Demolizione di opere edilizie abusive realizzate sul demanio lacuale

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 5 marzo 2020, n. 1628.

La massima estrapolata:

E’ legittimo l’ordine comunale di demolizione di opere edilizie abusive realizzate sul demanio lacuale, ancorché richiesto dalla p.a. proprietaria del bene occupato, in quanto l’illiceità delle opere predette impone l’intervento repressivo del comune anche se l’effetto così realizzato serva pure a tutelare il bene demaniale e, per altro verso, il potere d’autotutela amministrativa ex art. 823 comma 2, c.c., appunto per la sua applicabilità generale, costituisce ipotesi autonoma e non confliggente con ogni altra regola che miri alla tutela del demanio.

Sentenza 5 marzo 2020, n. 1628

Data udienza 27 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 318 del 2019, proposto da
Srl Società Im. Al. Tu.- S.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Cl. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Ancona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. De. Sg., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gi. Bo. in Roma, Piazzale (…);
nei confronti
Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche Sezione Prima n. 00388/2018, resa tra le parti, concernente l’dell’ordinanza dirigenziale n. 6/2015 del Comune di Ancona Dir. Patrimonio comunale, Ufficio Espropri, Riqualificazione Arredo Urbano, Edilizia Storico Monumentale, Sport, U.O. Demanio Statale Marittimo Comunale,Gestione Alloggi, Riscatti e Condomini,not.ta in data 27.10.2015 (prot. 127521 del 19.10.2015), nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente e comunque connesso quali la comunicazione del 24.02.2015 prot. 16282 della Direzione dello Sportello Unico (SUI) del Comune di Ancona di segnalazione dell’occupazione di un area demaniale marittima censita al CT Fg 150 part. 1 antistante le particelle 59, 61 e 220 di proprietà della ricorrente di una piattaforma in cemento di m 50,00 x 3,00 x 0,50 e la presunta occupazione di 2 recinzioni di dimensioni pari a m 30,00 x 1,40 sul lato ovest e di ml 33,00 x 0,70 sul lato est (della proprietà SIAT); il rilievo strumentale del 12.05.15 col quale il Comune di Ancona avrebbe riscontrato la presenza in area demaniale marittima della citata piattaforma e di parte della recinzione posta sul lato ovest pari a mq 48,90 larghezza media m 0,90 larghezza massima pari a ml 1,40 per una occupazione di area demaniale di mq 44); l’avvio del procedimento dell’Ufficio Patrimonio del Comune di Ancona datato 15.05.15,prot. 58084; l’ordinanza n. 14 del 2015 prot. 71447 dell’11.06.2015 del S.U.I. del Comune di Ancona; l’intimazione di pagamento di Euro 21.713,78 come da prospetto allegato datata 3.11.2015 del Dirigente della Direzione Patrimonio Comunale Ufficio espropri Riqualificazione Arredo Urbano, Edilizia Storico Monumentale Sport U.O. Demanio Statale marittimo, Comunale, Gestione Alloggi, Riscatti Condominii del Comune di Ancona (prot 135407 del 3.11.2015) ed allegati
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Ancona e di Agenzia del Demanio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2020 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti gli avvocati Giovani Bonaccio in sostituzione dell’avv. Sgrignuoli e e istanza connessa all’emergenza sanitaria presentata dall’avv.Claudia Cardenà ;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Rilevato in fatto che:
– la presente controversia ha ad oggetto l’appello proposto nei confronti della sentenza n. 388 del 2018 con cui il Tar Marche ha solo in parte accolto il ricorso proposto avverso l’ordinanza dirigenziale n. 6/2015 del 19 ottobre 2015, con cui la Direzione Patrimonio del Comune di Ancona, sul presupposto che le opere appresso menzionate siano state realizzate su area demaniale marittima, ha intimato alla S.I. s.r.l., proprietaria dell’immobile denominato “Fortino Napoleonico”, di demolire la piattaforma di cemento di mt 50 x 3,00 x 0,50, posta in adiacenza del confine est della sua proprietà, nonché la recinzione lunga mq 48,90, di larghezza media pari a mt 0,90 e di larghezza massima pari a mt 1,40, posta sul lato ovest;
– in particolare, la sentenza impugnata respingeva le censure dedotte in relazione alla piattaforma di cemento, accogliendo quelle relative alla recinzione e, in parte qua, quelle relative alla determinazione della sanzione;
– con il presente appello l’originario ricorrente deduceva i seguenti motivi di appello;
– per un verso, erroneità della sentenza in quanto la piattaforma si trova al di fuori dell’area di proprietà privata della società, nonché al di fuori della disponibilità della stessa;
– per un altro verso, l’insussistenza della somma dovuta a titolo di sanzione e l’applicabilità della sanzione quinquennale;
– il Comune appellato si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del gravame;
– alla pubblica udienza del 27 febbraio 2020 la causa passava in decisione.

