Il mancato rispetto del termine di sessanta giorni per la stipulazione negoziale non integra di per sé un’ipotesi di responsabilità precontrattuale, spettando al presunto danneggiato dimostrare che il ritardo nella stipulazione sia manifestazione di una condotta antigiuridica dell’amministrazione lesiva del proprio legittimo affidamento.
Sentenza 26 marzo 2018, n. 1882
Data udienza 8 febbraio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5932 del 2013, proposto da:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Fa. De Si. Sa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. An. La. in Roma, corso (…);
contro
Comune di Reggio Calabria, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. De To., con domicilio eletto presso lo studio Srl Pl. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il risarcimento danni per la mancata stipula del contratto di appalto per lavori di ricostruzione della scuola materna -OMISSIS– informativa interdittiva antimafia
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Reggio Calabria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2018 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati Fe. Gu. su delega di Fa. De Si. Sa. e Mi. Pe. su delega di Ma. De To.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con provvedimento n. -OMISSIS-la società -OMISSIS- è risultata aggiudicataria della gara, indetta dal Comune di Reggio Calabria, relativa ai lavori di costruzione della Scuola Materna -OMISSIS-.
La stazione appaltante, nonostante fosse trascorso il termine di 60 giorni previsto dall’art. 11, comma 9, del D.Lgs. 163/06, non ha provveduto alla stipulazione del contratto: in data 29 marzo 2011, infatti, il Comune ha chiesto alla Prefettura di Reggio Calabria il rilascio dell’informazione ex art. 10 del D.P.R. n. 252/98, sebbene non fosse a ciò tenuto, in considerazione dell’importo dell’appalto.
In data 7 giugno 2011 la società -OMISSIS- ha chiesto chiarimenti sui tempi previsti per la stipulazione del contratto.
Il Comune ha sollecitato la Prefettura alla definizione del procedimento.
Essendo trascorso altro tempo, con atto del 4 luglio 2011, la società ha chiesto al Comune di voler palesare i motivi per i quali non aveva stipulato il contratto, ed ha comunque esercitato il diritto di recesso per esclusiva responsabilità della stazione appaltante, chiedendo il risarcimento dei danni, quantificati nella cifra complessiva di E. 100.000.
2. – Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Calabria, depositato il 4 agosto 2011, la società ricorrente ha chiesto al Tribunale:
– di accertare la responsabilità del Comune di Reggio Calabria per la mancata stipula del contratto di appalto in questione;
– di condannare lo stesso Comune alla rifusione dei costi sostenuti, ammontanti ad E. 3.248,61 ed al risarcimento dei danni patiti, quantificati in E. 129.178,87 oltre ad interessi e rivalutazione;
– di condannare il Comune al pagamento delle spese di lite e all’ulteriore danno ex art. 243 bis del D.Lgs. 163/06.
3. – Con provvedimento del 19 dicembre 2011 il Prefetto di Reggio Calabria ha adottato l’informativa antimafia nei confronti della società ricorrente (impugnata da quest’ultima con motivi aggiunti), e con il successivo provvedimento n. -OMISSIS-, il Comune di Reggio Calabria ha revocato l’aggiudicazione, quando vi era già stato il recesso da parte della società -OMISSIS-.
4. – Con sentenza n. -OMISSIS-il TAR ha accolto in parte il ricorso per motivi aggiunti, annullando l’informativa antimafia, ed ha respinto il ricorso principale.
Il primo giudice ha ritenuto, in estrema sintesi, che il Comune di Reggio Calabria potesse richiedere l’informazione antimafia, sebbene non fosse obbligatoria; ha quindi respinto la domanda risarcitoria.
5. – Avverso tale decisione la ricorrente ha proposto appello avverso il capo di sentenza nel quale è rimasta soccombente, chiedendone la riforma.
Si è costituito in giudizio il Comune di Reggio Calabria che ha eccepito, preliminarmente, l’irricevibilità dell’appello per tardività. Ha poi chiesto il rigetto dell’impugnativa per infondatezza.
In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie e memorie di replica.
6. – All’udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2018 l’appello è stato trattenuto in decisione.
