal legislatore, il quale, nel disciplinare gli interventi di ristrutturazione edilizia, ha chiaramente fatto riferimento anche ad un organismo edilizio “in tutto o in parte diverso dal precedente”, essendo quindi ben possibile che l’edificio ricostruito abbia diverse caratteristiche tipologiche e funzionali ed anche una diversa sagoma.
Sentenza|16 dicembre 2021| n. 8398. Intervento di ristrutturazione edilizia
Data udienza 28 ottobre 2021
Integrale
Tag- parola chiave: Interventi edilizi – Intervento di ristrutturazione edilizia – Intervento di nuova costruzione – Distinzione – Individuazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1988 del 2021, proposto dal Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Pa. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
la Co. Li. S.c.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, e la Ta. so. di ge. im. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, entrambe rappresentate e difese dagli avvocati Fr. Ga. Sc., Al. Gh., Lu. Pi. e St. Gh., con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…),
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Seconda n. 992/2020, resa tra le parti, depositata il 31 dicembre 2020, notificata il 5 gennaio 2021, pronunciata nel giudizio di primo grado n. r.g. 256/2020.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Ta. so. di ge. im. S.p.a. e della Co. Li. S.c.c.;
Visti tutti gli atti della causa;
Viste le istanze di passaggio in decisione della causa, depositate dal Comune di Genova e dalle società appellate, rispettivamente il 21 ed il 25 ottobre 2021;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 28 ottobre 2021, il Cons. Michele Pizzi e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue.
Intervento di ristrutturazione edilizia
FATTO
1. Con ricorso innanzi al Tar per la Liguria notificato il 12 maggio 2020 e depositato il 14 maggio 2020, le società Ta. so. di ge. im. S.p.a. e Co. Li. S.c.c. hanno esposto:
– che la Ta. S.p.a. è proprietaria di un edificio a destinazione commerciale situato nel Comune di Genova, in via (omissis), e relative pertinenze, ove ha sede una media struttura di vendita (MSV) condotta in locazione dalla Co. Li.;
– che la Ta. S.p.a., con istanza del 19 dicembre 2019 presentata ai sensi dell’art. 10 della legge regionale Liguria n. 10/2012, ha chiesto di essere autorizzata ad ampliare la superficie di vendita dagli attuali 650 mq di superficie netta di vendita (SNV), alimentare e non alimentare, a 900 mq di superficie netta di vendita (SNV), alimentare e non alimentare, con opere di ristrutturazione edilizia da eseguirsi nell’edificio;
– che contestualmente la Co. Li., quale titolare della media struttura di vendita situata nel suddetto immobile, ha presentato istanza di ampliamento sotto il profilo annonario;
– che l’edificio in questione deriva dal recupero di un vetusto manufatto industriale, eseguito con un intervento di ristrutturazione, mediante demolizione e ricostruzione, nel rispetto del volume esistente, come da d.i.a. n. 230/2017 del 27 aprile 2017;
– che il progetto in questione prevede un incremento della superficie agibile (SA) e della superficie netta di vendita (SNV), senza modifica della volumetria, in quanto l’ampliamento è ottenuto interamente all’interno del volume esistente, mediante il recupero della superficie accessoria, costituita dal porticato coperto esistente, e dalla superficie costituita da una porzione dei locali tecnici esistenti, e senza modifica dei prospetti, prevedendosi solo la “collocazione di vetrate sulle bucature, attualmente aperte in corrispondenza del porticato coperto” (pag. 2 del ricorso di primo grado);
– che pertanto la trasformazione “si risolve nella posizione di vetrate ai due lati aperti del porticato e in alcune variazioni interne” ed “è interamente contenuta all’interno del perimetro e della sagoma dell’edificio attuale, senza ampliamenti della costruzione e del volume della stessa” (pag. 3 del ricorso di primo grado);
– che tuttavia il Comune di Genova, previo preavviso di rigetto comunicato il 5 febbraio 2020, con determina dirigenziale del 2 aprile 2020 ha concluso negativamente il procedimento edilizio relativo all’ampliamento della media struttura di vendita, ed ha successivamente archiviato la connessa istanza presentata ai fini annonari.
