Il mercato rilevante

Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 29 novembre 2019, n. 8191.

La massima estrapolata:

Il mercato rilevante, lungi dal coincidere (ex ante) con aree geograficamente circoscritte, è individuabile, come il lessico impiegato lascia intendere, solo (ex post): all’esito della ricognizione delle caratteristiche (merceologiche e dei servizi resi) del settore e delle dinamiche economiche, giuridiche e sociali nelle quali operano le aziende nel segmento dell’attività d’impresa preso in considerazione.

Sentenza 29 novembre 2019, n. 8191

Data udienza 7 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9923 del 2018, proposto da
Ho. (It.) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Lu. Za., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza (…);
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Ce. Ce. Su. S.p.A. ed altri non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma (di seguito, TAR), Sez. I, pubblicata il 30 luglio 2018, n. 8540, e non notificata, con la quale il TAR ha respinto il ricorso proposto da Ho. per l’annullamento (i) del provvedimento dell’AGCM n. 26705 (di seguito, il Provvedimento), adottato ad esito del procedimento n. I793 – Aumento prezzi cemento, nell’adunanza del 25 luglio 2017 e notificato a Ho. il 7 agosto 2017, con cui è stata accertata una violazione dell’art. 101 TFUE ed irrogata all’appellante una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad Euro 2.381.252, nonché di ogni eventuale atto presupposto del Provvedimento, o connesso o consequenziale al medesimo, ancorché non conosciuti, tra cui, per quanto occorra (ii) della comunicazione delle risultanze istruttorie (CRI), notificata a Ho. l’11 aprile 2017, nonché (iii) della comunicazione dell’AGCM notificata a Ho. il 27 dicembre 2016 (prot. 0080895), con cui è stata respinta la proposta di impegni da essa presentata.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 novembre 2019 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Gi. Lu. Za. e Da. Di Gi. dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. il 30 luglio 2018, n. 8540 di reiezione del ricorso proposto da Ho. It. S.p.A (d’ora in poi Ho.) avverso il provvedimento del 25 luglio 2017 n. 26705 con il quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora in poi AGCM) ha ravvisato nei comportamenti tenuti dal gruppo d’imprese – comprensivo, oltre la società ricorrente e all’associazione di categoria AI. (Associazione It. Te. Ec. Ce.) ed altri – gli estremi di “un’intesa restrittiva della concorrenza”, vietata dall’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea – TFUE.
2. Per il comportamento addebitato, consistente “nel coordinamento dei prezzi di vendita del cemento, assistito anche da un controllo sistematico dell’andamento delle quote di mercato relative, realizzato tramite uno scambio di informazioni sensibili”, è stata adottata a carico della ricorrente, in aggiunta alla prescrizione dell’astensione “per il futuro dal porre in essere comportamenti analoghi”, la sanzione pecuniaria pari a 2.381.252 euro.
In sintesi, nel comportamento complessivo tenuto dalle imprese operanti nel mercato della produzione e della vendita del cemento è stata ravvisata l’esistenza d’intesa lesiva della concorrenza, vietata dall’art. 101 comma 1 lettera a) del TFUE, e dal conforme art. 2, comma 2, lettera a) della l. 287/1990, come accordo o per lo meno pratica concordata volta a “fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita” del cemento.
3. Dopo aver descritto l’iter del procedimento istruttorio seguito da AGCM, definito il quadro normativo entro cui inscrivere la vicenda dedotta in causa con particolare riferimento alla nozione (antitrust) di mercato rilevante, i giudici di prime cure hanno respinto il ricorso.
Segnatamente, il Tar ha ravvisato, alla stregua delle prove dedotte in giudizio da AGCM, l’esistenza dell’intesa vietata nel lasso di tempo decorrente dal 1° giugno 2011 fino al 15 giugno 2015; il prodursi “in concreto” l’effetto distorsivo del mercato, affermando infine, in relazione agli addebiti e alla gravità della condotta, la congruità della sanzione adottata.