L’appello è infondato e, quindi, la sentenza di primo grado deve essere confermata, anche se con diversa motivazione.
Va, invece, accolta la doglianza relativa al mancato rimborso delle spese di gara, assorbita in primo grado e riproposta in appello.
7. – Con il primo motivo l’appellante ha dedotto il vizio di omessa pronuncia sulla responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. ed extracontrattuale ex art. 2043 c.c.; la violazione dell’art. 11 del D.P.R. n. 252/98, i vizi di travisamento dei fatti e di carenza di motivazione.
Deduce l’appellante che sebbene la stazione appaltante avesse la facoltà di richiedere l’informazione prefettizia, nondimeno sussisterebbe la sua responsabilità per violazione del principio di buona fede, avendo comportato con la sua condotta il blocco dell’attività economica della società in attesa del pronunciamento della Prefettura, senza neppure fornire informazioni sulle ragioni del ritardo.
Il TAR, infatti, non avrebbe valutato la sussistenza delle ragioni per le quali il Comune aveva deciso di chiedere il provvedimento prefettizio, né avrebbe valutato l’incidenza di tale scelta sull’interesse dell’impresa.
Il Comune, infatti, avrebbe richiesto l’informativa quando era già spirato il termine di 60 giorni previsto dall’art. 11, comma 9, del D.Lgs 163/06, ed in questo modo avrebbe obbligato l’impresa ad attendere ben nove mesi senza fornire ad essa alcuna informazione sulle ragioni del ritardo.
Il Comune, infatti, avrebbe potuto utilizzare la norma dell’art. 11 del D.P.R. n. 252/98, secondo cui il Prefetto deve rilasciare le informazioni entro il termine di 45 giorni, trascorso il quale la stazione appaltante può stipulare il contratto sotto condizione risolutiva.
Il comportamento tenuto dalla stazione appaltante sarebbe lesivo del principio di buona fede in base al quale ciascuna delle parti è tenuta a tenere un comportamento tale da preservare gli interessi della controparte, sicchè la violazione di tale obbligo comporta la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante.
8. – Con il secondo motivo di appello l’appellante ha censurato la motivazione della sentenza di primo grado e ha ribadito la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno.
Secondo l’appellante i presupposti in base ai quali il TAR ha respinto la domanda risarcitoria sarebbero insussistenti, perché:
– tutta la documentazione sarebbe stata prodotta prima dell’aggiudicazione (ed infatti il primo giudice avrebbe omesso di indicare quali sarebbero i documenti mancanti);
– la decisione sarebbe stata resa extrapetita, perché mai le parti avrebbero dedotto tale circostanza;
– solo la polizza assicurativa non sarebbe stata prodotta, in quanto richiesta per la stipulazione del contratto;
– il provvedimento di sequestro preventivo non avrebbe assunto alcuna incidenza sulla mancata stipulazione del contratto, imputabile alla sola interdittiva antimafia, e comunque tale provvedimento non avrebbe impedito l’esecuzione della prestazione;
– il TAR avrebbe omesso di valutare la condotta della stazione appaltante: il Comune non avrebbe osservato il termine previsto dall’art. 11 del codice degli appalti per la stipulazione del contratto, ed avrebbe revocato l’aggiudicazione a distanza di sei mesi dall’adozione dell’interdittiva e dopo il recesso della società aggiudicataria;
– sussisterebbe, infine, l’omessa pronuncia in ordine alla richiesta di rimborso delle spese ex art. 11 del D.Lgs. 163/06.
9. – Preliminarmente ritiene il Collegio di dover esaminare l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dal Comune di Reggio Calabria.
Secondo il Comune appellato, infatti, vertendosi in materia di appalti si applicherebbe il termine dimidiato di cui all’art. 119 c.p.a.: pertanto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 92, comma 3, e 119, comma 7, c.p.a. il termine per la proposizione dell’appello sarebbe di tre mesi decorrenti dalla pubblicazione della sentenza.
La sentenza è stata depositata il 29/1/2013 e, quindi, l’appello avrebbe dovuto essere proposto entro il 29 aprile 2013: poiché è stato proposto solo il 22 luglio 2013 sarebbe tardivo e quindi irricevibile.
10. – L’eccezione è infondata.
La controversia in questione non riguarda la procedura di affidamento – peraltro già conclusasi con l’aggiudicazione – ma attiene esclusivamente all’azione risarcitoria proposta dalla ricorrente: ciò comporta l’inapplicabilità a questo giudizio del rito abbreviato di cui all’art. 119, comma 1, lettera a), c.p.a., mancando la ratio per la quale il legislatore ha ritenuto di favorire, in deroga ai termini processuali ordinari, una più rapida tutela degli interessi pubblici in ambiti individuati (cfr. Cons. Stato, Sez. IV 30/12/2016 n. 5551).
11. – L’appello, benchè ammissibile, è comunque infondato e, dunque, la sentenza di primo grado va confermata, anche se con diversa motivazione.
Il Comune di Reggio Calabria, avendo acquisito mediante notizie di stampa dell’esistenza di vicende giudiziarie che avevano interessato la società -OMISSIS-, prudenzialmente ha ritenuto di acquisire l’informativa prefettizia al fine di evitare di stipulare il contratto con un soggetto che poteva presentare controindicazioni secondo la normativa antimafia.
Occorre considerare, infatti, dal punto di vista prettamente probabilistico, che trattandosi di impresa operante in un ambito territoriale ad alta incidenza da parte della criminalità organizzata, la valutazione operata dalla stazione appaltante non si appalesa illogica o irragionevole, ma anzi risulta pienamente condivisibile, atteso che – ove l’impresa fosse stata interdetta – il Comune avrebbe dovuto procedere alla revoca dell’aggiudicazione e alla risoluzione del contratto con effetti negativi sulla realizzazione dell’opera pubblica.
Ne consegue che la scelta di acquisire in via facoltativa il provvedimento prefettizio non può costituire comportamento illecito produttivo di danno.
Ovviamente l’acquisizione dell’informativa antimafia ha comportato un ritardo nella stipulazione del contratto, tenuto conto dei termini necessari per lo svolgimento della complessa istruttoria da parte del Prefetto.
Deve però ritenersi, conformemente a quanto ritenuto in giurisprudenza, che sebbene l’art. 11, comma 9, d.lgs. 163/2006, indichi il termine di sessanta giorni dal momento in cui diviene definitiva l’aggiudicazione per la stipula del contratto, tale termine non ha natura perentoria, né alla sua inosservanza può farsi risalire ex sé un’ipotesi di responsabilità precontrattuale ex lege della pubblica amministrazione, se non in costanza di tutti gli elementi necessari per la sua configurabilità. Infatti, le conseguenze che derivano in via diretta dall’inutile decorso del detto termine sono: da un lato, la facoltà dell’aggiudicatario, mediante atto notificato alla stazione appaltante, di sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto; dall’altro, il diritto al rimborso delle spese contrattuali documentate, senza alcun indennizzo (cfr. ex multis, Cons. St., Sez. III, 28 maggio 2015, n. 2671).
Pertanto, il mancato rispetto del termine di sessanta giorni per la stipulazione negoziale non integra di per sé un’ipotesi di responsabilità precontrattuale, spettando al presunto danneggiato dimostrare che il ritardo nella stipulazione sia manifestazione di una condotta antigiuridica dell’amministrazione lesiva del proprio legittimo affidamento (Cons. Stato Sez. V, 31-08-2016, n. 3742; Cons. Stato, Sez. III, 28 maggio 2015, n. 2671).
E’ noto, infatti, che la responsabilità precontrattuale ricorre nel caso in cui prima della stipulazione contrattuale il presunto danneggiante, violando il principio di correttezza e buona fede, leda il legittimo affidamento maturato da controparte nella conclusione del contratto.
Sebbene sia condivisibile la tesi secondo cui, la previsione di un termine per la stipulazione del contratto assolve alla funzione di tutelare anche l’aggiudicatario, il quale non può restare vincolato per un termine indeterminato alle determinazioni della stazione appaltante, nondimeno nel caso di specie il mancato rispetto del termine (sollecitatorio) di sessanta giorni risulta pienamente giustificato dalle esigenze antimafia, e dunque non può integrare gli estremi di una condotta illecita.
All’esito dell’istruttoria, infatti, la Prefettura ha adottato un provvedimento interdittivo, a dimostrazione della correttezza della valutazione prudenziale del Comune di Reggio Calabria.
Occorre poi considerare che la norma dell’art. 11, comma 9, del D.Lgs. 163/06 non lascia l’impresa aggiudicataria “in balia” della stazione appaltante, ma le consente di recedere dal vincolo derivante dall’aggiudicazione ottenendo anche il rimborso delle spese sostenute.
E’ lo stesso legislatore a disciplinare il bilanciamento degli opposti interessi consentendo all’impresa di evitare l’immobilizzazione dell’intera organizzazione aziendale nell’attesa della stipulazione del contratto, ricorrendo al recesso in modo da poter utilizzare le proprie risorse per ulteriori commesse.
Né può ritenersi che il comportamento produttivo di danno possa derivare – dopo il decorso di 45 giorni dalla richiesta del provvedimento prefettizio – dalla mancata stipulazione del contratto con l’apposizione della condizione risolutiva prevista dall’art. 11 del D.P.R. n. 252/98: il ricorso a tale misura è, infatti, meramente facoltativo per la stazione appaltante, la quale vi ricorre in caso di urgenza, situazione che – evidentemente – nel caso di specie non sussisteva.
Nella fattispecie il Comune aveva, evidentemente, interesse prioritario a non contrattare con un soggetto che avrebbe potuto essere inaffidabile.
Né appare persuasiva la tesi dell’appellante secondo cui essa non fosse a conoscenza delle ragioni per le quali la stazione appaltante aveva ritardato la stipulazione del contratto: l’impresa non poteva non essere conscia delle vicende giudiziarie che l’avevano colpita e che avevano indotto il Comune ad adottare una particolare cautela.
Ne consegue che non si era maturato un legittimo affidamento in capo all’aggiudicataria circa la stipulazione del contratto.
12. – Pertanto, sebbene possa convenirsi con l’appellante che la motivazione addotta dal TAR per il rigetto della domanda risarcitoria non trovi fondamento negli atti di causa, nondimeno non sussiste la responsabilità precontrattuale per le ragioni in precedenza esposte, alle quali va aggiunto che il protrarsi dell’attesa è derivato dalla scelta della stessa impresa, che avrebbe potuto sciogliersi dal vincolo ben prima.
A fronte dell’aggiudicazione del 18 gennaio 2011, il recesso è intervenuto, infatti, solo il 4 luglio 2011, a distanza di mesi.
Il volontario recesso operato dall’aggiudicataria esclude, infine, l’ipotizzabilità di un danno da mancata esecuzione della prestazione, tenuto conto che tale scelta è idonea di per sé a recidere il nesso causale tra la condotta della stazione appaltante e l’evento dannoso.
13. – Ne consegue che l’appello va respinto, e per l’effetto va confermata, con diversa motivazione, la sentenza di primo grado. La domanda risarcitoria va quindi respinta, mentre deve essere accolta la domanda proposta in primo grado, assorbita dal TAR, e riproposta in appello ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., diretta ad ottenere il rimborso delle spese documentate, sostenute per la partecipazione alla gara.
Il Comune di Reggio Calabria dovrà quindi provvedere ad acquisire la documentazione probatoria attestante le spese sostenute dalla società -OMISSIS- per la partecipazione alla procedura selettiva in questione, e dovrà quindi provvedere a rimborsarle alla società stessa.
14. – Le spese del grado di appello possono compensarsi tra le parti, tenuto conto della parziale soccombenza reciproca.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, così dispone:
– respinge l’appello e, per l’effetto, conferma con diversa motivazione la sentenza di primo grado che ha respinto la domanda risarcitoria proposta in primo grado;
– accoglie la domanda proposta in primo grado, assorbita dal TAR, e riproposta in appello ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., diretta ad ottenere il rimborso delle spese documentate, sostenute per la partecipazione alla gara, nei termini indicati in motivazione;
– compensa tra le parti le spese del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani – Presidente
Umberto Realfonzo – Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore
Giorgio Calderoni – Consigliere
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