Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 6 novembre 2018, n. 6273.
La massima estrapolata:
La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti ad un’autorizzazione unica rilasciata dalla Regione, che è tenuta a convocare la conferenza di servizi; tutte le Amministrazioni interessate dal progetto, e dunque con competenza propria in materia, sono tenute a partecipare alla conferenza e ad esprimere in tale sede anche i pareri di cui sono investiti per legge, secondo le dinamiche collaborative proprie dello strumento di semplificazione procedimentale previsto dalla legge. Il parere negativo espresso al di fuori della conferenza è illegittimo per incompetenza alla stregua di un atto adottato da un’Autorità priva di potere in materia.
Sentenza 6 novembre 2018, n. 6273
Data udienza 8 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1434 del 2013, proposto da:
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Li., Ti. Te. Co., con domicilio eletto presso l’ufficio della Delegazione regionale in Roma, via (…);
contro
Pa. En. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Sa. Pr., con domicilio eletto presso lo studio Al. Pl. in Roma, via (…);
nei confronti
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale per la Puglia (Arpa), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato La. Ma., con domicilio eletto presso lo studio Al. Pl. in Roma, via (…);
sul ricorso numero di registro generale 1608 del 2013, proposto da:
Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale per la Puglia (Arpa-P), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato La. Ma., con domicilio eletto presso lo studio Pl. in Roma, via (…);
contro
Pa. En. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Sa. Pr., con domicilio eletto presso lo studio Al. Pl. in Roma, via (…);
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Li., Ti. Te. Co., con domicilio eletto presso l’ufficio della Delegazione Regione Puglia in Roma, via (…);
Dirigente Servizio Energie, Reti e Infrastrutture Materiali Per Lo Sviluppo-Uff.Energia e Reti Energia Regione Puglia, non costituito in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 1647 del 2013, proposto da:
Pa. En. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Sa. Pr., con domicilio eletto presso lo studio Pl. in Roma, via (…);
contro
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Li., Ti. Te. Co., con domicilio eletto presso l’ufficio della Delegazione Regione Puglia in Roma, via (…);
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) – Puglia, non costituita in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso n. 1434 del 2013:
della sentenza del T.a.r. Puglia – Bari: Sezione I n. 01397/2012, resa tra le parti, concernente diniego autorizzazione unica impianti eolici nel Comune di (omissis);
quanto al ricorso n. 1608 del 2013:
della sentenza del T.A.R. PUGLIA, BARI, Sez. I n. 01397/2012, resa tra le parti, concernente diniego autorizzazione unica impianti eolici Comune di (omissis);
quanto al ricorso n. 1647 del 2013:
della sentenza del T.a.r. Puglia – Bari: Sezione I n. 01397/2012, resa tra le parti, concernente la reiezione della domanda di risarcimento danni a seguito di diniego autorizzazione unica impianti eolici Comune di (omissis).
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Pa. En. S.r.l., dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale per la Puglia (Arpa) e della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2018 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Li. per sé e per delega di Ma., D’A. per delega di Pr.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
A)1.- Con ricorso iscritto sub n. 1434/2013 del R.G. la Regione Puglia ha interposto appello nei confronti della sentenza 10 luglio 2012, n. 1397 del Tribunale amministrativo regionaleper la Puglia, sez. I, che ha accolto il ricorso esperito da Pa. En. s.r.l. avverso il provvedimento regionale del 31 ottobre 2011, recante il diniego di autorizzazione unica in relazione ad impianti di produzione di energia da fonte fotovoltaica in agro di (omissis), respingendo peraltro la domanda di risarcimento del danno.
La controversia è insorta con riferimento ad un complesso procedimento, conclusosi con il diniego opposto dalla Regione Puglia, previo parere negativo dell’ARPA in data 3 agosto 2011, sull’istanza di autorizzazione unica (di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003) del 17 maggio 2010 per la costruzione di un impianto per la produzione di energia elettrica di 5.994 MW e delle relative opere ed infrastrutture connesse in località (omissis), denominato “Ca. A”, da realizzare nel Comune di (omissis), presentata dall’appellante.
2.- Con il ricorso in primo grado la Pa. En. s.r.l. ha impugnato il diniego ed il presupposto parere negativo dell’ARPA, deducendo che quest’ultimo avrebbe dovuto essere espresso nell’ambito della conferenza di servizi, e comunque risulta di per sé inidoneo a fondare il provvedimento, in quanto proveniente da un organo tecnico consultivo, tanto più in considerazione del fatto che la Provincia di Bari, in sede di screening, ha espresso una valutazione ambientale positiva.