4. Appella la sentenza Ho.. Resiste AGCM.
5. Alla pubblica udienza del 7 novembre 2019 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
6. Nei motivi d’appello, la società ha denunciato l’erroneità della sentenza di prime cure sulla definizione ed individuazione del mercato rilevante nonché l’errore di giudizio sull’esistenza dell’intesa e degli elementi di prova addotti dall’Autorità ; infine ha lamentato l’erroneità della sentenza appellata laddove ha respinto i motivi d’impugnazione avverso le modalità d’accertamento e di quantificazione della sanzione.
6.1 In limine va richiamata la sentenza 31 dicembre 2018 n. 7320 con la quale questa Sezione ha confermato funditus la sentenza del Tar Lazio, sez. I, 30 luglio 2018 n. 8541 di reiezione del ricorso proposto da It., parte del procedimento n. 1793 per cui è causa.
In particolare con la sentenza richiamata questa Sezione ha avallato la decisione impugnata dell’AGCM sulla sussistenza dell’intesa in oggetto cui ha partecipato anche la società appellante.
7. Sul punto a la società appellante ha dedotto il principale motivo d’appello inteso a differenziare la sua posizione sostanziale e processuale rispetto a quella rivestita dalle altre ricorrenti, sì in thesy da non trovare estensione nei suoi confronti il giudicato – reso inter alios – scaturente dalla richiamata sentenza di questa Sezione, su cui si fonda la memoria di costituzione di AGCM.
Il motivo s’incentra sulla definizione di mercato rilevante.
AGCM prima e TAR poi, ad avviso dell’appellante, sarebbero incorsi in errore sulla metodologia utilizzata per individuare l’estensione geografica del coordinamento come accertata nell’atto impugnato laddove avrebbero “acriticamente attribuito ad Ho. alcune evidenze relative a distinti mercati geografici, in cui Ho. non ha mai operato”.
Anziché individuare – in ossequio all’orientamento giurisprudenziale a mente del quale “l’individuazione del mercato rilevante è funzionale alla delimitazione dell’ambito nel quale l’intesa può restringere o falsare il meccanismo concorrenziale e detta operazione rileva solo in un momento successivo, dal punto di vista logico, a quello dell’inquadramento dell’accertamento dell’intesa nel suo contesto economico e giuridico (ex multis, Cons. St., sez. VI, 3 giugno 2014, n. 2837; 23 giugno 2014, nn. 3167 e 3168)” – il mercato rilevante dopo (il previo) accertamento dell’illecito e del suo perimetro, AGCM, lamenta l’appellante, ha “capovolto la descritta sequenza logico-giuridica”.
L’inversione sarebbe (stata) strumentalmente preordinata ad “utilizzare evidenze riferibili alla macro-area del Centro ed estenderla, ad esempio, al Nord-Ovest, per definire il perimetro dell’illecito e concludere per la sua individuazione a livello nazionale”.
In definitiva l’errata metodologia utilizzata, insiste la società appellante, ha consentito ad AGCM d’individuare (a monte) il mercato nazionale per poter (a valle) estendere ad Ho. gli elementi probatori riferibili a soggetti diversi in mercati geografici distinti dall’unico mercato in cui l’appellante effettivamente opera.
7.1 Il motivo è infondato.
Il motivo in esame riposa dal passaggio argomentativo da uno schema diadico, basato sulla struttura intesa illegittima-mercato rilevante, ad uno schema triadico nella sequenza intesa illegittima-mercato – mercato geografico rilevante: tale da consentire d’articolare la differenza fra mercato (economicamente e, ai fini che ne occupano, giuridicamente) rilevante e mercato (geograficamente) rilevante.
Si introduce un nozione spuria d’ordine materiale quale il mercato circoscritto ad una determinata area geografica che non ha alcun riscontro nella disciplina in esame per definire il mercato rilevante.