DIRITTO

Considerato in diritto che:
– l’appello è infondato;
– in linea di fatto, dall’analisi degli atti emerge come, a seguito di diversi sopralluoghi svoltisi nel febbraio del 2015, veniva rilevata in area di demanio marittimo la realizzazione della piattaforma abusiva, oggetto del contendere;
– con nota del 13 Aprile del 2015 prot. n. 42066 veniva dato avvio al procedimento amministrativo che aveva ad oggetto la demolizione della rilevata piattaforma in calcestruzzo di m 50,00×3,00×0,50 realizzata su area demaniale marittima in adiacenza al confine est della proprietà della odierna parte appellante;
– all’esito dei diversi passaggi procedimentali, anche attraverso la nota prot. n. 81640 del 2 luglio 2015 con cui il settore patrimonio chiedeva chiarimenti sull’esecutore dell’opera abusiva agli agenti accertatori, in data 19 ottobre 2015 veniva emessa l’ordinanza n. 6 di demolizione dei manufatti, contenente altresì la risposta alle osservazioni proposte dalla odierna appellante;
– dalla documentazione versata in atti, compresa quella fotografica, trova evidente conferma la sussistenza ed il legame della piattaforma con la proprietà sia del muretto di recinzione sia dell’immobile posto a monte, costituente manufatto a palese servizio degli ospiti della struttura facente capo alla odierna appellante;
– in definitiva, trova piena conferma la valutazione comunale per cui tale immobile appare ad evidente servizio e corredo della proprietà della ricorrente, onde assicurare un più facile accesso a mare a chi transita dall’hotel Fortino Napoleonico;
– ciò trova ulteriore conferma nell’esame della documentazione acquisita anche in via istruttoria nel corso del processo di prime cure (cfr. adempimento ordinanza collegiale datato 18 novembre 2016), da cui emerge la corrispondenza del manufatto, realizzato abusivamente sull’area demaniale antistante, in corrispondenza ed a servizio dell’immobile di proprietà e gestione della odierna appellante;
– anche sul versante giuridico della legittimazione passiva della società, la ricostruzione posta a fondamento della sentenza appellata appare corretta;
– in linea generale, come noto, è legittimo l’ordine comunale di demolizione di opere edilizie abusive realizzate sul demanio lacuale, ancorché richiesto dalla p.a. proprietaria del bene occupato, in quanto l’illiceità delle opere predette impone l’intervento repressivo del comune anche se l’effetto così realizzato serva pure a tutelare il bene demaniale e, per altro verso, il potere d’autotutela amministrativa ex art. 823 comma 2, c.c., appunto per la sua applicabilità generale, costituisce ipotesi autonoma e non confliggente con ogni altra regola che miri alla tutela del demanio (cfr. già Consiglio di Stato, sez. V, 20 aprile 2000, n. 2428);
– anche le disposizioni vigenti in materia non lasciano dubbi in merito alla competenza comunale per l’intimazione alla rimessione in pristino nel caso previsto dall’art. 54 cod nav, afferente l’occupazione di suolo demaniale;
– in materia quindi trova applicazione il principio generale a mente del quale nella nozione di ” responsabile dell’abuso “, legittimato passivo rispetto all’ordine demolitorio, rientri non solo chi ha posto in essere materialmente la violazione contestata ma anche chi ha la disponibilità dell’immobile e che, pertanto, ” quale detentore e utilizzatore, deve provvedere alla demolizione restaurando così l’ordine violato ” (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 21 novembre 2016, n. 4849);
– a maggior ragione ciò non può che valere per l’ipotesi di ordine sanzionatorio in ambito demaniale, in cui il privato cui è imputabile l’abuso non potrà qualificarsi quale proprietario, trattandosi di area di proprietà pubblica, ma quale responsabile ed utilizzzatore, che ha disponibilità del manufatto, come nella specie la società appellante;
– nel caso di specie, dalla ricostruzione in fatto di cui sopra emerge pacificamente chi abbia la disponibilità del manufatto in contestazione.
