Dall’esame combinato degli artt. 31 e 117 D.Lgs. n. 104/2010 (CPA) emerge che, sulla domanda di accertamento dell’obbligo di provvedere, il Giudice, in caso di accoglimento della domanda, può adottare, due tipi di decisione: può limitarsi a pronunciare in termini generici l’obbligo di provvedere ovvero può, entro limitate ipotesi, pronunciare anche sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio
CONSIGLIO DI STATO
sezione VI
SENTENZA 26 ottobre 2016, n. 4481
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8802 del 2015, proposto da:
A.V., rappresentato e difeso dagli avvocati Alfonso Esposito C.F. (…), Giovanni Pagano C.F. (…), con domicilio eletto presso Studio Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
contro
Commissario ad Acta Nominato con Ordinanza Tar Salerno 1329/13, Sez II, Avv Marina Tosini non costituita in giudizio;
nei confronti di
C.V., rappresentato e difeso dagli avvocati Alfredo Messina C.F. (…), Annabella Messina C.F. (…), con domicilio eletto presso Massimo Angelini in Roma, piazza Adriana 4;
G.V., non costituita in giudizio;
Comune di Nocera Superiore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Armenante C.F. (…), domiciliato ex art. 25 cpa presso Consiglio di Stato, Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE II n. 02119/2015, resa tra le parti, concernente acquisizione al patrimonio comunale di area per inottemperanza all’ordine di demolizione
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di C.V. e del Comune di Nocera Superiore;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2016 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati Esposito, anche per delega di Pagano, l’avv. Alfredo Messina.;
Svolgimento del processo
Con sentenza, resa ex art. 60 c.p.a., n. 2119/15 del 28-9-2015 il Tribunale Amministrativo per la Campania- Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) dichiarava inammissibile il ricorso proposto dal signor A.V., inteso ad ottenere l’annullamento del provvedimento prot. n. 4650/2015, con cui il commissario ad acta aveva disposto l’acquisizione al patrimonio comunale dell’area di mq. 190 da distaccarsi dalla maggiore consistenza della particella n. 542.
La predetta sentenza esponeva in fatto quanto segue.
“Il presente giudizio trae origine dalla sentenza n. 2331/2010, depositata in Segreteria in data 25-3-2010, con cui il Tar ha condannato, nell’ambito di un giudizio sul silenzio inadempimento, il Comune di Nocera Superiore a provvedere formalmente sull’atto di diffida presentato da C.V., avente ad oggetto l’adozione di provvedimenti repressivi nei confronti di V.A., in relazione alla realizzazione di talune opere abusive da questi realizzate sul proprio fondo sito in Nocera superiore alla via Pizzone. Stante l’inerzia del Comune, si insediava il commissario ad acta, che emanava il provvedimento in data 17-12-2013 . Successivamente, C.V., con ricorso notificato in data 28 gennaio 2014, e ritualmente depositato il successivo 31 gennaio, proponeva reclamo -ai sensi dell’art. 117, comma 4, c.p.a.- avverso il provvedimento adottato dal commissario ad acta. Con sentenza n. 1132/2014 questo Tar dichiarava la nullità del provvedimento commissariale del 17-12-2013 e il conseguente obbligo del commissario ad acta, avv. Marina Tosini, di dare completa esecuzione alla citata sentenza n. 2331/2010.
Il commissario ad acta, quindi, con provvedimento n. 4650/2015 disponeva l’acquisizione al patrimonio comunale dell’area di 190 mq. da distaccarsi dalla maggiore consistenza della particella 542. Con l’odierno ricorso, A.V. ha impugnato il predetto provvedimento contestandone la legittimità e chiedendone l’annullamento. C.V. si è costituito regolarmente in giudizio, eccependo l’inammissibilità del ricorso per mancato rispetto del rito previsto dall’art. 117 c.p.a. e dei conseguenti termini ivi previsti. Anche il Comune si è costituito in giudizio, contestando l’avverso ricorso, eccependo l’inammissibilità, l’irricevibilità e comunque l’infondatezza dello stesso…”.
Avverso la sentenza di primo grado il signor V.A. ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, chiedendone l’annullamento e/o la riforma, con accoglimento delle richieste di cui al ricorso di primo grado, così annullando l’impugnato provvedimento di acquisizione del fondo al patrimonio comunale.