Il mercato rilevante, lungi dal coincidere (ex ante) con aree geograficamente circoscritte, è individuabile, come il lessico impiegato lascia intendere, solo (ex post): all’esito della ricognizione delle caratteristiche (merceologiche e dei servizi resi) del settore e delle dinamiche economiche, giuridiche e sociali nelle quali operano le aziende nel segmento dell’attività d’impresa preso in considerazione.
E, va sottolineato, in questo senso trova conferma l’orientamento giurisprudenziale – enfaticamente ma erroneamente nei corollari applicativi – richiamato dalla ricorrente a mente del quale l’individuazione del mercato rilevante è fase logicamente e cronologicamente successiva all’accertamento dell’intesa.
7.2 Va aggiunto che in materia il principale, se non unico, dato tecnico(-materiale) d’ordine quantitativo avente consistenza giuridica esula dall’area geografica in cui operano le aziende, appuntandosi esclusivamente sulla quota di mercato che esse detengono.
Nel caso in esame le imprese del procedimento rappresentano la quasi totalità del mercato italiano, con una quota complessivamente detenuta pari a circa l’85% dello stesso: le aziende più grandi – quali It. ed altri – operano in tutto il territorio nazionale, ove detengono complessivamente circa il 70% del mercato; quelle di medie dimensioni, quale Ho., filiale italiana di un’altra multinazionale (il gruppo La..) e altri, hanno una presenza significativa in alcune aree specifiche del territorio italiano e che, in un contesto di capacità inutilizzata da parte di tutti gli operatori, rivestono un ruolo competitivo importante; infine, vi sono operatori di dimensioni più ridotte – e con una operatività prettamente locale – ovvero W& P, Ce. Ce. Su. (società entrambe controllate da un gruppo cementiero straniero) e Ce. Mo., società controllata congiuntamente da Bu..
Ancora: l’ambito competitivo non coincide affatto con la macro-area – la quale come rileva AGCM costituisce un mero raggruppamento statistico definito convenzionalmente – ma con aree di mercato (c.d. catchment areas) definibili intorno a ciascun impianto per mezzo di strumenti quali i c.d. raggi geodetici o le isodistanze. Tali aree, tuttavia, non costituiscono ambiti competitivi isolati, ma presentano numerose sovrapposizioni tra di esse, lungo tutto il territorio nazionale. In ogni caso, tutti i principali operatori sono presenti in ciascuna macro-area. Inoltre, anche i diversi operatori di dimensioni medie, o relativamente piccole, che non sono presenti in tutte le aree geografiche del Paese, risultano in ogni caso attivi in una parte importante di esso e risentono quindi delle condizioni concorrenziali presenti in diverse aree del Paese.
7.3 Sicché, conclusivamente sul punto, va condivisa l’affermazione, contenuta nella pronuncia appena richiamata, sull’effetto prodottosi nel mercato in conseguenza dell’intesa, che dimostra nei fatti ed in concreto la dimensione nazionale del mercato rilevante.
Ossia l’Autorità, muovendo dal presupposto che il mercato del cemento sia caratterizzato da un calo della domanda e da un complessivo andamento decrescente dei costi di produzione, investigando nel lasso di tempo preso in considerazione la reale dinamica del mercato, ha riscontrato “una sequenza di salti verso l’alto proprio in corrispondenza degli incrementi dei prezzi nominali”; e, in parallelo, la relativa stabilità nel tempo delle quote di mercato relative delle imprese coinvolte, pur a fronte di un calo nel tempo dei quantitativi di prodotto consegnati.
7.4 Il provvedimento impugnato ha ravvisato nell’intesa per cui è causa un duplice profilo di illiceità, tanto per l’oggetto, come restrittiva della concorrenza, quanto per gli “effetti apprezzabili” da essa prodotti.
