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11.Ed invero il Collegio qui rileva, anzitutto, come contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, il previsto indennizzo è dovuto allo scopo di ristorare SC. per il valore residuo degli investimenti non ammortizzati ed effettuati per l’erogazione dei servizi affidati nonché per l’acquisizione delle migliorie apportate sui beni assentiti, stante l’anticipata cessazione della convenzione a suo tempo stipulata (dal 31.12.2030 al 31.12.2016), frutto di un accordo consensuale tra il Comune e SC. (si veda verbale di accordo sottoscritto da SC. e dal Comune di (omissis) in data 8 maggio 2016- documento 8 della produzione di S.C.), in forza del quale, in coerenza con la deliberazione consiliare 85 del 2013, è stato quantificato l’indennizzo dovuto ad SC., posto a carico dell’aggiudicatario della gara per la riassegnazione del servizio: e non, come erroneamente sostenuto da EN., di un atto dovuto in adempimento degli obblighi derivanti dall’art. 14 comma 32 del D.L.78/2010 (messa in liquidazione delle società partecipate dai Comuni) né di una revoca o di una risoluzione del contratto per asserite inadempienze di SC.. Pertanto, al contrario di quanto sostenuto dall’appellante, non è applicabile alla fattispecie l’art. 14, comma 2, della Convenzione che prevede la gratuità della acquisizione degli impianti, senza previsione di corrispettivo, solo per le ipotesi di fallimento o scioglimento del gestore, ovvero per inadempimento dell’affidatario del servizio integrato da ripetute e gravi deficienze nella gestione dei servizi, grave interruzione del servizio, ripetute e gravi inadempienze ai disposti della convenzione: circostanze queste in alcun modo sussistenti nella fattispecie che ci occupa. Al di fuori da tale casistica tassativa la gratuità nell’acquisizione degli impianti non opera. Ed invero, in nessun punto della deliberazione consiliare 85 del 2013, impugnata da En. So., si fa cenno all’asserita decadenza ex lege degli affidamenti in virtù dell’art. 14, comma 32, legge 122/2010 o, comunque della carenza delle condizioni legittimanti la gestione in house dei servizi, né a presunte inadempienze da parte del gestore che giustificherebbero la revoca e/o la risoluzione degli affidamenti né, tantomeno, all’esigenza di ripianare una situazione di grave indebitamento di SC..
La previsione dell’addebito al nuovo gestore della pubblica illuminazione non appare poi in alcun modo inficiata da irragionevolezza ove solo si consideri che proprio per effetto dell’accordo tra il Comune ed SC. (e quindi al pagamento del predetto rimborso) l’aggiudicataria della gara può da subito estendere il proprio servizio all’intero territorio comunale, con la presa in carico immediata degli impianti di SC., ancorché oggetto di recenti investimenti.
Del tutto improprio, poi, è il riferimento all’asserita difformità delle convenzioni di gara prevista dal Bando rispetto a quelle di cui alla Convenzione Consip: queste ultime come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata non sarebbero affatto comparabili con quelle previste dal Comune di (omissis), vista la diversa maggiore durata (15 anni per il servizio oggetto di affidamento con la presente gara a fronte dei 9 anni previsti dalla Convenzione Consip), e la maggiore ampiezza dell’oggetto dell’affidamento del Comune (includente la fibra ottica, la videosorveglianza e gli oneri di manutenzione straordinaria).
Peraltro, anche alla luce della giurisprudenza amministrativa richiamata dalla difesa comunale (Cons. Stato, Sez. V, sentenza 30.4.2015, n. 2194, nonché, in senso conforme, Sez. III, 14.4.2015, n. 1908), il servizio di pubblica illuminazione (a maggior ragione laddove integrato dei lavori aggiuntivi – di realizzazione di rete in fibra ottica e sistema di videosorveglianza – previsti dal bando del Comune di (omissis)) non rientra nel novero di servizi e forniture per i quali, in forza dell’art. 1, comma 7, legge 135 del 2012, come successivamente modificato e integrato, le amministrazioni locali sono tenute ad approvvigionarsi mediante le convenzioni ed accordi quadro messi a disposizione da Consip (fatto salvo il conseguimento di prezzi inferiori di almeno il 3% attraverso autonome procedure ad evidenza pubblica).
Né sussiste l’obbligo, per le amministrazioni locali, di recepire nei propri bandi di gara i medesimi parametri tecnici ed economici previsti dalle procedure competitive esperite da Consip.
