Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 22 giugno 2018, n. 3827.
La massima estrapolata:
In tema di revisione dei prezzi per appalti di servizi, la domanda giudiziale deve essere definita secondo un’indagine di tipo bifasico, dove la prima fase è volta all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale in relazione all’atto autoritativo e la seconda alla verifica del quantum debeatur, secondo i meccanismi propri della tutela delle posizioni di diritto soggettivo. Dunque, qualunque tipo di provvedimento adottato dall’Amministrazione nell’esercizio della propria attività discrezionale deve essere impugnato nei termini decadenziali del giudizio impugnatorio.
Sentenza 22 giugno 2018, n. 3827
Data udienza 14 giugno 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6569 del 2014, proposto da
SC. S.P.A in proprio e quale mandante dell’Ati It. Tb./Te. Sa. S.p.A/Sc. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato An. Sa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gi. Ma. Gr. in Roma, corso (…);
contro
AZIENDA SANITARIA LOCALE DI CASERTA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. Di Ma., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 02687/2014, resa tra le parti, concernente revisione prezzi appalto per il servizio di ingegneria clinica.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Sanitaria Locale di Caserta;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 giugno 2018 il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti gli avvocati An. Sa. e Vi. Di Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La Società odierna appellante si è aggiudicata, come mandante dell’ATI It. Tb. S.p.a. – Te. Sa. S.p.a. – Sc. s.r.l., la procedura di gara per l’affidamento da parte della ASL Caserta del servizio di “ingegneria clinica per la gestione, la manutenzione preventiva e correttiva e le verifiche di sicurezza elettrica di tutte le apparecchiature elettromedicali di proprietà dell’ASL di cui elenco Allegato I, nonché per la verifica della sicurezza elettrica degli impianti elettrici in ambienti e locali ad uso medico”.
2. Il contratto è stato sottoscritto il 7.01.2004 e si è concluso il 31.12.2010.
Con la nota prot. n. 486/11/C del 19.1.2011, inoltrata a contratto già ultimato, la società Sc. ha avanzato per la prima volta la richiesta di aggiornamento del prezzo contrattuale.
L’istanza è stata respinta dall’Azienda Sanitaria con provvedimento prot. n. 551 del 14.2.2011, a firma del Direttore della U.O.C. Servizio delle Tecnologie Sanitarie e Telecomunicazioni, che rinviava alla nota istruttoria prot. n. 506 dell’11.2.2011.
In tale ultima nota si precisava che: “1. la richiesta della ditta viene inoltrata in data postuma alla relativa scadenza contrattuale di per sé già notificata regolarmente e nei termini alla inerente Ati; 2. Il bando di gara, timbrato e sottoscritto in ogni pagina dal Raggruppamento Legale dell’Ati suddetta per accettazione delle clausole in esso contenute, riporta l’impegno a mantenere ilprezzo offerto fisso ed invariabile per tutta la durata del servizio; 3. L’art. 7 del Capitolato speciale, anch’esso timbrato e sottoscritto in ogni pagina dal Rappresentante Legale dell’Ati suddetta, riporta l’eventualità di aggiornare il canone durante il periodo contrattuale incrementandolo ovvero decurtandolo unicamente nel caso che il parco macchine subisca variazioni in più o meno (ultima possibilità mai notificata all’ASL nei modi e termini)”.
3. Nel giudizio di primo grado la società Sc. ha chiesto di accertare e dichiarare il proprio diritto “…alla disapplicazione della clausola del Bando che, nei fatti, nega l’adeguamento dei prezzi …” con conseguente ordine “all’Ente resistente di attivare il procedimento amministrativo per l’accertamento e la liquidazione della ridetta revisione periodica dell’appalto”.
4. Nel contraddittorio con la ASL Caserta, il Tar Napoli, con la sentenza qui appellata n. 2687/2014, ha respinto le predette istanze per “carenza di prova”, evidenziando come la proposta domanda di annullamento e di accertamento avanzata dalla società appaltatrice fosse del tutto sguarnita di elementi di riscontro che potessero consentire al Collegio di valutare il fondamento della pretesa.
5. Con ricorso in appello, la Sc. ha impugnato come erronea la sentenza di primo grado nella parte in cui ha qualificato la domanda formulata nel ricorso come “volta all’accertamento di merito” circa la spettanza o meno della revisione prezzi, evidenziando come l’azione giudiziaria non necessitasse di alcun elemento probatorio, essendo “rivolta esclusivamente all’impugnativa del diniego opposto dall’Ente sanitario …alla disapplicazione delle clausole della lex specialis ed all’accertamento dell’obbligo della Stazione appaltante ad avviare l’istruttoria”.
Conseguentemente, l’appellante ha reiterato la domanda originariamente formulata in primo grado, chiedendo di vedere accertati: (i) il proprio diritto alla revisione dei prezzi relativi al suddetto contratto d’appalto; (ii) l’illegittimità delle note prot. n. 551 del 14.2.2011 e prot. 506 dell’11.2.2011, con le quali l’ASL Caserta aveva rigettato l’istanza di adeguamento dei prezzi, nonché la nullità della clausola del Bando di gara secondo cui “il prezzo offerto si intende remunerativo e verrà mantenuto fisso ed invariabile per tutta la durata della fornitura”.
6. La ASL Caserta si è costituita ritualmente in giudizio, contestando nel merito gli assunti avversari e sostenendo la correttezza della qualificazione della domanda operata dal Tar. Sul piano processuale, la ASL ha eccepito, per la prima volta nel corso dei due gradi di giudizio, la tardività dell’impugnativa di primo grado, evidenziando come le note recanti la reiezione dell’istanza revisionale fossero state trasmesse all’odierna appellante, a mezzo fax, nel febbraio 2011, e come il ricorso di primo grado fosse stato notificato solo in data 2.7.2011, ben oltre il termine di 60 giorni dalla conoscenza dei provvedimenti impugnati.
La stessa ASL ha inoltre reiterato l’eccezione (già sollevata nel primogrado di giudizio) di prescrizione del diritto alla revisione per il periodo (07.01.2004 – 03.02.2007) antecedente al quinquennio rispetto alla data di presentazione dell’istanza della Sc..
7. Con riguardo alla eccezione di tardività del ricorso di primo grado, la parte appellante ha replicato che riveste natura provvedimentale, suscettibile di impugnazione nel termine decadenziale, unicamente l’atto con il quale l’amministrazione, nell’espletamento dell’istruttoria prevista ex lege, si pronunci in ordine alla sussistenza dei presupposti (e quindi all’an) della revisione dei prezzi; viceversa, analoga natura non potrebbe riconoscersi all’atto – come la nota qui in contestazione n. 551 del 14.2.011 – che, disattendendo l’obbligo di espletamento dell’istruttoria, neghi l’avvio del relativo procedimento, in violazione dell’imperativo di legge in tal senso sancito dall’art. 115 d.lgs. 163/2006.
8. In assenza di istanze cautelari, espletato lo scambio di memorie e repliche ex art. 73 c.p.a., la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 14 giugno 2018.
DIRITTO
1. Il Collegio reputa fondata e dirimente l’eccezione preliminare di irricevibilità del ricorso di primo grado.
1.1. L’eccezione è innanzitutto ammissibile, perché nel processo amministrativo il divieto del c.d. ius novorum in appello non si estende anche alle questioni processuali e sostanziali che siano rilevabili d’ufficio, quali quelle di tardività, inammissibilità o improcedibilità (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen, 264.2018, n. 4): le stesse, dunque, oltre a poter essere rilevate d’ufficio, possono essere eccepite dalla parte anche con semplice memoria ex art. 101, comma 2, c.p.a., sempre che il Giudice di primo grado non si sia espressamente pronunciato sul punto di diritto e sullo stesso non si sia pertanto formato il giudicato. Alla menzionata facoltà si associa quella di allegare e provare i fatti sottostanti alla questione sollevata (Cons. Stato, sez. IV, 3.4.2017, n. 1505; Id. sez. III, 11.9.2017, n. 4282 e 7.11.2017, n. 5138).
1.2. L’eccezione di tardività qui in esame è altresì fondata nel merito, rilevando in tal senso il generale principio secondo cui l’invio della comunicazione a mezzo fax, accompagnata da un regolare rapporto di ricezione, determina una presunzione non assoluta di acquisita conoscenza del documento trasmesso (ex art. 1335 c.c.); conseguentemente, grava sul destinatario della predetta comunicazione l’onere di superare la presunzione semplice di avvenuta conoscenza, opponendo il malfunzionamento dell’impianto o altro elemento idoneo a confutare la regolarità e la effettività dell’avvenuta ricezione del fax (Cass. civ., sez. VI, 27.7.2017 n. 18679; Cons. Stato sez. IV 24.11.2016 n. 4945; Id., sez. III, 02.08.2016, n. 3504; ).
1.3. Nel caso di specie, dalla lettura del documenti contenuti nel fascicolo di primo grado, depositati dalla parte ricorrente in data 2.7.2011, si evince che la nota n. 551 del 14.2.2011 è stata inoltrata a mezzo fax, e ricevuta dalla società Sc., nel febbraio del 2011: fa fede in tal senso il rapporto di trasmissione recante la data e l’esito della comunicazione, nonché l’indicazione della ASL inviante.
1.4. Sul punto, senza nulla eccepire quanto alla rilevanza di tale report di consegna, la società Sc. si è limitata a lamentare la mancata allegazione da parte della ASL di “ricevute o di altri elementi in grado di suffragare l’esatta spedizione e/o, comunque, la data certa della presunta ricezione di qualsivoglia fax” (cfr. memoria di replica del 24.5.2018, pag. 6).
La deduzione difensiva è tuttavia inconferente ai fini dell’assolvimento del richiesto onere della prova contraria, in quanto non fornisce elementi di confutazione della effettività della ricezione comprovata dall’esito della trasmissione fax: viceversa, una volta acquisita dimostrazione documentale di tale circostanza, sarebbe stato onere della parte appellante dimostrarne la non rispondenza a realtà, indicando sia le specifiche ragioni tecniche della mancata ricezione del fax, sia le modalità e i tempi con i quali ella sarebbe venuta in altro modo, e in altro momento, a conoscenza degli atti in questione.
1.5. Non essendo stata assolta detta prova contraria, deve concludersi per la concludenza del riscontro documentale attestante l’avvenuto inoltro del fax e per la conseguente tardività del ricorso, ricavabile dal fatto che le note in questione sono state trasmesse nel febbraio 2011, mentre il ricorso di primo grado è stato notificato solo nel luglio 2011, quindi ampiamente oltre l’ordinario termine decadenziale di impugnazione.
2. La tardività della impugnazione non fa dubitare della irricevibilità dell’azione di primo grado, dovendosi in tal senso considerare, in dissenso dalla tesi avanzata dalla parte appellante, che:
– l’istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, al quale è sotteso l’esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale nei confronti del privato contraente;
– di conseguenza, la posizione di quest’ultimo si articola nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all’an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo solo con riguardo a questioni involgenti l’entità della pretesa, una volta risolto in senso positivo il riconoscimento della spettanza del compenso revisionale (ex multis Cons. Stato, sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4207; sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465; sez. V, 3 agosto 2012, n. 4444; Corte di Cassazione, SS.UU., 30 ottobre 2014, n. 23067; 15 marzo 2011, n. 6016; 12 gennaio 2011, n. 511; 12 luglio 2010, n. 16285);
– il descritto schema procedimentale comporta altresì che il privato contraente, in relazione all’esercizio di tale potere, potrà avvalersi unicamente dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell’interesse legittimo, e quindi con strumenti di carattere impugnatorio esperibili nei tradizionali termini decadenziali (Cons. Stato, sez. III, 18.12.2015, n. 5779; Id., sez. III, 9.1.2017, n. 25);
– la domanda giudiziale avente ad oggetto la revisione dei prezzi deve quindi essere definita, sul piano processuale, secondo un’indagine di tipo bifasico, volta dapprima all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale – aspetto per il quale è consentito il giudizio impugnatorio riferito all’atto autoritativo della P.A. e al suo surrogato costituito dal silenzio rifiuto; e solo in un momento successivo alla verifica del quantum debeatur, secondo meccanismi propri della tutela delle posizioni di diritto soggettivo;
– ne viene che qualunque provvedimento espresso o tacito che, collocandosi nella prima fase, espressamente neghi la revisione o non dia seguito all’istanza dell’appaltatore, involge posizioni diinteresse legittimo e come tale va impugnato nei termini di rito, indipendentemente dalle ragioni sulla cui base la posizione di diniego venga assunta;
– la consistenza di interesse legittimo della situazione soggettiva tutelata non muta per la previsionedi un’ipotesi di giurisdizione esclusiva per le questioni relative “alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo” nonché “ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento prezzi ai sensi dell’art. 133, commi 3 e 4” del d.lgs.n. 163 del 2006. E’ chiaro, infatti, che la cognizione esclusiva del giudice amministrativo presuppone necessariamente il concorso per determinate materie di situazioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo agli effetti della tutela giurisdizionale, che il legislatore risolve con l’individuazione del giudice competente, senza che ciò incida sui mezzi di tutela, scriminabili a seconda della natura della posizione soggettiva che si assume lesa.
2.1. Alla luce dei richiamati principi, va respinta l’argomentazione (svolta dalla parte appellante nella memoria del 24.5.2018) secondo la quale rivestirebbe natura provvedimentale unicamente l’atto con il quale l’amministrazione, dopo l’espletamento dell’istruttoria prevista ex lege, si pronunci in ordine alla sussistenza dei presupposti (e quindi all’an) della revisione dei prezzi; mentre analoga natura non potrebbe riconoscersi all’atto che, disattendendo l’istruttoria, neghi l’avvio del relativo procedimento in violazione dell’imperativo di legge in tal senso sancito dall’art. 115 d.lgs. 163/2006.
In realtà, la verifica dei presupposti della revisione può arrestarsi anche ad una fase preliminare all’avvio del procedimento, potendo l’amministrazione valutare la stessa sussistenza delle condizioni necessarie all’espletamento dell’approfondimento istruttorio. Non vi è ragione alcuna per disarticolare tale attività propedeutica in segmenti differenziati per oggetto e natura delle questioni oggetto di verifica; né sussistono plausibili ragioni per ritenere che tale vaglio preliminare sia sottratto al potere discrezionale e autoritativo dell’amministrazione, ovvero per potersi negare la qualificazione di interesse legittimo alla posizione vantata dall’appaltatore in questa fase di riscontro delle condizioni e delle modalità della revisione, stante la predominante discrezionalità dell’Amministrazione che caratterizza tutta la fase di determinazioni sull’an debeatur (Cons. Stato, sez. V, 27.11.2015 n. 5375; Id., sez. III, 25.1.2016, n. 255).
2.2. Ad identiche conclusioni questa sezione è pervenuta scrutinando una fattispecie speculare a quella qui in esame in cui il rapporto negoziale fra le parti – quanto al riconoscimento di compensi revisionali – recava una clausola di chiaro contenuto negativo, come quella di cui qui si controverte, tale da indurre il Collegio giudicante a ritenere che la pretesa azionata in alcun modo potesse essere ricondotta ad una posizione di diritto soggettivo (Cons. Stato, sez. III, 18.12.2015, n. 5779).
2.3. Trattasi di soluzione, a ben vedere, simmetrica a quella predicabile nel diverso caso in cui il contratto rechi un’apposita clausola che preveda il puntuale obbligo dell’Amministrazione di dar luogo alla revisione dei prezzi: in tale ipotesi, la richiesta sottoposta all’esame del giudice(a prescindere dalla sua fondatezza nel merito), risolvendosi in una mera pretesa di adempimento contrattuale, non può che intendersi come volta all’accertamento dell’esistenza di un diritto soggettivo, come tale rimesso alla cognizione del giudice ordinario (cfr. Corte di Cassazione, SS.UU. 13 luglio 2015, n. 14559; Id., 20 aprile 2017, n. 9965).
2.4. Nel caso in esame, al contrario, la denuncia della nullità delle clausole limitative contenute nel bando e nel capitolato speciale è strumentale all’esclusione dell’operatività delle previsioni contrattuali, al fine di ottenere la revisione del corrispettivo di là da quanto stabilito dal contratto, in relazione all’intera durata del rapporto e senza limiti di carattere oggettivo. La prospettata inapplicabilitàdella regola contrattuale determina per conseguenza l’accesso ad un’area contrassegnata dall’esercizio di poteri pubblicistici.
2.5. Da quanto sin qui esposto consegue che l’eventuale erroneità delle conclusioni assunte dall’amministrazione nel descritto contesto di esercizio del potere valutativo (anche sotto il profilo della violazione del citato art. 115), può legittimare la parte a dolersene, ma pur sempre nel quadro dei rimendi e dei termini propri del giudizio impugnatorio.
2.6. D’altra parte, la nullità delle clausole contrattuali che escludono la revisione del canone – se può originare l’eterointegrazione della disciplina di gara con le norme imperative violate, ai sensi degli artt. 1339 e 1419 cc. – non manifesta, invece, alcun riflesso sulla caratterizzazione in termini provvedimentali dell’attività che l’amministrazione compulsata da una istanza di revisione è chiamata a svolgere nella fase di verifica dei relativi presupposti; né può confondersi il piano della invalidità delle determinazioni in tal senso assunte, con quello della insussistenza del potere ad assumerle. In altri termini, l’amministrazione è pienamente investita, in astratto e in concreto, del potere di verificare i presupposti della revisione, sicché gli atti dalla stessa adottati, in disparte ogni loro eventuale illegittimità, non possono ritenersi offesi da alcun limite di nullità.
3. Merita inoltre ribadire che la qualificazione in termini autoritativi del potere di verifica dei presupposti per il riconoscimento della revisione prezzi comporta – in ipotesi di condotta inerte dell’amministrazione compulsata – la necessità di avvalersi dei rimedi previsti a tutela dell’interesse legittimo nella forma del silenzio – rifiuto conseguente ad istanza formale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24.1.2013, n. 465).
3.1. Tale conclusione è figlia della considerazione che il diritto soggettivo alla revisione dei prezzi non discende direttamente dalla legge, ma deve trovare riconoscimento in un procedimento amministrativo, come del resto palesato dalla circostanza che l’art. 115 del Codice dei contratti innanzi richiamato rinvia ad un’istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi e, pertanto, ad un’attività procedimentalizzata, avviabile ad impulso della parte.
3.2. A fronte di ciò, appare del tutto implausibile una ricostruzione intesa ad ammettere l’attivazione del rimedio impugnatorio a fronte del silenzio dell’amministrazione e a negarla a fronte di un suo diniego espresso, pur nell’invarianza sia della potestà discrezionale che nell’uno e nell’altro caso viene in considerazione, sia, conseguentemente, della posizione giuridica soggettiva che rispetto ad essa può profilarsi in capo al richiedente.
3.3. Vero è, invece, che detta qualificazione giuridica caratterizza la posizione soggettiva del richiedente in tutta la “fase” antecedente al riconoscimento dell’adeguamento monetario, così come sono espressive di potere amministrativo tutte le posizioni assunte dalla stazione appaltante nel descritto tratto di azione amministrativa.
3.4. Nel caso di specie, infine, la verifica dei vari limiti applicativi della revisione prezzi, di tipo oggettivo e temporale, asseritamente previsti dall’art. 7 del capitolato speciale – richiamati nella nota di diniego e poi investiti dallecensure dell’appellante – avvalora ulteriormente la tesi secondo cui la disamina dei presupposti per attivare o meno il procedimento di revisione fosse destinata a rifluire nello scrutinio valutativo della stazione appaltante, con esercizio di un potere implicante, quanto all’an della verifica revisionale, posizioni di interesse legittimo dell’impresa affidataria.
4. Per tutto quanto esposto, l’appello va respinto e, in accoglimento dell’eccezione di tardività sollevata dalla parte appellata, la sentenza impugnata va riformata mediante declaratoria di irricevibilità del ricorso di primo grado.
5. La peculiarità del caso esaminato giustifica la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
– lo respinge;
– in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile il ricorso di primo grado;
– compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore
Giulia Ferrari – Consigliere
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