Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 16 settembre 2016, n. 3897

In tema di abilitazione scientifica la volontà dell’organo collegiale si identifica con quella della maggioranza dei votanti (coincidente, negli organi collegiali perfetti, con la maggioranza dei componenti), e quindi con la volontà di oltre la metà dei votanti

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 16 settembre 2016, n. 3897

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10550 del 2015, proposto dal:
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro p.t., e da ANVUR – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via (…);
contro
Ca. An., rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Pl. e Lu. Le., con domicilio eletto presso Gi. Pl. in Roma, Piazza (…);
nei confronti di
Lu. Cu., Da. Na., n. c.;
per la riforma:
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione III, n. 11455 del 29 settembre 2015, resa tra le parti, concernente la valutazione negativa all’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di I fascia per il settore concorsuale 14/A2 – Scienza politica.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Anna Ca.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 maggio 2016 il Cons. Dante D’Alessio e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Ti. Va. e l’avvocato Lu. Le.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- La dr.ssa Anna Ca., professore associato presso l’Università degli Studi di Torino, ha partecipato alla procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario ordinario (I fascia), per il settore concorsuale 14/A2 – Scienza Politica, indetta con Decreto del MIUR n. 222 del 20 luglio 2012.
2.- A seguito del giudizio negativo al conseguimento dell’abilitazione, espresso dalla apposita Commissione giudicatrice, la professoressa Ca. ha impugnato davanti al T.A.R. per il Lazio il giudizio di non idoneità, il provvedimento di approvazione degli atti della Commissione giudicatrice nonché i verbali relativi ai lavori della stessa Commissione.
3.- Il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione III, con sentenza n. 11455 del 29 settembre 2015 ha accolto il ricorso.
3.1- In particolare, il T.A.R., dopo aver descritto sinteticamente il quadro normativo che regola le procedure di abilitazione scientifica nazionale, ha sostenuto che la Commissione giudicatrice avrebbe dovuto, nel caso di specie, indicare le ragioni per cui non ha concesso l’abilitazione all’interessata sebbene la stessa avesse superato almeno una delle tre mediane di riferimento. Inoltre dai verbali si evidenziava “la totale assenza di criticità di ordine qualitativo espresse da quattro giudizi di inidoneità sulla produzione scientifica della candidati” mentre alcuni giudizi individuali, pur complessivamente negativi, contenevano “sebbene in forma succinta e laconica, cenni di apprezzamento”.
3.2.- Il T.A.R. ha quindi sostenuto che “non era consentito alla Commissione giudicatrice di pervenire ad un giudizio di inidoneità attraverso la meccanica ed esclusiva applicazione del prerequisito di natura essenzialmente “quantitativa” fissato nella… deliberazione del 16.2.2013 (vedi verbale n. 2 del 2013, pag. 2, lett. c). Valgono infatti, rispetto ad esso, le medesime argomentazioni sopra svolte in generale (e fatte proprie dalla stessa Amministrazione con la citata circolare dell’11 gennaio 2013, n. 754) sul modo in cui debbono rapportarsi il “pilastro” quantitativo (costituito dalle mediane degli indicatori di produttività scientifica di cui all’Allegato B al D.M. n. 76 del 2012) ed il “pilastro” qualitativo (come definito, per la prima fascia, per le pubblicazioni, dai criteri di cui al comma 2, art. 4 del D.M. n. 76 / 2012) “.
3.3.- E ciò anche se non poteva “considerarsi in assoluto illegittimo il criterio maggiormente selettivo adottato, il quale privilegia (vicino alla pubblicazione di due o, almeno, una monografia) la collocazione editoriale delle riviste da rapportare al loro inserimento in classe A (qualificazione ANVUR) o al loro essere dotate di IP, secondo l’archivio ISI – SCOPUS prescelto dalla Commissione”.