A sostegno del gravame ha proposto i seguenti motivi di appello: 1) Erronea e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata per omessa valutazione di un punto decisivo del ricorso – erroneo inquadramento giuridico della fattispecie – sviamento – omessa pronuncia; 2) Erronea e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata per omessa valutazione di un punto decisivo del ricorso – erroneo inquadramento giuridico della fattispecie – sviamento – omessa pronuncia; 3) Erronea e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata per omessa valutazione di un punto decisivo del ricorso – erroneo inquadramento giuridico della fattispecie – sviamento – omessa pronuncia. In particolare, con il terzo motivo di appello ha riproposto le censure di merito avanzate col ricorso di primo grado, non esaminate dal Tribunale, stante l’avvenuta declaratoria di inammissibilità.
Si sono costituiti in giudizio il Comune di Nocera Superiore ed il signor C.V., deducendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.
L’appellante ha prodotto memoria difensiva.
La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione alla camera di consiglio del 20-10-2016.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di appello il signor V.A. lamenta: Erronea e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata per omessa valutazione di un punto decisivo del ricorso – illogicità della motivazione – travisamento dei fatti – sviamento – erroneo inquadramento giuridico della vicenda – ingiustizia dell’impugnata sentenza – omissione di pronuncia.
Deduce l’erroneità della gravata sentenza nella parte in cui rileva che il ricorrente ha depositato in segreteria il ricorso oltre il termine di 15 giorni decorrente dal perfezionamento dell’ultima notifica.
Assume che il ricorso è, invece, stato depositato entro il suddetto termine, come dimostrato dalla notifica del ricorso, da parte del Commissario ad Acta, parte necessaria dell’instaurato giudizio, in data 7-5-2015, con conseguente rispetto del termine di 15 giorni, risultando il ricorso medesimo depositato presso la Segreteria del Tribunale in data 22-5-2015.
Il giudice di primo grado, pertanto, a tutto voler concedere avrebbe dovuto disporre la conversione dell’azione nello speciale rito e, di conseguenza, vagliare nel merito le doglianze prodotte.
La gravata sentenza così motiva sul punto.
“Ad ogni modo , ai sensi dell’articolo 32, co. 2, c.p.a. è possibile disporre la conversione dell’azione proposta in azione sul silenzio.Così facendo la domanda, però, diventa inammissibile perché il ricorrente non ha rispettato i termini dimezzati previsti dall’articolo 87, co. 3, che al comma 2 richiama proprio il giudizio sul silenzio inadempimento. Poiché il ricorrente ha depositato in segreteria il ricorso oltre il termine perentorio di 15 giorni decorrente dal perfezionamento dell’ultima notifica per il destinatario, il ricorso è inammissibile.”
La censura non merita favorevole considerazione per le ragioni che di seguito si espongono.
La Sezione, in particolare, ritiene non rilevante, al fine del rispetto del richiamato termine di 15 giorni, la notificazione del ricorso al Commissario ad Acta, trattandosi di parte non necessaria del giudizio.
L’articolo 31 del c.p.a., nel disciplinare l’azione avverso il silenzio, prevede, al comma 1, che “Decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere”.
Il successivo comma 3 dispone che “Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’Amministrazione”.
Il successivo articolo 117 ( Ricorsi avverso il silenzio) prevede, al comma 1, che “Il ricorso è proposto, anche senza previa diffida, con atto notificato all’amministrazione e ad almeno un controinteressato nel termine di cui all’articolo 31, comma 2”.
Il comma 2 dell’art. 117 dispone che “Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata e in caso di totale o parziale accoglimento il giudice ordina all’amministrazione di provvedere entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni”.
Il comma 3 dell’articolo prevede che “Il giudice nomina, ove occorra, un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su istanza della parte interessata”.
Il comma 4 aggiunge che “Il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario”.
Rileva la Sezione che dall’esame combinato dei richiamati articoli 31 e 117 c.p.a. emerge che, sulla domanda di accertamento dell’obbligo di provvedere, il giudice, in caso di accoglimento della domanda, può adottare, due tipi di decisione: può limitarsi a pronunciare in termini generici l’obbligo di provvedere ovvero può, entro limitate ipotesi, pronunciare anche sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio.
Orbene, la disposizione del comma 3 dell’articolo 117 c.p.a., a mente della quale “il giudice nomina, ove occorra un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su istanza di parte interessata” si riferisce ad entrambe le richiamate fattispecie, trovando tale nomina giustificazione esclusivamente nella acclarata inerzia dell’amministrazione, a prescindere, dunque, dagli specifici contenuti della statuizione del giudice nel giudizio sul silenzio e non operando il richiamato articolo alcuna distinzione sullo specifico punto.
E’ chiaro, peraltro, che, vertendosi nell’una ( declaratoria del mero obbligo di provvedere) o nell’altra fattispecie ( statuizione giurisdizionale sulla fondatezza della pretesa), i margini di operatività dell’organo commissariale risultano diversi, atteso che nel secondo caso la pronuncia giurisdizionale pone uno specifico vincolo anche in ordine ai contenuti del provvedimento da adottare.
Tale diversità di fattispecie in ordine alla pronuncia del giudice, se possono incidere sui concreti contenuti del potere del Commissario, non ne alterano comunque la natura giuridica, la quale rimane sempre la medesima.
La nomina del Commissario ad Acta, invero, trova sempre giustificazione nella acclarata inerzia dell’amministrazione in ordine all’obbligo di provvedere e tale soggetto, nominato dal giudice, costituisce comunque lo strumento per conferire effettività alla pronuncia dell’organo giurisdizionale (sia essa generica ovvero specifica) sull’obbligo di provvedere che è stato ritenuto sussistente.
Sotto tale profilo (quanto a nomina e finalità), esso è, dunque, emanazione dell’organo giurisdizionale e, dunque, non può rivestire la qualità di parte necessaria del giudizio.
In relazione, poi, alla attività concretamente posta in essere dal Commissario ad Acta, va detto che lo stesso diviene organo straordinario della pubblica amministrazione, che si sostituisce alla stessa rimasta inadempiente.
Sotto tale aspetto, l’attività commissariale è riferibile all’Amministrazione in quanto ente e non al Commissario quale soggetto autonomo e portatore di una distinta posizione giuridica.
Orbene, poiché, sotto tale profilo, la qualità di parte del giudizio è riconoscibile in capo all’Amministrazione e non direttamente in capo ad un suo organo (in base all’articolo 41 del c.p.a. il ricorso deve essere notificato “alla pubblica amministrazione che ha emesso l’atto impugnato”), deve escludersi che anche in sede di reclamo avverso il provvedimento assunto dal Commissario ad Acta nell’ambito di un giudizio sul silenzio, questi sia parte necessaria del relativo giudizio.
Poiché l’atto assunto è imputabile alla pubblica amministrazione, è solo quest’ultima parte necessaria del giudizio.
La suddetta conclusione appare in linea con quanto recentemente affermato dalla Sezione ( cfr. sent. n. 557 del 9-2-2016), laddove si è affermato che l’attività del commissario ad acta, posta in essere in esecuzione della sentenza che rimuova la situazione di inerzia imputabile alla pubblica amministrazione, non si limita, come nel vero e proprio giudizio di ottemperanza, al completamento e all’attuazione del dictum giudiziale recante direttive conformative all’attività amministrativa, ma si atteggia come attività di pura sostituzione nell’esercizio del potere proprio dell’amministrazione soccombente ed è collegata alla pronuncia giudiziale solo per quanto attiene al presupposto della prolungata inerzia dell’amministrazione medesima.
Vale anche rammentare quanto statuito da questo Consiglio con la sentenza della sez. V, n. 6753 del 28-12-2007, la quale ha chiarito, sia pure in sede di ottemperanza, che il commissario ad acta è organo paragiurisdizionale, al quale non deve essere notificato l’appello contro la deliberazione da lui adottata in sede di esecuzione del giudicato, non essendo egli un soggetto autonomo e portatore di una distinta posizione giuridica, ma solo strumento attuativo della decisione del giudice pronunciata in sede di esecuzione del giudicato, la cui attività è riferibile alla pubblica amministrazione.
Né a diverse conclusioni può indurre la lettera del richiamato comma 4 dell’articolo 117 c.p.a., laddove precisa che “il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, comprese quelle inerenti gli atti del commissario”.
La norma, invero, si limita a concentrare nel giudice del silenzio (e, dunque, con l’utilizzo dello specifico rito) la cognizione di tutte le questioni che attengano alla corretta esecuzione del dichiarato obbligo di provvedere ed il richiamo anche “agli atti del commissario” vale a delimitare l’ambito di tale potere di cognizione, ma non certo ad attribuire una autonoma soggettività e, dunque, una distinta posizione giuridica a tale soggetto, sì da renderlo parte necessaria del relativo giudizio, distinta rispetto all’amministrazione cui l’atto dell’organo straordinario risulta imputabile.
Tanto a maggior ragione nel caso di specie, ove le contestazioni sono mosse dal privato destinatario del provvedimento.
Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte ed integrando sul punto la motivazione resa dal Tribunale Amministrativo, deve ritenersi che la notifica del ricorso/reclamo al Commissario ad Acta, invocata da parte appellante, non abbia rilevanza ai fini del rispetto del termine dimidiato di quindici giorni previsto, nel rito del silenzio, per il deposito del ricorso, rinvenendosi, per le ragioni sopra svolte, la qualità di parte necessaria in capo al Comune di Nocera Superiore e non anche in capo al Commissario, da una parte soggetto nominato dal giudice al fine di dare effettività alla sua pronuncia sull’obbligo di provvedere e, dall’altra, organo straordinario dell’amministrazione, privo di autonoma soggettività giuridica, il cui operato provvedimentale risulta comunque imputabile e riconducibile all’Amministrazione.
Ciò che rileva è, dunque, la notificazione all’amministrazione comunale ed agli altri soggetti privati controinteressati, la quale risulta effettivamente perfezionatasi in data 5 e 6 settembre 2015, con conseguente mancato rispetto del termine dimezzato di quindici giorni previsto dall’articolo 87, comma 3 del c.p.a.
Non può, invece, tenersi conto della notificazione effettuata al Commissario ad Acta presso la Provincia di Salerno in data 7 settembre 2015.
D’altra parte, ove anche si volesse tenere conto (ma così non è per le ragioni assorbenti sopra esposte) della notifica effettuata al Commissario, risultando questi organo straordinario del Comune di Nocera Superiore, andava necessariamente fatto riferimento a quella effettuata presso il suddetto ente (ripetesi, il 5-10-2015), non rivestendo rilievo alcuno la circostanza che lo stesso fosse un dipendente della Provincia di Salerno e che ivi avesse eletto domicilio, atteso che questi ha operato come commissario ad acta sostituendosi al Comune inadempiente e non come dipendente dell’Ente Provincia.
Pertanto, la declaratoria di inammissibilità pronunciata dal giudice di prime cure risulta corretta ed il motivo di appello deve essere rigettato.
Con il secondo motivo l’appellante lamenta: Erronea e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata per omessa valutazione di un punto decisivo del ricorso – illogicità della motivazione – travisamento dei fatti – sviamento – erroneo inquadramento giuridico della vicenda- ingiustizia dell’impugnata sentenza – omissione di pronuncia.
Parte ricorrente deduce che, ai fini della individuazione dei rimedi di reclamabilità dei provvedimenti del commissario ad acta è necessario scomporre la sua attività in due parti, individuando quella di stretta attuazione del comando vincolato del giudice da quella ulteriore di esercizio dei poteri amministrativi, rilevando come nella seconda ipotesi le relative attività possono essere oggetto dei normali rimedi impugnatori.
Sostiene, pertanto, sotto tale aspetto ed in relazione al fatto che il giudice del silenzio si era limitato a stabilire l’obbligo di provvedere ma non aveva statuito sulla fondatezza della pretesa, la piena ammissibilità del ricorso proposto in via ordinaria
Evidenzia, inoltre, che la proposizione avverso l’atto del Commissario di un giudizio con il rito ordinario trova giustificazione nel fatto che il provvedimento è lesivo degli interessi di soggetti (nella specie, la sig.ra V.G.) rimasti estranei al giudizio coperto dal giudicato, evidenziando, altresì, che il richiamato atto commissariale, disponendo l’acquisizione gratuita dell’area, è andato oltre la statuizione della sentenza, che non prevedeva affatto la suddetta determinazione.
Rileva, altresì, che il provvedimento commissariale prevedeva l’eventuale facoltà di ricorrere al TAR e non anche di procedere alla instaurazione del reclamo.