3. – La sentenza appellata ha accolto l’azione impugnatoria, ritenendo, da un canto, di non poter escludere la possibilità per la Regione Puglia di invitare alla conferenza di servizi decisoria, di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, anche soggetti tecnici come l’ARPA, non titolari di competenze decisorie in materia di realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, e, dall’altro canto, lo stato viziato (per incompetenza assoluta) del parere dell’ARPA, rilasciato il 3 agosto 2011, e dunque al di fuori della conferenza di servizi, conclusasi il 20 dicembre 2010. La sentenza ha altresì riconosciuto l’illegittimità del diniego di autorizzazione unica in quanto fondato solamente sul parere negativo espresso dall’ARPA, omettendo di considerare le specifiche risultanze della conferenza di servizi, e senza tenere conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede (favorevoli alla realizzazione dell’impianto), in cui l’opinione dell’ARPA era rimasta isolata, a fronte, in particolare, di una positiva valutazione ambientale espressa dalla Provincia di Bari nel procedimento di screening conclusosi il 28 settembre 2010. Infine, la sentenza ha disatteso la domanda di condanna al risarcimento del danno, poiché generica e non provata.
4. – L’appello della Regione Puglia censura la sentenza allegandone il vizio motivazionale e la contraddittorietà, essenzialmente nella considerazione: a) dell’erroneità dell’affermazione del difetto di competenza dell’ARPA a partecipare alla conferenza di servizi di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, in contrasto con quanto previsto dall’art. 2, comma 23, lett. a), del d.lgs. n. 128 del 2010 e dall’art. 4, lett. o), della l.r. Puglia 22 gennaio 1999, n. 6, norme da cui si evince che l’ARPA è titolare di funzioni di monitoraggio e consultive estrinsecantisi in pareri non vincolanti per la Regione, che però può tenerne conto ed assumerli a fondamento delle proprie determinazioni; b) dell’erroneità della statuizione dell’incompetenza dell’ARPA a rendere il parere al di fuori del procedimento conferenziale, risultando comunque garantito il contraddittorio procedimentale; c) della possibilità dell’Autorità procedente di decidere a prescindere delle posizioni prevalenti emerse nella conferenza di servizi; d) della conseguente erroneità della statuizione di condanna dell’Amministrazione regionale al pagamento delle spese del giudizio di primo grado.
5. – Si è costituita in resistenza la Pa. En. s.r.l., chiedendo la reiezione dell’appello.
6. – Si è altresì costituita in giudizio l’ARPA Puglia concludendo per l’accoglimento dell’appello dell’Amministrazione regionale.
B)7. – Con ricorso iscritto sub n. 1608/2013 del R.G. l’ARPA Puglia ha proposto appello avverso la medesima sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia 10 luglio 2012, n. 1397 chiedendone la riforma e principalmente rilevandone la contraddittorietà, nella misura in cui, da un canto, riconosce la possibilità per il RUP di convocare alla conferenza di servizi decisoria l’Agenzia, le cui funzioni attengono alla prevenzione e tutela dell’ambiente (in materia di aria, acqua, suolo, sottosuolo, paesaggio ed in generale dell’habitat naturale ed umano), e, dall’altro, afferma l’impossibilità di acquisirne le valutazioni espresse come unico fondamento del provvedimento finale (diniego di autorizzazione unica); censura altresì la motivazione della sentenza laddove ha ritenuto che il proprio parere sia stato reso al di fuori della conferenza di servizi, essendo comunque stato garantito il contraddittorio con la parte privata proponente, anche mediante il c.d. preavviso di rigetto, aggiungendo che il parere negativo del 3 agosto 2011 è reiterativo dei precedenti, evidenzianti la carenza di revisioni per lo smaltimento dell’impianto in fase di dismissione.
8. – Si è costituita in resistenza la Pa. En. s.r.l. eccependo l’inammissibilità del ricorso in appello per difetto di legittimazione attiva e di interesse dell’ARPA, mero organo tecnico della Regione, e comunque la sua infondatezza nel merito.
9. – Si è altresì costituita in giudizio la Regione Puglia chiedendo l’accoglimento dell’appello di ARPA Puglia.
