Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 22 ottobre 2020, n. 6386.
In tema di confisca di prevenzione, il rapporto esistente tra il proposto e il coniuge, i figli e gli altri conviventi individuati dalla L. n. 575 del 1965, art. 2 bis, comma 3 (e oggi dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 19, comma 3) costituisce, pur al di fuori dei casi delle specifiche presunzioni di cui all’art. 2 ter, penultimo e ultimo comma, della stessa legge (ora dall’art. 26, comma 2, del decreto sopra richiamato), circostanza di fatto significativa della fittizietà della intestazione di beni dei quali il proposto non può dimostrare la lecita provenienza, quando il terzo che risulta titolare dei cespiti, è sprovvisto di effettiva capacità economica.
Sentenza 22 ottobre 2020, n. 6386
Data udienza 8 ottobre 2020
Tag – parola chiave: Antimafia – Confisca di prevenzione – Intestazione di beni – Fittizietà – Rapporto esistente tra il proposto e il coniuge, i figli e gli altri conviventi
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 243 del 2020, proposto da
Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni Confiscati alla Criminalità Organizzata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati Be. Ca. Di To., Ma. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Be. Ca. Di To. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il rilascio di un immobile confiscato;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2020 il Cons. Stefania Santoleri e udito per per gli appellati l’avvocato Be. Ca. di To.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con il ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TAR Lazio, i ricorrenti (odierni appellati) signori -OMISSIS-, hanno impugnato l’ordinanza dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, notificata il -OMISSIS-, con la quale è stato disposto lo sgombero dell’immobile sito in -OMISSIS-, in quanto oggetto di confisca emessa dalla Corte di Appello di Catanzaro con sentenza -OMISSIS-, che risulta da loro occupato.
1.1 – A sostegno della loro impugnativa i ricorrenti hanno dedotto, con il ricorso di primo grado, che l’ordinanza di sgombero si fondava su erronei presupposti, in quanto:
– il provvedimento di confisca non sarebbe definitivo essendo pendente il processo di revisione;
– la confisca sarebbe nulla o comunque inefficace in considerazione della mancata citazione della signora -OMISSIS-, proprietaria del bene, nel processo penale;
– tale circostanza avrebbe dovuto essere valutata nel procedimento amministrativo con conseguente difetto di istruttoria e violazione dei diritti partecipativi;
– la nullità della confisca sarebbe derivata anche dall’omessa notifica del relativo provvedimento nei confronti dei componenti del nucleo familiare che vi abitano;
– l’eccessiva brevità del termine concesso per lo sgombero (trenta giorni) sarebbe irragionevole, tenuto anche conto che sarebbe leso il diritto di abitazione dei ricorrenti che costituirebbe un diritto fondamentale secondo la Corte EDU;
– sussisterebbero dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 47, comma 2, del d.lgs. n. 159/2011.
2. – Con la sentenza impugnata il TAR, avendo ritenuto verosimile l’omessa evocazione in giudizio della signora -OMISSIS- che risulta intestataria del terreno sul quale è stato realizzato il manufatto oggetto di confisca, e dopo aver richiamato la giurisprudenza della CEDU in materia di confisca disposta nei confronti di terzi estranei al procedimento penale, ha ritenuto che l’Agenzia avrebbe dovuto prestare particolare cautela nel dare applicazione al provvedimento di confisca emesso in applicazione del D.L. n. 302/92 (che non prevedeva l’evocazione in giudizio dell’intestatario del bene confiscato); dopo aver rilevato che l’Agenzia non aveva svolto alcun approfondimento in proposito, ha accolto il ricorso ritenendo fondata la censura di difetto di istruttoria per omessa ponderazione della situazione di fatto (terzo motivo) disponendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
3. – Avverso tale decisione l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha proposto appello, contestando tale statuizione alla luce del costante orientamento del giudice amministrativo in materia.
3.1 – Si sono costituiti gli appellati che, con memoria, hanno controdedotto sulle doglianze proposte insistendo per il rigetto dell’appello.
4. – All’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.
5. – L’appello è fondato e va, dunque, accolto.
6. – Preliminarmente è opportuno rilevare, in punto di fatto, che:
– a seguito del processo penale a carico di oltre quaranta imputati il Tribunale di -OMISSIS-, ha condannato il Sig. -OMISSIS- per il reato di usura a danno di due imprenditori locali, disponendo nei confronti dello stesso la confisca di taluni immobili, tra cui quello di proprietà della moglie, la Sig.ra -OMISSIS- oggetto del presente contenzioso;
– quest’ultima, infatti, aveva acquistato l’appartamento con atto notarile del 23 agosto 2000 per £ 64.000.000;
– nel 2011 la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro ha ridotto al -OMISSIS- la pena, confermando il provvedimento di confisca. Dette statuizioni sono state infine confermate con sentenza -OMISSIS-dalla Corte di Cassazione;
– nel 2015 il Sig. -OMISSIS- ha presentato alla Corte d’appello di Salerno istanza di revisione del processo penale ex art. 630 c.p.p.: tale istanza, ritenuta ammissibile, è stata rigettata nelle more del giudizio di primo grado; pende attualmente il ricorso per cassazione avverso tale sentenza.
6.1 – Nelle premesse dell’atto di appello l’appellante ha rilevato che il Tribunale aveva ravvisato una interposizione fittizia da parte della sig.ra -OMISSIS-, atteso che la stessa negli anni dal 1997 al 2005, aveva dichiarato redditi neppure sufficienti al proprio sostentamento; ha anche rilevato che la separazione dei beni doveva ritenersi meramente apparente poiché all’epoca dei fatti tra i coniugi sussisteva una reciproca cointeressenza patrimoniale, evidenziata da molteplici indizi.
7. – Con l’unico motivo di appello l’appellante ha dedotto la violazione dell’art. 24 e ss. del d.lgs. n. 159/2011 in materia di confisca antimafia alla luce della costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, secondo cui:
– l’atto di rilascio dell’immobile è un atto dovuto che si pone a valle del provvedimento di confisca;
– non hanno alcuna rilevanza nel procedimento amministrativo doglianze relative a diritti patrimoniali del terzo, dovendo quest’ultimo avvalersi dei mezzi di tutela apprestati nel giudizio penale sia nel corso del procedimento di confisca, sia – in caso di provvedimento definitivo – chiedendo la revoca della stessa ai sensi dell’art. 28 del codice antimafia.
L’Agenzia ha poi rappresentato nell’appello che le censure proposte in primo grado sarebbero infondate essendo legittimo l’ordine di rilascio dell’immobile intestato fittiziamente alla moglie del sig. -OMISSIS-, come esplicitato nella sentenza penale, oggetto di confisca divenuta irrevocabile e, quindi, non contestabile in sede amministrativa.
7.1 – A tale doglianza hanno replicato gli appellati ribadendo gli argomenti già spesi in primo grado con riferimento al procedimento penale sfociato con la confisca, ribadendo che l’immobile è stato acquisto dalla sig.ra -OMISSIS- nel 2000 in regime di separazione dei beni e che la stessa si è separata dal marito nel 2007; la stessa non è stata parte del procedimento penale nel quale è stato disposto il sequestro dell’immobile poi confiscato.
8. – La tesi degli appellati non può essere condivisa.
8.1 – Innanzitutto è opportuno rilevare che, contrariamente a quanto obiettato, il provvedimento di confisca è divenuto definitivo in quanto “ai sensi dell’art. 27, del D.Lgs. n. 159 del 2011, “i provvedimenti che dispongono la confisca dei beni sequestrati (…) diventano esecutivi con la definitività delle relative pronunce”; mentre, secondo le norme del codice di procedura penale (le quali si osservano, in quanto applicabili, anche in caso di confisca, ex art. 10, comma 4, D.Lgs. n. 159 del 2011), le pronunce del giudice penale acquisiscono carattere definitivo, vale a dire passano in giudicato (art. 648 c.p.p.), quando non sono proponibili impugnazioni diverse dalla revisione, ovvero sia decorso inutilmente il termine per proporre impugnazioni, ovvero sia stato dichiarato inammissibile o rigettato il ricorso per cassazione” (cfr. Cons. Stato Sez. III n. 1499/2019).
