Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 4 dicembre 2017, n. 5634. Quando il giudicato venga a incidere su di un atto indivisibile

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Per la sopra richiamata giurisprudenza, il dipendente, che risente degli effetti di un atto amministrativo, non può scegliere se rivolgersi al giudice amministrativo per l’annullamento dell’atto, oppure al giudice ordinario per la tutela del rapporto di lavoro, previa disapplicazione dell’atto presupposto.
4.2.- Ebbene, nel caso di specie, gli appellanti si dolgono in concreto degli atti di gestione del rapporto di lavoro – quelli con cui l’amministrazione scolastica ha assegnato gli odierni controinteressati, appartenenti alle classi di concorso A051, a cattedre pur verosimilmente da riservare (almeno preferenzialmente) alle classi di concorso A052 – i quali risultano prettamente esecutivi (secondo la stessa prospettazione degli appellanti) di quanto previsto nella circolare 21/2011 già annullata dal Tar del Lazio (con le sentenze nn. 10599/2010, 11177/2016, 11178/2016), nella parte in cui consentiva l’equiparazione tra le classi di concorso A051 e A052.
Gli istanti, dunque, non chiedono l’accertamento, in via diretta ed immediata, della legittimità dell’atto generale di autorganizzazione, ma hanno chiesto la verifica della legittimità degli atti consequenziali, che riguardano la gestione dei rapporti d’impiego del personale.
5.- Deve essere confermato anche il capo della sentenza gravata che ha respinto l’azione di nullità.
5.1.- Non risulta condivisibile l’affermazione degli appellanti secondo cui – premesso che gli atti impugnati e annullati dal T.a.r. del Lazio, dapprima con la sentenza n. 10599 del 2015 e successivamente con le pronunce n. 11177 e n. 11178 del 2016, sono atti, in parte, ad efficacia provinciale e in parte ad efficacia ultraregionale – l’efficacia delle decisioni giurisdizionali si sottrarrebbe ai limiti soggettivi generali del giudicato, ogni qual volta la pronuncia del giudice amministrativo abbia ad oggetto atti generali ovvero di normazione secondaria.
5.2.- In termini generali, legittimate alla proposizione del giudizio di ottemperanza sono tutte e solo le parti la cui domanda sia stata accolta all’esito del giudizio di cognizione, concluso con la pronuncia oggetto della domanda di esecuzione, in coerenza con la nozione di “cosa giudicata” di cui all’art. 2909 c.c., la quale fa stato, ad ogni effetto, tra le parti, i loro eredi o aventi causa.
Secondo un risalente e consolidato insegnamento dottrinale e giurisprudenziale, quando il giudicato venga a incidere su di un atto indivisibile (che, oltre ad essere caratterizzato da una pluralità di destinatari, abbia un contenuto inscindibile sicché non possa essere scisso in distinte ed autonome determinazioni, ovvero su un atto collettivo, che, parimenti, non possa essere ritenuto, all’esito del giudicato di annullamento, esistente per taluni o inesistente per altri), l’individuazione della sfera di efficacia soggettiva della sentenza amministrativa di annullamento dipende a seconda che si abbia riguardo alla sua parte cassatoria dell’atto, ovvero a quella ordinatoria.
In ordine alla prima, gli “effetti della sentenza” non possono che prodursi erga omnes; in ordine alla seconda, l'”autorità del giudicato” – e i vincoli conformativi che esso comporta – fa stato unicamente inter partes (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 5 dicembre 2005, n. 6964; sez. IV, 5/09/2003, n. 4977; sez. V, 6 marzo 2000, n. 1142; sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253; sez. V, 9 aprile 1994, n. 276; sez. IV, 18 luglio 1990, n. 561).
Nel caso di specie, in cui il provvedimento annullato ha natura generale, i ricorrenti intendono inammissibilmente fruire degli effetti conformativi e non solo “di annullamento” del giudicato.
5.3.- L’art. 21-septies della L. 241/90, nel menzionare la fattispecie di nullità per violazione o elusione del giudicato, ha introdotto un rimedio a legittimazione “relativa”, non sganciato dai suesposti limiti soggettivi del giudicato amministrativo.
Tale disposizione ha infatti inteso recepire l’indirizzo giurisprudenziale volto a sollevare il ricorrente vittorioso – e dunque parte del giudizio – dall’onere di impugnare – entro un breve termine di decadenza – i successivi atti di riesercizio del potere amministrativo, in contrasto con le statuizioni della sentenza (in linea con questa impostazione cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 20 dicembre 2011, n. 6743).
6.- L’appello va pertanto integralmente respinto, fatti salvi – quanto alla domanda di annullamento – gli effetti processuali e sostanziali di cui all’art. 11, comma, c.p.a.
6.1.- La liquidazione delle spese di lite del secondo grado vanno integralmente compensate, in considerazione delle incertezze che in questa materia connotano il riparto di giurisdizione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 1764 del 2016, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Le spese del presente grado di giudizio sono interamente compensate tra le parti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2017, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere, Estensore
Italo Volpe – Consigliere

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