Diritto dell’energia e procedimento amministrativo

Consiglio di Stato, Sentenza|3 febbraio 2022| n. 778.

Diritto dell’energia e procedimento amministrativo.

L’ARPA, allorché non attributaria in base alla legge regionale di competenze proprie e specifiche in materia di opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, configurandosi semplicemente come organo tecnico-consultivo della Regione, non deve necessariamente partecipare, esprimendo parere, alla conferenza di servizi nell’ambito del procedimento di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003. Ciò nondimeno, la Regione può comunque, a fini di completezza ed adeguatezza istruttoria e, in ogni caso, con il limite del divieto di aggravio procedimentale di cui all’art. 1, comma 2 l. n. 241/1990, acquisirne e valorizzarne le valutazioni di ordine tecnico, facendole proprie quale mero supporto giustificativo alle determinazioni di propria competenza. Pertanto, in caso di diniego di autorizzazione, la Regione non può limitarsi a recepire acriticamente il parere negativo espresso dall’ARPA, siccome aprioristicamente ritenuto espressione di una posizione prevalente, dovendo bensì motivare circa l’autonoma ponderazione dei fatti rilevanti e la comparazione degli interessi a confronto.

Sentenza|3 febbraio 2022| n. 778. Diritto dell’energia e procedimento amministrativo

Data udienza 14 ottobre 2021

Integrale

Tag- parola chiave: Diritto dell’energia – Procedimento amministrativo – Procedimento di autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Conferenza di servizi – Parere negativo dell’ARPA – Valenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5522 del 2016, proposto da
Da. En. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ca. Ta., con domicilio eletto presso lo studio legale Pl. s.r.l. in Ro., alla (…);
contro
Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ti. Te. Co. e Ma. To., con domicilio eletto in Ro., alla (…);
Arpa Puglia, Comune di (omissis), non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Bari, sez. I, n. 7/2016, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2021 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Tangari e Colelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Diritto dell’energia e procedimento amministrativo

FATTO

1.- In data 26 agosto 2010, Da. En. s.r.l. presentava alla Regione Puglia domanda di autorizzazione unica per la realizzazione e la gestione dell’impianto fotovoltaico nel Comune di (omissis), in località Po. La Va., di potenza pari a 0,998 MWe.
Decorso senza esito, a valle di articolata interlocuzione finalizzata alla integrazione della documentale, il termine per la definizione del procedimento di cui all’art. 12, comma 4 d.lgs. n. 387/2003, solo in data 8 marzo 2012 la Regione – peraltro nelle more attinta da ricorso giurisdizionale avverso la serbata inerzia, formalizzato dinanzi al TAR per la Puglia – procedeva alla indizione della conferenza di servizi, che aveva luogo in data 18 aprile 2012.
In sede conferenziale, le Autorità intervenute si esprimevano in senso complessivamente favorevole, e nondimeno – a presa d’atto della valutazione negativa, sia pure allo stato degli atti, formulata, con propria nota trasmessa a mezzo pec in data 16 dicembre 2012, da ARPA Puglia – il responsabile del procedimento disponeva acquisizioni informative ed istruttorie.
Nella successiva seduta, tenutasi in data 21 maggio 2012, alla quale ARPA Puglia non prendeva parte, la conferenza osservava che, all’esito delle integrazioni e dei chiarimenti forniti dalla società istante, gli iniziali rilievi, di natura progettuale e documentale, inerenti “agli indicatori ambientali e di impatto cumulativo”, potevano ritenersi superati, in ragione della acclarata presenza, nel contesto territoriale interessato, di un solo ulteriore impianto già autorizzato (per 8MW) e di un ulteriore impianto il cui iter autorizzativo risultava in fase non avanzata.
Nondimeno, con successiva nota prot. 5110 del 28 maggio 2012, il Dirigente del servizio energia, reti e infrastrutture materiali per lo sviluppo, nel trasmettere copia del verbale della predetta conferenza di servizi, comunicava che al termine di quest’ultima era pervenuta, sempre a mezzo pec, la nota prot. n. 26678 del 21 maggio 2012, con la quale ARPA Puglia – nel riportare gli esiti di una ricognizione territoriale confermativa di quella autonomamente operata in sede conferenziale -aveva evidenziato “alcune criticità di natura ambientale e paesaggistica rilevate secondo criteri adottati dall’Agenzia per l’analisi degli impatti cumulativi”.
Alla luce di tale condivise perplessità, la nota concludeva nel senso della sussistenza di motivi ostativi, ai sensi dell’art. 10 bis della l. n. 241/1990, alla positiva definizione del procedimento autorizzatorio.
Con nota inviata alla Regione in data 6 giugno 2012, nel formulare le proprie controdeduzioni, la società istante evidenziava, per parte sua, l’inconsistenza dei prospettati motivi ostativi, sia nel merito che in relazione alla allegata assenza, in capo alla Agenzia per l’ambiente, di una propria legittimazione alla interlocuzione in sede di conferenza di servizi in subiecta materia.
Cionondimeno, con nota del 14 giugno 2012, la Regione sollecitava l’ARPA ad esaminare la nota trasmessa dalla società, informando quest’ultima che “in mancanza di una revisione della propria valutazione tecnica da parte del DAP di Foggia, i motivi ostativi alla conclusione del procedimento [sarebbero stati] confermati”.
2.- Nel perdurante stallo procedimentale, Da. En. s.r.l. si risolveva ad impugnare la sentenza, medio tempore resa tra le parti, con la quale il TAR Puglia, avuto riguardo alla intervenuta attivazione del confronto conferenziale, aveva dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il giudizio avverso il silenzio, in luogo di ordinare, come richiesto, l’adozione di un provvedimento conclusivo del procedimento.
L’appello era poi accolto con sentenza n. 6273/2013, con la quale il Consiglio di Stato accertava l’illegittimità del ritardo maturato dalla Regione e l’irrilevanza di determinazioni dal tratto meramente soprassessorio.
3.- Nelle more, con nota del 29 ottobre 2012, la Regione, pendente il giudizio di appello, sollecitava la Direzione scientifica dell’ARPA ad un ulteriore apporto istruttorio, che l’Agenzia forniva con propria nota prot. n. 58685 del 2 novembre 2012: all’esito del quale, stante il perdurante rilievo della persistenza delle ritenute ragioni ostative, con provvedimento prot. n. 10580 del 9 novembre 2012, si disponeva il diniego della richiesta autorizzazione unica.
4.- Avverso tale lesiva determinazione, Da. En. insorgeva con nuovo ricorso dinanzi al TAR Puglia, con il quale lamentava:
a) violazione degli artt. 12, d.lgs. n. 387/2003 e 14 e ss., 1. n. 241/1990, nonché 2 e 4, 1. r. Puglia n. 6/1999 per difetto di competenza dell’ARPA a partecipare alla Conferenza di servizi per l’autorizzazione di impianti di energia rinnovabile, riservata alle sole Autorità amministrative “direttamente interessate al provvedimento da emanare”;
b) violazione della predetta disciplina anche sotto l’ulteriore profilo per cui il “parere” dell’ARPA risultava comunque tamquam non esset, in quanto reso al di fuori della conferenza di servizi;
c) violazione dell’art. 14 ter, comma 6 bis, 1. n. 241/1990, poiché in ogni caso il parere negativo di un mero organo consultivo tecnico non poteva assumere valenza di per sé decisiva e ostativa all’assenso dell’intervento oggetto della richiesta di autorizzazione unica ex art. 12, d.lgs. n. 387/2003;
d) eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza, stante l’inidoneità del “contributo istruttorio” espresso dall’ARPA a supportare il diniego di autorizzazione unica per l’impianto in questione, essendo esso del tutto generico oltre che contrastante con le valutazioni già espresse dalle amministrazioni intervenute alla conferenza di servizi, preposte alla tutela degli interessi in rilievo.
4.- Con sentenza n. 7/2016, resa nel rituale contraddittorio delle parti, il TAR adito accoglieva in parte il ricorso, con esclusivo ed assorbente riguardo alla irritualità della valorizzazione ostativa del parere reso dall’ARPA, per l’effetto disponendo, in prospettiva conformativa, la rinnovazione del procedimento conferenziale.
5.- Con atto di appello notificato nei tempi e nelle forme di rito, Da. En. s.r.l. insorge, per quanto di ragione, avverso la ridetta statuizione, lamentandone l’erroneità in relazione alla ritenuta legittimazione dell’ARPA Puglia a partecipare alla conferenza di servizi, ed auspicando l’integrale accoglimento, anche sotto il profilo sostanziale, delle proprie ragioni di doglianza, con accertamento della illegittimità del diniego di autorizzazione e conseguente condanna al risarcimento dei danni per l’illegittima conduzione dell’azione amministrativa.
Nella resistenza della Regione Puglia, alla pubblica udienza del 14 ottobre 2021, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.

 

Diritto dell’energia e procedimento amministrativo

 

DIRITTO

1.- L’appello è, nei sensi delle considerazioni che seguono, infondato e va respinto.
2.- Sotto un primo profilo, l’appellante censura la decisione impugnata, nella parte in cui ha ritenuto di non escludere, in via di principio, la possibilità per l’Amministrazione procedente di invitare alla conferenza di servizi anche organi tecnici, quali l’ARPA, non titolari di competenze decisorie in materia di realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, pur accertando, nella vicenda in esame, l’illegittima acquisizione del parere negativo al di fuori del modulo conferenziale e facendone discendere, sotto il profilo meramente formale, l’obbligo di mera rinnovazione del procedimento,
L’appellante denunzia la erroneità e prima ancora la contraddittorietà dell’assunto, giacché – dalla corretta premessa che l’ARPA non risulta titolare di competenze decisorie in materia di realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili – avrebbe dovuto trarsi il coerente corollario che essa non avrebbe potuto in alcun modo né partecipare né condizionare l’andamento della conferenza di servizi.
Per tal via, la natura prevalente delle posizioni favorevoli assunte da tutti gli Enti competenti imponeva non già di annullare il diniego impugnato ai (meri) fini della rinnovazione del procedimento, ma ai più comprensivi fini dell’accertamento della fondatezza della pretesa, cioè a dire nel senso della condanna, non ostandovi ulteriori ragioni, alla diretta emanazione della richiesta misura autorizzatoria.
2.1.- Il motivo non può essere accolto.
Importa premettere che, con riguardo alla previsione dell’art. 12, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 387 del 2003, la giurisprudenza ha osservato (cfr., da ultimo, in fattispecie per più aspetti analoga a quella in esame, Cons. Stato, sez. V, 12 novembre 2018, n. 6342) che la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti ad un’autorizzazione unica rilasciata dalla Regione, la quale è tenuta a convocare la conferenza di servizi, alla quale tutte le Amministrazioni interessate dal progetto, e dunque con competenza propria in materia, sono tenute a partecipare, esprimendo i pareri di cui sono investite per legge (aventi, come tali, sostanza e funzione propriamente codecisionale e non meramente consultiva) secondo le dinamiche collaborative proprie dello strumento normativo di semplificazione procedimentale.
Ciò posto, ancorché dotato di soggettività giuridica pubblica (ex art. 2, comma 1, della l.r. Puglia 22 gennaio 1999, n. 6), l’ARPA costituisce semplicemente organo tecnico-consultivo della Regione, che – fuori dei casi in cui risulti espressamente e legalmente attributaria di funzioni di supporto per l’esame e l’istruttoria tecnica dei progetti sottoposti alle procedure di V.I.A. (cfr. art. 6 della l. r. n. 11/2001 e art. 4, comma 1, lett. o) l. cit.) – non ha competenze specifiche in materia di opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.