7.5 In base all’indirizzo giurisprudenziale, qui condiviso, cui va data continuità applicativa (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 13 giugno 2014 n. 3032; Id, sez. VI, 24 ottobre 2014 nn. 5274, 5275), uno solo di questi due profili è ritenuto sufficiente per qualificare l’intesa come illecita, e quindi a legittimare l’irrogazione di una sanzione.
8. Con il secondo ordine di motivi d’appello, si lamentano gli errori di giudizio in cui sarebbe incorso il Tar nel valutare gli elementi di prova raccolti da AGCM per ravvisare raggiunta l’intesa vietata
9. Il motivo è infondato.
9.1 L’Autorità attraverso le proprie indagini, costituite principalmente da acquisizione di documenti, ha potuto ricostruire quello che il provvedimento chiama “parallelismo dei comportamenti di prezzo”, poi riassunto nel provvedimento impugnato in un apposito quadro illustrativo.
9.2 Con coerente ragionamento logico-giuridico, AGCM ha tratto la conseguenza che il descritto quadro di aumenti paralleli non sia frutto del caso, ovvero di dinamiche involontarie di mercato.
Il provvedimento impugnato dà conto infatti di “risultanze istruttorie” le quali evidenziano “lo svolgersi fra le parti di discussioni relative a prezzi e a listini” risultanze puntualmente descritte nel testo del provvedimento e confermate dai documenti cui esso si riferisce.
9.3 In aggiunta, l’Autorità nel provvedimento impugnato completa la propria analisi osservando che l’intesa non era limitata ai comportamenti appena descritti, di aumenti di prezzo paralleli, ma comprendeva altre condotte, volte in sintesi estrema a verificare che l’intesa stessa fosse effettivamente tradotta in atto e rispettata.
Tanto che la “verifica dell’applicazione degli aumenti di prezzo” ha dato luogo ad ulteriori contatti fra le parti – anch’essi descritti – non fatti oggetto di specifiche contestazioni.
9.4 Quanto alla prova dell’illecito, in conformità ai principi generali in tema di prova contenuti nell’art. 2729 c.c., è necessario e sufficiente che dell’intesa vietata esistano indizi gravi, precisi e concordanti.
Ravvisabili, in particolare nel caso in esame, nel parallelismo delle condotte tenuto da imprese operanti in un mercato oligopolistico, che potrebbe in sé esser lecito, se non fosse invece frutto di concertazione; e che può essere considerato come risultato di un’intesa anticoncorrenziale vietata alla stregua di indizi gravi, precisi e concordanti, rappresentati: da un elemento endogeno, quale la non plausibilità della condotta come effetto delle normali dinamiche di mercato; e da un elemento esogeno, quale la sussistenza di elementi di riscontro rivelatori della concertazione non consentita, ed in particolare l’accertata sussistenza di una serie di contatti e di scambi di informazioni fra le imprese concorrenti circa le proprie iniziative e strategie di mercato, nonché la condivisione di valutazioni che in un mercato concorrenziale ogni impresa terrebbe per sé .
9.5 Nel caso in esame, quanto alla ripartizione dell’onere della prova, è dirimente quanto condivisibilmente affermato da Cons. Stato, sez. VI, 31 dicembre 2018 n. 7320 che, qualora come nel caso in esame, emergono elementi di riscontro di tipo esogeno, la prova della razionalità della condotta incombe sull’impresa appellante: prova non affatto assolta da quest’ultima.
10. Con il terzo e quarto motivo d’appello si deducono gli errori di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nell’omettere di censurare la violazione del diritto di difesa e del principio del giusto processo nonché l’illegittimo rigetto da parte di AGCM degli impegni proposti da Ho..
I motivi, d’ordine procedimentale, possono essere trattati congiuntamente.
L’omessa ostensione dei documenti nel corso del procedimento istruttorio, secondo la censura, ha leso il diritto di difesa in violazione del principio del giusto processo.
10.1 Il motivo è infondato.
L’asserzione è generica ed indimostrata avendo la società preso parte attiva al procedimento istruttorio.