C)10. – Con ulteriore ricorso iscritto sub n. 1647/2013 del R.G. la Pa. En. s.r.l. ha impugnato la medesima sentenza 10 luglio 2012, n. 1397 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, limitatamente alla statuizione di rigetto della sua domanda di risarcimento del danno, eziologicamente prodotto dal ritardo della Regione Puglia nel concludere il procedimento, comportante la riduzione delle tariffe incentivanti a causa del sopravvenire di una nuova disciplina. In particolare, rispetto al regime delle tariffe incentivanti di cui al d.m. 19 febbraio 2007, vigente al momento della presentazione della domanda di autorizzazione, risalente al 17 maggio 2010, sono sopravvenuti i cc.dd. III, IV, e V conto energia, che hanno comportato significative e progressive riduzioni. Ad avviso di Pa. En., la domanda di risarcimento proposta in primo grado non era generica, ma basata su criteri aritmetici, od al limite da intendersi come domanda di accertamento della responsabilità in forma generica.
11. – Si è costituita in resistenza la Regione Puglia chiedendo la reiezione dell’appello.
12. – All’udienza pubblica dell’8 marzo 2018 le cause sono state trattenute in decisione.
DIRITTO
1.- Deve essere preliminarmente disposta, ai sensi dell’art. 96 Cod. proc. amm., la riunione dei ricorsi in appello iscritti sub nn. 1434/2013, 1608/2013 e 1647/2013 del R.G., in quanto aventi ad oggetto la medesima sentenza.
2. – Principiando dalla disamina del ricorso n. 1434/2013 del R.G., con cui la Regione Puglia critica la sentenza che ha accolto l’azione impugnatoria esperita da Pa. En. s.r.l. avverso il diniego di autorizzazione unica per l’esercizio di un impianto fotovoltaico, va ricordato che l’appello lamenta, con un unico, articolato, motivo, il vizio motivazionale e la perplessità della pronuncia di primo grado.
Anzitutto l’Amministrazione appellante incentra le allegazioni difensive sulla possibilità di utilizzare le competenze dell’ARPA, suo organo tecnico, nell’istruttoria dei procedimenti di autorizzazione unica, di cui all’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003, assumendo come dunque l’Agenzia sia titolata a partecipare alla conferenza di servizi decisoria, mediante espressione di parere, seppure non vincolante, alla Regione; di qui la critica all’affermazione, asseritamente contenuta nella sentenza gravata, di incompetenza dell’ARPA a rendere il parere che, in quanto recepito dal provvedimento regionale, ha condotto alla conclusione negativa del procedimento.
Deduce poi l’erroneità della pronuncia nella parte in cui ha ritenuto illegittimo il parere reso al di fuori del procedimento conferenziale, ed anzi a conferenza di servizi conclusa, nell’assunto che sia possibile il dissenso espresso al di fuori di quella sede istituzionale, allorchè sia garantito il contraddittorio, come è avvenuto nel caso di specie.
In ogni caso, il potere decisorio spetta all’Autorità procedente, tenendo conto delle risultanze istruttorie emerse nella conferenza di servizi, ambito nel quale va anche segnalato il parere in data 20 dicembre 2010 dell’Autorità di Bacino per la Puglia, che ha ritenuto non condivisibile lo studio idrogeologico della società proponente, consigliando una revisione dello studio di compatibilità idrologica ed idraulica.
Il motivo, nella sua triplice articolazione, è infondato.
2.1. – Quanto alla possibilità, da parte della Regione, di acquisire il parere dell’ARPA nell’ambito del procedimento conferenziale finalizzato al rilascio dell’autorizzazione unica, occorre mettere in evidenza come la sentenza non abbia negato tale prerogativa. Al contrario, all’esito di un articolato percorso motivazionale, che ha preso le mosse proprio dal dubbio in ordine alla legittimazione dell’ARPA a partecipare alla conferenza di servizi decisoria, la sentenza ha affermato “di non poter del tutto escludere la possibilità per […] la Regione Puglia, di poter invitare alla conferenza di servizi anche amministrazioni od organi tecnici, quali l’A.r.p.a., non titolari di competenze decisorie in materia id realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, sussistendo sul punto un ineludibile profilo di discrezionalità amministrativa, seppure da esercitarsi nei limiti di ragionevolezza e proporzionalità, al fine di non snaturare lo strumento decisorio della conferenza di servizi di cui all’art. 12, comma 4, d.lgs. n. 387/2003”.
