Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 24 maggio 2018, n. 3107
La massima estrapolata
I piani per la gestione dei rifiuti urbani hanno carattere meramente programmatorio, sfuggendo ad essi l’indicazione di precise e puntuali misure (tanto più di natura economica), dovendo per contro individuare i criteri per il raggiungimento degli obiettivi, spettando poi all’amministrazione individuare, di volta in volta, le singole misure a tal fine idonee.
Sentenza 24 maggio 2018, n. 3107
Data udienza 19 dicembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 8064 del 2010, proposto da:
Associazione Italiana per il Wo. Wi. Fu. For Na., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Cl. Ta., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Pe. in Roma, via (…);
contro
Provincia di Firenze, ora Città Metropolitana di Firenze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato St. Gu., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. P. Mo. in Roma, corso (…);
Regione Toscana, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. Bo. e Fa. Ci., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. P. Mo. in Roma, corso (…);
Dirigente Tutela Ambientale della Provincia di Firenze, Provincia di Pisa, Provincia di Prato, Provincia di Arezzo, Autorità D’Ambito per la Gestione dei Rifiuti Toscana Costa Ato Toscana Costa, già Ato 3, Ato Toscana Centro, già Ato 6, Ato 5 Pistoia e Circondario Empolese Valdelsa e Ato 10 Prato, non costituiti in giudizio;
Autorità d’Ambito per la Gestione dei Rifiuti Toscana Centro Ato Toscana Centro, già Ato 6 Area Metropolitana Fiorentina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ni. Fe., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fa. Bu. in Roma, viale (…);
Provincia di Pistoia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vi. Do., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
e con l’intervento di
ad opponendum:
Q. Th. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ca., Al. Bi. e An. Fa., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Se. in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. TOSCANA, Sez. II, n. 01177/2009, resa tra le parti, concernente il Piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani assimilati.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Firenze, ora Città Metropolitana di Firenze, della Regione Toscana, dell’Autorità D’Ambito per la Gestione dei Rifiuti “Toscana Centro” Ato Toscana Centro, già ATO 6 Area Metropolitana Fiorentina e della Provincia di Pistoia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2017 il Cons. Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Cl. Ta., St. Gu., Pa. Mo., su delega dell’avv. Ci., Ni. Fe., Vi. Do., Gi. Ca., Al. Bi. ed An. Fa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con delibera consiliare n. 35 del 28 febbraio 2000 la Provincia di Firenze adottava il Piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani e assimilati per l’A.T.O. 6, successivamente approvato con prescrizioni – tra cui la individuazione di nuove linee di termoutilizzazione, da definire e ubicare – dalla Giunta Regionale della Toscana con delibera n. 728 del 4 luglio 2000.
Sulla base delle prescrizioni e raccomandazioni impartite dalla Regione, con delibera consiliare n. 66 del 2001, la Provincia di Firenze adottava nuovamente il predetto Piano di gestione dei rifiuti urbani e assimilati che, con delibera della Giunta Regionale n. 646 del 2001 veniva dichiarato conforme ai contenuti del Piano regionale.
2. Con nuova deliberazione n. 22 dell’11 febbraio 2002 la Provincia di Firenze approvava il Piano Provinciale dei rifiuti urbani e assimilati per l’A.T.O. 6, subordinando in particolare la realizzazione dell’impianto di termoutilizzazione agli esiti degli approfondimenti disposti: ciò a seguito dell’emergere di decise opposizioni alla realizzazione dell’inceneritore che aveva indotto all’effettuazione di una Valutazione di Impatto Sanitario (nel prosieguo “VIS”), riguardante, in particolare, l’area circostante il sito individuato per la realizzazione del nuovo termoutilizzatore, valutazione che veniva espletata dall’Agenzia Regionale di Sanità, dall’Università di Firenze, dal CNR di Pisa e dall’ARPAT e la relativa relazione veniva depositata il 21 dicembre 2001.
Nella predetta relazione si evidenziava che la valutazione si articolava in tre fasi.
La prima fase, concernente l’esame del progetto per verificarne in linea generale i potenziali effetti sulla salute della popolazione si era conclusa nel senso che si trattava di un “progetto per il quale occorre procedere ulteriormente nello studio”, sicché si dava avvio alla seconda e alla terza fase; dopo lo svolgimento della seconda fase, che riguardava l’esame delle problematiche relative ai carichi ambientali e alla situazione sanitaria della popolazione, lo studio, inizialmente limitato alla sola zona di (omissis), veniva esteso (III fase) anche ad altre aree della Piana fiorentina (Ponte Ma., Case Pa.), già prese in considerazione dal Piano provinciale quali possibili alternative alla localizzazione dell’impianto, tra cui in particolare quella di Case Pa., che veniva ritenuta preferibile per ragioni demografiche (minor numero di popolazione residente) e sanitarie (stante la maggiore criticità della zona di (omissis), dove la popolazione era già particolarmente esposta ed a più elevato rischio di patologie respiratorie, connesso a fenomeni inquinanti), con raccomandazioni di interventi di miglioramento e di compensazione ambientale.
3. Con le delibere n. 10 del 2003 e n. 1 del 2004 l’Assemblea Consortile di A.T.O. 6 adottava (con la prima) e approvava (con la seconda) il Piano industriale (dichiarato conforme al Piano provinciale di gestione dei rifiuti con deliberazione del Consiglio Provinciale di Firenze n. 28 dell’8 marzo 2004, e, successivamente, anche alle prescrizioni di quest’ultima).
4. Con la delibera consiliare n. 24 del 2006 la Provincia di Firenze modificava il Piano provinciale di gestione dei rifiuti (definitivamente approvato con la delibera 133 del 28 luglio 2006), adottando la variante necessaria per lo spostamento dell’inceneritore da (omissis) a Case Pa. (in località più vicina al territorio del Comune di (omissis)).