 

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Ciò non esclude, peraltro, che – di là dalla insussistenza di titolarità di una posizione qualificata, di ordine competenziale, ai fini dell’obbligatorio coinvolgimento alla conferenza di servizi – la Regione non possa comunque, a fini di completezza ed adeguatezza istruttoria e, in ogni caso, con il limite del divieto di aggravio procedimentale di cui all’art. 1, comma 2 l. n. 241/1990, acquisirne e valorizzarne le valutazioni di ordine tecnico, correlate alla funzione ausiliaria di ordine consultivo (cfr. art. 16 l. n. 241/1990), facendone, all’occorrenza, proprie quale mero supporto giustificativo alle determinazioni di competenza.
2.2.- Alla luce dei tali premesse, il diniego di autorizzazione oggetto di controversia si palesa effettivamente illegittimo, nella misura in cui l’esito negativo della conferenza di servizi ha rappresentato il frutto non già di una motivata valutazione espressa dalla Regione (elaborata, come tale, all’esito di una autonoma ponderazione dei fatti rilevanti e di una comparazione degli interessi a confronto), ma di un mero ed anodino recepimento del parere reso dall’organo consultivo riconducibile al proprio apparato organizzativo, acriticamente assunto quale posizione pregiudizialmente ostativa.
È noto, per contro, che, nella valutazione comune e contestuale degli interessi pubblici, tipica della conferenza di servizi, l’elaborazione dialettica di una “posizione prevalente” (cfr. art. 14 quater, comma 3 l.n. 241/1990) postuli il concreto esercizio di un potere discrezionale, dal tratto non acritico e non meramente notarile, orientato al ragionato bilanciamento delle ragioni manifestate in seno alla conferenza, ai fini di una verifica comparativa delle modalità del migliore soddisfacimento degli interessi in gioco (cfr., tra le tante e da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 24 gennaio 2022, n. 446).
2.3.- Ciò posto, non trattandosi, in definitiva, di sancire tout court una aprioristica preclusione a recepire le valutazioni tecniche formulate dall’ARPA, ma solo di sanzionarne, sul piano formale, le concrete modalità di acquisizione, assunte in violazione delle regole paradigmatiche della decisione conferenziale, non è possibile accedere alla tesi della società appellante, che mira all’accertamento recta via della fondatezza della propria pretesa, sull’assunto che gli enti legittimati a partecipare alla conferenza di servizi non avessero, per parte loro, formalizzato ulteriori e motivate ragioni ostative.
Ne segue che, con i riassunti chiarimenti, è sostanzialmente corretto l’annullamento del diniego operato dalla sentenza appellata, dalla quale discende, con la reviviscenza dei termini per provvedere, l’obbligo di riattivare il procedimento ai fini di una rinnovata e rituale determinazione conclusiva.

 

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Del resto, la Regione ha, in proposito, rappresentato e documentato di aver proceduto a riconvocare, in esecuzione della sentenza, la conferenza di servizi preordinata ad un nuovo esame dell’istanza, la quale – con nuova determinazione del 31 maggio 2016, assunta in adesivo recepimento delle osservazioni ribadite da ARPA ed oggetto di nuovo ricorso di prime cure dinanzi al TAR pugliese – ha nuovamente negato l’autorizzazione.
Ne discende che – in disparte i ventilati profili di improcedibilità dell’appello – i termini della controversia si concentrano, di fatto, su tale nuova determinazione.
2.4.- Per il medesimo ordine di ragioni, non sussistono i presupposti per l’accoglimento, allo stato, della domanda risarcitoria, in quanto, per l’appunto, formulata sul non corretto presupposto della attuale e non mediata spettanza della valorizzata pretesa autorizzatoria.
3.- Per le esposte ragioni, l’appello va complessivamente disatteso.
Le peculiarità della vicenda giustificano l’integrale compensazione, tra le parti costituite, di spese e competenze di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Angela Rotondano – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere, Estensore
Giorgio Manca – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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