2.2. – Con riguardo, poi, all’ulteriore profilo del parere espresso (in data 31 agosto 2011) al di fuori della conferenza di servizi e successivamente alla chiusura della stessa (20 dicembre 2010), la sentenza di prime cure ha condivisibilmente ritenuto che sia illegittimo, melius affetto da incompetenza assoluta, anche perché “le integrazioni richieste e fornite dalla ricorrente avrebbero dovuto semmai essere anch’esse esaminate in sede di conferenza di servizi”.
La giurisprudenza, proprio con riguardo alla previsione dell’art. 12, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 387 del 2003, ha rilevato che la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti ad un’autorizzazione unica rilasciata dalla Regione, che è tenuta a convocare la conferenza di servizi; tutte le Amministrazioni interessate dal progetto, e dunque con competenza propria in materia, sono tenute a partecipare alla conferenza e ad esprimere in tale sede anche i pareri di cui sono investiti per legge, secondo le dinamiche collaborative proprie dello strumento di semplificazione procedimentale previsto dalla legge. Il parere negativo espresso al di fuori della conferenza è illegittimo per incompetenza alla stregua di un atto adottato da un’Autorità priva di potere in materia (in termini C.G.A. Sicilia, 11 aprile 2008, n. 295; indirettamente anche Cons. Stato, IV, 13 ottobre 2015, n. 4732).
Se tale orientamento giurisprudenziale, il cui fondamento di razionalità è ravvisabile nel fatto che l’autorizzazione unica sia l’epi di un procedimento unitario, vale per i soggetti che, in quanto portatori di interessi canonizzati dalla norma, devono partecipare al procedimento conferenziale, a maggiore ragione la soluzione si impone per l’ARPA, organo tecnico-consultivo, seppure con soggettività giuridica pubblica (art. 2, comma 1, della l.r. Puglia 22 gennaio 1999, n. 6), della Regione.
Del resto, tale sistema appare funzionale a che le Amministrazioni convocate esprimano il proprio motivato dissenso rispetto all’oggetto dell’iniziativa procedimentale all’interno del procedimento, anche in considerazione della possibilità di dover attivare il meccanismo rimediale previsto per il superamento del dissenso qualificato (Cons. Stato, V, 9 maggio 2018, n. 2790).
2.3. – La non utilizzabilità del parere reso dall’ARPA, sul quale è fondato il provvedimento di diniego di autorizzazione unica prot. n. 12969 del 31 ottobre 2011, fa perdere di rilievo all’ulteriore sub-censura con la quale si allega che il potere decisorio rimane in capo all’Amministrazione procedente, a prescindere dalle posizioni emerse nel corso del procedimento conferenziale.
Si può sostenere, al riguardo, che la conferenza di servizi decisoria risulta caratterizzata da una struttura dicotomica, articolata in una fase che si conclude con la determinazione della conferenza con valenza endoprocedimentale, ed in una successiva fase che si conclude con l’adozione del provvedimento finale, con valenza esoprocedimentale ed esterna, riservata all’Autorità procedente previa valorizzazione delle risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti ivi espresse, regola, quest’ultima, dal contenuto flessibile, in quanto resta ferma l’autonomia del potere provvedimentale dell’Autorità, purchè dotato di adeguata motivazione (Cons. Stato, VI, 21 ottobre 2013, n. 5084).
Purtuttavia risulta insuperato il fatto che il diniego gravato si fonda solamente sul parere dell’ARPA, non utilizzabile, senza tenere conto ed adeguatamente motivare in ordine alle risultanze della conferenza di servizi (ove sono stati espressi diciotto pareri favorevoli, tra cui il provvedimento di esclusione dalla VIA).
2.4. – Alla reiezione del merito dell’appello della Regione Puglia segue, come corollario, anche il rigetto del motivo avverso la statuizione di condanna della stessa Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio, che risulta, al contrario, disposta in coerente applicazione del principio della soccombenza, senza che ne sia stata neppure contestata la irragionevolezza.
3. – Può dunque ora procedersi alla disamina del ricorso iscritto sub n. 1608/2013 del R.G., con il quale l’ARPA Puglia, analogamente all’Amministrazione regionale, ha impugnato la sentenza n. 1397 del 2012 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, di accoglimento del ricorso di Pa. En. s.r.l.
Occorre peraltro muovere dall’eccezione di inammissibilità del ricorso in appello, sollevata da Pa. En. s.r.l. nella considerazione del difetto di legittimazione attiva, oltre che di interesse, di ARPA, mero organo tecnico dell’Amministrazione regionale.
L’eccezione è fondata.
La legittimazione ad agire (od a ricorrere) consiste nell’affermazione della titolarità della posizione qualificata necessaria ai fini del ricorso (nel caso di specie, di interesse legittimo); presuppone dunque il riconoscimento dell’esistenza di una situazione giuridicamente attiva, protetta dall’ordinamento, riferita ad un bene della vita oggetto della funzione svolta dall’Amministrazione, idonea a differenziare la posizione del soggetto (in termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 27 gennaio 2016, n. 265).
Nel caso di specie, occorre valutare più propriamente la legittimazione ad appellare di ARPA, presupponente l’interesse ad impugnare una sentenza che produce effetti sfavorevole per la parte, riconducibili alla soccombenza in primo grado. Ha precisato la giurisprudenza che la legittimazione ad appellare deve essere riconosciuta anche ai soggetti che, pur non essendo parti necessarie del giudizio, abbiano un autonomo interesse legittimo alla conservazione del provvedimento impugnato (Cons. Stato, V, 2 ottobre 2008, n. 4755).
Si è chiarito in precedenza come nel procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 l’ARPA non sia titolare di una posizione qualificata, non configurandosi quale soggetto pubblico dotato di competenze proprie da esprimere nella conferenza di servizi decisoria.
L’ARPA, come si desume dall’art. 2, comma 1, della l.r. Puglia n. 6 del 1999, è organo tecnico dell’Amministrazione regionale, dotata di personalità giuridica pubblica; non ha competenze specifiche in materia di opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. L’art. 4, comma 1, lett. o), gli riconosce solamente di prestare supporto per l’esame e la istruttoria tecnica dei progetti sottoposti alle procedure di V.I.A. ai sensi dell’art. 6 della l.r. n. 11 del 2001.
Ne consegue che l’ARPA è priva nel presente giudizio di una situazione giuridica attiva, protetta dall’ordinamento, e quindi differenziata, essendo la sua posizione correttamente ricollegabile a quella di un organo tecnico consultivo della Regione, alla quale solamente è imputabile il provvedimento. Come rilevato dalla sentenza appellata, ARPA non è titolare di competenze decisorie in materia di realizzazione di impianti di produzione da fonti rinnovabili, e quindi il parere dalla stessa espresso è solamente al servizio della decisione dell’Amministrazione regionale, collocandosi in una posizione di maggiore marginalità anche rispetto al parere (con carattere non vincolante) prescritto dalla norma da parte di un organo consultivo, il quale ha natura di atto infraprocedimentale, privo, in quanto tale, di autonoma capacità lesiva, la quale discende direttamente dall’atto dell’organo di amministrazione attiva che lo ha recepito, facendolo proprio (anche in tale evenienza la giurisprudenza esclude peraltro la legittimazione passiva -in primo grado- dell’organo consultivo).
Giova aggiungere che l’appello di ARPA risulta anche inammissibile per carenza di interesse, in quanto l’unico profilo in cui potrebbe emergere una posizione titolata a far valere la sua possibilità di partecipare al procedimento conferenziale ex art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003non è stata oggetto di una pronuncia sfavorevole in primo grado (sì che non è ravvisabile, sotto questo profilo, una posizione di soccombenza).
3.1. – Va dunque dichiarato inammissibile il ricorso in appello n. 1608/2013 del R.G. proposto da ARPA Puglia.
4. – Deve ora procedersi allo scrutinio del ricorso n. 1647/2013 del R.G., con cui Pa. En. s.r.l. ha impugnato la sentenza n. 1397 del 2012 del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia in relazione al capo in cui è rimasta soccombente, e cioè con riguardo alla reiezione della domanda di risarcimento del danno, argomentata nella considerazione del ritardo nella conclusione del procedimento di autorizzazione unica da parte dell’Amministrazione regionale, che ha inizialmente serbato un’illegittima inerzia, e poi, a seguito dell’esperimento del ricorso ex art. 117 Cod. proc. amm., opposto un provvedimento di diniego, fondato sul solo parere dell’ARPA Puglia, in tale modo cagionandole un pregiudizio derivante dal sopraggiungere di plurimi provvedimenti ministeriali (secondo, terzo e quarto conto energia) che hanno ridotto le tariffe incentivanti rispetto al regime previsto dal d.m. 19 febbraio 2007, vigente al momento della proposizione della domanda di autorizzazione (17 maggio 2010).
