In materia di distinzione tra miglioramenti consentiti e varianti vietate

Consiglio di Stato, Sentenza|8 gennaio 2021| n. 282.

Nelle gare d’appalto, in materia di distinzione tra miglioramenti consentiti e varianti vietate, le proposte migliorative consistono in soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara, investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste.

Sentenza|8 gennaio 2021| n. 282

Data udienza 3 dicembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Procedura aperta – Appalto di lavori – Aggiudicazione – Impugnazione – Rigetto – Criteri di valutazione delle offerte tecniche – Art. 95, comma 14, D.Lgs. n. 50/2016 – Principi di par condicio – Valutazione miglioramenti – Differenza tra proposta migliorativa e variante – Valutazione – Onere di provare la natura di variante a carico del ricorrente – Fattispecie – Ampia nozione di miglioramenti valutabili

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 4969 del 2020, proposto da
Ri. Co. di Fo. Do. in proprio e quale capogruppo del costituendo r.t.i., Gu. Im. s.r.l. in proprio e quale mandante r.t.i., Ga. Ma. s.r.l. in proprio e quale mandante r.t.i., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Co. Cu. ed El. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Co. Cu. in Ancona, via (…).
contro
Provincia di Pesaro e Urbino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Be. Ri., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia.
nei confronti
Co. Consorzio Im. Ro., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Cu., Si. Ma., Mi. Ot., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ma. Br. in Roma, via (…).
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per le Marche Sezione Prima n. 00311/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Pesaro e Urbino e di Co. Consorzio Im. Ro.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2020 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Pa., Ri. e Ot.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per le Marche ha respinto il ricorso proposto da Ri. Co. di Fo. De. ed altri, in proprio e rispettivamente quale mandataria e mandanti del costituendo r.t.i., contro la Provincia di Pesaro e Urbino e nei confronti del Consorzio Co. Consorzio Im. Ro. per l’annullamento dell’aggiudicazione a quest’ultimo della procedura aperta, bandita dalla Provincia, per l’affidamento dei lavori di ristrutturazione degli edifici sedi dell’istituto scolastico “Ma. – Mo.” di Pe. con adeguamento sismico e messa in sicurezza a seguito delle indagini diagnostiche sui solai, da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
1.1. Il r.t.i. ricorrente, secondo classificato a punti 1,78 dall’aggiudicatario, ha proposto tre motivi di censura, respinti tutti nel merito, dopo il rigetto dell’eccezione di irricevibilità, inammissibilità o improcedibilità del ricorso sollevata dalla controinteressata per vizi formali concernenti il deposito del ricorso e la validità della procure.
Le spese di lite sono state compensate.
2. Avverso la sentenza le ricorrenti in primo grado hanno proposto appello con cinque motivi.
2.1. L’amministrazione appellata e il Consorzio controinteressato si sono costituiti per resistere al gravame.
2.2. All’udienza del 3 dicembre 2020 la causa è stata discussa da remoto e posta in decisione, previo deposito di memorie difensive delle appellanti e del Consorzio Co. e di repliche di tutte le parti.
3. I primi tre motivi di appello attengono al rigetto del primo motivo di ricorso.
Con questo si era dedotta violazione del disciplinare di gara, circa i criteri di valutazione delle offerte tecniche, dell’art. 95, comma 14, del d.lgs. n. 50 del 2016 e dei principi di par condicio, nonché eccesso di potere per errore e difetto di motivazione, vizio del procedimento, illogicità e ingiustizia manifesta.
Le ricorrenti avevano sostenuto, con riferimento al miglioramento di cui al punto 1.2 del disciplinare “Miglioramento delle caratteristiche tecniche e delle finiture degli elementi interni ed esterni dell’edificio Mo.”, che l’intervento proposto dall’aggiudicatario (peraltro non corredato di documentazione relativa all’impatto sui calcoli della tenuta sismica del progetto) sarebbe stato da qualificarsi fra quelli legislativamente fissati come varianti, addirittura essenziali, concretizzandosi in una variante sismica di tipo strutturale e costruttivo, non consentita senza specifica approvazione della stazione appaltante; ciò non sarebbe stato minimamente considerato dalla commissione di gara, che nel valutare l’offerta in punto al criterio rubricato al numero 1.2, non avrebbe affatto verificato se la modifica apportata fosse o meno una variante, avendo, anzi, premiato con il massimo dei punti a disposizione l’offerta di Co. violando, in tal modo, il principio di par condicio, che impone alla stazione appaltante di assicurare che la gara si svolga tra offerte tra loro confrontabili e sulla base dei criteri stabiliti dalla disciplina di gara.
Il Tribunale amministrativo regionale – dato atto che le opere in contestazione dell’offerta tecnica dell’aggiudicatario prevedevano, in sintesi, l’eliminazione nei solai delle strutture di ferro; riepilogata la giurisprudenza sui tratti distintivi fra varianti e miglioramenti ed evidenziate le contrapposte esigenze meritevoli di tutela – ha premesso che, dato che “il primo giudice delle caratteristiche della proposta migliorativa offerta” è la stazione appaltante, spetta a chi sostiene il carattere di variante essenziale del miglioramento l’onere di provare tale natura (“a maggior ragione quando si sostiene che la modifica potrebbe avere impatti negativi sull’insieme al progetto”) ed ha ritenuto che nel caso in esame questa prova non sia stata fornita, dato che:
– il disciplinare presentava una nozione di miglioramento particolarmente ampia;
– in riferimento al punto 1.2 del disciplinare, la proposta dell’aggiudicatario prevedeva l’eliminazione dei capo-chiave metallici in facciata e della sottostruttura metallica dei solai, sostituiti con massetto armato con rete elettrosaldata; si affermava che tale modifica avrebbe garantito i requisiti per cui era prevista la soluzione di progetto, offrendo diversi vantaggi dal punto di vista sismico, termico, estetico, ecologico e manutentivo, oltre a nessun svantaggio;
– l’offerta tecnica dell’aggiudicatario motivava “esaurientemente” sui detti vantaggi e sull’ininfluenza delle opere proposte sui calcoli sismici, affermandosi in particolare che “le modifiche e le relative considerazioni e valutazioni possono essere oggetto di trasmissione di documentazione integrativa all’Ufficio Sismico Regionale ex Genio Civile, senza necessità di una variante richiedente una nuova autorizzazione sismica”;
– non è stata reputata sufficiente a mutare l’avviso del Collegio la perizia di parte ricorrente depositata il 13 gennaio 2020, sia perché non dotata di efficacia probatoria, sia perché lo stesso perito di parte aveva riconosciuto che gli elementi metallici non erano stati presi in considerazione per i calcoli sismici della stazione appaltante; si osserva inoltre nella motivazione della sentenza che “Paradossalmente, il perito afferma a pagina 3 della relazione come in via del tutto ipotetica si potrebbe ritenere che il “…sistema non cambi le analisi sul comportamento globale dell’edificio sottoposte alle azioni sismiche…”. A questo punto la caratteristica di variante sismica del miglioramento offerto risulta un’opinione, per quanto autorevole, del perito che fa notare “…come [con] quegli accorgimenti indicati non si possa ottenere la stessa efficacia rispetto a quelli del progetto approvato.””.