Venivano conseguentemente adottate dall’assemblea dell’A.T.O. 6, con deliberazione n. 4 del 18 luglio 2007, le necessarie modifiche e gli aggiornamenti al Piano industriale.
5. Deve precisarsi che precedentemente, esattamente il 2 agosto 2005, era stato siglato tra la Provincia di Firenze e i Comuni della Piana un Protocollo di intesa (poi seguito da un “Addendum” in data 28 settembre 2005, sottoscritto dalla medesima Provincia, dai Comuni di Firenze e di (omissis) e dall’A.T.O. 6, con il quale si conveniva di formalizzare successivamente, in sede amministrativa, la localizzazione dell’impianto in Case Pa.) per la realizzazione delle misure di riqualificazione e mitigazione ambientale, volte a ridurre o ad annullare l’impatto del termovalorizzatore: tra tali misure era previsto il rimboschimento dell’area di 20 ettari ricompresa nei “Boschi della Piana” che la Provincia e il Comune di (omissis) si obbligavano reciprocamente a realizzare; si trattava di misure indicate dalla stessa VIS come necessarie e imprescindibili per contenere l’impatto del realizzando impianto di termovalorizzazione.
A tal fine la Provincia di Firenze trasferiva al Comune di (omissis) oltre un milione di euro per i necessari espropri delle aree e il predetto Comune adottava gli atti volti all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio.
E’ da aggiungere che la realizzazione di tale progetto era ostacolato dal fatto che parte delle aree interessate dall’intervento de quo ricadevano in quelle individuate per la realizzazione di una nuova pista dell’aeroporto, così che l’obbligo di realizzare l’intervento di rimboschimento veniva posto a carico dell’Ente Gestore.
6. Con delibere n. 202 del 31 maggio 2006 e n. 113 del 3 luglio 2006 la Giunta provinciale di Firenze respingeva una petizione popolare che evidenziava gravi problematiche di ordine sanitario connesse alla realizzazione dell’impianto, chiedendo una specifica indagine sulle c.d. nano polveri, argomento che la VIS avrebbe omesso di considerare.
Con D.P.C.M. del 10 agosto 2016 il termovalorizzatore di Case Pa. è stato annoverato tra le infrastrutture e gli insediamenti strategici di preminente interesse nazionale.
7. L’Associazione Italiana per il Wo. Wi. Fu. For Na. Onlus (d’ora in avanti anche solo WW.) impugnava:
A) con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica la deliberazione del Consiglio Provinciale di Firenze n. 22 dell’11 febbraio 2002, avente ad oggetto il Piano provinciale per la gestione dei rifiuti urbani e assimilati per l’Ambito territoriale ottimale rifiuti area fiorentina A.T.O. 6 unitamente agli atti presupposti (indicati in: DCRT n. 88 del 7 aprile 1988, L.R. 4/95 art. 5 – Piano regionale di gestione dei rifiuti, approvazione relativa ai rifiuti urbani e assimilati; DCRT n. 385 del 21 dicembre 1989, L.R. 25/98 art. 9 – Piano regionale di gestione dei rifiuti, secondo stralcio, relativo ai rifiuti speciali anche pericolosi; deliberazione del Consiglio provinciale n. 35 del 28 febbraio 2000, di adozione del Piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani assimilati per l’ATO 6; delibera GRT n. 728 del 4 luglio 2000, recante il parere sul Piano di gestione dei rifiuti della Provincia di Firenze con prescrizioni e raccomandazioni; deliberazione n. 453 dell’11 aprile 2000 L.R. 25/98 art. 25, comma 2, di approvazione piano e seconda parte dell’elaborato tecnico -studio per lo sviluppo coordinato di impianti finalizzato al recupero di materiale riciclabile proveniente dalla raccolta differenziata; delibera del Consiglio provinciale n. 66 del 26 marzo 2001 di adozione della parte modificata a seguito di prescrizioni e raccomandazioni della Regione Toscana del Piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani assimilati per l’ATO 6; delibera della Giunta regionale n. 646 del 18 giugno 2001, recante parere di conformità al Piano di gestione dei rifiuti della Provincia di Firenze con prescrizioni e raccomandazioni; determinazioni dirigenziali n. 1403 del 15 ottobre 2001, n. 1267 del 25 settembre 2001 e n. 523 del 9 maggio 2001; delibera del Consiglio provinciale n. 94 del 15 giugno 1998, di approvazione del Piano territoriale di coordinamento provinciale).
L’impugnativa era affidata ai seguenti motivi di censura: 1) violazione di legge con riferimento all’art. 12 della legge regionale 18 maggio 1998, n. 25. Violazione dell’art. 42 del decreto legislativo n. 267/2000; 2) Violazione della deliberazione del Consiglio Regionale n. 88/98. Incompetenza della Giunta regionale a determinare le basi dei dati su cui elaborare il piano provinciale. Violazione dell’art. 19 del decreto legislativo n. 22 del 1997. Eccesso di potere per carenza di motivazione. 3) Violazione di legge con riferimento al decreto legislativo n. 22 del 1997 e alla legge regionale n. 25 del 1997. Violazione della deliberazione del Consiglio regionale n. 88 del 1998. Eccesso di potere per carenza di istruttoria. Violazione dei principi di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa di cui all’articolo 1 e segg. della legge n. 241 del 1990. 4) Eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria. Violazione dell’art. 1 della l. n. 241 del 1990, dell’art. 20 del decreto legislativo n. 22 del 1997, dell’art. 6 della legge regionale 25 del 1998 e della deliberazione del Consiglio regionale n. 88/98. 5) Violazione e/o falsa applicazione della delibera del Consiglio regionale n. 88 del 1998 e della legge regionale n. 25 del 1998, nonché del decreto legislativo n. 22 del 1997; 6) Eccesso di potere per illogicità, carenza assoluta di istruttoria e travisamento dei fatti. Violazione degli artt. 3 e 24 del PTC; 7) Violazione ed omessa applicazione della legge regionale 6 aprile 2000, n. 56, della Direttiva CEE 92/43, del D.P.R. 8 settembre 1997, n. 157: 8) Violazione dell’art. 216 e segg. del TULS e del decreto ministeriale di applicazione. Violazione dell’art. 32 della Costituzione. Violazione del principio di prevenzione e di precauzione. Eccesso di potere per violazione del principio di ragionevolezza; 9) Violazione della deliberazione del Consiglio regionale n. 88/98 e del principio di razionalità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per sviamento, carenza di istruttoria, contraddittorietà e illogicità. Eccesso di potere per carenza istruttoria, illogicità e contraddittorietà. Violazione del principio di precauzione e prevenzione.