È venuta meno all’onere d’allegare in modo circostanziato e preciso quali sono state le conseguenze effettivamente subite a causa della mancata conoscenza dei dati richiesti in termini di lesione del proprio diritto difesa (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 25 maggio 2015, n. 1585).
In replica, viceversa, AGCM ha puntualmente controdedotto che i dati richiesti, e non ottenuti, risultavano rispetto ai fatti contestati inconferenti: segnatamente il confronto tra ricavi medi effettivi nazionali e di macro-area – che la parti avrebbero voluto effettuare – “non presenta alcuna connessione rispetto alla contestazione di un accordo su variazioni dei listini uniformi a livello nazionale, di cui all’istruttoria in corso”.
10.2 A diversa conclusione deve invece giungersi con riguardo al motivo incentrato sull’illegittimo rigetto degli impegni proposti da Ho..
AGCM, discostandosi per gli stessi fatti contestati dal comportamento tenuto dalla Commissione europea e dall’autorità di concorrenza inglese (CMA), non ha tenuto in alcuna considerazione la proposta – conformata agli standards dei self-commitements approvati dalla Commissione europea – di impegni, presentata, ex art. 14 ter l. 287/1990, dalla società appellante.
Né AGCM ha specificamente motivato le ragioni su cui ha fondato l’irrilevanza della proposta ai fini dell’adozione e della quantificazione della sanzione.
Va rimarcato l’ampio margine di discrezionalità amministrativa (e – va sottolineato – non tecnica) che connotano gli istituti quali le autorizzazioni in deroga di intese vietate, l’accettazione degli impegni e i c.d. programmi di clemenza, di cui rispettivamente artt. 4,14 ter e 15, comma 2 bis, l. 287/90.
Non viene qui in rilievo le questioni dell’effettivo ambito d’apprezzamento giudiziale della discrezionalità tecnica e del sindacato di legittimità avente ad oggetto concetti indeterminati, bensì l’estensione e l’intensità del grado di cognizione del giudice amministrativo dei provvedimenti amministrativi (ampiamente) discrezionali adottati da AGCM (cfr., testualmente, Corte cost. n. 13 del 2019) che incidono negativamente sul destinatario dell’atto.
Ossia l’incidenza della violazione del dovere di motivazione tanto più stringente laddove, come nel caso in esame, il rafforzamento del principio di legalità in senso procedimentale vada a compensare situazioni in cui si verifica la dequotazione del principio di legalità sostanziale (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. VI; 20 marzo 2015 n. 1532).
10.3 Nel caso di specie l’assenza di specifica motivazione del diniego d’accettazione della proposta, essendo riferita ad una fase sub procedimentale, non incide sulla validità dell’atto impugnato, quanto piuttosto sulla graduazione della sanzione.
11. Tema che rimanda l’ultimo ordine di motivi d’appello.
L’appellante censura il capo di sentenza che avrebbe immotivatamente respinto le censure sulla quantificazione della sanzione sia con riguardo ai criteri utilizzati che alla oggettiva non gravità dell’illecito anticoncorrenziale imputatole
La ritenuta gravità dell’intesa (c.d. orizzontale) ha costituito, ai sensi dell’art. 15, comma 1, della legge n. 287/1990, parametro di commisurazione della sanzione: pari (nel limite edittale) fino al 10% del fatturato realizzato in ciascuna impresa o ente nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notificazione della diffida.
In ossequio alle linee giuda approvate del 22 ottobre 2014, l’AGCM l’Autorità, sul presupposto che l’intesa ha avuto attuazione ed ha prodotto significativi effetti sul mercato, ha qualificato
l’intesa come “molto grave” in ragione della natura della concertazione, tale da rendere di per sé certa la sua capacità di serio pregiudizio alla concorrenza.