Invero, ha concluso il T.A.R., “ciò che non è legittimo alla luce dei principi sistematici sopra delineati è che il criterio maggiormente selettivo prescelto di natura quantitativa (in quanto attiene non alla qualità dello scritto scientifico del candidato ma al prestigio della rivista che nulla dice sulla qualità intrinseca dell’articolo ivi pubblicato), nella concreta applicazione fattane dalla Commissione, sia stato assolutizzato fino al punto di farne un “prerequisito” tale da precludere ogni esame del merito scientifico della candidata il che appare in evidente contrasto con il principio basilare di cui all’art. 3, comma 1, D.M. 76 /2012 secondo cui “la commissione formula un motivato giudizio di merito sulla qualificazione scientifica del candidato basato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni presentate…””.
4.- Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e l’ANVUR – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca hanno appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea.
Dopo aver evidenziato che, come del resto ritenuto anche dal T.A.R., la Commissione giudicatrice ha legittimamente determinato criteri più selettivi di valutazione pertinenti al settore concorsuale di riferimento, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del DM n. 76 del 2012, l’Amministrazione ha sostenuto che, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., la Commissione non ha utilizzato il predetto criterio quale filtro di valutazione, al punto che la sua mancata integrazione potesse determinare la mancata valutazione analitica delle pubblicazioni della candidata, ma al contrario, come si rileva anche dal giudizio annullato, si è spinta fino all’esame prettamente qualitativo e contenutistico delle pubblicazioni, tanto è vero che, all’esito dell’esame in parola, ha ritenuto di non poter applicare alla ricorrente neanche il requisito dell’eccellenza (requisito tipicamente qualitativo) che avrebbe consentito la deroga al mancato superamento delle mediane.
4.1.- All’appello si oppone la professoressa Ca. che ne ha chiesto il rigetto perché inammissibile e comunque infondato.
Dopo aver ricordato di aver superato due degli indicatori di riferimento richiesti per il settore 14/A2 di cui all’Allegato B, punto 4, lettera b) e punto 3 lettere a) e b) del D.M. n. 76 del 2012, la professoressa Ca. ha sostenuto che la Commissione avrebbe dovuto dare una valutazione positiva dell’importanza e dell’impatto della sua produzione scientifica complessiva i cui indicatori risultavano superiori alla mediana in almeno uno degli indicatori in questione. In caso contrario la Commissione avrebbe dovuto indicare le ragioni sottese alla mancata concessione dell’abilitazione, mentre i giudizi impugnati difettano di motivazione limitandosi a frasi laconiche che nulla dicono sulla piena maturità della candidata.
5.- La Sezione ritiene che l’appello sia fondato e debba essere accolto.
Al riguardo, si deve preliminarmente ricordare che, nella fattispecie, la Commissione giudicatrice ha stabilito criteri più selettivi di valutazione pertinenti al settore concorsuale di riferimento, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D.M. n. 76 del 2012.
In particolare, la Commissione giudicatrice nazionale, con il verbale n. 2 del 16 febbraio 2013, ha stabilito che “sulla base della tradizione scientifica propria della disciplina e al fine di esprimere un giudizio di piena maturità scientifica,… il candidato debba avere al suo attivo almeno 2 monografie e 3 articoli di cui 1 in riviste di fascia A – classificazione Anvur – e 2 in riviste con IF oppure 1 monografia e 5 articoli, di cui 1 in riviste di fascia A e 4 con IF”. La Commissione ha poi aggiunto che si riservava, “sulla base di un motivato giudizio di eccellenza del complesso delle pubblicazioni e degli altri titoli, di valutare candidati” che si discostavano dai requisiti sopra detti.
5.1.- Nello stabilire tali criteri di valutazione, che non sono evidentemente solo quantitativi perché implicano un giudizio di rilevanza anche qualitativa delle pubblicazioni e dei titoli dei singoli candidati, la Commissione ha quindi stabilito di dare rilievo nei suoi giudizi innanzitutto ai più rigorosi parametri “quantitativi” indicati e poi ha deciso di consentire comunque l’abilitazione, anche nel caso di mancato superamento di tali parametri, laddove risultasse possibile riconoscere l’eccellenza della produzione scientifica e dei titoli posseduti dai candidati, con un giudizio evidentemente di tipo qualitativo.
La Commissione giudicatrice, nel dettare (legittimamente) criteri più rigorosi di valutazione quantitativa (ma con profili anche qualitativi) della pubblicazioni degli interessati, ha stabilito pertanto che, malgrado il mancato superamento dei parametri indicati, poteva essere riconosciuta l’abilitazione scientifica nazionale nel caso di accertata “eccellenza” delle pubblicazioni e degli altri titoli posseduti dai candidati.
5.2.- Tali criteri di valutazione peraltro non si differenziano molto, se non per un maggiore rigore, dai criteri che devono essere utilizzati facendo applicazione delle disposizioni dettate in materia dal D.M. n. 76 del 2012.
Infatti, come ha ricordato il T.A.R., “anche nel caso di mancato superamento delle mediane rivelatrici della produttività del candidato (quanto a monografie, articoli in riviste e capitoli di libri, articoli in riviste di classe A)” si può “pervenire al riconoscimento dell’abilitazione sulla base di un giudizio sul merito scientifico (di titoli e pubblicazioni) estremamente positivo”. Infatti, “il semplice superamento delle mediane non garantisce l’idoneità ma, nello stesso tempo, il loro mancato superamento nella misura di almeno una mediana (vedi punto 4, Allegato B, D.M. 76) non comporta alcun automatismo nel senso della non abilitazione, avendo la Commissione giudicatrice in ogni caso il dovere di verificare anche sul piano qualitativo la produzione scientifica (e l’importanza degli altri titoli di cui all’art. 4, comma 4, D.M. 76) e di pervenire al riconoscimento dell’abilitazione in presenza di un giudizio qualitativo estremamente positivo”.
6.- Nella fattispecie, come si rileva dagli atti, la professoressa Ca., pur avendo superato almeno una delle mediane stabilite con il D.M. n. 76 del 2012, non aveva tuttavia pacificamente superato i parametri più rigorosi stabiliti dalla Commissione giudicatrice nel citato verbale n. 2 del 16 febbraio 2013.
Sempre dagli atti si rileva poi che la Commissione giudicatrice ha ritenuto che, chiaramente sotto il profilo qualitativo, l’interessata non aveva comunque presentato titoli e pubblicazioni di un livello tale da consentire l’applicazione del criterio dell’eccellenza che poteva consentire la deroga al mancato superamento dei criteri minimi stabiliti dalla stessa Commissione.
6.1.- Contrariamente a quanto ha sostenuto il T.A.R., non si può quindi ritenere che la Commissione giudicatrice non ha effettuato una valutazione anche qualitativa della produzione scientifica e dei titoli dell’interessata.
Come ha invece correttamente sostenuto nel suo appello l’Amministrazione, dal giudizio collegiale ed anche dai giudizi individuali della Commissione si evince chiaramente che i commissari hanno valutato anche la qualità dei titoli e delle pubblicazioni dell’interessata e sulla base di tale valutazione quantitativa e qualitativa hanno fondato le ragioni del diniego di riconoscimento dell’abilitazione.
6.2.- Non può essere pertanto condivisa la sentenza appellata nella parte in cui ha ritenuto che la Commissione giudicatrice era pervenuta ad un giudizio di inidoneità attraverso la meccanica ed esclusiva applicazione del prerequisito di natura essenzialmente “quantitativa” fissato nella citata deliberazione del 16 febbraio 2013 né nella parte in cui ha ritenuto che “il criterio maggiormente selettivo prescelto… nella concreta applicazione fattane dalla Commissione, sia stato assolutizzato fino al punto di farne un “prerequisito” tale da precludere ogni esame del merito scientifico della candidata”, in contrasto con il principio di cui all’art. 3, comma 1, del D.M. 76 /2012, secondo cui “la commissione formula un motivato giudizio di merito sulla qualificazione scientifica del candidato basato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni presentate”.
6.3.- Si deve aggiungere che, come si è prima accennato, non si ritiene nemmeno che il prerequisito stabilito dalla Commissione giudicatrice, che si è prima ricordato, possa considerarsi di natura esclusivamente quantitativa. Se è vero, infatti, che per ottenere un giudizio positivo occorreva aver presentato un certo numero minimo di pubblicazioni in riviste incluse in fascia A o in riviste con Impact Factor (IF), non può non rilevarsi tuttavia che anche il prestigio della rivista sulla quale il lavoro scientifico è pubblicato e la sua diffusione può costituire un indice (almeno in astratto) della qualità scientifica del lavoro del candidato: fatte salve le successive concrete valutazioni che devono essere poi effettuate sulla effettiva qualità dei lavori pubblicati su tale riviste.
Risulta pertanto non condivisibile l’affermazione del T.A.R. secondo cui la pubblicazione del lavoro scientifico in una delle riviste in questione “attiene non alla qualità dello scritto scientifico del candidato ma al prestigio della rivista che nulla dice sulla qualità intrinseca dell’articolo ivi pubblicato”.
Né si può ritenere che in tale modo sia stato irragionevolmente trasformato il settore 14/A2 in un settore bibliometrico.
7.- Il T.A.R. ha ritenuto fondato il ricorso della professoressa Ca. anche perché dalla motivazione dei giudizi della Commissione giudicatrice emergeva l’assenza di criticità di ordine qualitativo in quattro giudizi di inidoneità sulla produzione scientifica della candidata e perché alcuni giudizi individuali, pur con un esito negativo, contenevano invece, sebbene in forma succinta e laconica, cenni di apprezzamento.
Anche la professoressa Ca. ha insistito nelle sue difese nel sostenere che la Commissione avrebbe dovuto dare una valutazione positiva dell’importanza e dell’impatto della sua produzione scientifica complessiva, i cui indicatori risultavano superiori alla mediana in almeno uno degli indicatori in questione, e che comunque la Commissione avrebbe dovuto indicare le ragioni sottese alla mancata concessione dell’abilitazione, mentre i giudizi impugnati difettano di motivazione limitandosi a frasi laconiche che nulla dicono sulla piena maturità (o meno) della candidata.
7.1.- La Sezione non ritiene tuttavia che i giudizi individuali e quello collegiale della Commissione giudicatrice, sebbene sinteticamente argomentati, possano ritenersi illegittimi per difetto di motivazione.
Al riguardo si deve ricordare che l’articolo 16, comma 3, della legge n. 240 del 2010, alla lettera a), prevede che l’abilitazione si deve basare su un “motivato giudizio fondato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche, previa sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte, ed espresso sulla base di criteri e parametri differenziati per funzioni e per area disciplinare, definiti con decreto del Ministro”.
L’art. 3, comma 1, del D.M. n. 76 del 2012 prevede poi che “la commissione formula un motivato giudizio di merito sulla qualificazione scientifica del candidato basato sulla valutazione analitica dei titoli e delle pubblicazioni presentate”.
7.2.- Ciò ricordato, non si può ritenere inadeguata la motivazione con la quale la Commissione giudicatrice, nell’esercizio delle sue funzioni, che sono espressione di discrezionalità tecnica, non ha ritenuto di poter riconoscere l’abilitazione scientifica nazionale alla professoressa Ca..
Dal giudizio collegiale ed anche dai singoli giudizi individuali si evince, infatti, che la Commissione giudicatrice ha chiaramente dimostrato di aver esaminato i titoli e le pubblicazioni dell’interessata e di averli valutati sia per il profilo quantitativo che per quello qualitativo non riconoscendo infine, ad ampia maggioranza e con una motivazione sintetica ma esauriente, l’idoneità della professoressa Ca. all’abilitazione di prima fascia, per non aver prodotto l’interessata un numero adeguato di pubblicazioni rientranti nei parametri richiesti e mancando anche quella eccellenza nei titoli e nelle pubblicazioni tali da consentire il riconoscimento dell’idoneità malgrado il mancato superamento dei parametri in questione.
7.3.- Ciò del resto è dimostrato inequivocabilmente anche da alcuni elementi della motivazione della valutazione collegiale nella quale la Commissione ha affermato di aver apprezzato il livello di due delle monografie pubblicate dall’interessata ed ha fatto anche riferimento all’elaborazione di un articolo di solido impianto teorico.
A tali elementi si aggiunge, come si è già detto, una valutazione collegiale (a maggioranza), che è necessariamente qualitativa e non meramente quantitativa, sulla non eccezionalità dei titoli posseduti e quindi sulla impossibilità di applicare la deroga ai criteri minimi stabiliti dalla stessa Commissione.
7.4.- Né si potrebbe ritenere che la Commissione debba indicare analiticamente anche le ragioni per le quali abbia ritenuto di non applicare “il criterio dell’eccezionalità”; dovendo, piuttosto, essere adeguatamente motivato l’eventuale ricorso a tale criterio pur in presenza di una produzione scientifica al di sotto dei parametri indicati.
8.- Il giudizio espresso dalla Commissione giudicatrice non può poi ritenersi illegittimo perché adottato a maggioranza (di 4/5), avendo il commissario Longo Francesca ritenuto la candidata pienamente meritevole di ottenere l’abilitazione.
Al riguardo si deve ricordare che il D.P.R. n. 222 del 2011, recante il Regolamento concernente il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei professori universitari, a norma dell’articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, all’art. 8, comma 5, prevedeva, ai fini del riconoscimento dell’abilitazione, la maggioranza qualificata di quattro quinti dei membri della Commissione.
Tale disposizione è stata ritenuta illegittima dalla giurisprudenza, perché determinava una deroga significativa alle regole generali che presiedono al funzionamento degli organi collegiali e necessitava quindi di una previsione espressa nella legge autorizzativa, determinandosi altrimenti la violazione dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 470 del 5 febbraio 2016).
In conseguenza, si deve ritenere applicabile alla fattispecie, in assenza di un’espressa diversa previsione normativa, il principio generale secondo il quale la volontà dell’organo collegiale si identifica con quella della maggioranza dei votanti (coincidente, negli organi collegiali perfetti, con la maggioranza dei componenti), e quindi con la volontà di oltre la metà dei votanti (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 470 del 5 febbraio 2016 cit.).
Nella fattispecie non può quindi ritenersi illegittimo il giudizio di non idoneità formulato con la maggioranza di quattro membri su cinque della Commissione giudicatrice.
8.1.- Peraltro il giudizio ampiamente maggioritario con il quale la Commissione giudicatrice ha ritenuto di non concedere l’abilitazione scientifica nazionale alla professoressa Ca. ha reso vieppiù superfluo un particolare approfondimento motivazionale sulle ragioni esposte dall’unico commissario dissenziente.
Una più analitica motivazione, eventualmente, avrebbe potuto raccomandarsi ove il giudizio fosse stato adottato con una ristretta maggioranza (in termini, Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 4755 del 14 ottobre del 2015).
9.- In conclusione, per tutti gli esposti motivi, l’appello deve essere accolto e, in integrale riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione III, n. 11455 del 29 settembre 2015, deve essere respinto il ricorso di primo grado.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in integrale riforma della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sezione III, n. 11455 del 29 settembre 2015, respinge il ricorso di primo grado.
Condanna la parte appellata e ricorrente in prime cure al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio in favore dell’Amministrazione appellante, che liquida in complessivi € 4.000,00, oltre s.g., accessori di legge e rifusione del c.u. se versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Ermanno de Francisco – Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg – Consigliere
Dante D’Alessio – Consigliere, Estensore
Andrea Pannone – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere

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