Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 16 aprile 2019, n. 2495.
La massima estrapolata:
In caso di emanazione di un’ordinanza sindacale contingibile ed urgente non occorre il rispetto delle regole procedimentali poste a presidio della partecipazione del privato, essendo queste incompatibili con l’urgenza di provvedere, anche in ragione della perdurante attualità dello stato di pericolo, che può aggravarsi con il trascorrere del tempo; in sostanza, la comunicazione di avvio del procedimento nelle ordinanze contingibili ed urgenti del sindaco non può che essere di pregiudizio all’urgenza di provvedere.
Sentenza 16 aprile 2019, n. 2483
Data udienza 14 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 9254 del 2010, proposto da:
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ta., An. Pu., Ga. Ro., Fa. Ma. Fe. ed An. An., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Ma. Gr. in Roma, corso (…);
contro
Ri. Ma. Es., rappresentata e difesa dagli avvocati Si. To. e Lu. To., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Lo. Vi. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE V n. 01508/2010, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ri. Ma. Es.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 settembre 2018 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Fe. Sc. su delega dell’avvocato G. Ro., e Lu. To.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Il Comune di Napoli ha interposto appello nei confronti della sentenza 18 marzo 2010, n. 1508 del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sez. V, che ha accolto il ricorso esperito dalla signora Ri. Ma. Es. avverso l’ordinanza sindacale contingibile ed urgente n. 983 in data 12 novembre 2009 con la quale le era stato ingiunto, in qualità di proprietaria dell’immobile sito al viale (omissis), di eseguire ad horas “gli opportuni accertamenti tecnici e tutte le opere di assicurazione strettamente necessarie ad eliminare lo stato di pericolo” riscontrato nell’immobile a seguito di accertamento tecnico.
L’ordinanza, adottata ai sensi dell’art. 54 del t.u.e.l., era scaturita dal “distacco di una porzione del solido stradale in corrispondenza dell’area cortilizia di pertinenza privata aggettante sulla parte sommitale del costone prospiciente discesa (omissis)”.
Con il ricorso in primo grado la sig.ra Ri. ha allegato l’illegittimità dell’ordinanza gravata per vizi di ordine formale e sostanziale.
2. – La sentenza appellata ha accolto il ricorso in relazione al dedotto vizio di incompetenza del Sindaco di Napoli, nella considerazione che avrebbe dovuto esercitare i suoi poteri non già come legale rappresentante dell’ente locale, ma come Commissario straordinario dell’Emergenza sottosuolo del Comune di Napoli, investito di tali poteri straordinari giusta ordinanza ministeriale n. 2509 del 22 febbraio 1997 e successive. Ha precisato la sentenza che “l’esercizio del potere contingibile ed urgente da parte del Sindaco ai sensi del T.U.E.L. (e non ai sensi dell’ordinanza ministeriale n. 2509/1997 e successive proroghe), per fronteggiare situazioni di emergenza permanente, quale quella riscontrabile nel caso di specie, risulta non solo illegittimo per usurpazione del potere straordinario già attribuito ratione materiae al Commissario Governativo, ma anche tale da violare il principio della gerarchia delle fonti”; per l’effetto ha annullato l’ordinanza n. 983 del 2009, rimettendo gli atti al Sindaco di Napoli, quale Autorità competente in qualità di Commissario delegato per la valutazione e la realizzazione delle opere di difesa del suolo su tutto il territorio comunale.
3.- Con il ricorso in appello il Comune di Napoli ha dedotto l’erroneità della sentenza nell’assunto che l’ordinanza impugnata in primo grado ha un ambito più circoscritto rispetto alle ordinanze commissariali, consistendo nell’inibizione dal praticare l’area circostante al fabbricato (già pericolante) quanto meno mediante il mantenimento di idonee recinzioni/transennamenti, sì da evitare la riproposizione di un rischio per l’incolumità dei cittadini e consentire la viabilità in sicurezza di via (discesa) (omissis). Si tratta dunque, ad avviso dell’appellante Amministrazione, dell’esercizio, da parte del Sindaco Ufficiale di Governo, del potere di ordinanza, non attinente alla sistemazione definitiva e completa del costone, di pertinenza commissariale.
4. – Si è costituita in resistenza la signora Ri. Ma. Es. chiedendo la reiezione dell’appello (principale) ed esperendo al contempo appello incidentale ripropositivo dei motivi di primo grado assorbiti dalla sentenza impugnata, concernenti in via principale il proprio difetto di legittimazione passiva, lo sviamento di potere, la disparità di trattamento, il difetto di istruttoria e di motivazione.
5. – All’udienza pubblica del 26 settembre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.- L’appello principale del Comune di Napoli critica la sentenza di prime cure, che ha accolto la censura di incompetenza del Sindaco, nella considerazione che i provvedimenti emessi dal Sindaco quale Commissario straordinario dell’Emergenza sottosuolo del Comune di Napoli ai sensi dell’O.M. n. 2509 del 22 gennaio 1997 non precludono l’esercizio del potere sindacale, quale Ufficiale di Governo; in particolare, nella fattispecie in esame, il provvedimento si limita alla “idonea delimitazione delle aree interessate dai dissesti previo idoneo transennamento atto ad inibirne tassativamente la praticabilità “.