10.2 Ex adverso, richiamato l’indirizzo giurisprudenziale (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 7 ottobre 2013, n. 5928; Id, sez. VI, 2 luglio 2015, n. 3291) a mente del quale per determinare l’entità della sanzione pecuniaria applicabile a ciascuna delle imprese che abbia partecipato a tali violazioni si deve tener conto del livello di gravità dal punto di vista soggettivo e oggettivo delle violazioni, l’appellante, lamenta che la sanzione applicata dall’Autorità alla ricorrente non tiene conto in alcun modo della gravità delle violazioni dell’art. 101 TFUE imputabili a Ho..
Sicché, denuncia l’appellante, la sanzione non sarebbe stata determinata in conformità a quanto stabilisce l’art. 11 l. 689/81 richiamata dall’art. 31 della legge n. 287/90.
10.3 In disparte la prova sulla partecipazione effettiva, in apicibus, l’appellante evidenzia in fatto che l’impresa occupa ed opera in una fetta di mercato locale, territorialmente circoscritta: in sintesi, Ho. non avrebbe potuto vendere il proprio cemento oltre il raggio di 150/250 chilometri dai propri stabilimenti, aree di commercializzazione al di là delle quali non avrebbe potuto arrivare nel mercato dell’Italia settentrionale.
11. Il motivo è fondato per quanto di ragione.
11.1 Non è contestato da AGCM che Ho. ha avuto nell’anno 2015 un quota del mercato nazionale concentrata nel mercato dell’Italia settentrionale; di conseguenza l’impresa ha operato solo nel mercato locale con una quota di mercato del 4.8 %.
Il principio di proporzionalità della sanzione è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione europea: l’art. 49.3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea stabilisce che “Le pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al reato”.
Avendo la sanzione impugnata natura punitiva-afflittiva, devono trovare applicazione gli istituti e le garanzie tipiche di tutte le sanzioni di carattere punitivo afflittivo pur aventi natura amministrativa (cfr., Corte cost. 4 giugno 2010, n. 196 che richiama la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, formatasi in particolare sull’interpretazione degli artt. 6 e 7 Cedua: Corte di Giustizia UE 13 febbraio 1979, in causa C-85/76 Corte di Giustizia UE 19 gennaio 2006, in causa C-240/03).
Sicché le pene pecuniarie di natura afflittiva, comminate in caso di violazione della normativa antitrust, non sfuggono dall’ambito precettivo del principio di proporzionalità .
11.2 Nel duplice e concorrente spettro della ragionevolezza e della proporzionalità, non è giustificato – sia in assoluto, ossia con specifico riguardo alla condotta addebitata all’incolpata, che in senso relativo, vale a dire con riferimento a quanto stabilito per lo stesso fatto a carico di imprese terze parti dell’intesa – calcolare la sanzione, parametrata ad una quota del fatturato, senza tenere in alcun conto la realtà economica entro la quale opera l’impresa sì da pervenire al risultato di quantificare la sanzione pecuniaria in modo sproporzionato sia in senso assoluto che relativo.
11.3 Tanto più laddove l’accertato vizio procedimentale (sub 10.3) abbia pregiudicato la valutazione della condotta, complessivamente considerata, tenuta dalla società incolpata nella vicenda dedotta in giudizio..
11.4 Tirando le fila sul punto, in forza ex art. 134, comma 1, lett. c) del cod. proc. amm., che riconosce in materia la giurisdizione del giudice amministrativo con cognizione estesa al merito, la misura della sanzione pecuniaria comminata dall’AGCM va ridotta del 50%.
12. Conclusivamente, in riforma parziale della sentenza impugnata e in parziale accoglimento del ricorso di primo grado, la sanzione finale va rideterminata nella misura di cui alla motivazione.
13. La complessità delle questioni dedotte e la parziale reciproca soccombenza giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese di entrambi i gradi dei giudizi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi della motivazione, e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di prime cure limitatamente alla misura della sanzione pecuniaria comminata dall’AGCM che va ridotta del 50%.
Compensa le spese di entrambi i gradi di giudizi.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Francesco Mele – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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