Consiglio di Stato, Sentenza|26 marzo 2021| n. 2545.
Il positivo riconoscimento della dipendenza di una patologia da causa di servizio consegue all’accertamento, da parte dell’Amministrazione, dell’effettiva e comprovata “riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione” (art. 11, primo comma, d.p.r. 29 ottobre 2001, n. 461): la legge, quindi, non ritiene sufficiente, a tale fine, la mera “possibile” valenza patogenetica del servizio prestato, ma, di contro, impone la puntuale verifica, connotata da certezza o da alto grado di credibilità logica e razionale, della valenza del servizio prestato, come puntualmente comprovato dall’istante, quale fattore eziologicamente assorbente o, quanto meno, preponderante nella genesi della patologia.
Sentenza|26 marzo 2021| n. 2545
Data udienza 25 marzo 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Guardia di finanza – Riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità – Rigetto – Annullamento della determinazione di rigetto – Annullamento del presupposto parere del Comitato di verifica per le cause di servizio – Esecuzione del giudicato – Potestà tecnico-discrezionale dell’Amministrazione – Nesso eziologico – Valutazione non sindacabile in sede giurisdizionale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7958 del 2020, proposto dal sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. Ca. e Lu. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio della seconda in Roma, viale (…);
contro
Ministero dell’economia e delle finanze – Comando generale della Guardia di finanza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione Prima, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il diniego del riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’intimata Amministrazione;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’istanza di passaggio in decisione depositata da parte ricorrente in data 9 marzo 2021;
Vista l’istanza di passaggio in decisione depositata da parte resistente in data 10 febbraio 2021;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 marzo 2021, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020, il Cons. Luca Lamberti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Oggetto del presente giudizio è la domanda di esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza del T.a.r. per il Veneto n. -OMISSIS-, che ha annullato la determinazione prot. n. 1603 del 26 aprile 2012, con cui l’intimata Amministrazione aveva rigettato l’istanza dell’odierno appellante, brigadiere della Guardia di finanza in congedo, di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “-OMISSIS-“.
1.1. Il T.a.r., in particolare, aveva ritenuto la determinazione impugnata illegittima per difetto di istruttoria e di motivazione, mancando l’enucleazione delle ragioni sottese all’esclusione di qualsiasi incidenza patogenetica del servizio prestato, tenuto conto della lunga durata dello stesso (25 anni), nonché di un incidente subito nel corso dello svolgimento dell’incarico di consegnatario.
1.2. Il T.a.r., pertanto, aveva annullato sia la determinazione di rigetto, sia il presupposto parere del Comitato di verifica per le cause di servizio prot. n. 16021 del 12 settembre 2011 (confermativo del precedente parere negativo prot. n. 45828 del 31 agosto 2007) ed aveva rimesso di nuovo l’affare all’Amministrazione.
1.3. A seguito di tale sentenza, rimasta inoppugnata, l’Amministrazione si era rideterminata e, con determinazione del Comando generale della Guardia di finanza n. 2778 del 30 luglio 2018, assunta a seguito del parere del Comitato prot. n. 12998 del 28 maggio 2018, aveva nuovamente respinto l’istanza dell’appellante.
2. L’interessato ha, allora, radicato avanti il T.a.r. per il Veneto ricorso ex art. 112 c.p.a., con cui:
– in via principale, ha lamentato la nullità degli atti impugnati, in tesi integranti violazione ovvero elusione del giudicato;
– in via subordinata, ha censurato l’illegittimità di tali atti, chiedendone – previo mutamento del rito – l’annullamento, in quanto in tesi viziati da difetto di motivazione.
2.1. Con la sentenza non definitiva n. -OMISSIS-, rimasta inoppugnata, il T.a.r. ha respinto il ricorso per l’esecuzione del giudicato ed ha contestualmente disposto la conversione del rito per giudicare della domanda di annullamento.