3.1. Col primo motivo di appello (Error in iudicando – errato presupposto di fatto – travisamento dei presupposti – violazione e falsa applicazione del punto 11) comma 4 del disciplinare di gara. Violazione e falsa applicazione dell’art. 95, comma 14 del d.lgs. 50/2006 – violazione della par condicio tra i concorrenti. Violazione e falsa interpretazione della prima perizia di parte – violazione e falsa applicazione dell’art. 112c.p.c. e del principio di corrispondenza della pronuncia alla domanda) si sostiene che la decisione di primo grado si fonderebbe su due presupposti di fatto completamente errati; e segnatamente:
– l’affermazione (contenuta al punto 2.3 della sentenza) che la variante di progetto era permessa nel caso de quo ma che doveva essere approvata dalla stazione appaltante, mentre il disciplinare di gara espressamente vietava varianti in sede di offerta; ciò avrebbe comportato, ad avviso delle appellanti, che sarebbero viziati il ragionamento successivo e i corollari che il primo giudice ne ha fatto derivare;
– l’erronea interpretazione della perizia allegata, dato che il perito incaricato dalle ricorrenti non si sarebbe affatto contraddetto (come invece emergerebbe dalla sentenza), ma avrebbe rafforzato la propria tesi affermando in sostanza che qualora si ragionasse per astratto e la variante, anche se in esito alle analisi numeriche dovesse dare lo stesso risultato, per il solo fatto di richiedere una verifica resterebbe, per ciò stesso, una variante essenziale, vietata dalle norme di gara.
3.2. Col secondo motivo (Falsa applicazione dell’art. 64 c.p.a. e del principio dell’onere della prova) si critica l’affermazione del primo giudice circa la portata non probatoria della perizia di parte, valorizzando il fatto che la parte ricorrente, pur non essendovi tenuta, ha prodotto tre perizie di parte – in sé considerate da numerose pronunce (citate in ricorso) come mezzi di prova – e sostenendo comunque il valore di indizio della perizia di parte, al pari di ogni documento proveniente da terzo, così come d’altronde della documentazione prodotta dalla controinteressata, anch’essa di parte, che in nulla si differenzierebbe, in termini di prova, rispetto a quella offerta dal ricorrente e che, invece, sarebbe stata accettata puramente e semplicemente dal primo giudice, in violazione dell’art. 64, comma 2, Cod. proc. amm.
3.3. Col terzo motivo (Error in iudicando -difetto di motivazione – omessa statuizione in merito al primo motivo di ricorso) si afferma che, avendo il primo giudice spostato il ragionamento sul merito ed avendolo liquidato in quanto non sindacabile, avrebbe omesso di prendere in considerazione “il cuore del problema”.
Riguardo a quest’ultimo, le ricorrenti, richiamato quanto già esposto e argomentato a sostegno del primo motivo del ricorso introduttivo, evidenziano due aspetti sopravvenuti di portata, a loro avviso, dirimente l’intera vertenza, sia sul piano normativo sia sul fronte giurisprudenziale, vale a dire:
– l’intervento del legislatore con il d.m. 30 aprile 2020, entrato in vigore nel maggio 2020, che ha fornito la definizione delle varianti “non sostanziali” (pag. 7, terzultimo capoverso, dove è detto, in negativo, che la variante non deve produrre concrete modifiche sui parametri che determinano il comportamento statico o dinamico della struttura nel suo complesso, mentre l’intervento proposto da Co. modificherebbe in particolare, ma non solo, il comportamento statico della struttura, come le sollecitazioni minime sugli elementi strutturali);
– una sentenza del T.a.r. Calabria – Catanzaro del 26 febbraio 2020, n. 453, che, nell’esaminare un caso, secondo il ricorrente, “fortemente simile a quello oggetto della presente controversia” (intervento su solaio di edifici scolastici con sostituzione di elementi metallici con calcestruzzi), ha concluso ritenendo variante quella che il giudice di prime cure ha ritenuto una semplice miglioria.
L’appellante prosegue osservando che: Co. ha dichiarato l’intenzione di operare sul progetto esecutivo intervenendo sui solai e sostituendo tutti i materiali strutturali metallici ivi previsti (notoriamente indispensabili per la tenuta in caso di eventi sismici) con “non meglio precisati materiali di diversa natura”; per di più, avrebbe depositato “un semplice disegno, un “particolare” ossia un bozzetto di massima generico, immagini, dati tecnici (doc.12, allegato al primo ricorso) che la società produttrice di questo diverso materiale strutturale (la LEKA) pone sul proprio sito in termini pubblicitari (https://www.centrostorico.eu/documenti) laddove addirittura è detto espressamente “non costituisce specifica essendo dati puramenti indicativi” e ancora si avverte “che non è un massetto di finitura ma un massetto strutturale””; in una zona altamente sismica, e riguardo al pavimento di aule scolastiche, si sarebbe in presenza di variante che prevede l’impiego di materiali strutturali di diversa natura e la scelta di una diversa tipologia costruttiva rispetto al progetto e come variante essenziale sarebbe attualmente definita per via normativa (d.m. 30 aprile 2020).