– dl rigetto dei motivi di appello predetti, a conferma delle argomentazioni e delle conclusioni di cui alla sentenza impugnata, discende anche l’infondatezza delle contestazioni inerenti la sanzione conseguente all’accertata occupazione abusiva;
– sul tema rimanente della prescrizione, va premesso il seguente inquadramento;
– trattandosi di zona arenile, di demanio marittimo, alcuna possibilità di acquisizione dello stesso è ammissibile da parte di un privato, neanche per usucapione, a prescindere da un atto di sdemanializzazione che nel caso di specie non è mai stato emesso;
– è principio altrettanto noto che, per il combinato disposto degli artt. 823 e 948 c.c., lo Stato può agire in rivendica con lo scopo di preservare i beni appartenenti al demanio pubblico nei confronti di chiunque li possieda o detenga;
– in tale contesto, il termine prescrizionale, per le somme dovute a titolo di indennizzo, è da ritenersi decennale e non quinquennale, e ciò in specie ai sensi dell’art. 8 D.L. n. 400/1993, convertito in legge n. 494/1993, a mente del quale “1. A decorrere dal 1990, gli indennizzi dovuti per le utilizzazioni senza titolo dei beni demaniali marittimi, di zone del mare territoriale e delle pertinenze del demanio marittimo, ovvero per utilizzazioni difformi dal titolo concessorio, sono determinati in misura pari a quella che sarebbe derivata dall’applicazione del presente decreto, maggiorata rispettivamente del duecento per cento e del cento per cento”;
– a ciò si aggiunga che l’illecita occupazione del suolo demaniale integra una condotta penalmente illecita;
– sul punto si richiama il disposto di cui all’art. 2947 c.c., sicchè, qualora il termine prescrizionale civile concorra con quello penale, prevale quest’ultimo se più lungo rispetto al primo (e nel caso di condotta permanente la prescrizione inizia a decorrere dalla cessazione della condotta illecita);
– nel caso di specie, non si ha la scadenza di una concessione ma, piuttosto, l’abusiva occupazione tout court attraverso la realizzazione e l’utilizzo di una ampia piattaforma sulla spiaggia prospicente il mare (come emerge chiaramente dalla documentazione anche fotografica in atti);
– peraltro, anche applicando le coordinate più favorevoli concernenti il caso della scadenza della concessione, la giurisprudenza (cfr. ad es. Cassazione civile, sez. I, 5 maggio 2011, n. 9977) ha evidenziato come in tema di mancata riconsegna di un’area demaniale, oggetto di concessione non rinnovata alla scadenza, trova applicazione la disposizione di cui all’art. 1591 c.c., essendo espressione di un principio riferibile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l’utilizzazione del bene dietro corrispettivo, allorché, il concessionario continui ad utilizzare il bene oltre il termine finale del rapporto senza averne più il titolo; alla natura contrattuale della relativa responsabilità consegue altresì che il risarcimento del danno, provocato dal citato inadempimento, si prescrive nell’ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 c.c. e non in quello, quinquennale, di cui agli art. 2947, comma 1, c.c. (non versandosi in materia di fatto illecito extracontrattuale) ovvero 2948, comma 1, n. 3, c.c. (che ha riguardo ai corrispettivi del godimento della cosa);
– va quindi confermata la sanzione in parte qua, in relazione alla piattaforma in questione, nei termini chiariti dal Giudice di prime cure;
– sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite;
– non sussistono i presupposti per l’invocata, dalla difesa comunale, lite temeraria, in quanto la tesi di parte appellante costituisce ordinario esercizio ed esplicazione di tesi difensive opposte a quelle poste a fondamento del provvedimento impugnato, tanto che l’effettivo accertamento sul punto ha richiesto approfondimenti istruttori nel corso del processo di primo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Andrea Pannone – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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