2.2. Quindi, con la sentenza in questa sede impugnata il T.a.r. ha così deciso:
– ha pregiudizialmente affermato la giurisdizione del G.A.;
– ha ritenuto che il parere del Comitato – e, a valle, la determinazione di rigetto dell’istanza – sia “sufficientemente motivata in ordine all’eziologia dell’infermità ” ed alla “non configurabilità dei servizi prestati… come causa o concausa” della patologia;
– nulla ha disposto sulle spese di lite, non essendosi costituita l’intimata Amministrazione.
3. L’interessato ha interposto appello, reiterando criticamente la doglianza di prime cure ed insistendo per la nomina di un c.t.u.
3.1. L’Amministrazione intimata si è costituita in resistenza.
3.2. In vista della trattazione del ricorso il ricorrente ha prodotto memoria.
3.3. Il ricorso è stato introitato in decisione alla pubblica udienza del 25 marzo 2021, svoltasi ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020.
4. Il ricorso è infondato, sulla scorta di consolidata giurisprudenza.
5. Il Collegio premette che la valutazione del Comitato è sindacabile in sede giurisdizionale solo ab externo, ossia per errore di fatto o per violazione dei canoni di logica formale cristallizzati nei principi di non contraddizione, di ragionevolezza, di consequenzialità argomentativa, senza la possibilità per il giudice di penetrare il nucleo vivo della ponderazione tecnico-discrezionale, ex lege riservata all’organo.
5.1. Questa verifica è, appunto, rimessa alla potestà tecnico-discrezionale dell’Amministrazione, le cui valutazioni mirano a ricostruire ex post un nesso di causalità non conosciuto tra servizio e patologie sulla base di assunzioni, presunzioni, collegamenti logici, deduzioni; del resto, il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, a differenza della Commissione Medica Ospedaliera, non è composto esclusivamente da medici, ma pure da magistrati e da dirigenti dello Stato.
5.2. Sul crinale processuale, questa strutturale ampiezza delle valutazioni del Comitato, alle cui conclusioni deve conformarsi il successivo decreto dell’Amministrazione (art. 14 d.p.r. n. 461 del 2001), si riflette nelle attribuzioni del Giudice Amministrativo, il cui sindacato è limitato al riscontro di “evidente travisamento di fatti, manifesta illogicità o palese incongruità della motivazione” (ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 6 agosto 2015, n. 3878; Sez. IV, 11 settembre 2017, n. 4266).
5.3. Si tratta, dunque, di un sindacato estrinseco, ossia volto a verificare appunto ab externo, oltre all’eventuale ricorrenza di errori di fatto, il rispetto dei canoni di logica formale (cristallizzati nei principi di non contraddizione, di ragionevolezza, di consequenzialità argomentativa), senza poter impingere nel merito delle conclusioni raggiunte dall’Amministrazione, nel doveroso rispetto della sfera di attribuzioni alla stessa ex lege affidata.
6. Venendo al caso di specie, il Comitato ha preso una specifica, argomentata e puntuale posizione sull’ordinaria eziopatologia dell’infermità, di cui ha evidenziato la natura di “alterazione a carattere -OMISSIS-… di natura -OMISSIS-“, escludendo conseguentemente un “qualsiasi nesso causale o concausale efficiente e determinante con il servizio svolto”.
6.1. Il Comitato, inoltre, ha parimenti escluso una qualunque incidenza causale dell’evento traumatico occorso in data 21 gennaio 1999, “per assenza di motivazioni esprimibili con i seguenti criteri: topografico, di efficienza lesiva e cronologico”, specificamente illustrati nel prosieguo del parere con dovizia di argomentazioni, che non presentano evidenti tratti di illogicità od irragionevolezza.
6.2. Esulano, quindi, elementi tali da disvelare un uso abnorme della riserva di accertamento spettante all’Amministrazione, constando, di contro, una non irragionevole e tutt’altro che immotivata conclusione circa l’assenza di un’effettiva valenza patogenetica del servizio prestato.