Per effetto dell’opposizione della Provincia di Firenze il ricorso veniva traposto al T.A.R. per la Toscana (ricorso NRG.24/2003);
B) con motivi aggiunti al ricorso NRG. 24/2003, la delibera della Provincia di Firenze n. 24 del 27 febbraio 2006 di approvazione della relazione tecnica relativa alle modifiche da apportare al Piano provinciale dei rifiuti, ritenuta con delibera della Giunta regionale conforme ai contenuti del Piano regionale; la delibera del Consiglio provinciale n. 133 del 28 luglio 2006 di approvazione delle modifiche adottate; la deliberazione della Giunta regionale n. 720 del 9 ottobre 2006 di pubblicazione del Piano provinciale di gestione dei rifiuti, secondo stralcio, relativo ai rifiuti speciali anche pericolosi, della Provincia di Firenze.
A sostegno dell’impugnativa erano dedotti: 1) Eccesso di potere per contraddittorietà con precedente deliberazione, irrazionalità, illogicità e sviamento di potere. Eccesso di potere per carenza di motivazione e carenza di attribuzioni. Sviamento di potere; 2) Eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento delle risultanze della valutazione d’impatto sanitario e sviamento. Violazione dell’articolo 32 della Costituzione e dell’articolo 178 del decreto legislativo n. 152/2006. Violazione del principio di prevenzione e precauzione; 3) Violazione della legge n. 833/78. Violazione del principio di prevenzione. Violazione dell’articolo 117 della Costituzione e del Trattato della Unione Europea. Eccesso di potere per illogicità, travisamento dei fatti, carenza assoluta di istruttoria. Eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti, contraddittorietà e illogicità manifesta; 4) Eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità, irrazionalità e contraddittorietà; 5) Violazione dei principi di ragionevolezza, del principio di prevenzione e di precauzione e violazione dell’articolo 178 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Eccesso di potere per violazione del principio di ragionevolezza, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria. Violazione della deliberazione del Consiglio regionale n. 88/98; 6) Violazione di legge con riferimento al decreto legislativo n. 152 del 2006: artt. 179, 180, 181. 182, 195, comma 2, lett. e), 205, 217 e segg. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione. Violazione della legge regionale n. 25/98 e della deliberazione del Consiglio regionale n. 88/1998, come modificata dalle delibere del Consiglio regionale 23 novembre 2004, n. 151 e 21 dicembre 2004 n. 167; 7) Violazione della Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti del 22 maggio 2001, artt. 5 e 6, all. C. Violazione dell’articolo 32 della Costituzione. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione; 8) Violazione degli artt. 178, 179, 180, 181, 182 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Violazione degli artt. 152, 174, 175 e 176 del Trattato dell’Unione europea e dei principi contenuti; 9) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, lett. Q) della legge regionale n- 25/1998, dell’articolo 197 del decreto legislativo n. 152/2006 e della delibera del Consiglio regionale n. 98/88. Violazione della legge regionale n. 1/2005;
C) con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, la delibera n. 1/2004 dell’Assemblea consortile del consorzio ATO 6, di approvazione del piano industriale, nonché le connesse delibere del Consiglio provinciale di verifica di conformità del piano industriale alle prescrizioni contenute nella propria deliberazione n. 28 dell’8 marzo 2004.
L’impugnativa era affidata ai seguenti motivi: 1) Illegittimità derivata per l’illegittimità degli atti presupposti oggetto di impugnazione col ricorso n. 24/2003; 2) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 9, 11, 14 e 27 della legge regionale n. 25/98 e della delibera del Consiglio regionale n. 88/98 (Piano regionale di gestione rifiuti). Violazione degli artt. 2, 3 e 4 del decreto legislativo n. 22/1997 della legge regionale n. 25/1997. Eccesso di potere per sviamento e falsa applicazione dell’articolo 27, comma 3, della legge regionale n. 25/1997; 3) Violazione dei dispositivi della delibera del Consiglio provinciale n. 22 dell’11 febbraio 2002 e degli artt. 11 e 12 della legge regionale n. 25/1998. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, travisamento per falsa rappresentazione dei dai dell’istruttoria e sviamento; 4) Violazione degli artt. 1 e segg. della legge n. 241/90. Violazione del piano provinciale e del decreto legislativo n. 152/1999.
A seguito dell’opposizione della Provincia di Firenze il ricorso veniva trasposto al T.A.R. per la Toscana (ricorso 619/2005);
D) con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, le deliberazioni dell’Assemblea consortile dell’ATO 6 n. 2 del 23 aprile 2007 e n. 4 del 18 luglio 2007, rispettivamente di adozione e approvazione definitiva delle modifiche e degli aggiornamenti del Piano industriale conseguenti alla variante del Piano provinciale, nonché il provvedimento della Giunta provinciale n. 254 del 28 agosto 2007 di presa d’atto della conformità del Piano industriale a seguito delle modifiche approvate alle prescrizioni di cui alla delibera 193/2007;
Le censure appuntate erano: 1) Illegittimità derivata con riferimento agli atti già impugnati con i motivi aggiunti al ricorso n. 24/2003; 2) Violazione dell’art. 206 del D. Lgs. n. 152/2006 e dell’art. 1, comma 1109, l. n. 296/2007.
