Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 9 gennaio 2020, n. 177
La massima estrapolata:
Il condono edilizio ha avuto come fine anche quello di far percepire alle Amministrazioni le somme conseguentemente spettanti, sicché non avrebbe senso consentire ritardi nel pagamento delle oblazioni (di per sé tali da poter condurre anche alla prescrizione del diritto alla percezione), in quanto verrebbero meno i ricavi finanziari auspicati per colmare i disavanzi delle casse comunali.
Sentenza 9 gennaio 2020, n. 177
Data udienza 26 novembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7017 del 2015, proposto dai signori Gi. Ci. e Mi. Ci., rappresentati e difesi dagli avvocati Pa. Ki. Ma. e Gi. Ta., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fe. De Lo. in Roma, via (…), nonché rappresentati e difesi dall’avvocato Re. La., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ag., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fr. Ma. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. 50/2015, resa tra le parti, concernente un diniego di condono edilizio;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 26 novembre 2019 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti l’avvocato Re. La. e l’avvocato Ma. Di Ne., in delega dell’avvocato Gi. Ag.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. E’ appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. 50/2015, di reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti proposti dai signori Gi. Ci. e Mi. Ci. avverso il diniego opposto dal Comune di (omissis) sull’istanza di istanza di condono ai sensi dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, e la successiva ordinanza di demolizione del manufatto abusivo in comproprietà, composto da due piani avente superficie complessiva pari a170 mq., realizzato in via (omissis) in (omissis).
2. Il Comune ha respinto l’istanza, contestando il mancato pagamento dell’esatta cifra relativa alla all’oblazione e degli oneri concessori; di conseguenza, ritenendo le opere abusive, in mancanza della sanatoria, ha adottato come “atto dovuto” l’ordinanza di demolizione, impugnata con motivi aggiunti.
3. Secondo il Tar, le ragioni addotte dall’amministrazione a sostegno del diniego sarebbero sussistenti: in particolare il mancato o inesatto pagamento dell’oblazione nonché il tardivo pagamento delle residue rate di oneri concessori sono ostativi al condono, con la conseguente necessità di procedere alla demolizione delle opere abusive.
4. Appellano la sentenza i signori Gi. Ci. e Mi. Ci.. Resiste il Comune di (omissis).
5. Alla pubblica udienza del 26 novembre 2019 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
6. Con i motivi d’appello i ricorrenti si dolgono degli errori di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nel non considerare che l’oblazione era stata versata nella misura auto-quantificata e che, per effetto del decorso di 36 mesi dall’avvenuta pagamento, era maturata la prescrizione del diritto di percepire il conguaglio.
Essi aggiungono che i termini per versare l’oblazione non sarebbero perentori e – qualora non rispettati – l’amministrazione avrebbe dovuto richiedere l’integrazione: prima di pronunciare il diniego, il Comune avrebbe dovuto invitare i richiedenti a produrre la documentazione mancante, ovvero ad esibire la prova dell’avvenuto pagamento, che avrebbe potuto essere effettuato anche in quel momento.
7. L’appello è infondato.
Va richiamato l’orientamento giurisprudenziale consolidato, qui condiviso, a mente del quale il mancato pagamento dell’oblazione nei termini previsti dalla legge inibisce il rilascio del condono (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2018, n. 1514; Id. sez. VI, 19 luglio 2013, n. 3925).
L’art. 32, comma 37, del d.l. 269/2003, che estende l’originario condono edilizio – di cui l. 47/1985 – alle costruzioni abusive ultimate entro il 31 marzo 2003, prevede che “Il pagamento degli oneri di concessione, la presentazione della documentazione di cui al comma 35, della denuncia in catasto, della denuncia ai fini dell’imposta comunale degli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 504, nonché, ove dovute, delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per l’occupazione del suolo pubblico, entro il 31 ottobre 2005, nonché il decorso del termine di ventiquattro mesi da tale data senza l’adozione di un provvedimento negativo del comune, equivalgono a titolo abilitativo edilizio in sanatoria. Se nei termini previsti l’oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate all’art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e all’articolo 48 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380”.
Non è pertanto consentito l’adempimento tardivo.
Il dettato normativo è univoco: ove, come nel caso in esame, le opere siano state realizzate senza titolo, il mancato pagamento dell’oblazione nei termini previsti comporta l’applicazione delle sanzioni e, quindi, la rimessione in pristino (ovvero la demolizione).
L’espressa preclusione di un possibile adempimento tardivo si fonda sulla ratio della normativa in esame.
Il condono edilizio ha avuto come fine anche quello di far percepire alle Amministrazioni le somme conseguentemente spettanti, sicché non avrebbe senso consentire ritardi nel pagamento delle oblazioni (di per sé tali da poter condurre anche alla prescrizione del diritto alla percezione), in quanto verrebbero meno i ricavi finanziari auspicati per colmare i disavanzi delle casse comunali.
Anche il tardivo versamento della seconda e della terza rata dell’oblazione di per sé è sufficiente a fondare la legittimità del provvedimento amministrativo di reiezione dell’istanza di condono edilizio (Cons. Stato., sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 894) e, conseguentemente, dell’ordine di demolizione.
7.1 In ogni caso, quanto all’asserita maturata prescrizione del diritto al conguaglio per effetto del decorso di 36 mesi dall’avvenuta pagamento dell’oblazione autodeterminata, il Comune ha tempestivamente richiesto l’integrazione documentale prima dello spirare di tale termine, interrompendo il decorso del termine.
8. In conclusione l’appello è infondato.
9. Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 7017 del 2013, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i signori Gi. Ci. e Mi. Ci., in solido ed in parti uguali, al pagamento delle spese del grado di giudizio in favore del comune di (omissis) che si liquidano in complessivi 1.500,00 euro, oltre diritti ed accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply