Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 17 gennaio 2018, n. 274. In sede di giudizio di ottemperanza non può essere riconosciuto un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello fatto valere ed affermato con la sentenza da eseguire

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Alla luce di queste premesse, non possono quindi trovare accoglimento gli argomenti dell’appellante a sostegno della propria, ulteriore richiesta risarcitoria rispetto a quanto già espressamente (e tassativamente) disposto nella sentenza di cui si chiede l’ottemperanza.
Del resto, le pretese dell’appellante non potrebbero comunque trovare fondamento in base al disposto del terzo comma dell’art. 112 cit., dal momento che tale disposizione presuppone la sopravvenuta impossibilità di dar luogo all’esecuzione in forma specifica di quanto previsto nella sentenza da ottemperare, disponendo in tal caso che il giudice dell’ottemperanza possa provvedere direttamente alla liquidazione del risarcimento per equivalente.
Il che però non si verifica nel presente caso, laddove la sentenza n. 2812 del 2015 aveva già direttamente disposto – e liquidato – il risarcimento del danno per equivalente monetario, non essendo già allora più possibile disporre una (limitata) proroga tecnica dell’affidamento.
Ciò chiarito, va infine rilevato, per completezza, che l’affermazione di parte appellante, secondo cui l’amministrazione avrebbe successivamente continuato a violare l’obbligo di affidare il servizio a mezzo gara, preferendo invece procedere ad ulteriori affidamenti diretti del servizio, è in realtà priva di evidente riscontro.
Piuttosto, risulta dagli atti che già per il periodo 1° settembre 2015 – 31 dicembre 2015, immediatamente successivo a quello ci si riferisce la sentenza n. 2812, il Comune di (omissis) indiceva una nuova gara per affidare i servizi cimiteriali, gara cui partecipava anche l’odierna appellante.
La stessa prendeva poi parte anche alla gara successiva, indetta con determinazione n. 47 del 17 febbraio 2016, successivamente ricorrendo contro i relativi atti, ma risultando soccombente in giudizio (deciso, in grado di appello, da Cons. Stato, V, 11 maggio 2017, n. 2844).
Anche sotto questo profilo, dunque, appaiono destituiti di fondamento gli stessi presupposti di fatto sui quali l’appellante fonda le proprie doglianze.
10. L’appello deve essere pertanto respinto.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune di (omissis), delle spese di lite del presente grado di giudizio, che liquida complessivamente in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere, Estensore

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