A tal proposito, l’art. 26 legge 488 del 1999 indica i parametri prezzo-qualità non già quali limiti minimi e ineludibili di congruità degli importi a base d’asta e congruità delle offerte, come vorrebbe l’appellante, bensì quali limiti massimi per l’acquisto di beni e servizi comparabili: senonché nel caso di specie, come evidenziato, fa difetto proprio tale comparabilità, in quanto il servizio messo a gara dal Comune di (omissis), per il tramite di S.C., non era a quello oggetto delle condizioni della convenzione Consip Luce 4.
Anche l’addotta insufficienza, in applicazione dei parametri della su indicata Convenzione Consip, del canone annuo posto a base di gara a remunerare gli investimenti da effettuarsi è assunto erroneo posto che En. effettua il calcolo moltiplicando il canone per una durata di anni 9 (Convenzione Consip) e non per la maggiore durata di anni 15 previsto per l’affidamento oggetto di gara: come bene argomentato dalla difesa comunale, il canone annuo di (omissis) (poco più di Euro 978.000) supera di Euro 376.000 il canone base Consip (Euro 602.000); e, dunque, moltiplicando la suddetta differenza positiva per i 6 anni d’ulteriore durata del contratto del Comune di (omissis), si produrrà quale risultato un margine positivo nominale di Euro 798.000.
Parimenti errata deve ritenersi l’affermazione dell’appellante in base alla quale il costo dell’indennizzo a favore di SC. ricadrebbe sull’aggiudicataria: si tratta, a ben vedere, di una mera anticipazione che verrà restituita mediante il pagamento del canone e, peraltro, restituita con gli interessi (al conveniente ed elevato tasso del 6% annuo).
Né si tratta, come pure sostenuto da En. So., di una mera partita di giro tra l’aggiudicataria G.E. e SC. per quanto riguarda il pagamento dell’indennizzo: G.E., infatti, non può trarre alcun vantaggio dal pagamento dell’indennizzo, poiché dalla cessione di ramo d’azienda, relativa alla pubblica illuminazione, era esclusa la Convenzione con il Comune di (omissis) e, dunque, anche i crediti derivanti da tale Convenzione e inerenti, in particolare, la valorizzazione del valore residuo degli investimenti sugli impianti del Comune di (omissis); ne consegue che gli unici a beneficiare del pagamento dell’importo di euro 1.400.000, costituente posta economica del tutto estranea al ramo ceduto, sarebbero stati proprio i soci di SC., ovvero Cr. Se. s.r.l. e S.C.
SC., peraltro, non ha neppure affidato a G.E. la gestione interinale degli impianti del Comune di (omissis), come dedotto dall’appellante, limitandosi a stipulare con detta società un contratto di noleggio a caldo per le messa a disposizione di attrezzature per la manutenzione ordinaria della pubblica illuminazione, che non poteva pertanto integrare alcun vantaggio anticoncorrenziale per G.E. ai fini della partecipazione alla futura procedura di gara.
Quanto, infine, all’addotta carenza di evidenza pubblica per la cessione del ramo d’azienda concernente la pubblica illuminazione da parte di SC., in disparte l’irrilevanza di tale cessione ai fini dell’affidamento oggetto della gara per cui è causa (trattandosi come visto di cessione da cui è rimasta esclusa espressamente la Convenzione in essere con il Comune di (omissis)), il Collegio qui rileva come l’avviso per l’individuazione di manifestazioni di interesse da parte degli operatori di settore è stato regolarmente pubblicato sul sito di SC. e anche in tal caso En. So. ha ritenuto di non partecipare.
12. Con il terzo motivo di appello En. So. assume che la sentenza sarebbe inficiata da error in iudicando per violazione dell’art. 97 Cost. dell’art. 30 del D.Lgs. n. 50/2016, sotto altro profilo, e in particolare adducendo la disparità di trattamento in cui sarebbe incorsa la Stazione appaltante nella predisposizione degli atti di gara, stante la mancata previsione nel PEF dell’indennizzo di riscatto dovuto a En. So., a differenza di quanto previsto a favore dell’altro gestore SC. (per il quale è stato invece stabilito il pagamento di una somma sproporzionata e esorbitante), nonostante dall’esame degli allegati tecnici del Bando e dalle valutazioni dello stesso Comune risulti chiaramente che gli impianti di En. So. abbiano un rilevante valore.
13.Il motivo è infondato e non merita accoglimento.