A seguito dell’opposizione del Consorzio ATO 6 il ricorso veniva trasposto al TAR per la Toscana (ricorso 770/2008).
E) con ricorso innanzi al TAR per la Toscana (ricorso 2194/2008), le deliberazioni con le quali gli A.T.O. 5, 6 e 10 (Ambiti dell’area provinciale di Firenze, Prato e Pistoia) avevano approvato il Piano straordinario ex art. 27 legge regionale 61 del 2007, che aveva confermato il contenuto degli atti precedentemente impugnati, relativamente alla parte in cui prevedeva l’impianto di incenerimento della Piana fiorentina.
A sostegno dell’impugnativa erano sollevate le seguenti censure: 1) Illegittimità derivata degli atti presupposti, precedentemente impugnati; 2) Violazione della legge n. 241/1990, capo III, artt. 7 -13.
8. Con la sentenza segnata in epigrafe, il TAR per la Toscana, riuniti i ricorsi, li ha dichiarati in parte improcedibili per tardività e inammissibili, in parte li ha respinti, ritenendoli infondati.
9. Avverso tale sentenza WW. ha proposto appello, chiedendone la riforma in quanto viziata da plurimi errori in procedendo e in iudicando.
In particolare, dopo aver dedotto in via preliminare l’erroneità della declaratoria di irricevibilità per tardività di diversi atti presupposti impugnati con il primo ricorso (RG 24/2003), ha dichiarato di rinunciare al primo motivo di ricorso, chiedendo l’integrale accoglimento degli altri motivi di doglianza formulati in primo grado e riproposti, lamentando in definitiva il loro superficiale esame e l’ingiustificato rigetto.
10. Hanno resistito al gravame la Provincia di Firenze (in seguito divenuta Città metropolitana di Firenze), la Provincia di Pistoia, la Regione Toscana, l’Autorità per il servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani – ATO Toscana Centro, deducendone l’irricevibilità, l’inammissibilità e l’infondatezza.
11. E’ intervenuta ad opponendum Q. Th. s.r.l., società costituita dall’ATI tra le imprese Hera S.p.A. e Herambiente S.p.a., aggiudicataria della gara a doppio oggetto indetta dalla Quadrifoglio – gestore del servizio integrato di raccolta dei rifiuti – per costituire una Newco per la progettazione, la realizzazione e la gestione del termovalorizzatore di Case Pa., che ha chiesto anch’essa il rigetto dell’appello, in accoglimento delle deduzioni ed eccezioni formulate dalle amministrazioni resistenti.
12. Nell’imminenza dell’udienza di discussione le parti hanno illustrato le rispettive tesi difensive, replicando a quelle avverse.
13. All’udienza pubblica del 19 dicembre 2017, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
14. Deve essere innanzitutto respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dall’ATO Toscana Centro sul presupposto della omessa specificazione dei motivi di gravame che si limiterebbero in realtà alla mera riproposizione dei motivi di censura sollevati in primo grado.
L’eccezione è infondata, essendo sufficiente rilevare che la violazione del dovere di specificità delle censure, sancito dall’art. 101 comma 1, c.p.a., può dirsi ricorrente quando sussista la sola riproposizione dei motivi dedotti a sostegno del ricorso di primo grado, senza che sia sviluppata, mediante l’articolazione di puntali argomenti critici, alcuna confutazione della statuizione del primo giudice (Cons. Stato, sez. III, 11 ottobre 2017, n. 4722), fattispecie che non ricorre nel caso di specie in cui l’appellante ha comunque sollevato critiche alle motivazioni con cui il tribunale ha respinto i motivi di censura sollevati con i ricorsi introduttivi dei giudizi di primo grado.
15. Si può poi prescindere dall’altra eccezione preliminare, sollevata dalle parti appellate, di improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse a causa dell’approvazione di atti successivi (fra cui il Piano interprovinciale di gestione dei rifiuti urbani e assimilati, approvato con delibere del 17 dicembre 2012 dei Consigli provinciali di Firenze, Prato e Pistoia; Piano di Ambito dell’ATO Toscana Centro, pubblicato il 23 aprile 2014), non gravati, che avrebbero superato le previsioni e le disposizioni contenute negli atti impugnati, stante l’infondatezza nel merito dell’appello.
16. Passando all’esame dell’appello si osserva che, come rilevato, malgrado debba condividersi la tesi dell’erroneità della declaratoria di irricevibilità dell’impugnazione degli atti presupposti di cui al ricorso n. 24/2003, esso nel merito è infondato, sulla base delle considerazioni che seguono.
16.1. Come accennato, non può condividersi la declaratoria di tardività dell’impugnazione degli atti presupposti di cui al ricorso n. 24/2003, che concernono la pianificazione di vario livello territoriale della gestione dei rifiuti (DCRT n. 88 del 7 aprile 1998, approvazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e assimilati; DCRT n. 385 del 21 dicembre 1999, approvazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti, secondo stralcio, relativo ai rifiuti speciali anche pericolosi; delibera del Consiglio provinciale n. 35 del 28 febbraio 2000 di adozione del Piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani assimilati per l’ATO 6; deliberazione della Giunta regionale n. 728 del 4 luglio 2000, recante parere sul Piano di gestione dei rifiuti della Provincia di Firenze, con prescrizioni e raccomandazioni; deliberazione n. 453 dell’11 aprile 2000 di approvazione del piano e seconda parte dell’elaborato tecnico studio per lo sviluppo coordinato di impianti finalizzato al recupero di materiale riciclabile proveniente dalla raccolta differenziata; delibera del Consiglio provinciale n. 66 del 26 marzo 2001, recante l’adozione della parte modificata a seguito delle prescrizioni e raccomandazioni della Regione Toscana del Piano provinciale di gestione dei rifiuti urbani assimilati per l’ATO 6; delibera della Giunta regionale n. 646 del 18 giugno2001, recante parere di conformità al Piano provinciale di gestione dei rifiuti della Provincia di Firenze con prescrizioni e raccomandazioni; deliberazione del consiglio provinciale n. 94 del 15 giugno 1998 di approvazione del Piano territoriale di coordinamento provinciale).
