Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 28 novembre 2019, n. 8133.
La massima estrapolata:
In materia di equo indennizzo il giudice amministrativo esercita una giurisdizione di legittimità e non di merito; non deve cioè sostituirsi all’autorità amministrativa nell’accertare la spettanza e la misura dell’equo indennizzo, ma solo censurare gli eventuali vizi di legittimità.
Sentenza 28 novembre 2019, n. 8133
Data udienza 21 novembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sull’appello n. 1034 del 2017, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Lo. Ca. ed An. St., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Pu. in Roma, via (…);
contro
Il Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di Finanza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, alla via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’economia e delle finanze e della Guardia di Finanza – Comando generale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2019 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti gli avvocati Lo. Ca. e l’avvocato dello Stato Gi. Ba.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante, già ricorrente in primo grado, all’epoca dei fatti dipendente della Guardia di Finanza, il 17 novembre 2000 è stato sottoposto ad accertamenti sanitari presso la Commissione medica ospedaliera (C.M.O.) del Centro militare di medicina legale di -OMISSIS-, che ha emesso la diagnosi di “-OMISSIS-“, con inidoneità al servizio per giorni sessanta, senza il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio.
Il 12 marzo 2001 l’interessato ha presentato una motivata domanda per il riconoscimento della causa di servizio e successivamente ha presentato una domanda di liquidazione dell’equo indennizzo.
Il 12 settembre 2001 la Commissione Medica di seconda istanza lo ha giudicato permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato ed ai compiti di istituto.
2. Con verbale di data 25 marzo 2003, la C.M.O. di -OMISSIS- ha sostanzialmente confermato la diagnosi, con la denominazione di “-OMISSIS-“.
Ai fini dell’eventuale concessione dell’equo indennizzo, subordinata al riconoscimento della causa di servizio, la commissione ha constatato la presenza di menomazioni permanenti definite “-OMISSIS-” e, quanto alla gravità, le ha ascritte alla tabella B di cui al d.P.R. n. 834/1981. La commissione non si è pronunciata – non rientrando nei suoi compiti – sull’ipotesi della dipendenza da causa di servizio.
3. Gli atti – come previsto dal d.P.R. 461/2001 – sono quindi passati al Comitato per la verifica delle cause di servizio (C.V.C.S.), il quale con il verbale n. 196/2005 ha espresso il parere che la patologia in questione non si potesse considerare dipendente da causa di servizio, con la seguente
motivazione: “-OMISSIS-. Non rinvenendosi, nel caso di specie, documentate situazioni conflittuali relative al servizio idonee, per intensità e durata, a favorirne lo sviluppo, l’infermità non può ricollegarsi agli invocati eventi, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante”.
4. L’interessato ha chiesto il riesame da parte dello stesso C.V.C.S., come previsto dal d.P.R. 461/2001, ma il Comitato, con verbale n. 465 del 16 ottobre 2009, ha confermato il parere negativo, “in quanto nelle osservazioni presentate dall’interessato non si rilevano elementi di valutazione tali da far modificare il precedente giudizio espresso”.
A conclusione del procedimento, è stato emesso il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, n. 655 prot. 92368 di data 9 marzo 2010, con il quale sono state respinte le domande dell’interessato per il riconoscimento della causa di servizio e per l’equo indennizzo.
5. L’interessato ha presentato il ricorso n. -OMISSIS-al TAR per la Toscana, contestando la legittimità del decreto ministeriale impugnato, per illegittimità derivata dalle pronunce del C.V.C.S., a loro volta illegittime – secondo il ricorrente – per non aver correttamente valutato la rilevanza causale del servizio prestato.
Il TAR ha respinto il ricorso con la sentenza n. -OMISSIS-, con la condanna del ricorrente alle spese del giudizio.
6. L’interessato ha proposto appello a questo Consiglio, riproponendo e sviluppando gli argomenti che già aveva espresso nel ricorso di primo grado.
L’Amministrazione si è costituita in giudizio ed ha chiesto la reiezione dell’appello.
7. Procedendo ora alla definizione della controversia, il Collegio rileva che il ricorrente non invoca specifiche disposizioni di ordine sostanziale ovvero procedurale che, in ipotesi, siano state violate dagli organi amministrativi intervenuti nel procedimento.
Il ricorrente ha lamentato che il C.V.C.S. “non è mai venuto a -OMISSIS- presso il Nucleo Regionale di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza a vedere come operano i militari in servizio” e “non ha mai sottoposto a visita il ricorrente, non ha mai disposto accertamenti sullo stesso, non lo ha mai visto né sentito, né si è recato o ha disposto verifiche presso il luogo di lavoro”.
Tali lagnanze sono infondate, poiché simili ipotetiche attività istruttorie non sono previste dal d.P.R. 461/2001, né compatibili con il sistema normativo.
Il Comitato si basa sulla documentazione acquisita nelle precedenti fasi del procedimento.
D’altra parte il Comitato, per la sua qualificata composizione, dispone di conoscenze ed esperienze adeguate per valutare – anche sul piano pratico – le situazioni cui fanno riferimento le istanze portate al suo giudizio.
