Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 25 giugno 2018, n. 3907.
La massima estrapolata:
Non vi è un diritto di accesso unico generalizzato per conoscere un video che riproduce un colloquio tra un Direttore generale ed una funzionaria.
Sentenza 25 giugno 2018, n. 3907
Data udienza 24 maggio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1533 del 2018, proposto da:
Ma. Me., rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. In., con domicilio eletto presso lo studio Gi. In. in Roma, via (…);
contro
Istituto Nazionale di Astrofisica – Affari Legali, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III BIS n. 11628/2017, resa tra le parti, avente ad oggetto, previo accertamento dell’illegittimità dell’operato dell’INAF:
1. accertare il diritto all’accesso civico “generalizzato”:
a) al “video in versione integrale del Collegio dei Direttori allargato del 23 Febbraio 2017, trasmesso in diretta in streaming e, successivamente, pubblicato mediante collegamento accessibile dal sito dell’INAF, ma dopo qualche giorno parzialmente “tagliato”, specificando che oggetto di richiesta era anche la parte della registrazione – intercorrente tra le ore 4:10 circa e le ore 4:40 dall’inizio del video – in cui è ripreso, tra l’altro, un colloquio di circa 10 minuti tra il Dott. Te., Direttore Generale e Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, e la D.ssa Um.;
b) al “provvedimento con il quale sarebbe stato disposto ‘il tagliò del video inizialmente pubblicato nella versione integrale”.
2. dichiarare illegittima la condotta omissiva e il silenzio dell’INAF sotto il profilo della violazione del D. L.vo 33/2013;
3. dichiarare illegittimo il silenzio opposto anche dal responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza alla richiesta di riesame, per violazione del D.L.vo 33/2013;
4. ordinare all’INAF, ex art. 116, c. 4, d. Lgs. 104/2010, il rilascio di tali ‘attì in copia.”
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Istituto Nazionale di Astrofisica – Affari Legali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2018 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Al. De St. in dichiarata delega dell’avv. Gi. In. e Pa. De Nu. dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. È appellata la sentenza del TAR Lazio, sez. terza bis, n. 11628/2017, di reiezione del ricorso proposto dalla dott.ssa. Ma. Me. per l’accesso civico agli atti.
Segnatamente, la ricorrente, dipendente con qualifica di Tecnologo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (d’ora in poi INAF), in servizio presso l’Osservatorio Astrofisico di Catania, ha chiesto l’accesso civico sensi del d. l.vo n. 97/2016 ai seguenti documenti:
1) Video in versione integrale del Collegio dei Direttori allargato del 23 Febbraio 2017, trasmesso in diretta in streaming e, successivamente, pubblicato mediante collegamento accessibile dal sito dell’INAF, ma dopo qualche giorno parzialmente “tagliato”, specificando che oggetto di
esplicita richiesta era anche la parte della registrazione – intercorrente tra le ore 4:10 circa e le ore 4:40 dall’inizio del video – in cui è ripreso, tra l’altro, un colloquio di circa dieci minuti tra il dott. Te., Direttore generale e responsabile prevenzione corruzione, e la dott.ssa Um.;
2) Provvedimento con il quale sarebbe stato disposto “il taglio” del video inizialmente pubblicato nella versione integrale.
2. Dopo un primo sostanziale diniego opposto dall’INAF, la ricorrente ha proposto formale ″richiesta di riesame” al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’INAF.
3. Rimasta l’istanza senza esito, con il ricorso in esame, la ricorrente ha dedotto la violazione della normativa in materia di trasparenza e di accessocivico generalizzato nonché la mancata conclusione del procedimento volto all’accesso civico con provvedimento espresso e motivato nel termine previsto dall’art. 5, comma 7, d. l.vo n. 33/2013.