1.1. Le ricorrenti hanno quindi impugnato la determina dirigenziale n. 2020-118.0.0-43 del 2 aprile 2020, di conclusione negativa del procedimento, avviato su istanza della Ta. S.p.a., relativo all’ampliamento della media struttura di vendita, nonché la successiva nota comunale prot. n. 114390 del 14 aprile 2020, di archiviazione del procedimento avviato su istanza della Co. Li. ai fini annonari, articolando i seguenti tre motivi di ricorso:
i) violazione degli articoli 3 e 10 del d.p.r. n. 380/2001, violazione delle norme generali del p.u.c. del Comune di Genova ed in particolare degli articoli 11.4, 11.8, 11.19, 13.2, lett. b), e 13.3, eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità e difetto dei presupposti, perplessità e carenza della motivazione, travisamento di fatto, illogicità e irragionevolezza, contraddittorietà con precedenti determinazioni, sviamento, poiché l’intervento di ristrutturazione del 2017 – mediante demolizione e ricostruzione – è stato eseguito a parità di volume, senza esaurire la SA che il p.u.c. avrebbe consentito e considerato che l’art. 13, comma 2, lett. b), delle norme generali del p.u.c. ammette, per gli edifici esistenti alla data di adozione del progetto definitivo del medesimo p.u.c., l’incremento della SA purché tale incremento venga realizzato all’interno degli edifici, senza limitazione rispetto alla SA esistente; avrebbe quindi errato il Comune di Genova nel negare che l’edificio de quo, dopo la ristrutturazione eseguita con d.i.a. del 2017, possa essere qualificato come “edificio esistente” alla data di adozione del progetto definitivo del p.u.c. nell’anno 2015, considerato poi che lo stesso Comune, con nota prot. n. 33591 del 25 gennaio 2019, aveva rilevato che: “nel caso in esame “fisicamente” non è stato realizzato un nuovo edificio dove prima non ve n’era, o ne esisteva uno più piccolo, ma è stato ricostruito un edificio che già esisteva a parità di volume”, non venendo quindi in luce alcun “nuovo edificio”; inoltre il Comune avrebbe omesso di valutare che il progetto di ampliamento presentato dalla Ta. non modifica né il perimetro, né la sagoma dell’edificio, né comporta alcun incremento di volume o di superficie coperta, trattandosi solo della “trasformazione di superfici accessori (o non computabili) in superficie agibile”, e visto che “la superficie convertita (e quindi l’ampliamento della SA) è ottenuta all’interno di uno spazio fisico che è già stato computato come volume rilevante urbanisticamente nel progetto approvato con DIA SU 230/2017”, non essendovi inoltre alcun avanzamento della facciata “poiché la tamponatura era realizzata entro il perimetro dell’edificio esistente” (pag. 7 del ricorso di primo grado);
ii) violazione dell’art. 338 del regio decreto n. 1265/1934, eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti, travisamento, difetto di motivazione, per aver il Comune di Genova illegittimamente ritenuto non assentibile il richiesto ampliamento della SNV facendo riferimento al vincolo cimiteriale insistente sull’area de qua, dal momento che il progetto di ampliamento non comporta né incrementi di volume, né modifiche alla sagoma dell’edificio, né alcun avanzamento verso l’esterno del limite dell’edificio, considerato che “lo spazio porticato interno oggetto di recupero è infatti compreso nel volume assentito con la DIA del 2017 […], ragione per cui la chiusura delle bucature con delle vetrate non determina alcun aumento di volume rispetto a quello in origine autorizzato” (pag. 12 del ricorso di primo grado);
iii) violazione dell’art. 19 della legge regionale della Liguria n. 1/2007 e della d.g.r. Liguria n. 31/2012, illegittimità derivata, comportando l’illegittimità del diniego del titolo edilizio, in via derivata, l’illegittimità della dichiarazione di improcedibilità del procedimento preordinato al rilascio del titolo annonario, essendo la menzionata improcedibilità giustificata unicamente sulla base del diniego del suddetto titolo edilizio.