L’appello è fondato.
La gravata ordinanza n. 983 del 2009, sottoscritta dal Sindaco e dal dirigente del Comune di Napoli, verificato il pericolo derivante dal distacco di porzione del solido stradale in corrispondenza dell’area cortilizia di pertinenza privata aggettante sulla parte sommitale del costone prospiciente la discesa (omissis), preso atto che la signora Ri. è proprietaria dell’area e dei manufatti insistenti sulla parte terminale del vialetto privato con accesso da via (omissis), ha ritenuto necessaria la predisposizione di “idonea delimitazione delle aree interessate dai dissesti previo idoneo transennamento atto ad inibire tassativamente la praticabilità “, ordinando per l’effetto alla stessa signora Ri. “di far eseguire “ad horas” gli opportuni accertamenti tecnici, e tutte le opere di assicurazione strettamente necessarie per scongiurare lo stato di pericolo su indicato, consegnando, nel termine di giorni dieci dalla data di notifica della presente ordinanza, all’ufficio protocollo […], il certificato unico, a firma di tecnico abilitato, iscritto all’albo professionale, dal quale dovrà risultare che, a seguito delle verifiche effettuate e dei lavori eseguiti, è stato eliminato ogni pericolo per la pubblica e privata incolumità, sollevando l’Amministrazione Comunale da ogni responsabilità nei confronti dei terzi […]”.
Ora, a fronte di una certa genericità della parte dispositiva del provvedimento, formulata a maglie larghe, il contenuto dell’ordinanza si evince dalla sua motivazione, ove è chiaro il riferimento alla delimitazione/transennamento dell’area interessata dal dissesto.
Già dalla portata oggettiva dell’ordinanza gravata è agevole inferire che la stessa non ha attinenza con l’ordinanza 22 febbraio 1997, n. 2509 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile, recante “interventi di emergenza connessi al consolidamento del sottosuolo della città di Napoli, ivi compresi quelli relativi ai dissesti idrogeologici verificatisi o aggravatisi a seguito degli eventi alluvionali dei mesi di novembre e dicembre 1996 e gennaio 1997”, la quale si inserisce nel contesto programmatorio ed esecutivo di interventi di emergenza, concretantisi in lavori pubblici, indispensabili per eliminare situazioni di pericolo incombente relativi a situazioni di instabilità del sottosuolo e dei versanti (art. 2). Dunque la complessità degli interventi previsti dall’ordinanza 22 febbraio 1997, ed, ancora prima, il loro ambito denotano come il provvedimento oggetto del ricorso di primo grado non sia riconducibile a quella disciplina speciale, ma espressione dell’ordinario (seppure derogatorio rispetto al principio di tipicità ) potere di ordinanza di cui all’art. 54, comma 4, del t.u.e.l., indirettamente richiamato nel corpo del provvedimento facendo riferimento alla legge 24 luglio 2008, n. 125, di conversione del d.l. 23 maggio 2008, n. 92, il cui art. 6 ha novellato l’art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000. Detto art. 54, comma 4, come noto, dispone che “il Sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili ed urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione”.
Invero, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, non è precluso l’esercizio del potere di cui all’art. 54, comma 4, del t.u.e.l. in costanza del potere straordinario attribuito dall’ordinanza ministeriale (peraltro, come rilevato nell’atto di appello, in corso di trasformazione nei limiti delle risorse disponibili e per lavori di completamento), trattandosi di potestà autonome e differenti, sia nei presupposti che nelle modalità di esercizio.
2. – Procedendo ora alla disamina dell’appello incidentale proposto dalla signora Ri., con il primo motivo viene reiterata la censura di difetto di legittimazione passiva, nell’assunto che non le spetti di compiere opere di messa in sicurezza su immobili che non rientrano nella sua disponibilità giuridica, come appunto la porzione di solido stradale distaccatosi, di proprietà della signora Acquaviva D’Aragona Adriana.
Il motivo è infondato.
E’ la stessa appellante incidentale a dedurre che la particella catastale che comprende il costone è la n. 552 del foglio 228, di proprietà Acquaviva D’Aragona, mentre appartiene alla signora Ri. la casa colonica (inserita a catasto nella particella n. 184 del foglio 228). L’ordinanza gravata ha appunto ad oggetto, con richiesta di transennamento, le aree interessate dai dissesti, ed in particolare adiacenti al fabbricato (casa colonica) di proprietà della signora Ri., ed occupato da tale sig. Fu. Gi., evidenziante una frattura del terrazzo antistante con significativo abbassamento del piano di calpestio. A fronte di dissesti sovrastanti, l’esigenza cautelare manifestata dall’ordinanza riguarda legittimamente, e dunque fisiologicamente, l’area sottostante al fine di precluderne la praticabilità . Conseguentemente non si pone un problema di erronea enucleazione del soggetto passivo del provvedimento.