Pertanto, non rileva ai fini della presente controversia il ricorso per cassazione proposto avverso la sentenza che ha respinto l’istanza di revisione del processo.
8.2 – Altrettanto rilevante è il riconoscimento da parte del giudice penale di un’ipotesi di intestazione fittizia di persona, ritenendo la riconducibilità dell’immobile al sig. -OMISSIS-, coniuge della sig.ra -OMISSIS-, circostanza contestata, genericamente, dagli appellati.
È innanzitutto opportuno considerare che ai fini del sequestro e della confisca, non è richiesta la dimostrazione che il soggetto sia titolare del bene, giacché è sufficiente accertare che possa in qualsiasi maniera determinane la destinazione o l’impiego. Tali misure preventive reali sono quindi legittimamente disposte su tutti quei beni di cui il soggetto “risulta poter disporre direttamente o indirettamente”; per disponibilità si intende una situazione di fatto tra il soggetto indiziato e la cosa, a nulla rilevando l’esistenza dei vari titoli giuridici.
Secondo la giurisprudenza, il sequestro e la confisca possono avere ad oggetto i beni del coniuge, dei figli e degli altri conviventi, dovendosi ritenere la sussistenza di una presunzione di “disponibilità ” di tali beni da parte del prevenuto – senza necessità di specifici accertamenti – in assenza di elementi contrari (cfr. Cass., sez. V, 26 ottobre 2015, 266142).
Di recente la Cassazione penale (sez. VI, 25/06/2020, n. 21056) ha ritenuto che In tema di confisca di prevenzione, il rapporto esistente tra il proposto e il coniuge, i figli e gli altri conviventi individuati dalla L. n. 575 del 1965, art. 2 bis, comma 3 (e oggi dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 19, comma 3) costituisce, pur al di fuori dei casi delle specifiche presunzioni di cui all’art. 2 ter, penultimo e ultimo comma, della stessa legge (ora dall’art. 26, comma 2, del decreto sopra richiamato), circostanza di fatto significativa della fittizietà della intestazione di beni dei quali il proposto non può dimostrare la lecita provenienza, quando il terzo che risulta titolare dei cespiti, è sprovvisto di effettiva capacità economica.
In siffatti casi, se è vero che in linea generale incombe sull’accusa l’onere di provare, sulla base di elementi fattuali connotati dai requisiti della gravità, precisione e concordanza, la sussistenza della disponibilità dei beni in capo al proposto; per altro verso, è parimenti incontrovertibile che la riferita titolarità dei beni ai terzi ivi considerati introduce un elemento logico che lascia coerentemente presumere la “disponibilità ” di tali beni da parte del prevenuto – senza necessità di ulteriori specifici accertamenti – in assenza di elementi contrari. Deve trattarsi, tuttavia, di una condizione di incapienza patrimoniale del terzo legato da vincolo di parentela o convivenza che rilevi oggettivamente in funzione del giudizio di sproporzione e che sia tale da dimostrare ex se attraverso l’inferenza logica una disponibilità del bene in capo al proposto (cfr. Cass. Pen., sez. VI, 15/06/2017, n. 43446; Cass. pen., Sez. U, del 22/12/2016, n. 12621).
8.3 – Quanto alla dedotta separazione dei coniugi intervenuta nel 2007 è sufficiente rilevare che è stato versato in atti il certificato di stato di famiglia del 13/12/2017 del sig. -OMISSIS-da cui risulta che risiede con la propria famiglia -OMISSIS-, circostanza contrastante con la separazione dei coniugi intercorsa ben 10 anni prima.
8.4 – Ne consegue che la mera contestazione della mancata intestazione fittizia dei beni si scontra non solo con la statuizione resa dal giudice penale, ma trova implicita conferma alla luce di quanto rappresentato.
9. – Con il primo motivo correttamente l’Amministrazione appellante ha rappresentato che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, a seguito della definitività del provvedimento di confisca, l’ordinanza di rilascio costituisce atto dovuto (tra le tante, 5 febbraio 2020, n. 926; 10 aprile 2019, n. 2364).