2. Il Tar per la Liguria, con la gravata sentenza n. 992 del 2020, ha accolto tutti i motivi di ricorso e, per l’effetto, ha annullato i provvedimenti impugnati, condannando il Comune al pagamento delle spese di lite.
3. Con ricorso in appello notificato il 3 marzo 2021 e depositato il 5 marzo 2021, il Comune di Genova ha impugnato la predetta sentenza del Tar per la Liguria n. 992 del 2020, articolando i seguenti cinque motivi di gravame:
i) illegittimità della sentenza per errata applicazione dell’art. 3, comma 1, lett. d), del d.p.r. n. 380/2001 e degli articoli 13.2, lett. b), ed 11 delle norme generali del p.u.c. del Comune di Genova, travisamento, erroneità della motivazione, con riguardo alla definizione di edificio esistente al momento dell’adozione del p.u.c., per aver il Tar erroneamente affermato che il gravato provvedimento di diniego fosse stato adottato in violazione dell’art. 13.2, lett. b), delle norme generali del p.u.c., in quanto secondo il Tar “l’edificio in questione sarebbe da considerarsi “esistente” alla data di adozione del PUC, perché la ristrutturazione effettuata in forza della DIA del 2017 non avrebbe portato di per sé, come tipo d’intervento, a un edificio nuovo”; invece, secondo il Comune appellante, tale affermazione non sarebbe condivisibile in quanto il precedente intervento edilizio, eseguito sulla base della d.i.a. del 2017, si è sostanziato “nella totale demolizione dell’edificio preesistente e nella costruzione di un nuovo organismo edilizio, avente non solo caratteristiche tipologiche, funzionali e distributive non riconducibili alle caratteristiche dell’edificio originario ma anche una sagoma diversa” (pag. 13 dell’appello), stante la ben possibile diversità dell’edificio che viene ricostruito a seguito di una ristrutturazione demo-ricostruttiva;
ii) illegittimità della sentenza per errata applicazione dell’art. 11.19 delle norme generali del p.u.c. del Comune di Genova, nuovamente sotto il profilo della nozione di edificio esistente, travisamento, motivazione incongrua o apparente, per aver il Tar richiamato l’art. 11.19 del p.u.c. e per aver riconosciuto “come esistente l’edificio censito a catasto”, visto che l’edificio ad oggi esistente costituisce l’esito di una “trasformazione del volume precedente”;
iii) illegittimità della sentenza per errata applicazione degli articoli 13.2, lett. b), 11.4, 11.8 e 11.9 delle norme generali del p.u.c. del Comune di Genova, sotto il profilo della nozione di “interno degli edifici”, per aver il Tar erroneamente affermato che l’ampliamento – oggetto del gravato diniego – si sarebbe realizzato “all’interno dell’edificio”, poiché “il porticato di cui si progetta la chiusura era già stato considerato nel volume dell’edificio”, omettendo di considerare che “il tamponamento di uno spazio porticato (cioè di uno spazio aperto) comporta l’avanzamento verso l’esterno del limite dell’edificio, atteso che si va a trasformare in superficie agibile una superficie che, in quanto accessoria, non rilevava ai fini del carico urbanistico” (pag. 20 dell’appello);
iv) illegittimità della sentenza per errata applicazione dell’art. 338 del regio decreto n. 1265/1934, difetto di motivazione, erronea valutazione in merito all’operatività del vincolo cimiteriale, per aver il Tar omesso di considerare che “la copertura dello spazio porticato – con conseguente trasformazione della superficie accessoria in superficie agibile – comportava la violazione non solo delle norme del PUC ma anche del vincolo derivante dalla fascia di rispetto cimiteriale, in cui ricade l’edificio de quo, data la prossimità al cimitero di Palmaro” (pag. 21 dell’appello) e che l’aumento di superficie agibile chiesta dalla Ta. s.p.a. è superiore al limite del 10% previsto dall’art. 338, comma 7, del regio decreto n. 1265/1934;
v) errata applicazione dei principi dell’invalidità derivata degli atti amministrativi, evidenziando il Comune come “l’archiviazione della pratica relativa agli aspetti commerciali in senso stretto fosse un atto dovuto, consequenziale al contrasto con le norme di piano prefigurato dal progetto di ampliamento presentato dalle odierne appellate” (pag. 25 dell’appello).
4. Si sono costituite in giudizio la Co. Li. S.c.c. e la Ta. so. di ge. im. S.p.a., chiedendo il rigetto dell’appello e successivamente illustrando le proprie difese con memoria depositata il 17 maggio 2021.
5. Il Comune ha insistito per l’accoglimento del gravame con memoria del 17 maggio 2021.
6. Entrambe le parti hanno replicato con memorie depositate il 27 maggio 2021, successivamente ribadite con memorie del 27 settembre e del 7 ottobre 2021.
7. All’udienza pubblica del 28 ottobre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
Intervento di ristrutturazione edilizia
DIRITTO
8. I primi due motivi d’appello, stante la loro stretta connessione, possono essere congiuntamente esaminati ed entrambi dichiarati infondati.
8.1. L’art. 3, comma 1, lett. d), del d.p.r. n. 380/2001 (nella versione applicabile ratione temporis), nel definire la nozione di “interventi di ristrutturazione edilizia”, faceva riferimento agli “interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”, precisando altresì che: “Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente […]”.
8.2. Pertanto, ai fini della qualificazione di un intervento edilizio come “intervento di ristrutturazione edilizia”, e non come “intervento di nuova costruzione”, è del tutto irrilevante il fatto che l’edificio ricostruito, a seguito della demolizione, sia in tutto o in parte diverso dal precedente edificio demolito, in quanto tale possibilità era (ed è tuttora, pur dopo la novella di cui al decreto legge n. 76 del 2020, convertito con modificazioni con legge n. 120/2020) espressamente contemplata e prevista dal legislatore, il quale, nel disciplinare gli interventi di ristrutturazione edilizia, ha chiaramente fatto riferimento anche ad un organismo edilizio “in tutto o in parte diverso dal precedente”, essendo quindi ben possibile che l’edificio ricostruito abbia diverse caratteristiche tipologiche e funzionali ed anche una diversa sagoma.
8.3. E’ pur vero che, in caso di interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti a seguito di demolizione e successiva ricostruzione, il medesimo articolo 3, comma 1, lett. d), richiede che sia mantenuta “la stessa volumetria” dell’edificio preesistente, ma è anche vero che, nella presente fattispecie, lo stesso Comune di Genova, con nota prot. n. 33591 del 25 gennaio 2019 (doc. 11 dei ricorrenti in primo grado), concludendo negativamente ed archiviando il procedimento di annullamento in autotutela della d.i.a. n. 230/2017 (ovvero la d.i.a. sulla cui base sono stati eseguiti i lavori di demo-ricostruzione), ha riconosciuto ed evidenziato che “è stato ricostruito un edificio che già esisteva a parità di volume”.
8.4. Inoltre, se nel caso di specie si fosse trattato di un intervento di nuova costruzione, e non di una semplice ristrutturazione edilizia, non sarebbe stata sufficiente una d.i.a., ma la Ta. S.p.a. avrebbe avuto la necessità di ottenere un permesso di costruire per erigere il nuovo fabbricato, né il Comune di Genova ha mai contestato tale circostanza, non risultando agli atti che l’intervento edilizio posto in essere sulla base della d.i.a. del 2017 sia mai stato sanzionato, né represso dal predetto Comune, con ciò confermandosi la tesi sostenuta dalle ricorrenti in primo grado, in ordine alla natura di mera “ristrutturazione edilizia” dell’intervento in questione.