3. – Ne consegue l’infondatezza anche del secondo motivo, che muove dall’erroneo presupposto che sia stata ordinata alla signora Ri. l’esecuzione di lavori di messa in sicurezza non compatibili con la posizione dei soggetti privati, cui non sono peraltro imputabili i fenomeni geologici ed atmosferici interessanti il costone di (omissis).
Ed infatti, come si è prima evidenziato, l’ordinanza in questa sede gravata riguarda la sola “delimitazione delle aree interessate dai dissesti previo transennamento atto ad inibire tassativamente la praticabilità “, e non, dunque, interventi ulteriori a quelli provvisionali, in quanto tali potenzialmente esorbitanti dalla dimensione e capacità economica del privato.
4. – Alla stregua di coerente corollario di quanto supra esposto va poi disatteso il terzo motivo che allega lo sviamento di potere del Comune di Napoli, il quale non avrebbe provveduto a mettere in sicurezza il costone (omissis), benchè abbia ottenuto una serie di finanziamenti pubblici allo scopo, riconducibili in particolare all’emergenza sottosuolo.
Risulta di assoluta evidenza la differenza tra il transennamento dell’area sottostante quella interessata dal dissesto e gli interventi, necessariamente pubblici, per le opere di consolidamento.
5. – Con il quarto motivo di appello si lamenta l’insussistenza del presupposto dell’ordinanza contingibile ed urgente, rappresentato dalla presenza di situazioni di carattere eccezionale ed impreviste, costituenti concreta minaccia per l’incolumità pubblica, non affrontabili con i normali mezzi apprestati dall’ordinamento, allegandosi altresì che l’intervento avrebbe una portata definitiva o comunque permanente.
Anche tale motivo è infondato.
L’apposizione di transenne è, per definizione, una misura momentanea (Cons. Stato, V, 2 marzo 1983, n. 62) e costituisce il contenuto proprio del provvedimento in esame; l’ulteriore previsione di svolgimento degli opportuni accertamenti tecnici non può che essere intesa in relazione al contenuto dispositivo finalizzato alla delimitazione delle aree interessate dai dissesti, tanto che viene precisato nell’ordinanza come l’esecuzione di ulteriori opere debba essere oggetto di separato titolo edilizio, non rientrando nell’ambito oggettivo del provvedimento in questione.
Quanto all’asserita insussistenza dei presupposti del potere di ordinanza, la stessa appellante incidentale non contesta lo stato di dissesto idrogeologico dell’area, rilevando piuttosto come l’Amministrazione abbia provveduto, all’inizio dell’anno 2009, alla rimozione controllata delle parti di costone in imminente pericolo di caduta. Ma tale circostanza nulla toglie all’urgenza insita nell’escludere l’accesso all’area, di proprietà privata, sottostante il costone, quali che siano le ragioni che hanno nel tempo causato il dissesto.
6. – Le considerazioni che precedono escludono altresì il vizio motivazionale dell’ordinanza, denunciata con il quinto motivo dell’appello incidentale.
Il provvedimento è sufficientemente motivato, al più potendosi ravvisare una non piena coerenza formale tra la parte motiva e quella dispositiva, peraltro inidonea a determinare uno stato viziato.
7. – Anche il sesto motivo è infondato, laddove deduce la violazione del principio di tipicità dei provvedimenti e del principio di proporzionalità .
Sotto il primo profilo, costituisce infatti caratteristica intrinseca delle ordinanze contingibili ed urgenti derogare al principio di tipicità, seppure nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento.
E’ inoltre francamente incomprensibile come possa postularsi che l’imposizione dell’obbligo di imporre le transenne e contestualmente di accertare, nella specificata area di proprietà privata sottostante il costone, l’idoneità di tale misura ad eliminare lo stato di pericolo, violi il principio di proporzionalità, la cui dimensione propria va ravvisata nel fatto che l’interesse privato, quand’anche recessivo rispetto a quello pubblico, non può essere sacrificato in misura superiore a quanto risulti strettamente necessario al raggiungimento dello scopo prefissato (secondo il noto schema trifasico verificando l’idoneità, necessarietà ed adeguatezza della misura prescelta).
8. – Infondato è poi anche il settimo motivo dell’appello incidentale, con cui si deduce la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990. E’ infatti consolidata al riguardo la giurisprudenza nel ritenere che in caso di emanazione di un’ordinanza sindacale contingibile ed urgente non occorre il rispetto delle regole procedimentali poste a presidio della partecipazione del privato, essendo queste incompatibili con l’urgenza di provvedere, anche in ragione della perdurante attualità dello stato di pericolo, che può aggravarsi con il trascorrere del tempo; in sostanza, la comunicazione di avvio del procedimento nelle ordinanze contingibili ed urgenti del sindaco non può che essere di pregiudizio all’urgenza di provvedere (in termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 1 dicembre 2014, n. 5919).
9. – Alla stregua di quanto esposto, l’appello principale va accolto, mentre quello incidentale deve essere respinto; per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
La peculiarità, anche fattuale, della controversia integra le ragioni eccezionali che giustificano per legge la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello principale e respinge quello incidentale; per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere, Estensore
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