Consiglio di Stato, Sentenza|26 marzo 2021| n. 2562.
Il silenzio-assenso, previsto dall’art. 13, 1° e 4° comma, L. n. 394/91, sulle richieste di nulla osta agli enti gestori dei parchi, non è stato implicitamente abrogato dal D.L. n. 35/05, convertito in l. 80/05, che ha sostituito il testo dell’art. 20 della L. n. 241/90 stabilendo che la nuova disciplina del silenzio-assenso non si applicasse agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico (Cons. Stato, A. P., 27 luglio 2016, n. 17). Infatti, la possibilità in materia di tutela ambientale e paesaggistica di garantire la piena tutela dell’interesse protetto non è esclusa dall’istituto del silenzio assenso previsto dall’art. 13, commi 1 e 4, della Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991 (Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 2018, n. 6709). Perciò, stante la sussistenza dell’istituto del silenzio assenso in relazione al nulla osta rilasciato dagli enti parco, il diniego è illegittimo quando venga tardivamente adottato ovvero quando già sulla richiesta di nulla osta si è formato il silenzio assenso (Cons. Stato Sez. VI, 2 ottobre 2018, n. 5667). Non può essere considerata a tal fine ostativa alcuna disposizione delle misure di salvaguardia del decreto istitutivo dell’area protetta, in quanto fonte di produzione normativa subordinata alle norme poste dalla fonte di rango primario, costituita dall’art. 13, co. 1, l. n. 349/1994.
Sentenza|26 marzo 2021| n. 2562
Data udienza 9 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Aree protette – Parchi – Richieste di nulla osta – Silenzio assenso previsto dall’art. 13, cc. 1 e 4 l. n. 394/91 – Implicita abrogazione ad opera del DL n. 35/05 – Esclusione – Diniego tardivamente adottato – Illegittimità – Previsioni difformi recate dal decreto istitutivo dell’area protetta – Fonte di produzione normativa subordinata alle norme di rango primario
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2607 del 2013, proposto dal signor
Ga. Ri., rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Bi. e Fr. Ia., con domicilio eletto presso lo studio Ma. in Roma, via (…9
contro
Il Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Salerno e Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, l’Ente Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, in persona del legale rappresentate pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…)
nei confronti
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima n. 1757/2012
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Salerno e Avellino e dell’Ente Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano;
Visti tutti gli atti della causa;
Viste le brevi note depositate dalla parte appellante, ai sensi dell’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2021, svolta con modalità telematica ai sensi del medesimo art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Carla Ciuffetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il primo giudice ha respinto il ricorso dell’odierno appellante avverso la nota dell’Ente Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, prot. n. 749/2007, recante diniego di autorizzazione di un progetto di riqualificazione edilizia dell’immobile di proprietà sito nel medesimo Parco, già condonato con concessione edilizia in sanatoria rilasciata dal Comune di (omissis) in data 28 agosto 2006, nonché i motivi aggiunti proposti avverso la nota prot. n. 16121 dello stesso Ente, emessa a seguito di istanza di riesame, recante conferma del diniego.
2. L’appellante deduce l’erroneità del convincimento del primo giudice in ordine all’inapplicabilità nella fattispecie del silenzio assenso, con la conseguenza che non avrebbe potuto ritenersi formato un provvedimento favorevole all’appellante con il decorso di sessanta giorni dalla data della presentazione della domanda di nulla osta paesistico/ambientale e che non avrebbe potuto essere considerato illegittimo il provvedimento adottato dall’Ente una volta decorso tale termine. Secondo l’interessato, l’applicabilità del silenzio assenso previsto dall’art. 13 della l. n. 349/1994 deriverebbe dall’espresso richiamo a tale articolo contenuto nell’art. 32 dello Statuto del Parco, che, prescindendo dalla distinzione in due diverse zone del territorio del Parco, stabilisce che “il rilascio di concessione o autorizzazioni relative a interventi, impianti ed opere all’interno del Parco, è disciplinato dall’art. 13 della legge 6 dicembre 1991 n. 394” e, comunque, il regolamento del Parco non potrebbe derogare alle disposizioni di legge. Il silenzio assenso sarebbe previsto anche dall’art. 8 delle misure di salvaguardia allegate allo stesso regolamento. Inoltre l’applicabilità del citato art. 13 della l. n. 349/1994 dovrebbe essere desunta pure dalla circostanza che, nel medesimo regolamento, non sarebbe previsto alcun termine per la conclusione del procedimento che aveva messo capo all’atto impugnato in via principale.