14. Ed invero, in disparte la già rilevata inammissibilità della censura per l’omessa impugnativa della deliberazione consiliare 41 del 2016, con la quale il Comune ha disposto d’inserire tra gli oneri di gara il rimborso dovuto ad SC., ma non l’eventuale rimborso da liquidarsi ad En. So., sul presupposto della verosimile insussistenza di tale credito, nonché per l’omessa partecipazione alla gara i cui atti contengono ovvero non contengono le indicate previsioni, e dei quali l’appellante per ciò proprio contesta la legittimità, deve qui rilevarsi come non sussistesse alcun obbligo che imponeva al Comune di inserire il rimborso al gestore uscente tra gli oneri di gara; a ciò si aggiunga che, come già chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, la definizione dell’indennizzo eventualmente spettante al concessionario uscente non è in alcun modo condizione di legittimità dell’affidamento con gara del servizio stesso né del riscatto degli impianti, non potendo né dovendo le questioni economiche tra gestore uscente e pubblica amministrazione influire sulla possibilità di riscatto degli impianti e sulla conseguente nuova procedura di affidamento del servizio.
15. Con il quarto motivo di impugnazione, infine, l’appellante torna a dolersi dell’illegittimità del Bando per non aver disposto nulla circa la ponderazione relativa dei criteri di valutazione dell’offerta tecnica e per non aver indicato né le ragioni oggettive che rendevano impossibile tale ponderazione né un ordine decrescente di importanza dei criteri, in aperta violazione dell’art. 95 del D.lgs. 50 del 2016 e del diritto comunitario; e per non aver indicato la c.d. forcella né previsto i sub-criteri, sub pesi o sub punteggi per ciascun criterio di valutazione.
16. Anche tale doglianza non coglie nel segno.
17. Deve in primo luogo evidenziarsi come non sia stata dimostrata da En. alcuna lesione concreta e attuale del suo diritto di partecipare alla gara derivante dalla formulazione di tali criteri.
Ne consegue che tale censura è inammissibile, potendo En. dolersi dell’illegittimità di valutazione solo ove avesse partecipato alla gara e non sussistendo, per quanto detto, una oggettiva impossibilità di parteciparvi.
18. Il motivo di impugnazione de quo oltre che inammissibile è infondato nel merito.
19. In relazione a tale profilo, giova infatti evidenziare come la norma invocata in relazione ai criteri di ponderazione relativa di cui all’art. 95, commi 8 e 9, del D.lgs. 50 del 2016, asseritamente violata o erroneamente applicata dagli atti e dalla sentenza oggetto di impugnazione, non pare applicabile alla fattispecie in esame, trattandosi di un affidamento in regime di partenariato pubblico-privato disciplinato dalla parte IV, Titolo I, del d.lgs. 50 del 2016 e dalle disposizioni cui rinvia l’art. 179 di tale testo normativo, in quanto compatibili.
In ogni caso, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, i criteri di valutazione dell’offerta tecnica sono stati specificamente e dettagliatamente indicati, come emerge dalla lettura dell’art. 19 del Disciplinare- ove sono chiaramente individuati i criteri e sub-criteri qualitativi, le modalità per l’espressione del giudizio da parte dei Commissari e il peso di ciascun sub-criterio: la legge di gara ha previsto, in particolare, il criterio di valutazione in ordine decrescente, partendo dal punteggio più alto, precisando anche i sub criteri di assegnazione dei relativi punteggi e i sub punteggi, in tal modo delineando entro precisi limiti e confini determinati la discrezionalità tecnica della Commissione giudicatrice.
Peraltro, sulla base delle line guida ANAC del 21 settembre 2016, sopravvenute rispetto alla pubblicazione della legge di gara, la Commissione ha proceduto alla riparametrazione del punteggio dei singoli sottocriteri qualitativi, al fine di non alterare l’equilibrio fra la componente del punteggio tecnico-qualitativo e quella economica (cfr. Tabella Criteri d’aggiudicazione, sub doc. 9 e Verbale n. 1 delle operazioni di gara, sub doc. 10 della produzione documentale di S.C.).
20. Per le motivazioni esposte, l’appello di En. So. deve essere respinto in quanto inammissibile per carenza di legittimazione e difetto di interesse e infondato nel merito.
21. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna En. So. s.r.l. al pagamento delle spese di giudizio a favore delle parti appellate, e in particolare del Comune di (omissis) e altri, che liquida forfettariamente in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00) per ciascuna parte, oltre oneri accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 11 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere, Estensore
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