L’appello censura la statuizione di rigetto, motivata nell’assunto che si trattava di domanda “del tutto generica e completamente priva della allegazione sul piano probatorio degli elementi costitutivi, tra cui in primis la stessa esistenza del danno, di cui è pacificamente onerato ex art. 2697 c.c. il soggetto che asserisca tale lesione”, allegando che la quantificazione del danno andava effettuata mediante semplici criteri aritmetici, in subordine potendosi interpretare la domanda in termini di accertamento della generica responsabilità dell’Amministrazione.
L’appello è infondato, seppure per ragioni parzialmente diverse da quelle che sostengono la reiezione in primo grado.
Giova premettere che l’accoglimento dell’azione impugnatoria è essenzialmente per difetto di motivazione, tanto che la sentenza annulla il diniego di autorizzazione unica impugnato, con “conseguente necessità di rinnovo, da parte della Regione, della determinazione conclusiva della conferenza di servizi, secondo i criteri conformativi di cui in motivazione nonché della successiva decisione finale in ordine all’autorizzazione unica finale”.
E’ noto come l’annullamento del provvedimento per vizi formali (quali il difetto di istruttoria e di motivazione), in quanto non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto nel provvedimento impugnato, non consente di accogliere la domanda finalizzata al perseguimento della pretesa sostanziale (come il risarcimento del danno); ed infatti, mentre la caducazione dell’atto per vizi sostanziali vincola l’Amministrazione ad attenersi, nella successiva attività, alle statuizioni del giudice, l’annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato, e lascia ampio il potere in merito dell’Amministrazione, con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l’illegittimità, sicchè non può ritenersi condizionata o determinata in positivo la decisione finale (in termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 17 luglio 2017, n. 3505).
Allo stato, dunque, e cioè prima del riesercizio dell’azione amministrativa, è impossibile enucleare la configurabilità di un collegamento causale tra il danno lamentato ed il comportamento procedimentale dell’Amministrazione.
Tale soluzione si impone anche nella presente controversia, sebbene la pretesa azionata si caratterizzi principalmente alla stregua di danno da ritardo connesso alla progressiva riduzione delle tariffe incentivanti. Infatti, in ragione della specifica complessità della controversia, il danno da ritardo non può essere avulso da una valutazione concernente la spettanza del bene della vita, e deve, quindi, essere subordinato, tra l’altro, anche alla dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole, e quindi alla dimostrazione della spettanza definitiva del bene sostanziale della vita collegato ad un tale interesse.
La dimostrazione della complessità della fattispecie e della non acquisita certezza della spettanza del bene della vita, allo stato, emerge anche dallo sviluppo dell’azione amministrativa successivo alla sentenza qui appellata, che ha visto la Regione rinnovare il procedimento, pervenendo ad un nuovo diniego in data 16 maggio 2013. Nel frattempo è stata chiesta dalla società Pa. En. l’esecuzione della sentenza gravata ed il commissario ad acta nominato dalla sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia 6 febbraio 2014, n. 177 ha rilasciato l’autorizzazione il 6 marzo 2015, poi annullata in sede di reclamo dallo stesso Tribunale amministrativo con sentenza 20 ottobre 2015, n. 1332.
4.1. – L’appello n. 1647/2013 del R.G. deve dunque essere respinto.
5. – In conclusione, alla stregua di quanto esposto, va respinto il ricorso n. 1434/2013 del R.G. proposto dalla Regione Puglia, va dichiarato inammissibile il ricorso n. 1608/2013 del R.G. di ARPA Puglia e va respinto il ricorso n. 1647/2013 del R.G. esperito da Pa. En. s.r.l.
La complessità della fattispecie integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra tutte le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, così decide: a) riunisce i ricorsi in appello iscritti sub nn. 1434/2013, 1608/2013 e 1647/2013 del R.G.; b) respinge il ricorso n. 1434/2013 del R.G.; c) dichiara inammissibile il ricorso n. 1608/2013 del R.G.; d) respinge il ricorso n. 1647/2013 del R.G.
Compensa tra tutte le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Claudio Contessa – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere, Estensore