Con ulteriori motivi di gravame l’appellante rappresenta che: la classificazione dell’area come riserva integrale (zona A) non sarebbe attuale, ma solo oggetto di una proposta in itinere; la contraddittorietà della motivazione del diniego; le opere per le quali era stata chiesta l’autorizzazione non presenterebbero alcun profilo di contrasto con le disposizioni contenute nelle misure di salvaguardia, in quanto non ricadrebbero nell’ambito delle attività vietate in generale dall’art. 3, né in quello degli ulteriori divieti di cui all’art. 4 (Divieti in zona 1) e degli interventi di rilevante trasformazione di cui all’art. 6 (Regime autorizzativo in zona 1), né, infine, trattandosi di riqualificazione di manufatto preesistente, troverebbe applicazione l’art. 5 (Regime autorizzativo generale) delle medesime misure; le valutazioni negative del progetto proposto contenute nell’atto impugnato in via principale, oltre ad essere infondate, esulerebbero dall’ambito riservato ad un atto che, ai sensi dell’art. 13 della l. n. 349/1994, avrebbe dovuto limitarsi alla verifica della “conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento”, che, invece, non sarebbe stata effettuata; le esigenze del contraddittorio non avrebbero potuto essere considerate assolte dalla comunicazione da parte del Comune di (omissis) dell’avvenuta trasmissione degli atti all’Ente Parco, considerata invece dal Tar equivalente all’avviso ex art. 7 l. n. 241/1990.
3. Con atto depositato in data 14 aprile 2013, si sono costituiti in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali, la Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Salerno e Avellino e l’Ente Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano.
4. Tanto premesso, il Collegio passa all’esame dell’appello.
Con il primo motivo d’appello viene in rilievo l’art. 13, co. 1, l. n. 349/1994 che stabilisce che “Il rilascio di concessioni o autorizzazioni relative ad interventi, impianti ed opere all’interno del parco è sottoposto al preventivo nulla osta dell’Ente parco. Il nulla osta verifica la conformità tra le disposizioni del piano e del regolamento e l’intervento ed è reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso inutilmente tale termine il nulla osta si intende rilasciato”. In proposito questo Consiglio ha evidenziato che: “il silenzio-assenso, previsto dall’art. 13, 1° e 4° comma, L. n. 394/91, sulle richieste di nulla osta agli enti gestori dei parchi, non è stato implicitamente abrogato dal D.L. n. 35/05, convertito in l. 80/05, che ha sostituito il testo dell’art. 20 della L. n. 241/90 stabilendo che la nuova disciplina del silenzio-assenso non si applicasse agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico” (Cons. Stato, A. P., 27 luglio 2016, n. 17). Infatti, “la possibilità in materia di tutela ambientale e paesaggistica di garantire la piena tutela dell’interesse protetto non è esclusa dall’istituto del silenzio assenso previsto dall’art. 13, commi 1 e 4, della Legge quadro sulle aree protette n. 394/1991” (Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 2018, n. 6709). Perciò, “stante la sussistenza dell’istituto del silenzio assenso in relazione al nulla osta rilasciato dagli enti parco, il diniego è illegittimo quando venga tardivamente adottato ovvero quando già sulla richiesta di nulla osta si è formato il silenzio assenso” (Cons. Stato Sez. VI, 2 ottobre 2018, n. 5667).
Poiché gli atti relativi al progetto di riqualificazione dell’immobile dell’appellante erano stati trasmessi dal Comune di (omissis) all’Ente Parco in data 1 agosto 2006 ed erano stati ricevuti dall’Ente in data 2 agosto 2006 – circostanze rimaste incontestate nel giudizio – si deve rilevare che il provvedimento di diniego di nulla osta in data 25 gennaio 2007 era stato adottato dall’Ente Parco ben oltre il suddetto termine di sessanta giorni dalla richiesta.
Perciò, alla stregua della giurisprudenza sopra riportata, deve ritenersi fondato il primo motivo d’appello, il cui accoglimento consente di ritenere assorbiti gli altri motivi di gravame, in quanto, alla data del suddetto provvedimento, si era già formato l’assenso per silentium. Non può essere considerata a tal fine ostativa alcuna disposizione delle misure di salvaguardia di cui all’allegato A dell’art. 1, co. 6, del d.P.R. 5 giugno 1995, recante “Istituzione dell’Ente Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni”, in quanto fonte di produzione normativa subordinata alle norme poste dalla fonte di rango primario, costituita dall’art. 13, co. 1, l. n. 349/1994. Del resto la stessa fonte regolamentare all’art. 4, co. 2, stabilisce che “Per quanto non specificato nel presente decreto valgono le disposizioni di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394”, così evidenziando i termini del rapporto tra la fonte normativa di rango primario e il regolamento del Parco, del quale resta esclusa una facoltà di intervento in deroga alle disposizioni di legge.
In conclusione, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, in accoglimento del ricorso principale e dei motivi aggiunti, devono essere annullati gli atti impugnati, intervenuti dopo la formazione del silenzio assenso ex art. 13, co. 1, l. n. 349/1994.
Considerata la natura interpretativa delle questioni trattate, il Collegio ritiene che sussistano giustificati motivi per la compensazione delle spese del doppio grado giudizio
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie i ricorsi proposti in primo grado in via principale e con motivi aggiunti.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2021, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Claudio Contessa – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Italo Volpe – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere
Carla Ciuffetti – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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