4. Costituitasi in giudizio l’INAF, oltre che per l’inesistenza materiale della registrazione streaming richiesta, il TAR ha respinto il ricorso sul rilievo che l’accessibilità della ripresa relativa alla pausa pranzo – e, in particolare, al colloquio di circa dieci minuti tra il dott. Te., Direttore generale e responsabile prevenzione corruzione, e la dott.ssa Um. – non fosse “strumentale al perseguimento delle funzioni istituzionali, all’utilizzo delle risorse pubbliche e alla promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, quanto piuttosto a ragioni personali della ricorrente che si inseriscono nel quadro dei rapporti con la dott.ssa Um.”.
5. Appella la sentenza la dott.ssa. Ma. Me..
7. Alla Camera di consiglio del 24.05.2018 la causa, su richiesta della parte, è stata trattenuta in decisione.
8. Con i motivi d’appello, la ricorrente lamenta gli errori di giudizio in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure nell’omettere di considerare il diritto della ricorrente all’accesso integrale del video della seduta del Collegio dei direttori allargato del 23.02.2017 ivi compresa la ripresa del colloquio tra il dott. Te. e la dott.ssa Um..
8.1 Ostensione estesa anche al provvedimento con il quale sarebbe stato disposto il taglio del video inizialmente pubblicato nella versione integrale.
9. L’appello è infondato.
9.1 L’accesso ha ad oggetto le parti eliminate della ripresa streaming della riunione, tenutasi il 23 febbraio 2017 presso la sede centrale dell’INAF, in quanto relative ai colloqui tra i partecipanti alla riunione intrattenuti durante la sospensione dei lavori per la pausa pranzo, ed inavvertitamente filmati.
9.2 L’epurazione della registrazione non pertinente ai lavori della riunione dei Consigli rispettivamente d’amministrazione e scientifico, integrati dal Direttore generale e da quello scientifico, è avvenuta il 3 marzo 2017.
9.3 Di essa, ossia della parte di ripresa eliminata, il responsabile del procedimento ha dato formalmente atto di non conservarne la registrazione (cfr., prot. n. 349 del 7.04.2017).
Dichiarazione che, in quanto atto pubblico, ai sensi dell’art. 2700 c.c. fa piena prova fino a querela di falso dei fatti compiuti dal dichiarante.
9.4 Aggiungasi che alla materiale inesistenza della registrazione, ex se ostativa all’accesso ai “ dati e documenti” non (più) “detenuti” dall’amministrazione, fa riscontro sul piano giuridico un’ulteriore decisiva considerazione.
10. L’accesso pubblico generalizzato di cui all’art. 5 d.lgs. n. 33/2013, rivendicato dalla ricorrente, ha l’esclusiva finalità di “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”, non già di rendere pubblici colloqui privati – qual è quello svoltosi nella pausa pranza fra il Direttore generale e la dott.ssa Um. inavvertitamente fatti oggetto di registrazione – che esulano dall’esercizio di funzioni istituzionali.
11. Inoltre l’accesso dell’accesso va bilanciato con il diritto alla protezione dei dati personali di cui è parola all’art. 5 bis, comma 2 lett.c), d.lgs. n. 33/2013.
11.1 In coerente continuità normativa, l’art. 5, comma 5, d.lgv. cit., prescrive infatti che “fatti salvi i casi di pubblicazione obbligatoria, l’amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 2,d.lgv. cit. è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione” ai fini della eventuale opposizione.
11.2 Nel caso in esame non è dato individuare a monte l’interesse pubblico costituente il presupposto ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 196/2003 per il trattamento dei dati sensibili riguardanti manifestazioni di pensiero fra persone che (in quel particolare momento) non rivestono né esercitano funzioni pubbliche.
11.3 Come correttamente sottolineato dal TAR, gli obblighi di tutela dei dati personali sono oggi ancor più pregnanti dopo l’entrata in vigore degli artt. 5, 6 e ss. Regolamento UE 2016/679, laddove ribadiscono l’inderogabilità – neppure in nome della trasparenza e del diritto di accesso – di essi per effetto di disposizioni normative interne di eventuale segno opposto.
12. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
13. La natura della controversia dedotta in giudizio giustifica la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese del presente grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Bernhard Lageder – Consigliere
Oreste Mario Caputo – Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Italo Volpe – Consigliere
Leave a Reply