I presupposti per il rilascio del permesso di costruire

Consiglio di Stato, Sentenza|14 maggio 2021| n. 3788.

Dall’art. 12 del D.P.R. n. 380/01 (Testo Unico dell’Edilizia), che, nel disciplinare i “presupposti per il rilascio del permesso di costruire”, lo subordina all’esistenza di opere di urbanizzazione primaria ovvero alla previsione della loro realizzazione da parte del Comune nel triennio decorrente dal rilascio del titolo ovvero all’impegno dell’interessato a procedere all’attuazione delle medesime contemporaneamente all’intervento edilizio istituendo, così, uno specifico collegamento tra permesso di costruire ed opera di urbanizzazione primaria.

Sentenza|14 maggio 2021| n. 3788

Data udienza 16 marzo 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Opere di urbanizzazione primaria – Obbligo di completamento a carico del Comune – Pagamento dei contributi di urbanizzazione – Concessione edilizia – Posizione differenziata e giuridicamente tutelabile – Art. 31, comma 1, c.p.a.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4305 del 2013, proposto dalla signora Ma. Ag. Ec., rappresentata e difesa dagli avvocati Ma. Fo. e Al. Fa. elettivamente domiciliata presso la signora An. De An. in Roma, via (…),
contro
– il Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Co., elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Ma. An. in Roma, viale (…);
– il Responsabile dell’Ufficio Patrimonio e Servizi Tecnologici del Comune di (omissis), non costituitosi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Sardegna Sezione II, n. 925 dell’8 novembre 2012, resa inter partes, concernente l’accertamento dell’obbligo del Comune di completare le opere di urbanizzazione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 marzo 2021 (tenuta ai sensi dell’art. 84 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con l. 24 aprile 2020, n. 27, come modificato dall’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70) il consigliere Giovanni Sabbato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. 1154 del 2003, proposto innanzi al T.a.r. per la Sardegna, la signora Ma. Ag. Ec. aveva chiesto quanto segue:
– l’accertamento
a) della condotta omissiva del Comune di (omissis) in ordine al completamento delle opere di urbanizzazione del vico (omissis) della via (omissis);
b) dell’obbligo del Comune di (omissis) di completare la realizzazione, senza ulteriore rinvio, delle opere di urbanizzazione del vico (omissis) della via (omissis), previo, occorrendo, annullamento di tutti gli atti in ipotesi ostative al predetto obbligo e, in particolare, della nota del responsabile dell’ufficio patrimonio prot. n. 5158 del 14 maggio 2003;
– la condanna del Comune di (omissis) a completare la realizzazione, senza ulteriore rinvio, delle opere di urbanizzazione del vico (omissis) della via (omissis).
2. A sostegno dell’azione aveva dedotto che nonostante fossero decorsi molti anni dal rilascio della concessione edilizia n. 87 del 6 novembre 1987 – rilasciata in suo favore dal Comune di (omissis), ed avente ad oggetto la costruzione di un fabbricato per civile abitazione in un lotto inserito nella zona (omissis) di completamento residenziale – e dal conseguente pagamento degli oneri di urbanizzazione, nonostante i ripetuti solleciti, la strada non è stata ultimata dal Comune, comportando così gravi disagi. Il comportamento inerte dell’Amministrazione comunale sarebbe in contrasto con il principio di buon andamento oltre che irragionevole, disparitario ed in violazione del testo unico dell’edilizia.
3. Costituitasi l’Amministrazione comunale, il T.a.r. adì to Sezione II ha dichiarato il ricorso inammissibile per carenza di legittimazione attiva ed ha condannato parte ricorrente al rimborso delle spese di lite (Euro 2.500,00).
4. In particolare, il T.a.r. ha ritenuto che il pagamento dei contributi di urbanizzazione non comporta la nascita, in capo al titolare della concessione edilizia, di un diritto, azionabile nei confronti della pubblica Amministrazione, alla realizzazione e completamento delle opere di urbanizzazione che maggiormente interessano la sua costruzione, posto che il Comune può discrezionalmente utilizzare i predetti introiti per il completamento o la manutenzione delle opere di urbanizzazione di qualsiasi parte del territorio. Non ricorre, inoltre, un interesse pretensivo differenziato e qualificato, non potendosi distinguere la posizione del destinatario della concessione edilizia da quella di tutti gli altri consociati e comunque l’asse stradale è stato realizzato sebbene senza le opere di finitura (bitumatura della strada e realizzazione dei marciapiedi).