Proprio in quanto atti di pianificazione essi non contengono prescrizioni puntuali, ma criteri di carattere generale necessari per le successive deliberazioni e determinazioni attuative, solo queste ultime possedendo i caratteri della immediata concretezza e lesività e come tali impugnabili.
E’ da aggiungere che nel Piano regionale di gestione dei rifiuti di cui alla DCRT n. 88 del 1988 non vi è alcun riferimento all’individuazione della zona di (omissis) come sede della possibile collocazione dell’impianto di incenerimento, così che, non trattandosi di atto concretamente lesivo dell’interesse ambientale di cui è in concreto portatrice l’Associazione appellante (ovvero quello di opporsi alla localizzazione dell’impianto nell’area successivamente indicata), non sussisteva alcun obbligo di immediata impugnativa.
Quanto poi alla pretesa tardività del gravame con riguardo agli atti impugnati con i motivi aggiunti nella parte concernente la scelta di realizzare un termovalorizzatore nella Piana Fiorentina per omessa tempestiva impugnazione dei primi atti di pianificazione in cui tale scelta sarebbe stata operata, è appena il caso di evidenziare che tale indicazione si ritrova nella delibera di adozione del Piano provinciale con delibera 66 del 2001, atto endoprocedimentale e comunque impugnato, mentre la delibera della Giunta Regionale Toscana 728 del 2000 non costituiva di per sé un atto autonomamente lesivo in quanto non conteneva alcuna indicazione sul luogo di ubicazione, facendo piuttosto generico riferimento a nuove linee di termoutilizzazione da definire e ubicare.
Analoghe considerazioni valgono per la declaratoria di irricevibilità dell’impugnazione inerente il parere espresso dalla Giunta provinciale, atto presupposto della delibera del Consiglio Provinciale n. 35 del 2000 di adozione del Piano provinciale per la gestione dei rifiuti, venendo in rilievo un atto interno del procedimento, non autonomamente lesivo e comunque non contenente alcuna indicazione in merito all’ubicazione dell’impianto, ma solo prescrizioni al Consiglio Provinciale per la definizione ed ubicazione – da determinarsi successivamente- delle nuove linee di termoutilizzazione.
16.2. Con riferimento alle riproposte censure articolate con il ricorso numero 24 del 2003 (ad eccezione del primo motivo di ricorso cui l’appellante ha formalmente rinunciato) si osserva quanto segue.
16.2.1. L’appellante ha sostenuto l’incompetenza della Giunta Regionale a determinare una diversa base dei dati di riferimento per la produzione dei rifiuti pro capite su cui elaborare il Piano provinciale (con particolare riferimento alla decisione di assumere a base del Piano i dati dell’anno 1999, anziché invece di quelli dell’anno 1997), ritenendo che ciò rientrerebbe nella competenza consiliare; ha aggiunto che la determinazione sarebbe stata comunque affetta da carenza di motivazione e che non sarebbe corretto il richiamo operato dal tribunale alle previsioni dell’articolo 12 della legge regionale n. 25 del 1998.
La censura è infondata.
Diversamente da quanto peraltro immotivatamente eccepito dall’appellante, risulta coerente e condivisibile la motivazione sul punto della sentenza impugnata a tenore della quale il ricordato articolo 12 della legge regionale n. 25 del 1998, all’epoca vigente, espressamente conferiva alla Giunta regionale anche la possibilità di operare modifiche e prescrizioni ai contenuti del piano, senza operare alcuna distinzione a riguardo, né prevedere alcuna limitazione in ragione della natura, formale o sostanziale, della modifica stessa.
L’art. 12, comma 7, della legge regionale n. 25 del 1998 stabiliva infatti che “La Giunta regionale si pronuncia sulla conformità del piano adottato ai contenuti del piano regionale e alla normativa vigente in materia di rifiuti e tutela ambientale, raccomandando o prescrivendo, ove occorra, le modifiche da apportare a tal fine”.
Non può pertanto ragionevolmente negarsi la competenza della Giunta regionale a determinare la base dei dati relativi alla produzione pro capite dei rifiuti ed anche ad apportarvi modifiche (in questo caso con riguardo all’anno di riferimento), ciò peraltro essendo del tutto logico e coerente disponendo quell’organo di dati più aggiornati, anche in considerazione dell’incremento di produzione dei rifiuti nel biennio considerato, così consentendo una scelta pianificatoria più rispondente alla situazione attuale e tale da non richiedere un’immediata revisione; del resto non può sottacersi che, come osservato dalla Città Metropolitana di Firenze, gli obiettivi di riduzione previsti nel Piano regionale non erano immediatamente prescrittivi, rappresentando indicazioni operative per gli enti competenti, nella consapevolezza che il raggiungimento del risultato era largamente influenzato da variabili concrete, quali ad esempio la partecipazione attiva cittadinanza interessata.
16.2.2. WW. ha ribadito la censura di violazione della normativa di settore e della sovversione del principio di gerarchia dei criteri di gestione dei rifiuti di cui agli articoli 3 e 4 del D.Lgs. 22 del 1997, applicabile ratione temporis, che imponeva alle amministrazioni di privilegiare, nell’ordine, il reimpiego e il riciclaggio, altre forme di recupero, l’adozione di misure economiche per l’impiego dei materiali recuperati e, soltanto da ultimo, l’utilizzazione dei rifiuti come combustibile per produrre energia.
L’appellante ha in effetti evidenziato come la gestione dei rifiuti e le connesse attività di smaltimento e recupero costituiscano attività di pubblico interesse, disciplinate per garantire un’elevata protezione del bene ambiente e da effettuare senza pericoli per la salute umana, così che le scelte di gestione, impattando su beni di rilievo costituzionale, devono essere assunte in modo rigoroso, privilegiando, sulla base del principio sopra ricordato, le opzioni meno pericolose; per contro nel Piano provinciale non sarebbero state previste misure ed interventi per la riduzione della produzione dei rifiuti e per il recupero, con rovesciamento della gerarchia di gestione a favore dell’attività di smaltimento, in palese contrasto anche con le previsioni precettive del Piano regionale che al paragrafo 2 prevedeva che “la minimizzazione della formazione dei rifiuti costituisce parte integrante di azioni di pianificazione e gestione degli stessi” e che i Piani provinciali devono “contenere misure e interventi per la riduzione della produzione degli stessi”. Inoltre, sempre secondo la tesi dell’appellante, il ricordato Piano provinciale non avrebbe giustificato le ragioni dello scostamento dagli obiettivi di riduzione dei rifiuti di cui al Piano regionale, indicati nella misura del 15% all’anno 2003 (con valori di base all’anno 1997), limitandosi ad indicare una riduzione del 6% dei rifiuti all’anno 2007, con valori di base dell’anno 1999.
Sotto altro concorrente profilo è stata dedotta la violazione dei principi di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa di cui agli artt. 1 e ss. della L. 241 del 1990 per l’omessa indicazione nel Piano (paragrafo 10) delle risorse economiche e finanziarie dedicate a sostenere gli interventi di riduzione e prevenzione della produzione dei rifiuti (questioni che, diversamente da quanto ritenuto dal tribunale, non sarebbero insindacabili perché attinenti al merito dell’azione amministrativa).
L’articolata doglianza non merita condivisione.
Occorre innanzitutto evidenziare che i piani per la gestione dei rifiuti urbani hanno carattere meramente programmatorio, sfuggendo ad essi l’indicazione di precise e puntuali misure (tanto più di natura economica), dovendo per contro individuare i criteri per il raggiungimento degli obiettivi, spettando poi all’amministrazione individuare, di volta in volta, le singole misure a tal fine idonee. Peraltro nel paragrafo 2.4 del Piano sono in realtà individuati, oltre agli obiettivi, anche le singole misure attuative, così che è da ritenersi corretta sul punto la sentenza impugnata, lì dove ha rilevato che il Piano provinciale contiene iniziative tese a contenere la produzione dei rifiuti attraverso forme di incentivazione economica tradotte in sgravi tariffari per il conseguimento degli obiettivi di riduzione ed incentivando inoltre il compostaggio individuale della frazione organica del rifiuto, con l’obiettivo di ridurre del 30% la produzione di rifiuto di origine domestica di ogni singola utenza.
Quanto all’asserita carenza di motivazione sulle ragioni degli scostamenti dagli obiettivi di riduzione indicati nel Piano regionale, deve osservarsi che la pianificazione regionale prevedeva un range di riduzione tra il 5% ed il 15% e che del tutto ragionevolmente il Piano provinciale ha fatto riferimento prudenzialmente all’obiettivo più basso (6%), al fine di effettuare una corretta pianificazione dell’attività di gestione dei rifiuti, spiegandone puntualmente le ragioni.
A ciò deve, inoltre, considerarsi che, per un verso, l’adozione delle misure economiche tese a favorire la riduzione della produzione e il recupero dei rifiuti non rientra nelle competenze provinciali, quanto piuttosto in quello dello Stato per garantire pari condizioni per gli operatori economici e per l’utenza sull’intero territorio nazionale e per altro verso che la scelta di indicare nel piano le risorse economiche e finanziarie per gli interventi di riduzione e prevenzione della produzione dei rifiuti non incide affatto sulla legittimità del piano stesso e comunque attiene ragionevolmente al merito dell’azione amministrativa, come rilevato anche del primo giudice.
16.2.3. L’Associazione appellante ha dedotto la carenza di istruttoria per l’omessa determinazione dei rifiuti assimilabili, non essendone stata individuata la qualità, la quantità e l’origine; inoltre i rifiuti assimilabili non sarebbero specificamente considerati nel Piano provinciale se non in funzione dello smaltimento mediante incenerimento, mancando viceversa una dettagliata indicazione in ordine alla loro composizione merceologica, funzionale ad incentivare le azioni di prevenzione e recupero. La carenza di tali dati avrebbe impedito l’acquisizione, in fase di pianificazione, di rilevanti elementi conoscitivi, anche in ordine alla determinazione dei fabbisogni impiantistici per lo smaltimento.
La doglianza è destituita di fondamento.
Al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente, si osserva che, come bene rilevato nella sentenza impugnata, spetta ai Comuni, ai sensi dell’art. 21, comma 2, lett. g) del richiamato D.Lgs. 22 del 1997, la potestà di disciplinare la gestione dei rifiuti urbani, con riferimento all’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, ai fini della raccolta e dello smaltimento, in base ai criteri fissati dall’art. 18, comma 2, lett. d) del medesimo decreto: tale ultima disposizione riserva allo Stato la determinazione dei criteri qualitativi e quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani.
Si tratta pertanto di una materia sottratta alle competenze della Provincia.
Peraltro l’Allegato 2 del Piano (“Evoluzione della composizione dei rifiuti”) contiene una dettagliata descrizione dell’evoluzione della composizione merceologica degli RSU negli anni dal 1999 al 2005, in aree ad urbanizzazione intensiva ed estensiva ed il Piano industriale aggiorna tali stime inerenti la produzione dei rifiuti urbani all’anno 2007: trova adeguata smentita l’argomentazione dall’appellante secondo cui la Provincia avrebbe riconosciuto l’insufficienza della base dati con riferimento alla composizione dei rifiuti, compreso quelli assimilabili.
