Consiglio di Stato, sezion terza, Sentenza 6 agosto 2018, n. 4832.
La massima estrapolata:
In sede di verifica della distanza di 200 metri tra due esercizi farmaceutici, strumentale al rilascio di un’autorizzazione al trasferimento di una farmacia, l’Amministrazione deve individuare la «via pedonale più breve» tenendo conto degli attraversamenti pedonali, se ciò è necessario, data la particolare condizione dei luoghi, per la salvaguardia della sicurezza dei pedoni.
Sentenza 6 agosto 2018, n. 4832
Data udienza 7 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 908 del 2018, proposto da
Vi. Fa., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Lu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere (…);
contro
Ats della Città Metropolitana di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto come in atti;
nei confronti
Regione Lombardia, Comune di Milano non costituiti in giudizio;
Azienda Farmacie Mi. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Ma. As., ed altri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fa. Pa. in Roma, via (…);
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Associazione Chimica Farmaceutica Lombarda fra titolari di Farmacia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Lu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) n. 2300/2017, resa tra le parti, concernente il trasferimento della sede farmaceutica;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Ats della Città Metropolitana di Milano e dell’Azienda Farmacie Mi. S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 giugno 2018 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati Ma. Lu., Et. Ma. su delega di Ma. Bo. e Fa. Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con il ricorso proposto dinanzi al TAR per la Lombardia, sede di Milano, il ricorrente, titolare della farmacia Fa. (sede n. 120 della pianta organica del Comune di Milano) situata a Milano in Viale Zara 145, ha impugnato la deliberazione dell’ASL Milano n. 1094 del 3 agosto 2015 con la quale è stata autorizzata la Azienda Farmacie Mi. s.p.a. (AFM) a trasferire la sede n. 332 dai locali in Via (omissis) in altri locali ubicati in Via (omissis), insistenti nell’ambito della sede di pertinenza.
Si sono costituite nel giudizio di primo grado sia l’Azienda Sanitaria Locale di Milano (ora Agenzia di Tutela della Salute della Città Metropolitana di Milano – ATS), sia l’Azienda Farmacie Mi. (AFM) che hanno dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza del proposto gravame.
2. – Con la sentenza n. 2300 del 2017 il TAR ha respinto il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
3. – Avverso tale decisione il ricorrente ha proposto appello deducendo tre motivi di impugnazione.
Si sono costituite nel giudizio di secondo grado sia l’ATS che la controinteressata AFM che hanno reiterato l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado assorbita dal TAR, chiedendo il rigetto dell’appello per infondatezza.
4. – Ha spiegato intervento ad adiuvandum l’Associazione Chimica Farmaceutica Lombarda tra Titolari di Farmacia, associazione sindacale di categoria dei titolari di farmacia delle province di Milano, Lodi e Monza-Brianza che tutela gli interessi sindacali e imprenditoriali dei farmacisti titolari.
In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie e memorie di replica.
5. – All’udienza pubblica del 7 giugno 2018 l’appello è stato trattenuto in decisione.
6. – L’appello è infondato e va, dunque, respinto.
Può prescindersi dalla disamina dell’eccezione di inammissibilità del ricorso in considerazione dell’infondatezza dell’appello.
7. – Con il primo motivo l’appellante censura la sentenza del TAR nella parte in cui ha respinto il primo motivo del ricorso di primo grado.
Con tale doglianza il dott. Fa. aveva dedotto la “violazione dell’art. 1 della L. 475/1968, dell’art. 13 del DPR 1275/1971, eccesso di potere per sviamento, difetto assoluto di istruttoria e di motivazione” rilevando che, ai sensi della normativa applicabile, in caso di trasferimento della sede farmaceutica dovrebbero essere soddisfatte due condizioni: la distanza non inferiore a 200 metri tra il nuovo locale e la farmacia più vicina; il soddisfacimento delle esigenze di assistenza farmaceutica degli abitanti della zona coinvolta.
Secondo il ricorrente la ASL non avrebbe verificato la sussistenza di tale seconda condizione.
7.1 – Il TAR ha respinto la doglianza ritenendo che:
– l’art. 1 della L. 468/1975, nel caso del trasferimento della sede farmaceutica all’interno della zona di pertinenza, non richiede alcuna valutazione in ordine al soddisfacimento delle esigenze degli abitanti della zona (come previsto, invece, nel caso di nuova istituzione della sede farmaceutica);
– la valutazione dell’interesse pubblico è stata, infatti, effettuata a monte, nel momento della istituzione della sede farmaceutica e della delimitazione della zona di pertinenza;
– non occorre la nuova valutazione dell’interesse pubblico perché dal punto di vista delle esigenze della popolazione (già verificate a monte) nulla è modificato.