Taluni passi del ricorso e dell’atto d’appello si riferiscono al fatto che la C.M.O. avesse, da parte sua, riconosciuto che l’infermità dipendeva da causa di servizio.
Ciò è comunque irrilevante, poiché il d.P.R. n. 461/2001 ha sottratto alla C.M.O. la competenza su tale questione, e in effetti il verbale del 25 marzo 2003 non contiene pronunce in questo senso.
Non può essere intesa come tale la classificazione dell’infermità nella tabella B, giacché tale classificazione attiene solo al grado delle menomazioni riscontrate, non alla causa che le abbia prodotte.
Inoltre, l’appellante ha dedotto che il TAR non avrebbe espletato una sua autonoma istruttoria sulle origini e sulle cause dell’infermità lamentata.
Osserva il Collegio che in materia di equo indennizzo il giudice amministrativo esercita una giurisdizione di legittimità e non di merito; non deve cioè sostituirsi all’autorità amministrativa nell’accertare la spettanza e la misura dell’equo indennizzo, ma solo censurare gli eventuali vizi di legittimità .
8. Per il resto, tutti gli argomenti svolti dal ricorrente si risolvono in una critica al fatto che il C.V.C.S. non avrebbe apprezzato l’efficacia lesiva degli eventi occorsi durante la prestazione del suo servizio e la loro rilevanza causale nella produzione dell’infermità .
A questo proposito, va ribadito che in sede di giurisdizione di legittimità è compito del giudice non l’accertare direttamente i presupposti e la spettanza dell’equo indennizzo, bensì il sindacare la legittimità delle determinazioni prese dalle autorità amministrative indipendenti, e che in questa materia il parere del C.V.C.S. si può considerare viziato solo per illogicità o errori di fatto.
Si deve dunque procedere a verificare se nella fattispecie si riscontrino vizi di questo genere.
9. La tesi del ricorrente è che l’infermità “-OMISSIS-” ovvero “-OMISSIS-“, mai manifestatasi in precedenza, sarebbe stata prodotta da un unico e ben individuato episodio, sia pure prolungato per la durata di alcuni mesi.
In particolare egli ha dedotto che dalla primavera del 1999 alla fine dello stesso anno ha svolto un incarico di servizio che consisteva nel condurre – quale “capo pattuglia” con il grado di maresciallo aiutante – una impegnativa e complessa verifica fiscale sulla contabilità di una grande impresa industriale (cantieristica) con sede in -OMISSIS-.
Egli ha messo particolarmente in risalto la circostanza che, avendo la sua sede di servizio in -OMISSIS-, per svolgere tale incarico doveva recarsi in missione, insieme ai militari a lui subordinati, a -OMISSIS-, ogni giorno, dal lunedì al venerdì, con un viaggio di tre ore fra andata e ritorno e con la necessità di assumere i pasti in modo affrettato e disordinato. A ciò si aggiungeva l’impegno di elaborare i dati raccolti, predisporre i verbali, etc., sotto la pressione dei superiori che esigevano una sollecita e completa conclusione dei lavori.
In questa situazione l’interessato avrebbe sofferto, a suo dire, di -OMISSIS-” e questo si sarebbe tradotto in uno stato -OMISSIS-.
10. In proposito, si osserva che il fatto dello svolgimento di quell’incarico non è controverso, come non sono controverse le sue modalità oggettive. Ed è credibile che si trattasse di una funzione impegnativa e delicata.
Peraltro, va anche notato che l’interessato in quell’anno 1999 era quarantenne e rivestiva il grado più elevato (dopo quello di maresciallo luogotenente) nella carriera dei sottufficiali della Guardia di Finanza (grado verosimilmente raggiunto grazie ad un brillante stato di servizio).
Pertanto non appare di immediata evidenza che l’incarico in questione – trasferte incluse – soverchiasse le sue forze fisiche e psichiche e la sua professionalità .
D’altra parte, oltre a quanto esposto dall’interessato, non si hanno altri riscontri della penosità di quelle prestazioni. Non risulta che l’interessato abbia chiesto di essere esonerato dall’incarico, eventualmente adducendo motivi di salute, o che abbia chiesto congedi per malattie.
Inoltre, rientra nelle comuni conoscenze ed esperienze che incarichi del genere sono solitamente ambiti, in quanto testimoniano la stima dei superiori, sono forieri di encomi, arricchiscono l’esperienza professionale, conferiscono autorevolezza.
Non si può escludere in senso assoluto che l’attuale appellante abbia vissuto la vicenda con un altro spirito, ma ai fini del presente contenzioso tutto quello che si può dire è che il giudizio espresso dal C.V.C.S., e fatto proprio dal provvedimento conclusivo del procedimento, non risulta manifestamente irragionevole o in contraddizione con i fatti, tanto da dover essere ritenuto illegittimo.
11. In conclusione, l’appello va respinto.
Vanno compensate le spese del secondo grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta respinge l’appello n. 1034 del 2017.
Compensa tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i relativi presupposti di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità dell’appellante, nonché dei riferimenti alla diagnosi, indicata in motivazione in corsivo.
Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo (omissis), nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente, Estensore
Oberdan Forlenza – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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