8.5. Trattandosi quindi del medesimo edificio preesistente (seppur a seguito di un intervento di ristrutturazione edilizia con demolizione e ricostruzione), si deve fare applicazione dell’art. 13.2, lett. b), delle norme generali del p.u.c. del Comune di Genova, che, nel regolare gli incrementi di superficie agibile (SA), consente il detto incremento “all’interno degli edifici”, senza limitazioni rispetto alla SA esistente, in favore degli “edifici esistenti alla data di adozione del progetto definitivo di PUC”, come appunto è avvenuto nel presente caso, dal momento che l’edificio preesistente fu costruito in una data addirittura anteriore al 1942 (doc. 8 dei ricorrenti in primo grado) e, per tale ragione, ai sensi dell’art. 11.19 delle norme generali del p.u.c., affinché sia considerato come “edificio esistente”, “è sufficiente che l’edificio sia censito a catasto”, né il Comune di Genova ha mai dedotto che l’edificio preesistente non fosse stato oggetto di censimento catastale.
8.6. Pertanto i primi due motivi d’appello devono essere respinti.
9. Infondati sono altresì il terzo ed il quarto motivo di gravame, che per la loro stretta connessione possono essere congiuntamente esaminati.
9.1. Premesso che sono inammissibili le integrazioni postume della motivazione, non potendo il Comune, in sede contenziosa, opporre diverse ragioni ostative, ulteriori a quelle espresse nel provvedimento impugnato (con riguardo alle questioni concernenti il carico urbanistico e l’esaurimento delle potenzialità edificatorie dell’edificio a seguito della ristrutturazione), il Collegio evidenzia che risulta per tabulas (doc. 6 e doc. 7 dei ricorrenti in primo grado) che l’intervento edilizio per cui è causa, pur determinando un incremento della superficie agibile della struttura di vendita, non ne modifica né il volume né la superficie complessiva, dal momento che il porticato – di cui è stata prevista la chiusura attraverso vetrate – è in realtà una galleria interna all’edificio, non situata sul prospetto di esso (dato incontroverso tra le parti), di modo che nessun “avanzamento” del fronte dell’edificio possa verificarsi in concreto, a seguito della “tamponatura” del porticato stesso.
9.2. Di conseguenza, mancando qualunque avanzamento del fronte dell’edificio e non venendo in rilievo alcun aumento di volumetria, non sussiste alcuna lesione del vincolo cimiteriale, non potendo condividersi la valutazione dell’Amministrazione circa la ricorrenza dei presupposti percentuali di cui all’articolo 338, comma 7, del r.d. n. 1265/1934, trattandosi di un mero ampliamento della superficie agibile, confinato all’interno dell’edificio.
9.3. Il terzo ed il quarto motivo d’appello devono quindi essere rigettati.
10. Dal rigetto dei precedenti motivi d’appello, deriva altresì l’infondatezza del quinto motivo che deve essere conseguentemente respinto, avendo correttamente il Tar accolto il terzo motivo del ricorso di primo grado, annullando in via derivata il provvedimento comunale del 14 aprile 2020, che aveva archiviato il procedimento – attivato su istanza della Co. Li. – preordinato al rilascio del titolo annonario per l’ampliamento della media struttura di vendita.
11. In definitiva l’appello deve essere respinto.
12. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. r.g. 1988/2021, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Comune di Genova al pagamento delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in euro 2.000,00, oltre accessori di legge, in favore di ciascuna delle due società appellate, per un totale di euro 4.000,00 oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco – Presidente
Luca Lamberti – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Michele Pizzi – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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