7.2 – Nell’atto di appello l’appellante censura tali statuizioni rilevando che il TAR avrebbe omesso di valutare la disposizione regolamentare recata dall’art. 13 del d.P.R. 21 agosto 1971 n. 1275, essendosi limitato a prendere in considerazione soltanto l’art. 1, comma 4, della L. n. 475/1968.
Deduce, quindi, che la legge consentirebbe il rilascio dell’autorizzazione al trasferimento solo in presenza di due condizioni:
– che vi sia una distanza tra il nuovo locale e la farmacia più vicina non inferiore a m. 200, misurata per la via pedonale più breve;
– che siano soddisfatte le esigenze di assistenza farmaceutica degli abitanti della zona coinvolta.
Pertanto, il provvedimento autorizzatorio potrebbe essere rilasciato solo dopo un’adeguata istruttoria sulla ricorrenza di tali presupposti e fornendo un’adeguata motivazione.
Nel caso di specie la ASL non avrebbe svolto alcuna istruttoria e non avrebbe esercitato alcun potere valutativo disinteressandosi delle “esigenze della popolazione residente”.
8. – La doglianza non può trovare accoglimento.
E’ opportuno, innanzitutto, richiamare le norme che regolano la fattispecie:
– l’art. 1 della L. 468/1975, per la parte di interesse, dispone che: “Chi intende trasferire una farmacia in un altro locale nell’ambito della sede per la quale fu concessa l’autorizzazione deve farne domanda all’autorità sanitaria competente per territorio. Tale locale, indicato nell’ambito della stessa sede ricompresa nel territorio comunale, deve essere situato ad una distanza dagli altri esercizi non inferiore a 200 metri. La distanza è misurata per la via pedonale più breve tra soglia e soglia delle farmacie”;
– l’art. 13 del D.P.R. n. 1275/1971 prevede che: “il locale indicato per il trasferimento della farmacia deve essere situato ad una distanza dagli altri esercizi non inferiore a 200 metri e comunque in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona”.
Innanzitutto occorre considerare che il D.P.R. n. 1275/1971, recante il regolamento di attuazione delle norme concernenti il servizio farmaceutico di cui alla L. n. 475/1968, costituisce una fonte secondaria, sottoposta nella gerarchia delle fonti a quella primaria, sicchè la norma recata dall’art. 13 di tale decreto deve essere interpretata in conformità a quanto disposto dall’art. 1, comma 4 della L. n. 475/1968.
La norma primaria non impone alcun obbligo di motivazione in caso di autorizzazione al trasferimento della sede farmaceutica, limitandosi a prevedere l’accertamento del rispetto della distanza minima di 200 metri tra gli esercizi commerciali, in quanto la distribuzione organica delle farmacie sul territorio avviene sulla base di un atto di programmazione regionale costituito dalla c.d. pianta organica alla cui formazione partecipano il Comune, le ASL e l’Ordine dei Farmacisti.
La ripartizione del territorio comunale in zone di pertinenza delle singole farmacie assicura l’equa distribuzione delle farmacie sul territorio e conseguentemente garantisce la tutela dell’interesse pubblico alla capillarità del servizio farmaceutico.
Solo in casi particolari, quando effettivamente lo spostamento dell’esercizio farmaceutico all’interno della zona potrebbe arrecare pregiudizio all’utenza, sovviene l’obbligo per l’Amministrazione di approfondire l’istruttoria al fine di accertare se – effettivamente – lo spostamento dell’esercizio possa rendere disagevole ai residenti l’accesso al servizio farmaceutico.
Se a seguito dell’approfondimento istruttorio emerga, in concreto, che lo spostamento della sede renda oggettivamente difficoltoso per gli abitanti della zona raggiungere la nuova sede farmaceutica, l’Amministrazione può negare l’autorizzazione al trasferimento fornendo adeguata motivazione sulle ragioni della propria scelta.
Pertanto, solo in caso di diniego di autorizzazione per ragioni di pubblico interesse si rende necessaria la motivazione dell’atto (Cons. Stato, Sez. III, 25 novembre 2014 n. 5840; 7 gennaio 2015 n. 24).
Nel caso di specie, lo spostamento della sede è avvenuto alla distanza di soli 100 metri, e comunque l’appellante non ha addotto alcun elemento dal quale desumere che tale spostamento possa aver inciso sulla accessibilità del servizio farmaceutico per gli abitanti della zona.