16.2.4. L’appellante ha contestato la correttezza della sentenza di primo grado che ha respinto sbrigativamente la censura di illegittimità del Piano provinciale per aver considerato, ai fini della programmazione e del dimensionamento degli impianti di smaltimento e di termodistruzione, anche una quota della produzione di rifiuti speciali (nella misura di circa il 50 %) e dei fanghi da depurazione dei reflui urbani per una percentuale analoga, laddove tale previsione avrebbe dovuto essere collocata nel Piano provinciale di gestione dei rifiuti speciali, tanto più che i fanghi di depurazione devono avere destinazione prettamente agricola mediante compostaggio, al fine di garantirne il prioritario recupero e riutilizzo.
Anche tale censura non è fondata.
Come correttamente rilevato nella sentenza impugnata, l’art. 4 del D.Lgs. 22 del 1997 nella parte in cui contempla, tra le attività tese ad attuare una corretta gestione dei rifiuti e ad ottenere una riduzione dello smaltimento, l’utilizzazione dei rifiuti come combustibile, non opera alcuna distinzione tra i rifiuti solidi urbani e i rifiuti speciali.
La previsione, contenuta nel Piano provinciale, di prendere in considerazione anche i rifiuti speciali non pericolosi al fine della programmazione e del dimensionamento dell’impianto di termodistruzione è corretta, essendo volta ad evitare la successiva inadeguatezza degli impianti previsti; né può condividersi l’assunto- privo di qualsiasi supporto probatorio – secondo cui tale previsione dovesse essere contenuta nel Piano provinciale di gestione dei rifiuti speciali.
La scelta operata non risulta poi in contrasto né con la normativa statale, né con il Piano regionale, rientrando nella potestà pianificatoria della Provincia. Se è vero che il principio di gerarchia dei criteri di gestione vale anche per i rifiuti speciali, non può negarsi che la necessaria attività di riduzione della produzione, recupero e riciclaggio, cui deva procedersi a monte, non confligge con la previsione di individuare il dimensionamento degli impianti anche in funzione della quota dei rifiuti speciali che confluirà in tali impianti: solo a tal fine i rifiuti speciali non pericolosi sono stati presi in considerazione nell’ambito del Piano provinciale. Quanto ai fanghi di depurazione, la Provincia ne ha previsto lo smaltimento mediante impianti di recupero energetico solo limitatamente alla quota residuale che non rientri nelle fasi di recupero e riciclaggio.
Ad ogni modo i dati quantitativi (50%) indicati dall’Associazione appellante, con riguardo alla quota intercettabile da avviare a termodistruzione, non trovano alcun concreto riscontro, giacché, per i rifiuti speciali, a fronte di una produzione di rifiuti speciali non pericolosi pari a 1.239.053 t. per il 2001, il Piano provinciale fa riferimento soltanto a 40.000 tonnellate annue, così come per i fanghi da depurazione.
E’ significativo e condivisibile conclusivamente sul punto il rilievo della Città Metropolitana di Firenze secondo cui la gestione dei rifiuti speciali non avviene in condizioni di privativa, per cui gli impianti pubblici possono porsi sul mercato con l’obiettivo di ottimizzare la funzionalità e la gestione degli impianti, sfruttando la maggiore remuneratività dello smaltimento dei rifiuti speciali.
16.2.5. E’ ugualmente da respingere la censura concernente la scelta del sito di (omissis) per la localizzazione dell’impianto di incenerimento, censura imperniata sulla considerazione che quell’area, anche successivamente alla variante che ha spostato l’impianto nella zona limitrofa di Case Pa., è qualificata dal Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) della Provincia di Firenze come invariante strutturale soggetta al rischio idraulico.
Deve osservarsi infatti che la scelta del sito di Osmannoro per realizzare l’impianto di termovalorizzazione è compatibile con il PTCP in quanto, anche se si tratta di aree sensibili costituenti invariante strutturale a valenza ambientale ai sensi dell’articolo 5, comma 6, della legge regionale 5 del 1995, le norme di attuazione del piano (in particolare l’art. 24, comma 12, lettera e) dello Statuto del territorio) consentono di realizzare in dette aree servizi di livello provinciale, fra cui le attrezzature per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e gli impianti di depurazione; inoltre lo stesso PTCP (art. 3, comma 4) lascia aperta la possibilità di effettuare su tali aree, seppure con le cautele ivi previste, impianti e attrezzature compatibili con le caratteristiche idrauliche delle zone.
16.2.6. Non merita favorevole considerazione il motivo di gravame con cui è stata reiterata la censura di violazione dell’art. 15 della L.R. n. 56 del 2000, sull’assunto che l’area interessata all’insediamento dell’impianto sarebbe stata proposta sito d’importanza comunitaria (SIC): è sufficiente evidenziare che la proposta non equivale al riconoscimento dell’area stessa quale sito d’importanza comunitaria, solo in presenza della relativa dichiarazione essendo richiesta la relazione di incidenza ex art. 15 L.R. 56 del 2000 (della cui mancanza si duole in sostanza l’appellante).
16.2.7. L’appellante ha lamentato l’illegittimità della deliberazione del Consiglio regionale 88 del 1998 (di approvazione del Piano regionale), nella parte in cui esso, pur riconoscendo la pericolosità degli impianti di incenerimento, ne ammette la localizzazione a distanza ravvicinata rispetto ai centri abitati; sotto altro profilo esso violerebbe l’art. 216 del TULS, prevedendo come regola quel che la norma stessa prevede invece come eccezione (la distanza ravvicinata ai centri abitati), presumendo l’inesistenza di un nocumento alla salute che dovrebbe essere provato caso per caso.
Tale censura non è stata scrutinata dal primo giudice per tardività che, come rilevato in precedenza, non sussiste.