La conseguenza di tutto quanto sopra sarebbe, come già dedotto in primo grado, oltre alla violazione della legge di gara, il mancato rispetto del principio della par condicio tra concorrenti.
4. I motivi, da esaminarsi congiuntamente perché connessi, non meritano di essere accolti.
4.1. La sentenza, al punto 2.3, contiene l’affermazione (“[…] una variante di progetto che, se permessa (come nella gara in esame) deve essere specificamente approvata dalla Stazione Appaltante”) sulla quale le appellanti fondano la prima censura del primo motivo.
Tuttavia la lettura integrale della motivazione evidenzia senza alcun dubbio che si tratta di un mero refuso, perciò, contrariamente all’assunto delle appellanti, privo di qualsivoglia incidenza sia sul ragionamento seguito dal Tribunale amministrativo regionale sia sulla decisione di rigetto del corrispondente motivo di ricorso.
La questione affrontata dal primo giudice è inequivocabilmente quella – peraltro l’unica posta dal dibattito processuale – della verifica se, nel caso di specie, gli interventi offerti da Co. integrassero un miglioramento ovvero una variante, per come fatto palese da quanto motivato ai punti da 2.1 a 2.10 della sentenza; e segnatamente:
– dal riferimento al punto 1.2 dell’art. 12 del disciplinare, inerente l’offerta tecnica, e precisamente il “miglioramento” ivi specificato;
– dal richiamo degli orientamenti giurisprudenziali sui confini strutturali e funzionali tra miglioramento e variante;
– dalla ratio decidendi, basata sull’affermazione che “primo giudice della caratteristiche della proposta migliorativa offerta sia necessariamente la Stazione Appaltante”, col corollario che spetta al ricorrente l’onere di provare, invece, la natura di variante.
Se quest’ultima fosse stata consentita dal disciplinare, o meglio se – come assumono le appellanti – il primo giudice avesse erroneamente ritenuto che fosse consentita, non avrebbe certo svolto il ragionamento di cui alla detta motivazione, che ha a suo chiaro presupposto il divieto di varianti stabilito dalla lex specialis: in ragione di ciò si è affermato in sentenza, per un verso, che le ricorrenti non avevano fornito la prova che l’offerta tecnica di Co. contenesse una variante essenziale e, per altro verso, che la discrezionalità tecnica esercitata dalla commissione di gara nell’attribuzione del punteggio massimo non fosse viziata, soprattutto a fronte della nozione di miglioramento particolarmente ampia contenuta nel disciplinare di gara.
4.2. Parimenti insussistente è il secondo errore di fatto che, col primo motivo di appello, è attribuito al primo giudice, concernente l’interpretazione della perizia di parte redatta dall’ing. Ma., depositata il 13 gennaio 2020.
Il primo giudice ha ritenuto significativo che lo stesso perito di parte abbia riconosciuto che gli elementi metallici non erano stati presi in considerazione dalla stazione appaltante per i calcoli sismici (laddove il perito ha affermato che “… nel modello di analisi del comportamento globale dell’edificio non vengano presi in considerazione…”), di modo che – pur avendo lo stesso perito evidenziato che “tali elementi comunque si attivano localmente ed ognuno è soggetto a sollecitazioni ben individuabili e pertanto per gli stessi sono condotte verifiche di sicurezza” – è risultato tuttavia smentito l’assunto delle ricorrenti sulla necessità di un ricalcolo del comportamento globale dell’edificio in caso di sisma, e confermato quanto, sul punto, controdedotto da Co. (sulla base della relazione tecnica depositata in corso di gara), circa l’ininfluenza degli impalcati rigidi sulla valutazione della sicurezza sismica globale.
Parimenti significativa è l’affermazione del perito di parte, valorizzata in sentenza, circa l’ipotesi che “il sistema [proposto da Co.] non cambi le analisi sul comportamento globale dell’edificio sottoposto alle azioni sismiche”, poiché, a conferma di quanto appena detto, esclude che questa incidenza sia stata, all’opposto, accertata dal perito.
In mancanza di siffatto accertamento, non appare decisiva la constatazione da parte del perito che “le azioni dei meccanismi locali […] rappresentano un sistema tecnicamente diverso, sia per modalità di trasferimento delle azioni, sia per la natura dei materiali, le caratteristiche meccaniche e di duttilità “, poiché la necessità di verifiche per la sicurezza sismica locale non è di per sé ostativa all’introduzione di miglioramenti, per quanto si dirà appresso (tanto è vero che i parametri di riferimento di tali verifiche per la sicurezza locale sono contenuti nella relazione tecnica allegata all’offerta di Co., che le dà per scontate). Giova sottolineare che il perito di parte ha argomentato in merito alla necessità di verifiche sulla sicurezza sismica locale (in punto di meccanismi di ribaltamento) senza però dare conto di quanto al riguardo esposto nella relazione tecnica del Consorzio (circa il fatto che l’area di armatura che si opponeva al ribaltamento per ogni piano ed ogni pannello murario era maggiore di quella presa in considerazione nei calcoli svolti).
Da ciò l’incongruenza, o comunque la non decisività, della conclusione tratta dal perito di parte, secondo cui il sistema proposto dal Consorzio controinteressato “rappresenta una variazione tale da incidere sull’azione sismica, sulle resistenze e sulla duttilità della struttura”.
La constatata variazione della tecnica costruttiva, comportante, ad avviso del perito di parte, nuove verifiche locali, è stata infatti posta a fondamento della qualificazione dell’intervento come variante non consentita, in base alla conclusione appena riportata, che il primo giudice ha giudicato essere una mera “opinione” e che effettivamente non risulta supportata da adeguati riscontri tecnici, sia per quanto su esposto a proposito della diversa rilevanza della sicurezza sismica globale e di quella locale sia perché non vale ad attribuire portata decisiva alla relazione di parte l’assunto – esposto nell’atto di appello (pag. 21) – che il dato tecnico su cui si sarebbe basato il perito di parte sarebbe da rinvenire nel fatto che, prevedendo il progetto a base di gara interventi in materiale metallico, questo non avrebbe potuto essere eliminato (ma tutt’al più sostituito “con un tipo di metallo qualitativamente migliore”), senza dare luogo ad una variante.
Orbene, la variazione della tecnica costruttiva, mediante utilizzazione di materiali diversi dal metallo, non è elemento tecnico di conferma della portata inammissibilmente innovativa dell’intervento proposto da Co., ma il dato oggettivo da cui prendere le mosse per affrontare il vero “cuore del problema” (secondo la terminologia adoperata dalle appellanti) e risolverlo alla stregua delle disposizioni del disciplinare di gara e dei richiamati orientamenti giurisprudenziali in tema di offerte migliorative consentite (da distinguere dalle varianti vietate), in specie nelle gare da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
4.3. Contrariamente a quanto sostenuto dalle appellanti, sia col primo che col secondo motivo di gravame, l’insindacabilità affermata in sentenza non attiene ad una non meglio precisata questione di merito, bensì proprio alla discrezionalità tecnica esercitata dalla commissione di gara nella valutazione dell’offerta tecnica, sia quanto alla sua ammissibilità (sotto il profilo del portata migliorativa e non innovativa del progetto esecutivo) sia quanto al punteggio da attribuire (cfr., nel senso che “la valutazione delle offerte tecniche come pure delle ragioni che giustificano la soluzione migliorativa proposta quanto alla sua efficienza e alla rispondenza alle esigenze della stazione appaltante costituisce espressione di un’ampia discrezionalità tecnica”, Cons. Stato, V, 14 maggio 2018, n. 2853; con conseguente insindacabilità nel merito delle valutazioni e dei punteggi attribuiti dalla commissione, ove non inficiati da macroscopici errori di fatto, da illogicità o da irragionevolezza manifesta: cfr., tra le altre, già Cons. Stato, III, 7 marzo 2014, n. 1072; 14 novembre 2017, n. 5258; id., V, 17 gennaio 2018, n. 269).
La sentenza è in linea di continuità con tale ultima giurisprudenza e comunque conforme a diritto laddove afferma che sarebbe stato onere delle ricorrenti, e del loro perito, fornire elementi tecnici a confutazione della valutazione tecnica della commissione di gara.
Quanto alla portata di tale onere probatorio, ed all’operatività nel processo amministrativo del principio dispositivo con metodo acquisitivo, non vi è dubbio che le perizie tecniche di parte, pur non qualificabili come mezzi di prova, possono fornire quel principio di prova che, riguardando i fatti posti a fondamento della domanda (arg. ex art. 64, comma 1, Cod. proc. amm.), legittima lo svolgimento di attività istruttoria processuale.
Tuttavia, come detto sopra, ciò che è mancato nel caso di specie è proprio tale portata decisiva della perizia di parte concernente la natura dell’intervento sui solai proposto dall’aggiudicatario. La risposta del perito di parte non si può esaurire in una mera qualificazione in termini di miglioria o di variante -spettando questa, in ultima analisi, all’organo giudicante, alla stregua degli anzidetti criteri di giudizio – ma nell’offerta di elementi ed argomenti tecnici atti non tanto a superare, quanto ad evidenziare palesi incongruenze od illogicità o manifesti errori di fatto ascrivibili al giudizio della commissione di gara.
In tale prospettiva, è corretto il riferimento del primo giudice all’offerta tecnica ed agli atti allegati, dei quali quest’ultima si è avvalsa per valutare la proposta del Consorzio, poi risultato aggiudicatario. Tale riferimento non costituisce, come infondatamente sostenuto dalle appellanti, l’attribuzione erronea di una diversa portata probatoria ai documenti dell’una parte a fronte di quelli forniti dall’altra, bensì l’espressione del contemperamento tra le regole dell’onere della prova di cui al citato art. 64 Cod. proc. amm. e i principi in tema di sindacato del giudice sull’esercizio della discrezionalità tecnica della pubblica amministrazione. Il sindacato giurisdizionale, che ha natura estrinseca, ha, a sua volta, come riferimento gli atti (anche di parte) del procedimento nel quale l’amministrazione ha compiuto le proprie valutazioni: nel caso di specie, come sottolinea anche Co. negli scritti difensivi anche d’appello, si tratta della sua offerta tecnica e della relativa relazione tecnica, da raffrontare con la documentazione progettuale di gara e con le definizioni del disciplinare di gara.
4.4. Queste ultime consentono di confutare i due argomenti sopravvenuti illustrati nel terzo motivo di appello.
Significativa è, infatti, come detto in sentenza, l’ampia nozione di miglioramento di cui al punto 1.2. dell’art. 12 del disciplinare di gara, secondo cui “Costituiranno elementi di valutazione le proposte tecniche migliorative ed integrative rispetto al Progetto Esecutivo posto a base di gara, in termini di qualità dei materiali da utilizzare e/o lavorazioni integrative e/o soluzioni innovative e funzionali, compatibili con il recupero e la valorizzazione del bene oggetto dell’intervento ed atte a garantire una maggiore qualità architettonica, il miglioramento delle condizioni di vivibilità, la massima economicità sia nella gestione che nella manutenzione delle opere, nonché una maggiore durabilità e ciclo di vita delle stesse”
La circostanza che vi si faccia riferimento, non solo alla qualità dei materiali da utilizzare, ma anche alle “lavorazioni integrative” e/o alle “soluzioni innovative e funzionali” (sia pure alle condizioni ivi previste), considerata unitamente all’elevato punteggio massimo previsto (25/100), consente di affermare che non è irragionevole ritenere, come ha ritenuto la commissione di gara, che:
– non è variante tout court la proposta di diversi materiali;
– tra le soluzioni innovative e funzionali rientra l’introduzione di “massetto armato con rete elettrosaldata” al posto dei “capochiave metallici in facciata e della sottostruttura metallica dei solai”.