6.3. Del resto, lo stesso ricorrente non assume la radicale, originaria ed intrinseca inattendibilità tecnica delle valutazioni dell’Amministrazione, ma si limita a contestarne la condivisibilità, veicolando, dunque, una critica di puro merito: in tal modo, tuttavia, penetra nel nucleo vivo del giudizio tecnico operato dal Comitato, inattingibile dalla parte interessata e dallo stesso Giudice.
7. Peraltro, il Collegio aggiunge che, in subiecta materia, è onere dell’interessato dimostrare lo svolgimento di prestazioni esulanti dagli ordinari caratteri del servizio e connotate da un’intrinseca gravosità tale da rivestire ictu oculi efficacia esclusiva o, comunque, preponderante nell’insorgenza della malattia.
7.1. Deve farsi, in proposito, riferimento non ad un indistinto e generico (come tale, inammissibilmente astratto, indefinito e sfuggente) livello ordinario delle prestazioni dei dipendenti pubblici globalmente intesi, bensì agli specifici caratteri propri delle mansioni richieste agli appartenenti dell’Amministrazione presso cui l’istante presta servizio.
7.2. Nella specie, la gravosità del servizio prestato (condizioni ambientali, turni protratti, generale carattere stressante del servizio), lungi dal costituire una condizione eccezionale e straordinaria, rappresenta, di contro, l’ordinaria e fisiologica orditura (come tale, pienamente esigibile) del quotidiano tessuto professionale degli appartenenti al Corpo della Guardia di finanza adibiti, come a suo tempo il ricorrente, a compiti operativi.
7.3. Tale considerazione vale, a fortiori, per lo svolgimento delle mansioni di consegnatario, parimenti disimpegnate, nel corso del servizio, dall’interessato.
8. Il Collegio, infine, osserva che la cennata riserva amministrativa della funzione accertativa del nesso eziologico esclude che la valutazione del Comitato possa essere contestata con la produzione di pareri di sanitari privati o supplita, in sede processuale, con la nomina di un c.t.u. (Cons. Stato, Sez. IV, 6 giugno 2017, n. 2718; Sez. II, parere 24 ottobre 2012, n. 11931/2004; Sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3500; Sez. IV, 25 maggio 2005, n. 2676).
9. A conclusivo supporto delle argomentazioni che precedono, il Collegio evidenzia ad abundantiam che il Comitato ha escluso che gli eventi di servizio siano stati fattori causali o concausali “efficienti e determinanti”.
9.1. Il Comitato, in altre parole, non ha escluso tout court ed ab imis qualsiasi possibile valenza patogenetica del servizio, ma ha (ciò che è ben diverso) sostenuto che tale eventuale ed indimostrata valenza concausale non sarebbe comunque stata, in concreto, decisiva, ossia che, a tutto concedere, sarebbe stata eziologicamente non significativa ai fini de quibus.
9.2. Del resto, il positivo riconoscimento della dipendenza di una patologia da causa di servizio consegue all’accertamento, da parte dell’Amministrazione, dell’effettiva e comprovata “riconducibilità ad attività lavorativa delle cause produttive di infermità o lesione, in relazione a fatti di servizio ed al rapporto causale tra i fatti e l’infermità o lesione” (art. 11, primo comma, d.p.r. 29 ottobre 2001, n. 461): la legge, quindi, non ritiene sufficiente, a tale fine, la mera “possibile” valenza patogenetica del servizio prestato, ma, di contro, impone la puntuale verifica, connotata da certezza o da alto grado di credibilità logica e razionale, della valenza del servizio prestato, come puntualmente comprovato dall’istante, quale fattore eziologicamente assorbente o, quanto meno, preponderante nella genesi della patologia.
10. Per le esposte ragioni, pertanto, la richiesta c.t.u. va dichiarata superflua ed il ricorso va respinto.
11. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il ricorrente a rifondere alla resistente Amministrazione le spese del presente grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.000,00 (euro duemila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità della parte appellante, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificarla.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2021, svoltasi da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Luca Lamberti – Consigliere, Estensore
Alessandro Verrico – Consigliere
Silvia Martino – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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