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1.1.- I ricorrenti – premesso di essere docenti di ruolo in servizio presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria Liceo Classico “Es.” di (omissis), appartenenti alla classe di concorso “A052”, relativo alle materie letterarie, latino e greco – affermavano che l’abilitazione alla medesima classe di concorso consente la docenza delle materie letterarie al ginnasio (o primo biennio) del liceo classico, nonché del latino e del greco anche nel triennio, al contrario dei docenti della classe di concorso “A051”, che sono abilitati all’insegnamento delle materie di italiano, storia, geografia e latino, e non anche del greco e non possono insegnare al biennio.
Su queste basi essi lamentavano che l’ufficio scolastico regionale di Caltanissetta aveva approvato la dotazione organica del personale docente dell’Istituto d’Istruzione Secondario “Es.” di (omissis), utilizzando un sistema di attribuzione delle cattedre e dei rispettivi insegnamenti, da dichiararsi illegittimo per violazione dell’art. 1, commi 3, 7 e 18 della legge 13 luglio 2015, n. 107, dell’art. 3, comma 2, del d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, dell’art. 64, comma 4, lettera a), del decreto legge n. 112 del 25.8.2008, dell’art. 52 del d.lgs. 165 del 2001, dell’art. 1 della nota MIUR n. 11729 del 29 aprile 2016.
Gli interessati chiedevano altresì la declaratoria della nullità, ai sensi dell’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990, per violazione della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, passata in giudicato, n. 10599 del 2015.
Sul punto, essi sostenevano che, per quanto si tratti di un giudizio instaurato da soggetti diversi, la sostanziale identicità delle questioni trattate, autorizzerebbe a invocarne l’efficacia di giudicato “esterno”.
2.- Il Tribunale Amministrativo Regionale, con la sentenza n. 12232 del 2016, ha declinato la propria giurisdizione sulla domanda di annullamento in base ai seguenti argomenti:
“Rilevato infatti che parte ricorrente impugna i provvedimenti in epigrafe assunti dall’USR di Caltanissetta non soltanto in violazione dei provvedimenti giurisdizionali di annullamento della circolare 21/2011 (nella parte in cui illegittimamente consentiva l’equiparazione delle classi di concorso A051 e A052) ma, altresì, del d.P.R. 19/2016, la cui giurisdizione ai sensi degli ordinari criteri di riparto di cui all’art. 63 c.p.a. appartiene al Giudice Ordinario, in funzione di Giudice del Lavoro”.
I giudici di prime cure, con riguardo invece alla azione di nullità, hanno così statuito:
“Considerato che, nella parte in cui parte ricorrente deduce la nullità di tali provvedimenti ai sensi dell’art. 21-septies della legge n. 241/90, la domanda di parte ricorrente va invece respinta atteso che la domanda ex art. 31 comma 2 c.p.a. può essere proposta nei soli casi previsti della legge e, segnatamente, per quanto riguarda la nullità per contrarietà a giudicato, esclusivamente qualora il giudicato sia intervenuto tra le medesime parti”.
3.- Con l’appello in esame, è stato chiesto che – in riforma della sentenza del TAR – sia rilevata la sussistenza della giurisdizione amministrativa di legittimità.
4.- Ritiene il Collegio – nel condividere le considerazioni poste a base dell’ordinanza cautelare, resa all’esito della camera di consiglio del 20 aprile 2017 – che il giudice amministrativo non ha giurisdizione sulla prospettata domanda di annullamento.
4.1.- La “configurazione strutturale” degli uffici – ossia l’indicazione delle linee fondamentali dell’organizzazione, l’individuazione degli uffici di maggiore rilevanza, la precisazione dei modi di conferimento della titolarità dei medesimi e la determinazione delle piante organiche – è una funzione alla quale l’amministrazione provvede mediante atti organizzativi generali, anche di natura normativa, espressione di attività autoritativa, i quali, rispetto agli atti di bassa organizzazione e gestione dei rapporti di lavoro, assumono il ruolo di “atti presupposti”.
Per una scelta legislativa posta a base della riforma del pubblico impiego, gli atti che si collocano al di sotto della configurazione strutturale dei pubblici uffici e che riguardano il funzionamento degli apparati sono sindacabili dal giudice civile.
In linea con i precetti degli art. 103 e 113 della Costituzionale (ispirati al principio di effettività della tutela), gli “atti presupposti” possono essere impugnati davanti al giudice amministrativo, poiché l’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 prevede espressamente l’eventualità della contemporanea pendenza del giudizio amministrativo sull’atto presupposto e del giudizio ordinario sulle determinazioni conseguenti dell’Amministrazione, che può coinvolgere l’atto presupposto ai fini della disapplicazione, escludendo la necessità di sospendere il processo dinanzi al giudice ordinario.
Tuttavia, per l’orientamento delle Sezioni Unite (di cui il Collegio prende atto), la giurisdizione del giudice amministrativo si radica nei soli casi in cui gli atti organizzativi non incidano direttamente su atti di gestione del rapporto di lavoro, perché hanno sui singoli rapporti solo efficacia indiretta o riflessa, talché il pregiudizio della posizione dei lavoratori può essere eliminato non già dalla disapplicazione, ma dall’annullamento del provvedimento amministrativo.
Sussiste invece la giurisdizione del giudice civile quando il giudizio investe direttamente quelli che, per una scelta legislativa, vanno qualificati come atti di gestione del rapporto, anche dirigenziale, in relazione ai quali i provvedimenti di autoregolamentazione costituiscono atti presupposti.
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