Consiglio di Stato
sezione VI
sentenza 26 maggio 2015, n. 2652
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE SESTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6720 del 2014, proposto da:
Di.Ma., quale Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante della Ed. S.r.l., rappresentato e difeso dall’avv. Al.Sg., con domicilio eletto presso Ca.Mi. in Roma, Via (…);
contro
Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, Via (…);
per la riforma
della sentenza breve n. 177 del TAR Campania (Sezione Settima) del 10 gennaio 2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 10 marzo 2015, il cons. Carlo Mosca e uditi per le parti l’avvocato Sg. e l’avvocato dello Stato Ba.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’attuale appellante e originario ricorrente, nella qualità di legale rappresentante della Ed. s.a.s., oggi Ed. s.r.l., adiva il Tribunale amministrativo della Campania per l’annullamento del parere negativo espresso dalla Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici per Napoli e provincia, sulla esecuzione di un intervento di demolizione e ricostruzione edilizia, all’interno di un’area di proprietà del ricorrente nel Comune di Sorrento, intervento richiesto ai sensi della legge regionale Campania n. 19/2009, non ponendosi quest’ultima in deroga al Piano urbanistico territoriale ed essendo ammessa, nella zona territoriale 4 ove ricadeva l’intervento, solo la ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione, nel rispetto della stessa sagoma e volumetria.
Con il ricorso veniva eccepita la violazione dell’articolo 10 bis della legge n. 241/90, la violazione della legge regionale n. 19/2009 nella parte in cui l’articolo 12 bis consente la deroga anche rispetto al PUT di cui alla legge regionale n. 35/87, nonché la violazione dell’articolo 17 della citata legge regionale e la violazione del PRG comunale nella parte in cui non avrebbe considerato la fattibilità dell’intervento in questione e, infine, l’eccesso di potere per erroneità dei presupposti nella parte in cui la Soprintendenza avrebbe operato una valutazione non basata su parametri paesaggistici, quanto piuttosto di tipo storico – architettonico.
2. Con la sentenza impugnata, il primo giudice respingeva il ricorso, evidenziando che:
a. il mancato preavviso di rigetto costituisce violazione di una norma sul procedimento superabile alla luce dell’articolo 21 octies della legge n. 241/90;
b. la richiamata legge regionale n. 15/2009 non è idonea a derogare alle disposizioni del Piano Urbanistico Territoriale di cui alla legge regionale n. 35/87;
c. l’intervento in questione, comportando un aumento volumetrico del 10% non può essere considerato alla stregua di una ristrutturazione edilizia che implica la demolizione e ricostruzione di preesistenti edifici, ma a condizione che sagoma e volumi restino immutati;
d. ai sensi dell’articolo 139 del d.lgs. n. 490/99, trasfuso nell’articolo 136 del d.lgs. n. 42/2004, è possibile estendere i vincoli paesaggistici anche ai centri abitati limitrofi ad aree di interesse paesaggistico.
3. Con l’appello in epigrafe, l’originario ricorrente ha dedotto con il primo motivo l’erroneità della sentenza impugnata che non ha colto le ragioni delle contestate violazioni di legge e dell’eccesso di potere rilevato, né l’esatta interpretazione dei fatti, della richiesta di parere avanzata, della normativa vigente e applicabile alla specie, nonostante fosse stato specificato che non si controverteva sulla deroga alle disposizioni del P.U.T.. Ciò in quanto:
a. l’intervento oggetto del parere negativo espresso era compatibile con le prescrizioni del P.U.T., insistendo su zona territoriale 4 di cui alla legge regionale Campania, n. 35/87;
b. per tale zona, ai sensi dell’art. 17 della stessa citata legge, è consentita l’articolazione nei piani regolari generali di eventuale zona A, B, C, D, F, H, D/I ed E con l’indicazione per alcune zone (C, D/I, F, H, E), della possibilità di realizzare nuove costruzioni;
c. la normativa di cui al citato articolo 17 per la zona territoriale 4 non impone vincoli di inedificabilità assoluta, richiamando allo strumento urbanistico comunale l’individuazione e l’articolazione di distinte zone e limitando il suo dettato all’indicazione della relativa normativa edilizia;
d. la normativa di cui al predetto art. 17 specifica per la zona territoriale 4 che, quanto alla zona B, lo strumento urbanistico comunale deve impedire l’edificazione delle residue aree libere, ad eccezione delle attrezzature pubbliche e deve consentire, per l’edilizia esistente, interventi di restauro conservativo, manutenzione ordinaria, straordinaria e di ristrutturazione secondo le indicazioni delle norme tecniche, così dettando al pianificatore comunale solo prescrizioni di ordine edilizio-urbanistico;
e. lo strumento urbanistico comunale (e non il PUT) ha nella specie individuato l’area su cui insiste l’edificio e questo medesimo quale zona B;
f. l’articolo 17 citato configura per la zona 4, sotto il profilo paesaggistico, la valenza di zona territoriale di riqualificazione insediativa e ambientale di primo grado, indica le aree interessate in quelle agricole e di interesse ambientale, senza individuarle, detta criteri per la complessa riqualificazione insediativa e delle strutture agricole, non prevede alcun vincolo di inedificabilità, non impone alcuna individuazione delle possibili articolazioni della zonizzazione comunale e demanda al piano comunale l’articolazione della zonizzazione;
g. conseguentemente, nella specie, non si tratta di una deroga al PUT, ma al PUC (Piano urbanistico comunale) espressamente prevista dall’articolo 5 della legge regionale n. 19/2009;
h. il motivo di ricorso non è riconducibile all’articolo 74 del c.p.a..
Con il secondo motivo di appello, l’erroneità della sentenza impugnata viene ricondotta al travisamento di fatti, all’illogicità interpretativa e all’eccesso di potere. Ciò in quanto:
h. l’intervento proposto riproduce la volumetria e la sagoma della costruzione esistente, fatta eccezione per il modesto ampliamento previsto e inidoneo a produrre effetti significativi sul paesaggio:
i. non sussiste l’ipotizzata eliminazione delle caratteristiche paesaggistiche del sito, sviluppandosi il modesto ampliamento al solo piano terra in un’area impercettibile da punti di osservazione pubblici;
l. il riferimento all’architettura rurale sorrentina con tutte le sue tecnologie costruttive tradizionali estende impropriamente gli effetti del vincolo paesaggistico sino a fargli assumere la portata di vincolo storico-architettonico;
m. alla costruzione esistente non può essere attribuito valore testimoniale della architettura rurale sorrentina e il procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica deve far riferimento ai soli effetti sulle qualità del paesaggio che non hanno relazione con la tecnologia utilizzate nella costruzione;
n. nella specie, sull’area in questione non vi è alcun vincolo di inedificabilità e comunque l’intervento non è stato qualificato dal ricorrente di ristrutturazione edilizia, essendo stata solo invocata l’applicazione dell’articolo 5 della legge regionale n. 19/2009.
Con l’ultimo motivo di appello, infine, l’erroneità della sentenza impugnata, è basata sul riferimento in essa contenuta, all’articolo 136 del d.lgs. n. 42/04 relativamente all’estensione dei vincoli paesaggistici, con riguardo pure all’articolo 2 della Convenzione Europea del paesaggio. Ciò in quanto non vi è alcuna correlazione tra la censura proposta in primo grado e l’assunto del TAR Campania e comunque, nella specie, i valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo (non il vincolo di inedificabilità) sono tutelati dalla tipologia dell’intervento e dall’assenza di effetti significativi sul paesaggio, essendo quindi specioso il richiamo alla architettura rurale contadina tipica della zona sorrentina, e alla tecnologia usata nella costruzione che non è imposta dal legislatore. Conseguentemente, l’art. 136 citato è stato erroneamente interpretato dalla Soprintendenza.
4. Con memoria del 29 gennaio 2015, l’Amministrazione ha evidenziato che:
a. il parere negativo espresso dalla Soprintendenza trova fondamento nell’articolo 17 della legge regionale n. 35/87 che individua come zona 4 quella in questione, nonché nel Piano Urbanistico Territoriale e nelle prescrizioni del PRG adeguato al PUT – zona omogenea B;
b. ai sensi del citato articolo 17, la zona 4 – riqualificazione insediativa e ambientale va articolata nei Piani regolatori generali (PRG) in zone di piano regolatore, tra cui un’eventuale zona B di urbanizzazione recente da considerare satura ai fini residenziali, per la quale il PRG dovrà impedire la edificazione delle residue aree libere, fatta eccezione per le attrezzature pubbliche e dovrà consentire, per l’edilizia esistente, esclusivamente interventi di restauro conservativo, manutenzione ordinaria, straordinaria e di ristrutturazione;
c. l’intervento in questione ricade in zona B della zona territoriale 4, in cui ai sensi del citato art. 17, sono possibili solo gli interventi predetti di restauro conservativo, di manutenzione ordinaria e straordinaria e di ristrutturazione. Di conseguenza, l’abbattimento di una costruzione originaria e tipica della penisola sorrentina non riproposta nella stessa tipologia e modificata nella prevista maggiore volumetria, comportano una nuova edificazione delle residue aree libere che è vietata, essendo consentiti solo interventi di nuova edificazione per la realizzazione di aree pubbliche e non di edifici privati;
d. le prescrizioni dettate per la zona territoriale 4 sono espressione del vincolo paesaggistico imposto dal PUT della Penisola Sorrentina, vincolo che non è solo espresso dalle previsioni di inedificabilità assoluta. Nel caso di specie, sussiste quindi il vincolo di inedificabilità relativa per cui può essere assentita solo la realizzazione di attrezzature pubbliche, impedendosi la edificazione di aree libere e la valutazione di compatibilità paesaggistica spetta alla Soprintendenza;
e. quanto al profilo relativo all’aumento di volumetria, vi è il divieto di qualsiasi intervento che comporti incrementi di volumi esistenti o nuove opere edilizie, tra cui rientrano quelle che si configurano come volumi rilevanti ai fini paesaggistici. Tale divieto di incremento imposto ai fini della tutela del paesaggio, preclude, infatti, qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza distinzione tra volume tecnico e altro tipo di volume.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e le argomentazioni poste dal primo giudice a sostegno della sua decisione, con riguardo in particolare alla ricostruzione sistematica operata sul significato e sulla portata dell’articolo 17 della legge regionale Campania, 27 giugno 1987, n. 35 (Piano Urbanistico Territoriale dell’Area Sorrentina Amalfitana) sono da condividere.
La predetta norma prevede che la zona territoriale 4 (quella su cui insiste l’intervento in questione), una delle sedici zone in cui è suddiviso il citato Piano, concernente la riqualificazione insediativa e ambientale di primo grado e che comprende aree agricole ed insediamenti di interesse ambientale, risulta articolata nei Piani regolatori generali in zone. Tra queste ultime individuate come tali dal Piano Urbanistico Comunale (PUC), per la zona B (dove è situato l’edificio oggetto dell’intervento) di urbanizzazione recente e da considerare satura ai fini residenziali, il P.R.G. deve impedire l’edificazione delle relative aree libere e consentire per l’edilizia esistente esclusivamente interventi di restauro conservativo, manutenzione ordinaria, straordinaria e di ristrutturazione secondo le indicazioni delle norme tecniche contenute nel successivo titolo IV, i cui articoli 27, 28, 29 e 32 definiscono, in particolare, cosa debbano comprendere e rispettare, cosa possano comportare e cosa non sia ammesso, con riguardo agli interventi di restauro conservativo, di manutenzione e di ristrutturazione.
Conseguentemente, nessuno degli interventi citati coincide con quello di demolizione e ricostruzione dell’unità abitativa di cui al permesso di costruire richiesto dell’attuale parte appellante, dal momento che, come legittimamente ritenuto dalla Soprintendenza, l’abbattimento di una costruzione originaria tipica della penisola sorrentina non riproposta nella stessa tipologia e addirittura modificata nella maggiore volumetria, pur se contenuta nel dieci per cento, non può che ritenersi una nuova edificazione di edificio privato non consentita dal citato articolo 17 della legge regionale n. 35/87.
Il piano urbanistico territoriale (PUT) della area Sorrentina Amalfitana di cui alla richiamata legge regionale 27 giugno 1987, n. 35, ai sensi dell’articolo 3, commi 1 e 2, è piano territoriale con specifica considerazione dei valori paesistici e ambientali e formula direttive vincolanti alle quali i Comuni devono uniformarsi nella predisposizione dei loro strumenti urbanistici e, quindi, le prescrizioni dettate per le zone di Piano Regolatore in cui è stata articolata la zona territoriale 4 (come nella specie la zona B) sono espressione del predetto vincolo di natura paesaggistica e ambientale, fatta salva la norma di salvaguardia di cui all’articolo 5 della stessa legge regionale e fatta eccezione circa l’edificazione delle aree libere, per le attrezzature pubbliche, entro certi limiti prescrittivi indicati dal successivo articolo 11.
Si tratta quindi di un vincolo pianificato e inderogabile, di natura specifica, sia per l’Amministrazione comunale che per l’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo medesimo. Ed è proprio tale vincolo specifico imposto ai fini della tutela dei valori paesistici e ambientali a rendere non applicabile al caso di specie l’articolo 5 della legge regionale Campania in materia di interventi straordinari di demolizione e ricostruzione, che prevede una deroga agli strumenti urbanistici vigenti, consentendo l’aumento della volumetria esistente degli edifici residenziali, entro il limite del trentacinque per cento.
Da questo deriva che, alla luce di quanto esposto, è vietato ogni intervento, come quello in questione comportante una nuova opera edilizia e comunque un’opera con incremento, seppure minimo, dei volumi già esistenti.
Neppure vale argomentare, come la parte appellante ha fatto nel secondo motivo di appello e con apprezzabile incisività, che l’intervento proposto non poteva produrre effetti significativi sul paesaggio, non poteva eliminare le qualità paesaggistiche del sito protetto e non poteva incidere sull’architettura rurale tipica della zona sorrentina con le sue tecnologie costruttive tradizionali, dal momento che, legittimamente, la Soprintendenza ha esercitato il suo potere di tutela del vincolo paesaggistico, senza alcun eccesso di potere, nè erronea valutazione o travisamento dei fatti.
Nè, infine, per le ragioni in precedenza esposte, il primo giudice ha travisato e male interpretato l’articolo 136 del d.lgs. n. 42/2004 e l’articolo 2 della Convenzione europea sul paesaggio del 20 ottobre 2000 recepita dalla legge 9 gennaio 2006, n. 14 secondo cui i vincoli paesaggistici vanno applicati a tutto il territorio, ivi compresi ovviamente i beni ambientali urbanistici.
Da ultimo, l’eccezione sull’equivoco interpretativo e applicativo dell’articolo 74 del codice del processo amministrativo non ha pregio, risultando dagli atti che le parti in causa sono state sentite dal primo giudice che, nella sua valutazione, ha legittimamente ritenuto fondata l’applicazione della previsione normativa in argomento, né peraltro l’eccezione è argomentata adeguatamente, risultando essa generica e soltanto accennata per sommi capi.
2. L’appello va quindi respinto con conseguente condanna alle spese per la parte appellante secondo quanto stabilito nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso n. 6720 del 2014) lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna la parte appellante al pagamento a favore della parte appellata delle spese di giudizio che vengono quantificate in euro 3000 (tremila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 10 marzo 2015, con l’intervento dei magistrati:
Stefano Baccarini – Presidente
Sergio De Felice – Consigliere
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Carlo Mosca – Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder – Consigliere
Depositata in Segreteria il 26 maggio 2015.
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