In presenza di tali presupposti fattuali l’Amministrazione si è correttamente limitata a verificare il solo parametro della distanza tra gli esercizi farmaceutici, non essendo tenuta ad alcun ulteriore approfondimento istruttorio.
Devono infatti riaffermarsi i principi già espressi dalla giurisprudenza della Sezione secondo cui il farmacista è sostanzialmente libero (tranne in casi eccezionali, come già chiarito) di spostare la propria sede all’interno della zona di pertinenza ed i titolari delle zone contigue non hanno tutela, salva la distanza minima obbligatoria del rispetto dei 200 metri (Cons. Stato, Sez. III, 8 novembre 2013 n. 5337; 13 aprile 2013 n. 2019).
Ne consegue l’infondatezza della doglianza.
9. – Con il secondo motivo di gravame l’appellante ha censurato la sentenza di primo grado che ha respinto la doglianza con la quale aveva dedotto il mancato rispetto della distanza minima di 200 metri tra la propria sede farmaceutica e quella della farmacia controinteressata.
In particolare, ha dedotto l’appellante l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha affermato che “non è astrattamente censurabile la circostanza che l’Amministrazione faccia propri gli esiti di un accertamento tecnico svolto dalla parte privata del procedimento”, sostenendo che l’Amministrazione avrebbe dovuto provvedere ad una autonoma misurazione della distanza intercorrente tra la farmacia Fa. e quella comunale n. 64.
10. – In via preliminare deve osservarsi che non sussiste alcun obbligo di legge per l’Amministrazione di effettuare proprie misurazioni della distanza intercorrente tra gli esercizi farmaceutici, essendo nella facoltà dell’Ente competente acquisire agli atti del procedimento la documentazione proveniente dal privato istante attestante il rispetto del limite di 200 metri, nell’ottica di una leale collaborazione e contemperamento degli interessi che vengono in rilievo.
Peraltro, la difesa dell’ATS ha ricordato che le stesse direttive regionali (doc. n. 7) fanno riferimento all’acquisizione della perizia asseverata per il calcolo della distanza tra le farmacie.
Deve poi aggiungersi che la misurazione della distanza costituisce un accertamento tecnico e quindi “mera applicazione di regole che devono consentire l’approdo ad un risultato certo, ripetibile e verificabile” come ha ritenuto il TAR. Correttamente il primo giudice ha sottolineato come “nel farlo proprio l’Amministrazione implicitamente ne condivide l’applicazione delle regole e i relativi esiti”.
In ogni caso l’Amministrazione ha esaminato la perizia dell’arch. Sa. ritenendo corretto il percorso ivi individuato, che – per garantire le condizioni di sicurezza del pedone, tenuto conto delle caratteristiche stradali – ha considerato il percorso più breve utilizzando gli attraversamenti sulle strisce pedonali.
Sicché non sussistono vizi di motivazione, in quanto il provvedimento impugnato risulta motivato per relationem in base alla perizia.
11. – Ciò che contesta l’appellante non è l’erroneità della misurazione in sè, quanto piuttosto il criterio utilizzato per individuare il percorso più breve tra le due sedi farmaceutiche (la farmacia Fa. e quella comunale n. 64) ribadendo che sarebbe stato individuato un percorso “innaturale” eccessivamente lungo, in quanto prevedeva l’utilizzazione delle strisce pedonali, che secondo l’appellante, non sarebbero state necessarie per assicurare il rispetto della sicurezza del pedone.
Ciò comporta che non sussistono esigenze istruttorie al fine di verificare la correttezza della misurazione effettuata dall’arch. Sa.: il punto controverso, infatti, attiene all’individuazione del percorso che, in caso di utilizzazione delle c.d. strisce pedonali supera i 200 metri, in caso contrario, invece, si attesta su una misura inferiore a tale limite.
A sostegno della propria tesi l’appellante ha prodotto in giudizio una diversa perizia, redatta dall’arch. Ni. che, calcolando la distanza tra i due esercizi senza l’utilizzazione delle strisce pedonali, computa il percorso in una misura inferiore ai 200 metri.
La prospettazione dell’appellante non può essere condivisa.
La norma dell’art. 1 della L. n. 475/68 dispone che “la distanza è misurata per la via pedonale più breve tra soglia e soglia delle farmacie”.
Correttamente il TAR ha ritenuto che “per percorso pedonale più breve deve farsi riferimento al percorso effettivamente percorribile a piedi da una persona normalmente deambulante in condizioni di sicurezza e senza esporsi a rischi (T.A.R. Latina sez. I 6 aprile 2017 n. 229; Cassazione civile, sez. I, 7 aprile 2006 n. 8238)”.