Ai sensi degli artt. 45, 47 e 48, D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, nonché dell’art. 823 c.c., il bene acquisito per effetto della confisca ha ormai assunto una impronta rigidamente pubblicistica, che non consente di distoglierlo, anche solo temporaneamente, dal vincolo di destinazione e dalle finalità pubbliche, che determinano l’assimilabilità del regime giuridico della res confiscata a quello dei beni facenti parte del patrimonio indisponibile dello Stato; ne consegue che l’ordinanza di sgombero costituisce esercizio necessitato di un potere autoritativo, dovendo l’Agenzia comunque assicurare al patrimonio indisponibile dello Stato i beni stessi per la successiva destinazione a finalità istituzionali e sociali, sottraendoli ai soggetti nei confronti dei quali è stata applicata, in via definitiva, la misura patrimoniale.
Ciò comporta da un lato che non sussiste alcun obbligo di motivazione in capo all’Agenzia nel disporre il provvedimento di sgombero dell’immobile confiscato, né di svolgere valutazioni comparative di interessi prima di procedere all’adozione dell’ordinanza di sgombero neppure con riferimento alla tempistica per la sua esecuzione; dall’altro lato comporta che essendo l’atto vincolato al solo presupposto della definitività della confisca non possono essere dedotte in sede amministrativa censure relative alla fase pregressa di competenza del giudice penale: questa Sezione ha già ritenuto che in nessun caso i vizi del sequestro e della successiva confisca possono farsi valere dinanzi al giudice amministrativo o ripercuotersi sulla validità dell’ordinanza di rilascio dell’immobile ed essere conosciuti in sede di cognizione di quest’ultima -OMISSIS-
È, dunque, al giudice penale che spetta decidere se dubitare della compatibilità della norma nazionale e intervenire sulla confisca, mentre il giudice amministrativo non ha giurisdizione in ordine alla valutazione dei presupposti di applicazione della confisca ed alla sua perdurante efficacia.” (Cons. Stato n. 2364/2019).
9.1 – Neppure può ritenersi che gli asseriti vizi relativi al procedimento di prevenzione possano comportare effetti sul provvedimento di rilascio, in quanto gli eventuali vizi del provvedimento di confisca devono essere fatti valere dinanzi al giudice competente e non in sede giurisdizionale amministrativa, atteso che si tratta di vizi che non riguardano il provvedimento di sfratto.
Quest’ultimo, come già rilevato, ha natura di atto vincolato che assolve alla finalità di contrastare la criminalità organizzata attraverso l’eliminazione dal mercato, ottenuta con il provvedimento ablatorio finale, di un bene di provenienza illecita, destinandolo ad iniziative di interesse pubblico.
9.2 – Ne consegue che non sussiste il vizio di eccesso di potere rinvenuto dal TAR, in quanto l’Agenzia non era obbligata a svolgere alcuna istruttoria sul provvedimento di confisca essendo tenuta esclusivamente a darvi esecuzione.
9.3 – Neppure possono essere condivisi i motivi riproposti, in quanto infondati alla luce dei principi espressi dalla giurisprudenza in precedenza richiamata, sia con riferimento al tempo concesso per l’esecuzione, sia con riferimento alla non necessarietà della ponderazione comparativa degli interessi pubblico e privato, tenuto conto della natura vincolata dell’atto.
9.4 – Infine il provvedimento impugnato non reca alcuna lesione ad un preteso “diritto all’abitazione” – che genericamente si asserisce essere tutelato dalla Costituzione – in considerazione del fatto che l’invocata tutela presuppone un valido titolo di disponibilità del bene, qui non ricorrente proprio a seguito dei puntuali accertamenti che hanno preceduto la confisca (cfr., amplius, in punto di compatibilità costituzionale della confisca, quale misura di prevenzione, con gli articoli 2 e 3 della Costituzione, Consiglio di Stato, sez. V, 27/11/2015, n. 5383).
9.5- Neppure sussistono problemi di compatibilità della misura di prevenzione con i principi CEDU, come ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza -OMISSIS-, che contiene ampi richiami alla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo.
10. – In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va accolto e, per l’effetto va respinto il ricorso di primo grado.
11. – Tenuto conto della natura della fattispecie in esame e dell’alterno esito dei giudizi di primo e secondo grado sussistono i presupposti per disporre la compensazione delle spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti appellate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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