Orbene, anche a voler prescindere dalla inammissibilità di tale censura dal momento che la deliberazione del Consiglio regionale su indicata non individua né la località di Osmannoro, né alcun altro sito come possibile sede ove collocare l’impianto in parola, dettando solo i criteri per la localizzazione, finendo pertanto per essere una censura del tutto astratta, essa è infondata giacché l’art. 216, comma 5, TULS, consente la localizzazione di un’industria di prima classe nell’abitato, qualora si provi che il suo esercizio, per l’introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, non rechi nocumento alla salute del vicinato.
E’ pertanto da ritenersi corretta la sentenza impugnata che sul punto ha efficacemente rilevato che la dedotta questione della localizzazione del termovalorizzatore e della congruità e ragionevolezza della fascia di rispetto prevista attiene in realtà all’accertamento dell’esistenza di tecnologie adeguate e alla predisposizione di opportuni interventi di mitigazione ambientale che rendano possibile la realizzazione di un termovalorizzatore a impatto ambientale e sanitario trascurabile o anche nullo, in attuazione dei principi di precauzione e prevenzione e nel rispetto dei limiti di emissione stabiliti dalla normativa comunitaria e nazionale, particolarmente restrittivi al fine di consentire un esercizio controllato di detta attività.
16.2.8. WW. ha dedotto ancora che sarebbero viziate per eccesso di potere per disparità di trattamento, incongruità, e carenza di istruttoria le determinazioni dirigenziali concernenti la VIS. In particolare, sarebbe irragionevole che le aree in cui sono ubicati gli altri due impianti di incenerimento previsti dal Piano (ovvero le località di Testi e Rufina) non abbiano beneficiato di un’attività di monitoraggio mediante controlli e studi di carattere ambientale e sanitario, limitati invece soltanto al sito di Osmannoro ed è stato sottolineato che sul punto la sentenza avrebbe omesso di fornire un’adeguata motivazione, limitandosi ad affermare in modo perplesso e contraddittorio che detta circostanza non escluderebbe che “nel prosieguo dell’attività di studio siano stati presi in considerazione anche altre possibili localizzazioni”. Il Piano provinciale contraddirebbe, poi, palesemente gli esiti della VIS, che aveva evidenziato le criticità delle condizioni di salute delle popolazioni dell’area ed il loro possibile aggravamento a causa dell’impianto, omettendo di considerarne la pericolosità per i soggetti ivi residenti; la VIS inoltre sarebbe a sua volta viziata per carenza di istruttoria e travisamento dei fatti per non aver preso in considerazione una serie di fattori di inquinamento, giungendo a risultati parziali. Ancora sussisterebbero palesi e gravi discordanze tra quanto contenuto nel Piano rifiuti redatto dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente e i contenuti della prima parte della VIS, profilo il cui esame sarebbe stato omesso dalla sentenza impugnata. Infine sarebbe viziata pure la localizzazione dell’impianto di smaltimento essendo l’ubicazione dell’inceneritore fondata sul mero consenso istituzionale e non già sui criteri di localizzazione specificamente indicati dal Piano regionale.
Le doglianze sono infondate.
Deve osservarsi che la Provincia di Firenze ha commissionato una VIS che è indagine facoltativa e non richiesta dalla normativa vigente, che si aggiunge alla VIA: si tratta di studio effettuato con metodologia innovativa avente lo scopo di valutare gli effetti che la realizzazione di un determinato programma può arrecare sulla salute della popolazione esposta, sì da proporre variazioni o modifiche all’intervento programmato per massimizzare gli effetti positivi e ridurre al minimo quelli negativi. Come bene rilevato dal primo giudice “nell’individuazione del sito di (omissis), il Piano ha svolto un’approfondita analisi comparativa che ha coinvolto siti diversi..”:invero già nel Piano provinciale era stata svolta un’analisi comparativa rispetto ai siti di Ponte Maccione, Case Pa. e (omissis) (tutti nel Comune di (omissis)) e Ciliegi (nel Comune di Regello); contestualmente la VIS, nella fase successiva a quella preliminare di screening, aveva valutato anche le possibili alternative alla localizzazione dell’impianto, con riguardo ai carichi ambientali e alla situazione sanitaria delle popolazioni interessate al fine di determinare se la Piana fiorentina potesse sostenere, nel complesso, la presenza dell’impianto proposto. Ciò è comprovato dalla circostanza che il bilancio ambientale di cui alla VIS prevede anche la chiusura della discarica di Case Pa.: elemento che sarebbe privo di rilievo se l’analisi fosse stata limitata al sito di Osmannoro.
Come osservato dalla Città Metropolitana di Firenze, la scelta di estendere la valutazione anche ad altri siti conferisce indubitabilmente alla VIS maggiore completezza e un più elevato grado di approfondimento tecnico-scientifico ed è correlata alla metodologia che ne è alla base, fondata sul confronto tra plurime ipotesi, escludendosi così in radice il lamentato difetto di istruttoria, non essendo seriamente dubitabile la correttezza della determinazione dell’amministrazione di procedere alla valutazione comparativa dei possibili siti di localizzazione dell’impianto e agli approfondimenti istruttori necessari, per verificare eventuali situazioni assolutamente ostative alla scelta operata.
Non sussiste la dedotta disparità di trattamento in quanto il diverso approfondimento istruttorio disposto per il solo sito di (omissis) era correlato alla maggiore problematicità di tale sito rispetto a quelli di Testi e Rufina in considerazione della più massiccia urbanizzazione dell’area, della rilevante densità di popolazione residente e delle pressioni ambientali già esistenti (per la vicinanza di una vasta area commerciale e industriale e di altre infrastrutture, quali l’autostrada e l’aeroporto).
Quanto alla pretesa contraddittorietà della VIS, la Sezione osserva che le deduzioni dell’appellante si limitano ad un mero dissenso dalle conclusioni del primo giudice che invece risultano puntuali e coerenti, avendo a ragione rilevato che la censura proposta sul punto estrapola dalla relazione VIS alcune affermazioni per dedurne la sostanziale contraddittorietà laddove, peraltro, la fase preliminare dello screening non reca di per sé conclusioni definitive.
16.3. