Ogni trasformazione del territorio sottoposto al vincolo paesaggistico implica, a cura dell’Autorità preposta alla sua tutela, una valutazione di compatibilità del nuovo assetto, da realizzare ex novo o da mantenere a titolo di sanatoria, con i valori che esso intende proteggere e mantenere.

Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 3 aprile 2018, n. 2035.

Ogni trasformazione del territorio sottoposto al vincolo paesaggistico implica, a cura dell’Autorità preposta alla sua tutela, una valutazione di compatibilità del nuovo assetto, da realizzare ex novo o da mantenere a titolo di sanatoria, con i valori che esso intende proteggere e mantenere.

Sentenza 3 aprile 2018, n. 2035
Data udienza 1 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2459 del 2014, proposto dal signor Gi. Ma., rappresentato e difeso dagli avvocati Fe. Pi. e Gi. Re., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mi. Sa. in Roma, via (…);
contro
Il Comune di (omissis), in persona del Sindaco protempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Pa., domiciliato ex art. 25 del c.p.a. presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);
il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, patrimoniali, storici, artistici ed etnologici di Napoli e provincia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, sez. VII, n. 3719/2013, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e delle Amministrazioni statali appellate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1° marzo 2018 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti l’avvocato A. M. Di Le., in dichiarata delega degli avvocati Fe. Pi. e Gi. Re., e l’avvocato dello Stato De Nu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. E’ appellata la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, di reiezione del ricorso proposto dal signor Gi. Ma., proprietario dell’unita abitativa sita in (omissis), via (omissis), località (omissis), gravata da vincolo paesaggistico, avverso il diniego parziale (n. 71 del 18 aprile 2013) emanato dal dirigente dell’Ufficio del paesaggio del comune di (omissis) sull’istanza di rilascio d’autorizzazione in sanatoria, presentata ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47/1985.
1.1 Con lo stesso ricorso, il ricorrente aveva impugnato il parere parzialmente negativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (n. 918 del 14 gennaio 2013), emanato dalla Soprintendenza per i B.A.P.S.A.E. per Napoli e Provincia, per il corpo aggiunto sul prospetto dell’edificio principale, che “per le notevoli dimensioni dell’edificio produce pregiudizio e compromissione degli elementi specifici del paesaggio tutelato”.
In sostanza, gli atti della Soprintendenza e del Comune hanno comportato la sanatoria dell’edificio principale – realizzato in zona agricola – ed hanno negato il condono per la parte di edificio, aggiunto sul prospetto del fabbricato.
2. Il T.A.R. ha respinto il ricorso sul rilievo che il parere parzialmente negativo, espresso dalla Soprintendenza sulla incompatibilità paesaggistica del corpo di fabbrica aggiunto e posto in adiacenza al prospetto del fabbricato, è adeguatamente motivato.
3. Appella la sentenza il sig. Gi. Ma. Resistono il comune di (omissis) e il Ministero per i beni e le attività culturali.
4. Alla pubblica udienza del 1° marzo 2018 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
5. Con il primo motivo d’appello, l’appellante lamenta che il TAR avrebbe errato nel considerare come esistente un corpo di fabbrica aggiunto al manufatto principale, ritenuto non passibile di sanatoria, in realtà inesistente.
6. Il motivo è infondato.
6.1 Il parere espresso dalla Soprintendenza ha avuto ad oggetto l’intero edificio – manufatto bifamiliare su due livelli, con sottotetto accessorio – realizzato dall’appellante senza titolo edilizio, né autorizzazione paesaggistica.
6.2 Nel parere, la Soprintendenza ha rilevato che “l’edificio è di grosse dimensioni e si pone quale elemento di impatto della zona agricola in cui ricade, caratterizzata ancora da verde autoctono (alberi di ulivo e frutteti)”.
In considerazione delle dimensioni complessive dell’edificio, incidente negativamente sul valore tutelato dal vincolo paesaggistico, per ridurne l’impatto la Soprintendenza ha negato il rilascio dell’autorizzazione in sanatoria limitatamente al “corpo al primo piano con copertura a falda inclinata addossato all’edificio sul prospetto posteriore dello stesso, che risulta essere parte aggiunta e non integrante dell’edificio visibile nella sez. B.B. del grafico mappa satellitare”.
6.3 Senza incorrere in alcun profilo di eccesso di potere deducibile dall’interessato, il parere si è basato sulla morfologia strutturale dell’intero edificio risultato totalmente abusivo ed ha negato la sanatoria per la sola parte aggiunta, ritenuta una superfetazione edilizia non compatibile con il paesaggio.
Rispetto ad una valutazione integralmente negativa, che pur sarebbe stata possibile e di per sé ragionevole in ragione della peculiarità dei luoghi, la Soprintendenza ha ritenuto di limitare la determinazione parzialmente negativa, andando ampiamente incontro alle esigenze della parte privata.
7. Con il secondo motivo, terzo motivo e quarto d’appello, che, in quanto strettamente congiunti, possono essere trattati congiuntamente, l’appellante lamenta che i giudici di prime cure avrebbero acriticamente considerato adeguatamente motivato il parere parzialmente negativo della Soprintendenza, che si sarebbe basato sulla sola dimensione del corpo di fabbrica senza valutare l’interesse pubblico tutelato, non compromesso dal manufatto, complessivamente considerato nella sua unità strutturale.
8. I motivi sono infondati.
8.1 L’appellante contesta le valutazioni di natura tecnico-discrezionale operate dalla Soprintendenza, e recepite dal Comune, ostative al rilascio del condono edilizio per il corpo aggiunto.
8.2 Va richiamato l’orientamento giurisprudenziale, qui condiviso, per il quale ogni trasformazione del territorio sottoposto al vincolo paesaggistico implica, a cura dell’Autorità preposta alla sua tutela, una valutazione di compatibilità del nuovo assetto – da realizzare ex novo o da mantenere a titolo di sanatoria – con i valori che esso intende proteggere e mantenere.
Contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, non basta asserire che, in fondo, il corpo aggiunto sarebbe “poco impattante”, poiché rientra nell’ambito del poteri tecnico-discrezionali della Amministrazione preposta verificare se, come e in qual misura, le opere vadano ad incidere sugli interessi pubblici coinvolti, dovendosi evitare ogni deturpazione ulteriore o – qualora, come nel caso in esame, si acceda al beneficio del condono – eliminarne o quanto meno mitigarne gli effetti dannosi per l’ambiente ed il paesaggio.
8.3 Nell’esercizio della funzione di tutela del vincolo, pur tenendo presenti le effettive e reali condizioni dell’area d’intervento (arg. ex Cons. St., Sez. VI, 29 dicembre 2010, n. 9578; Id., sez. VI, 14 giugno 2011, n. 4418), l’obiettivo perseguito, mercé un giudizio di comparazione, consiste nella difesa del contesto vincolato nel quale si colloca l’opera, al fine di evitare, tra l’altro, che l’eventuale sovraccarico di plurimi interventi in situ raggiunga – o faccia mantenere – un livello di saturazione incompatibile col vincolo.
8.4 Il parere reso sulla compatibilità del manufatto al paesaggio (pur se reso nel corso del procedimento previsto da una legge su condono straordinario) è espressione dell’esercizio dei poteri tecnico-discrezionali, che devono tenere conto del rilievo primario dei valori tutelati dall’articolo 9 della Costituzione (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. VI, 18 settembre 2017, n. 4369).
8.5. Nel caso in esame, la Soprintendenza ha formulato una motivata valutazione, coerente con lo stato dei luoghi, circa l’impatto nettamente negativo del corpo aggiunto posto in adiacenza al prospetto posteriore del fabbricato sul compendio paesaggistico.
La relativa valutazione non risulta manifestamente illogica ed è insindacabile in sede di giurisdizione di legittimità.
8.6 L’adeguatezza della valutazione – sotto il profilo della compatibilità con il pregio paesaggistico della zona ove è localizzato l’intero edificio -, contestata dall’appellante, si ricava altresì dal parere favorevole avente ad oggetto il corpo principale dell’edificio.
8.7 Per consentire l’inserimento del manufatto nel contesto paesaggistico di riferimento, la Soprintendenza ha imposto una serie di “prescriziona” volte ad eliminarne “le modanature, le cornici e gli spigoli”, nonché – per quel che qui più rileva – “il corpo aggiunto che è stato apposto all’edificio e non ne costituisce parte integrante”.
8.8 Tale valutazione risulta di per sé ragionevole e non è affetta dai vizi dedotti dall’appellante, poiché ha tenuto adeguato conto della realtà esistente e delle incidenze negative che sarebbero derivate dal condono del corpo aggiunto.
9. Con il quanto motivo d’appello si lamenta la violazione dell’art. 10 bis l. n. 241/1990.
Nell’adottare il parere, secondo l’appellante, l’amministrazione procedente non avrebbe considerato le osservazioni presentate nel corso dell’istruttoria.
10. Il motivo è infondato.
10.1 L’amministrazione ha valutato le osservazioni del 17 dicembre 2012 formulate dall’appellante e le ha motivatamente disattese (cfr. il provvedimento n. 918 del 14 gennaio 2013) e comunque ha consentito la sua partecipazione al procedimento.
11. Conclusivamente, l’appello deve essere respinto.
12. Le spese di lite del secondo grado del giudizio, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 2459 del 2014, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il signor Gi. Ma. al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio in favore del Comune di (omissis) e del Ministero per i beni e le attività culturali, che si liquidano in complessivi 5000,00 (cinquemila) euro, oltre diritti ed accessori di legge, da dividersi fra loro in parti uguali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 1° marzo 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Francesco Mele – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Dario Simeoli – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere

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