5. Avverso tale pronuncia la signora Ec. ha interposto appello, notificato l’8 maggio 2013 e depositato il 4 giugno 2013, lamentando, attraverso un unico complesso motivo di gravame (pagine 5-9), quanto di seguito sintetizzato:
– avrebbe errato il T.a.r. nel reputare il ricorso di primo grado inammissibile per la mancanza di una posizione legittimante non avendo considerato che si tratta della realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e non di semplice manutenzione, per le quali ricorre un preciso obbligo legale in capo al Comune, il quale ha sì provveduto a realizzare la pavimentazione stradale in questione ma soltanto dopo la proposizione del ricorso di primo grado e senza i marciapiedi e quanto necessario per assicurare il drenaggio delle acque (cunette e relative caditoie).
6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado e quindi la declaratoria dell’obbligo di realizzare ovvero completare le opere di urbanizzazione primaria del vico (omissis) della via (omissis).
7. In data 17 ottobre 2013, il Comune di (omissis) si è costituito con memoria, al fine di resistere, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o comunque per il rigetto dell’opposto gravame. Ha evidenziato parte appellata che l’appellante non avrebbe articolato alcuna deduzione per rimuovere la statuizione in rito recata dall’impugnata sentenza e che lo stesso T.a.r. ha evidenziato l’avvenuta realizzazione dell’asse stradale sebbene priva di alcune opere di rifinitura.
8. In data 12 febbraio 2021, parte appellante ha depositato memoria conclusionale insistendo per l’accoglimento del gravame; ha evidenziato che, secondo recente giurisprudenza, si configura una posizione adeguatamente differenziata in capo al soggetto ricevente il titolo edilizio e che le opere mancanti (strato di usura dell’asfalto così come non risulta la costruzione dei marciapiedi nonché delle cunette) costituiscono parte integrante ed indefettibile dell’asse stradale.
9. La causa, chiamata per la discussione alla udienza pubblica svoltasi con modalità telematica del 16 marzo 2021, è stata ivi trattenuta in decisione.
10. L’appello è fondato nei sensi e nei limiti di cui alla motivazione che segue.
11. Come esposto in narrativa, l’odierna appellante lamenta il mancato completamento dell’opera di urbanizzazione primaria, segnatamente la strada su cui si affaccia il lotto di completamento edilizio, necessaria per la trasformazione edilizia di area interessata dal rilascio del permesso di costruire per l’edificazione di un manufatto a destinazione abitativa sebbene avesse corrisposto i relativi oneri al momento del rilascio del titolo ad aedificandum.
12. L’orientamento negativo assunto dal T.a.r. si deve alla duplice considerazione che la posizione giuridica sottesa al ricorso non assurge al paradigma del diritto soggettivo e che, ad ogni modo, l’opera in questione, consistente in un tratto di strada in area di completamento, deve presumersi esistente e comunque è stata sostanzialmente realizzata nelle more del giudizio.
13. Il Collegio ritiene di non condividere le considerazioni rese dal T.a.r. a sostegno della sentenza odiernamente gravata e pertanto di accogliere l’appello in esame sia pure con le seguenti precisazioni.
13.1 In particolare, deve rilevarsi che:
– è pur vero che il destinatario di un titolo edilizio non è titolare di una vera e propria posizione di diritto soggettivo alla realizzazione delle opere di urbanizzazione che afferiscono all’area interessata dall’edificazione, in quanto l’Amministrazione conserva la discrezionalità di destinare la provvista economica derivante dal versamento degli oneri di urbanizzazione in qualsiasi area del territorio comunale, individuate secondo criteri di massimizzazione dell’interesse pubblico;
– questo Consiglio ha di recente infatti ribadito che “il compimento effettivo delle opere di urbanizzazione non rappresenta, per la consolidata giurisprudenza amministrativa, un’obbligazione sinallagmatica a carico dell’Amministrazione comunale, la quale può sempre pretendere il pagamento delle obbligazioni nascenti dalle convenzioni di diritto pubblico, di cui quelle urbanistiche allegati ai piani rappresentano una species. Inoltre, le opere di urbanizzazione non costituiscono la prestazione di obbligazioni con vincolo di scopo, ben potendo le relative somme essere impiegate per scopi o utilità diverse” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 2020, n. 7934);
– non può, tuttavia, disconoscersi che il destinatario di un titolo edilizio abbia una posizione giuridica adeguatamente differenziata e giuridicamente tutelabile affinché l’Amministrazione, compulsata in ordine alla destinazione delle somme corrisposte a titolo di oneri di urbanizzazione, esponga le determinazioni adottate e le ragioni sottostanti;
– la posizione giuridica del destinatario del permesso di costruire in regola col pagamento dei relativi contributi tre fondamento oltre che dagli evocati principi di correttezza e buona amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione anche da un preciso dovere di correttezza e buona amministrazione in rapporto alla qualificata aspettativa del privato ad un’esplicita pronuncia (Cons. Stato, sez. IV, 26.11.2009, n. 7432; id, sez. IV, 14 dicembre 2004, n. 7955);
– la pubblica Amministrazione ha, infatti, il dovere di concludere il procedimento amministrativo con un provvedimento espresso, sia nei casi in cui esso consegua obbligatoriamente ad un’istanza sia quando debba essere iniziato d’ufficio, e ciò secondo il precetto contenuto negli artt. 2 e 2 bis della legge n. 241/1990, che dispongono l’obbligo per tutti i soggetti pubblici di concludere i procedimenti amministrativi, con la conseguenza che la sua inerzia costituisce un’ipotesi di silenzio inadempimento;
– non va altresì trascurato quanto statuito dall’art. 12 del d.P.R. n. 380/01 (Testo Unico dell’Edilizia), che, nel disciplinare i “presupposti per il rilascio del permesso di costruire”, lo subordina all’esistenza di opere di urbanizzazione primaria ovvero alla previsione della loro realizzazione da parte del Comune nel triennio decorrente dal rilascio del titolo ovvero all’impegno dell’interessato a procedere all’attuazione delle medesime contemporaneamente all’intervento edilizio istituendo, così, uno specifico collegamento tra permesso di costruire ed opera di urbanizzazione primaria.
13.2 Orbene, la vicenda di causa presenta le seguenti caratteristiche:
i) la posizione ascrivibile all’odierna appellante non è una posizione meramente indifferenziata anche se non emerge un preciso sinallagma tra versamento degli oneri di urbanizzazione ed effettiva realizzazione delle relative opere;
ii) non si configura una vera e propria arbitrarietà dell’ente comunale nella individuazione delle aree di destinazione dei contributi versati bensì una vera e propria discrezionalità da esercitarsi secondo criteri di ragionevolezza e buona amministrazione e pertanto astrattamente sindacabili;
iii) non è dato quindi ravvisare una vera e propria posizione di diritto soggettivo in capo all’appellante quanto un interesse legittimo all’esercizio del potere discrezionale secondo canoni di ragionevolezza e buona amministrazione;
iv) tale posizione, siccome giuridicamente rilevante e adeguatamente differenziata, è suscettibile di essere esercitata sia pure entro limiti precisi che attengono al corretto esercizio della potestà discrezionale di cui l’Amministrazione è titolare;
v) tali limiti vanno rinvenuti nell’esigenza di distinguere tra l’an che è vincolato, stante l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere sullo stimolo della parte ad avere contezza delle ragioni di interesse pubblico che orientano la scelta nell’utilizzazione dei fondi conseguiti, ed il quid-quomodo-quando, che sono appunto sono affidati, e non può essere altrimenti, alle valutazioni discrezionali dell’Ente territoriale.
13.3 Venendo più esattamente al caso in esame va rilevato che le doglianze della parte appellante investono il comportamento del Comune che, dopo aver rilasciato la concessione edilizia del 6 novembre 1987 e percepito i relativi oneri di urbanizzazione, non provvedeva al completamento delle opere di urbanizzazione primaria ed in particolare della strada (rientrante tra tali opere à sensi dell’art. 4, legge 29 settembre 1964, n. 847) su cui si affaccia il lotto in questione continuando a rimanere inerte nonostante i ripetuti solleciti dell’appellante fino a quando, con la nota del responsabile dell’Ufficio Patrimonio numero di protocollo 5158 del 14 maggio 2003, non replicava espressamente alle pretese dell’istante evocando la soggezione delle scelte allocative delle opere di urbanizzazione alla sfera di discrezionalità dell’Amministrazione stessa.
13.4. L’azione proposta dall’odierna appellante con il ricorso di prime cure assume pertanto una veste bifronte, contemplando essa sia una domanda di accertamento che impugnatoria, afferente alla nota surrichiamata, cosicché il vaglio che si impone in questa sede d’appello deve involgere entrambe le posizioni giuridiche sottese.
13.5 Orbene, la rilevata esclusione in capo alla ricorrente di una posizione riconducibile al paradigma del diritto soggettivo, secondo quanto sopra osservato, non deve tuttavia far trascurare la necessità di sottoporre a disamina anche la domanda impugnatoria, emergendo questa volta che essa è assistita da una previa posizione legittimante, siccome adeguatamente differenziata rispetto agli altri consociati nonché qualificata da quei generali principi di buona amministrazione e ragionevolezza ai quali l’Amministrazione anche in questo caso soggiace, con conseguente obbligo di pronunciarsi, in maniera specifica e circostanziata sul quid, quomodo e quando e cioè sui tempi e modi di realizzazione dell’opera stradale nella sua incontestata necessarietà . La nota impugnata del 14 maggio 2003 non costituisce adeguata espressione di questi compiti ostensivi, non avendo l’Amministrazione fornito alcuna spiegazione al riguardo, limitandosi ad opporre la riconduzione dell’intervento oggetto di sollecito alle prerogative discrezionali della stessa Amministrazione.
13.6 Né può ritenersi che l’asse stradale sia da presumere esistente o comunque sia stato, ancorché imperfettamente, realizzato, in quanto non risulta contraddetto da parte appellata che la strada presenta soltanto un primo strato di asfaltatura mancando il cosiddetto strato di usura dell’asfalto nonché la costruzione dei marciapiedi e delle cunette laterali per il deflusso delle acque. Conviene il Collegio con la tesi sostenuta da parte appellante, nel senso che tali opere non sono di mera manutenzione bensì costituiscono parte integrante della strada e pertanto rientrano nell’alveo applicativo dei richiamati principi che informano la corretta e tempestiva realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria. Non può infatti ritenersi realizzata a regola d’arte una strada priva di quanto necessario per agevolare il transito degli autoveicoli e dei pedoni nonché per il deflusso delle acque meteoriche.
14. In conclusione, l’appello in esame, previa rimozione della gravata statuizione in rito, va accolto entro i limiti della declaratoria dell’obbligo del Comune appellato – à sensi dell’art. 31, comma 1, c.p.a. – di rendere edotto l’appellante dei tempi e dei modi coi quali si provvederà, anche eventualmente attraverso un piano specifico, al completamento dell’urbanizzazione dell’area.
15. Sussistono nondimeno giusti motivi, attesa l’assoluta peculiarità della vicenda, per disporre la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio per la metà mentre per la residua frazione esse, regolamentate secondo il criterio della soccombenza, sono liquidate nella misura stabilita in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (n. r.g. 4305/2013), lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, accoglie il ricorso di primo grado n. 1154 del 2003 e conseguentemente dichiara l’obbligo del Comune di provvedere sull’istanza di parte ricorrente.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio per la metà e quindi condanna il Comune appellato alla rifusione, in favore dell’appellante, del residuo che liquida in euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre s.g. e accessori di legge con rifusione del c.u. se versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Seconda Sezione del Consiglio di Stato, con sede in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 16 marzo 2021, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Ermanno de Francisco – Presidente
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere, Estensore
Francesco Frigida – Consigliere
Francesco Guarracino – Consigliere

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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