4.4.1. Dato ciò, va esclusa, nella gara de qua, la rilevanza della normativa tecnica di cui al d.m. 30 aprile 2020 (Approvazione delle linee guida per l’individuazione dal punto di vista strutturale, degli interventi di cui all’art. 94 bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché delle varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all’art. 93) pubblicato il 15 maggio 2020, sia perché sopravvenuta alla pubblicazione della lex specialis (e addirittura alla sentenza di primo grado), sia perché si tratta di intervento normativo avente la finalità specificata nell’intitolazione, che non ha incidenza sulla qualificazione di “variante” al progetto esecutivo a base di gara rilevante invece per escluderne l’ammissibilità nella procedura selettiva. Infatti, l’individuazione delle “varianti di carattere non sostanziale” di cui alle citate Linee guida rileva ai soli fini della necessità o meno del preavviso dell’art. 93 (Denuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche) del d.P.R. n. 380 del 2001. La circostanza che la proposta migliorativa del Consorzio non fosse soggetta a nuova autorizzazione sismica ai sensi dell’art. 94 dello stesso d.P.R., ma a “trasmissione di documentazione integrativa all’Ufficio Sismico Regionale ex Genio Civile”, esposta nella relazione illustrativa presentata da Co., è stata ribadita nella sentenza di primo grado; di modo che le Linee guida sopravvenute potrebbero tutt’al più rilevare per l’eventuale necessità (anche questa sopravvenuta) del preavviso di cui all’art. 93. Tale situazione non sarebbe tuttavia ostativa alla qualificazione dell’intervento come miglioramento ammesso ai sensi del criterio di cui al punto 1.2. dell’art. 12 del disciplinare, alla stregua della giurisprudenza, che qui si ribadisce, per la quale la necessità di nuovi titoli abilitativi non è di per sé indice di qualificazione dell’intervento in termini di variante inammissibile piuttosto che di proposta migliorativa ammissibile (cfr. Cons. Stato, V, 14 maggio 2018, n. 2853).
Si tratta del corollario del principio di vincolatività della legge di gara, quando non impugnata (come nel caso di specie), sia nei confronti della stazione appaltante che nei confronti degli operatori economici concorrenti, anche in punto di ampiezza di miglioramenti ammessi e valutabili.
4.4.2. Quanto al precedente giurisprudenziale richiamato nell’atto di appello, oltre ad essere decisiva la definizione di miglioramento che, nel disciplinare della presente gara, comprende anche le soluzioni innovative e funzionali (ciò, che non risulta essere stato nel caso oggetto della decisione suddetta), esso non è dirimente per le seguenti ulteriori considerazioni:
– pur consistendo i miglioramenti contestati in una variazione della tecnica costruttiva di intervento sui solai esistenti, questa non comporta variazione tipologica, strutturale o funzionale del progetto esecutivo posto a base di gara, in quanto non altera i caratteri essenziali dell’edificio, ma, intervenendo sulle caratteristiche tecniche degli elementi strutturali interni (cui è riferita la rubrica del citato punto 1.2. dell’art. 12 del disciplinare), ne garantisce comunque la prestazione richiesta;
– la tipologia costruttiva/strutturale dell’edificio resta infatti costituita da muri portanti e solai rigidi, oltre che da fondazioni superficiali in cemento armato, come da progetto esecutivo posto a base di gara;
– i solai vengono interessati senza che l’eliminazione degli elementi metallici e la loro sostituzione col massetto armato certificato incidano sul calcolo di verifica sismico (in quanto, come detto, questo è stato effettuato senza prendere in considerazione gli elementi metallici all’intradosso dei solai esistenti);
– detta sostituzione risulta poi lasciare inalterata la prestazione da assicurare con l’intervento di adeguamento sismico dei solai (incremento della rigidezza di piano ed eliminazione e riduzione del rischio di attivazione dei meccanismi locali di ribaltamento delle pareti);
– non è stata smentita l’affermazione del Consorzio controinteressato, tratta dalla relazione tecnica allegata all’offerta, che la miglioria non muta il sistema costruttivo sismo-resistente dell’edificio, costituito da muri portanti legati da solai rigidi nel proprio piano; l’affermazione del perito di parte ricorrente secondo cui l’eliminazione dei capochiave metallici in facciata e degli elementi rompitratta metallici per i solai, previsti in progetto, non indurrebbe alla stessa efficacia non attiene alla qualificazione dell’intervento in termini di miglioramento ovvero di variante, bensì alla necessità di nuove verifiche locali che, di per sé, non invalidano la valutazione di sicurezza ai sensi del punto 8.4.2. delle NTC 2018 posta a base del progetto esecutivo, poiché, come riconosce anche il perito di parte, lo stesso punto della Norma precisa “Resta comunque fermo l’obbligo di procedere alla verifica locale delle singole parti e/o elementi della struttura, anche se interessano porzioni limitate della costruzione”; ne consegue che, dati gli ampi limiti imposti dal disciplinare nella qualificazione dei miglioramenti, l’ammissibilità di questi non poteva dirsi compromessa dalla necessità di verifiche locali, per definizione normativa interessanti anche “porzioni limitate” della costruzione;
– quanto, infine, al corredo documentale all’offerta di Co. non si tratta soltanto di un “disegno” (né da essa si può evincere che, come affermato negli scritti delle ricorrenti, si sarebbe sostituita la struttura armata dei solai con del “semplice materiale di malta” o con materiali dei quali non sarebbe stata resa nota la natura), ma, come richiesto dal disciplinare, è stata allegata all’offerta una dettagliata ed articolata relazione tecnica; questa, come pure è detto nella sentenza di primo grado, ha ampiamente argomentato in merito alla portata non innovativa, ma di miglioria, del proposto intervento sui solai, ivi illustrato, anche con elaborati grafici e descrittivi, computo metrico di dettaglio non estimativo ed altra documentazione ritenuta utile (senza che fosse necessaria l’integrazione progettuale, rimessa alla fase esecutiva);
– il massetto in calcestruzzo armato certificato è, in particolare, descritto nell’offerta tecnica di Co., anche quanto alla funzione di garantire solai rigidi nel proprio piano (addirittura in maniera più efficiente della sottostruttura metallica eliminata) e quanto al frequente utilizzo di esso nei recuperi degli edifici esistenti; affermazioni, entrambe, rimaste prive di confutazione nella relazione tecnica di parte ricorrente.
4.5. In sintesi, l’intervento proposto è coerente con i lavori di ristrutturazione degli edifici con adeguamento sismico e messa in sicurezza, per i quali è stato bandito l’appalto, e con la tipologia e la funzione del progetto posto a base di gara; di quest’ultimo è interessato un singolo aspetto tecnico, poiché è modificata la tecnica costruttiva di un elemento strutturale interno all’edificio; tale modifica è realizzata proponendo una soluzione innovativa, che non stravolge il progetto a base di gara e lascia invariata la prestazione richiesta, ed è perciò compatibile col recupero e la valorizzazione del bene oggetto dell’intervento, come consentito dalla legge di gara (punto 1.2 dell’art. 12 del disciplinare). Quest’ultima ha infatti incentrato l’attribuzione del punteggio per il miglioramento “delle caratteristiche tecniche e delle finiture degli elementi interni ed esterni dell’edificio Mo.” sull’idoneità dello stesso ad innovare tecnicamente il progetto di gara, in funzione del raggiungimento delle finalità di “maggiore qualità architettonica,… miglioramento delle condizioni di vivibilità,… massima economicità sia nella gestione che nella manutenzione delle opere, nonché … maggiore durabilità e ciclo di vita delle stesse”, nessuna delle quali seriamente contestata dalle parti ricorrenti riguardo all’offerta dell’aggiudicatario.
Proprio l’ampia nozione di miglioramenti valutabili e l’entità del punteggio massimo previsto dimostrano che la stazione appaltante ha avuto di mira modifiche significative rispetto al progetto posto a base di gara, purché riguardanti singoli elementi dell’edificio, le quali, ferma restando la funzione di adeguamento sismico e messa in sicurezza, sarebbero potute consistere sia nella diversità dei materiali impiegati, sia nella diversità delle tecniche costruttive, o meglio delle modalità tecniche dell’adeguamento sismico, equivalenti a quelle di progetto, ma, al contempo, preferibili per la loro portata innovativa e funzionale.
4.6. In proposito la giurisprudenza ha già avuto modo di osservare che “in ogni caso, a prescindere dalla espressa previsione di varianti progettuali in sede di bando, deve ritenersi insito nella scelta del criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa che, anche quando il progetto posto a base di gara sia definitivo, è consentito alle imprese di proporre quelle variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis onde non ledere la par condicio” (Cons. Stato, V, 11 dicembre 2015, n. 5655) e ciò per l’elementare considerazione che l’esclusione di qualsivoglia significativa diversificazione tra le offerte tecniche delle singole imprese priverebbe di contenuti la previsione del detto criterio di aggiudicazione e che l’ammissibilità di modifiche soltanto marginali finirebbe per ridimensionarne la portata o l’utilità, mortificando la competizione tecnica tra le concorrenti.
In tale ottica va interpretata anche la distinzione tra miglioramenti consentiti e varianti vietate espressa dalla giurisprudenza (richiamata da entrambe le parti, ciascuna a sostegno delle proprie ragioni, e dal giudice di primo grado), con l’affermazione, ribadita di recente, che le proposte migliorative consistono in soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara, investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste (così, da ultimo, Cons. Stato, V, 8 ottobre 2019, n. 6793 e id., V, 12 maggio 2020, n. 2969).
4.7. Nel caso di specie, è rimasta infine confermata l’incidenza della proposta migliorativa in contestazione su un singolo aspetto tecnico dell’opera (interventi sui solai dell’edificio) che si prestava a diversificare le offerte tecniche dei concorrenti, onde dare significato al criterio selettivo definito al ridetto punto 1.2 dell’art. 12 del disciplinare, senza che le ricorrenti siano state in grado di dimostrare che il progetto a base di gara ne fosse stravolto ovvero che fossero compromesse le finalità dei lavori oggetto di appalto di adeguamento sismico e di messa in sicurezza degli edifici.
I primi tre motivi di appello vanno quindi respinti.
5. Il quarto motivo concerne il rigetto del secondo motivo di ricorso.
Con questo si era dedotta violazione del punto 15 del disciplinare di gara e dell’art. 95, comma 1 e 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, nonché disparità di trattamento e violazione del giusto procedimento per la mancata applicazione dei corretti criteri valutativi.
Le ricorrenti avevano esposto che: il disciplinare prevedeva, a pena di esclusione, la presentazione di un Attestato di prestazione energetica (APE) simulato, che attestasse il raggiungimento della classificazione NZEB (Nearly Zero Energy Building) in relazione agli interventi previsti per il raggiungimento di tale obiettivo; il valore contenuto nell’APE dell’aggiudicatario sarebbe stato calcolato in maniera non corretta e non sufficiente a consentire il raggiungimento della classe prescritta; in particolare, non sarebbe stato idoneo l’impianto di ventilazione, previsto solo per l’aula magna e comunque insufficiente e incompleto; inoltre, non sarebbe stata prevista la produzione di acqua calda sanitaria tramite apposite pompe di calore.
5.1. Il Tribunale amministrativo regionale ha premesso che l’onere della prova sulla mancanza del requisito certificato dalla controinteressata (che aveva presentato l’APE richiesta) spettasse alla ricorrente e che la classificazione NZEB era già prevista nel progetto originario (come osservato dalla stazione appaltante). Ha quindi tratto la conclusione che la ricorrente avrebbe dovuto “provare che le modifiche prodotte pregiudichino la presenza della classificazione, oppure che il progetto non ne fosse originariamente previsto. Al contrario, dalla lettura del disciplinare appare che la classificazione NZEB da provare nell’offerta tecnica riguardi l’insieme dell’edificio, già a norma, unito ai miglioramenti proposti”.
Quanto alla perizia giurata di parte ricorrente, depositata il 13 gennaio 2020, questa non avrebbe, secondo il Tribunale, affrontato detto problema, essendosi limitata “ad effettuare un calcolo alternativo dell’APE che vedrebbe il conseguimento del livello NZEB per l’offerta della ricorrente e non [per] quella della controinteressata”, mentre nella censura in esame non sarebbe stata in discussione la qualità delle soluzioni proposte dalle due ditte ma la validità della documentazione regolarmente presentata dall’aggiudicataria, senza che “siano state fornite prove tali da mettere in dubbio la validità di quanto presentato dalla controinteressata”.
5.2. Col quarto motivo d’appello (Error in iudicando – violazione e falsa interpretazione della seconda perizia di parte. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza della pronuncia alla domanda in merito al terzo [secondo] motivo di ricorso errata presupposizione dei fatti, illogicità, contraddittorietà manifesta) si critica la lettura della perizia di parte sottesa alla motivazione della sentenza appellata. Dopo aver riportato gli esiti della perizia tecnica redatta dall’ing. Lu. Lo. (pag. 28 del ricorso) e dopo aver richiamato la normativa UNI 11300 (relativa al calcolo delle prestazioni energetiche di un edificio) punto 12.2 (calcolo delle portate minime di progetto di aria esterna, che rinvia ai parametri della norma UNI 10339), l’appellante sostiene che le portate minime di progetto da inserire nel software di calcolo per la redazione dell’APE dovevano essere quelle derivanti dal calcolo con la norma UNI 110339 e inserendo le portate corrette – in assenza di un impianto di ventilazione meccanica controllata con recupero di calore per l’intero edificio (e non per la sola aula magna, come offerto da Co.) – risulterebbe impossibile che gli interventi previsti e offerti dall’aggiudicatario facciano rientrare l’edificio in classe NZEB.
Inoltre si avrebbe che:
– anche i ricambi di aria offerti nella miglioria di Co. non rispetterebbero i parametri previsti dalla normativa di riferimento (UNI 10339), dato che l’impianto di ventilazione meccanica per la sola aula magna presenterebbe una portata d’aria tre volte inferiore a quella minima necessaria;
– nel computo delle migliorie appare come voce la sola macchina di ventilazione, ma mancherebbe tutto quanto necessario a dare l’opera finita e funzionale: canale e griglia di presa aria esterna, canale e griglia di espulsione aria viziata, canali e griglie di mandata aria e di ripresa;
– vi sarebbe un altro errore nell’APE circa il servizio ACS (produzione di acqua calda sanitaria), indicato come presente, pur essendo riportato come sistema di generazione dell’acqua calda sanitaria la stessa pompa di calore prevista, da progetto, per il riscaldamento (che nel progetto a base di gara appunto è dedicata esclusivamente al servizio di riscaldamento degli ambienti).
In conclusione, l’aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso per l’assenza di un requisito richiesto dalla lex specialis come essenziale e a pena di esclusione.
5.3. Il motivo è infondato.
Va premesso che la legge di gara sanzionava con l’esclusione soltanto l’assenza dell’APE simulato e della relazione tecnica. Avendo il Consorzio aggiudicatario allegato alla propria offerta tecnica sia l’una che l’altra, ed essendo di stretta interpretazione le clausole del bando che prevedono fattispecie espulsive, già soltanto per questo la censura delle ricorrenti avrebbe dovuto essere respinta.
5.3.1. Quanto, poi, al merito concernente l’asserita mancanza di conformità dell’attestato prodotto dal Consorzio ai requisiti minimi prestazionali di legge per conseguire la classificazione NZEB, è dirimente la considerazione – già presente nella sentenza appellata – che il progetto esecutivo allegato al bando di gara conferiva al corpo di fabbrica “Mo.” le caratteristiche di un edificio NZEB; pertanto, le ricorrenti avrebbero dovuto provare come le dedotte inidoneità delle migliorie offerte da Co., in specie con riferimento all’aula magna, potrebbero comportare la perdita di tale classificazione; in mancanza di tale dimostrazione, è corretta la decisione di rigetto del primo grado.
5.3.2. Analogamente è a dirsi per gli ulteriori rilievi di cui al motivo in esame; e precisamente:
– non è stata dimostrata l’incidenza del servizio di ACS (produzione di acqua calda sanitaria), così come offerto da Co., sulla classificazione energetica dell’edificio;
– non è stata dimostrata l’inadeguatezza del software di calcolo termico utilizzato dal Consorzio aggiudicatario, in termini tali da rendere tamquam non esset la documentazione (APE simulata) presentata dall’aggiudicatario.
5.4. Il quarto motivo di appello va pertanto respinto.
6. Il quinto motivo concerne il rigetto del terzo motivo di ricorso.
Con questo si era dedotta erroneità dei presupposti di fatto, eccesso di potere per arbitrarietà e illogicità manifesta, irragionevolezza, incoerenza della procedura valutativa, difetto di motivazione e violazione del giusto procedimento, ingiustizia manifesta.
Le ricorrenti avevano contestato un’incongruenza nell’attribuzione dei punteggi relativi all’offerta tecnica del r.t.i., riguardanti due miglioramenti diversi da quello oggetto del primo motivo di ricorso (punti 1.3 e 1.4 del disciplinare di gara), i quali, pur avendo sostanzialmente il medesimo oggetto (in quanto relativi ad un sistema di antisfondamento del solaio, nonché al medesimo controsoffitto antisismico) avrebbero ottenuto uno il punteggio di 20 (nel punto 1.3) e il secondo quello di 14 (nel punto 1.4) su 20 disponibili in entrambi i casi.
Inoltre, per una modifica meno rilevante (aumento di metratura e opera di finitura in controsoffitto antisismico), la controinteressata aveva ottenuto 18 per entrambi i criteri 1.3 e 1.4.
6.1. Il Tribunale amministrativo regionale ha respinto la censura, richiamando i “ben noti limiti del sindacato del giudice sulla discrezionalità della Stazione Appaltante sui giudizi numerici relativi all’offerta tecnica”.
In particolare, ha escluso illogicità o manifeste incongruenze nei criteri di giudizio e nel giudizio della commissione, motivando come segue:
– si tratta… di migliorie che riguardano due diversi edifici (edificio Mo.-Edificio Ma.), per cui si ritiene che i punteggi assegnati non siano viziati da manifesta irrazionalità, dato che l’impatto di un miglioramento similare su edifici diversi può essere valutato in maniera differente;
– né, per gli stessi motivi, costituisce disparità di trattamento o eccesso di potere, in mancanza di altri elementi, la circostanza che all’aggiudicataria sono stati assegnati 18 punti, per entrambi i criteri, con riguardo ad una differente miglioria riproposta […];
– si tratta sempre di un giudizio discrezionale della Stazione Appaltante e non è chiaro perché le proposte della ricorrente avrebbero dovuto ottenere un punteggio superiore a quello della controinteressata (anche inteso come somma dei due criteri, ove la controinteressata ha ottenuto complessivamente 36 punti contro i 34 della ricorrente);
– non è decisiva neanche l’affermazione per cui i due edifici avrebbero caratteristiche simili, dato che comunque non si può escludere la possibilità di una valutazione differenziata dei miglioramenti né a maggior ragione, viene provata alcuna disparità di valutazione tra ricorrente e la controinteressata;
– non rileva il differente valore delle opere di miglioria, dato che “la valutazione dei miglioramenti è qualitativa e non riguarda il valore, per cui è irrilevante l’ammontare economico delle opere proposte”.
6.2.Col quinto motivo di appello (Error in iudicando – difetto di motivazione – omessa statuizione in merito al terzo motivo di ricorso. Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del principio di corrispondenza della pronuncia alla domanda. Eccesso di potere per difetto di motivazione – errata presupposizione dei fatti, illogicità, contraddittorietà manifesta), le appellanti criticano la sentenza, osservando che non si era chiesto di valutare, a confronto, le proposte del r.t.i. ricorrente e del controinteressato, ma di valutare l’irragionevolezza dell’attribuzione al primo di un punteggio diverso per due proposte formulate nella stessa gara che sarebbero state “perfettamente sovrapponibili”.
Al riguardo sostengono che non avrebbe alcuna rilevanza il diverso anno di costruzione dei due edifici (su cui hanno insistito le parti resistenti), giacché, come risulta anche dalla perizia di stima redatta dall’ing. Ma. Ma., la designazione dei lavori riguardante i due edifici era identica dal punto di vista progettuale.
Quindi sarebbe “illogico e affetto da incoerenza valutativa… il secondo punteggio espresso in ordine di tempo” e comunque in contrasto con i criteri in proposito fissati dalla stessa commissione (che sarebbero stati derogati solo per la ricorrente “e solo per essa rispetto a tutti i candidati vincitori”); quand’anche si fosse trattato di un errore, la commissione non avrebbe potuto ritenersi esentata dal motivare la scelta di “una così incongrua decisione”.
6.3. Il motivo non merita di essere accolto.
La sentenza va immune dal vizio lamentato dalle appellanti, poiché non si è limitata al confronto tra le valutazioni delle offerte del r.t.i. ricorrente e del controinteressato, ma – per come emerge dalla piana lettura della sopra riportata motivazione – ha giudicato insindacabile l’attribuzione di diverso punteggio alle due proposte dello stesso r.t.i.
In particolare, ha escluso la manifesta irragionevolezza o l’errore palese da parte della commissione per avere diversamente valutato due proposte migliorative, asseritamente aventi il medesimo contenuto, ma riferite a due edifici differenti (edificio Mo. ed edificio Mamiani), di modo che l’eventuale identità delle soluzioni proposte – afferenti ad interventi da realizzarsi in diversi contesti- non avrebbe dovuto necessariamente comportare l’attribuzione di punteggi identici.
6.3.1. Quanto poi alla lamentata carenza di motivazione da parte della commissione di gara, è sufficiente richiamare l’univoca giurisprudenza secondo cui nelle gare pubbliche d’appalto, da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il punteggio numerico espresso sui singoli parametri di valutazione costituisce sufficiente motivazione (cfr., tra le altre Cons. Stato, V, 18 gennaio 2016, n. 120 e 23 febbraio 2015, n. 882).
Del tutto apodittica è rimasta, infine, la censura di disparità di trattamento, per l’asserita deroga a non meglio precisati criteri valutativi che la commissione di gara avrebbe posto in essere soltanto nei confronti del r.t.i. ricorrente.
6.3.2. A quanto sin qui esposto si aggiunga che la deduzione del vizio è inammissibile perché è del tutto indimostrato che all’esito di un ipotetico riesame delle due proposte conseguirebbe l’attribuzione ad entrambe del punteggio massimo, non apparendo affatto idoneo a superare la prova di resistenza l’indimostrato assunto delle ricorrenti che l’errore sarebbe occorso nell’attribuzione del punteggio minore.
7. In conclusione, l’appello va respinto.
7.1. La peculiarità del caso e le oscillazioni giurisprudenziali riguardanti la distinzione tra varianti e miglioramenti progettuali rendono di giustizia la compensazione delle spese del grado di appello, così come hanno consentito la compensazione delle spese del primo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2020, tenuta ai sensi dell’art. 4 del d.l. n. 28 del 2020 e dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere, Estensore

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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