La gravata sentenza così motiva sul punto.
“Come eccepito dal controinteressato, il presente ricorso ha ad oggetto l’impugnazione di un provvedimento del commissario ad acta emesso in esecuzione della sentenza n. 1332/2014 che ha dichiarato la nullità del provvedimento commissariale del 17-12-2013. Ne deriva che, come correttamente ha fatto in precedenza C.V., nell’ambito del procedimento n. 1809/2009, conclusosi con sentenza n. 1332/2014, avrebbe dovuto impugnare il predetto provvedimento secondo le forme e le modalità fissate dall’art. 117 c.p.a., che al comma 4 prevede che il giudice innanzi al quale è stato proposto il ricorso avverso il silenzio, conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti gli atti del commissario. Ne deriva che il ricorrente avrebbe dovuto instaurare un giudizio ai sensi dell’art. 117 c.p.a. e non un giudizio ordinario, chiedendo, nell’ambito di questo, una domanda cautelare di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato…”.
Il motivo di appello non è condiviso dal Collegio, dovendosi sul punto confermare la statuizione del Tribunale Amministrativo.
Osserva in proposito la Sezione, che pur prevedendo il richiamato articolo 31 c.p.a. la possibilità per il giudice del silenzio di emanare una pronuncia generica sulla sussistenza dell’obbligo di provvedere ovvero di statuire sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio, il successivo articolo 117 non pone in proposito alcuna distinzione in ordine alla competenza del giudice del silenzio a conoscere delle questioni relative alla esatta adozione del provvedimento richiesto ed agli atti del commissario.
Il comma 4 della norma contiene in proposito la previsione di una cognizione generale ed onnicomprensiva, riferendosi a “tutte le questioni”, sicchè deve ritenersi che risulti attratta in tale cognizione e, dunque, nel rito del silenzio ogni controversia relativa agli atti assunti dal commissario, siano essi vincolati o meno nel contenuto dalla precedente statuizione giurisdizionale.
Quanto al rilievo difensivo concernente la circostanza che il giudicato sul silenzio e l’atto commissariale non avrebbero coinvolto altro soggetto (Viscito Clelia), rileva il Collegio che tale questione avrebbe dovuto essere stata sollevata dall’interessata pretermessa e non anche dall’attuale appellante il quale ha partecipato al giudizio sul silenzio ed è stato interessato dalle attività successive.
L’onnicomprensiva previsione di cui al richiamato comma 4 dell’articolo 117 del c.p.a. (“tutte le questioni”) esclude, inoltre, che il rito ordinario potesse giustificarsi in relazione ad una dedotta esorbitanza dei poteri esercitati dal Commissario rispetto alla statuizione giurisdizionale.
Da ultimo, non può attribuirsi rilievo alla circostanza che nel provvedimento commissariale fosse indicato che “avverso il presente provvedimento è ammesso ricorso al TAR entro 60 giorni dalla notifica…”, considerandosi che il reclamo ex art. 117 costituisce comunque una forma di ricorso, nel senso di contestazione dell’atto dinanzi all’autorità giurisdizionale, e che la richiamata disposizione è chiara ed esauriente in ordine alla forma di impugnativa giurisdizionale nella specie consentita.
Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte deve, di conseguenza, ritenersi anche l’infondatezza del secondo motivo di appello.
In conclusione, dunque, la statuizione di inammissibilità del Tribunale deve essere confermata e tanto, in relazione alla sua valenza preclusiva, esime la Sezione dall’esaminare il terzo motivo di ricorso, con il quale vengono riproposte le censure di merito avanzate con il ricorso di primo grado avverso il provvedimento commissariale.
L’appello deve, pertanto, essere rigettato e la sentenza di primo grado confermata, sia pure con le specificazioni motivazionali più sopra riportate.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c. , in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
La peculiarità e complessità delle questioni trattate, con particolare riferimento a quella della necessità della notifica del ricorso/reclamo al Commissario ad Acta trattata nella disamina del primo motivo di appello, costituisce ragione per disporre la compensazione delle spese del giudizio ed esclude la configurabilità di una condanna alle spese ex art. 26 c.p.a. per lite temeraria.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Marco Buricelli, Consigliere
Francesco Mele, Consigliere, Estensore
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