Ha quindi rilevato che “non costituisce un utile mezzo di confutazione dell’accertamento tecnico fatto proprio dall’ASL la relazione dell’arch. Ni. prodotta dalla parte ricorrente. In tale relazione infatti si dichiara di aver effettuato la misurazione secondo “un percorso ideale di un pedone che non tenga necessariamente conto dei percorsi di regolare attraversamento delle sedi stradali” secondo “la naturale inclinazione del normale pedone a seguire quando possibile le normali regole del traffico e a trasgredirle in maniera ‘intelligenté quando ciò consente un accorciamento ragionevole del percorso”.
E’ evidente che tale approccio metodologico non solo non è conforme al concetto di “percorso pedonale più breve” precisato dalla giurisprudenza, ma si presta ad applicazioni difformi caso per caso (a seconda della “propensione alla trasgressione” del pedone) che mal si conciliano con la natura di una regola tecnica”.
Tali affermazioni sono pienamente condivise dal Collegio.
In ogni caso, prima di soffermarsi sulla giurisprudenza richiamata dalle diverse parti in ordine all’individuazione del “percorso più breve” e della rilevanza degli “attraversamenti pedonali segnalati”, è opportuno sottolineare che il percorso individuato dall’arch. Ni., che interessa una zona di Milano molto trafficata – prevede un attraversamento della via Abbazia al di fuori delle strisce pedonali ed in perpendicolare, di fronte alla farmacia; tale attraversamento riguarda una strada a doppia carreggiata, a flusso veicolare intenso e con visibilità ridotta a causa delle vetture parcheggiate a “spina di pesce”.
Ragionevolmente, tale tragitto non può essere preso in considerazione, non essendo percorribile “ordinariamente e in sicurezza” come richiesto dalla costante giurisprudenza che si è espressa al riguardo.
Inoltre, come ha correttamente rilevato la difesa della AFM, l’attraversamento della via Abbazia in perpendicolare, presuppone l’assenza di macchine parcheggiate a margine della carreggiata che costituiscono “veri e propri ostacoli materiali all’attraversamento fuori dai punti stabiliti”.
Ne consegue che, tenuto conto della particolare condizione dei luoghi, non è possibile prescindere dall’utilizzazione degli attraversamenti pedonali con conseguente inapplicabilità della giurisprudenza richiamata dall’appellante (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, sent. 4535/2015).
Questa stessa giurisprudenza che ha negato la vincolatività dell’utilizzazione dei passaggi pedonali ai fini del calcolo della distanza tra gli esercizi farmaceutici, ha comunque precisato che si può prescindere dagli attraversamenti pedonali segnalati a condizione che non vi siano ostacoli materiali all’attraversamento fuori dei punti stabiliti, dovendo comunque garantirsi la normale deambulazione, e dunque, la sicurezza dei pedoni.
Ebbene, tenuto conto delle condizioni fattuali prima evidenziate, che non consentono l’attraversamento in condizione di sicurezza, ritiene il Collegio che il percorso individuato dall’arch. Sa. sia rispondente alla disposizione normativa e conseguentemente intercorra tra i due esercizi la distanza minima prevista dalla legge.
La doglianza va, dunque, respinta.
13. – Altrettanto infondato è il terzo motivo con il quale l’appellante lamenta la violazione degli artt. 7 e seguenti della L. n. 241/90: l’autorizzazione al trasferimento dei locali della sede farmaceutica produce, infatti, effetti diretti solo nei confronti dell’istante.
Ne consegue che altri farmacisti non possono considerarsi destinatari dell’avviso di avvio del procedimento, non essendo la loro partecipazione procedimentale considerata necessaria dalla legge.
In ogni caso la normativa assicura idonea pubblicità al provvedimento attraverso la pubblicazione prevista dall’art. 13, comma 4, del d.P.R. n. 1275/71.
14. – Con l’ultimo motivo censura l’appellante la condanna alle spese in primo grado.
La doglianza è infondata.
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale “la decisione del giudice di merito in materia di spese processuali è censurabile in sede di legittimità, sotto il profilo della violazione di legge, soltanto quando le spese siano state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa; (…), oppure per il caso che la statuizione sia manifestamente irrazionale o si riferisca al pagamento di somme palesemente inadeguate” (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 4890 del 24 ottobre 2017).
Nessuna di tali circostanze ricorre nel caso di specie, in quanto la condanna alle spese segue la regola della soccombenza e l’importo non si appalesa abnorme.
15. – In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso di primo grado.
16. – Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del grado di appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso di primo grado.
Spese del grado di appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Umberto Realfonzo – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore
Giorgio Calderoni – Consigliere
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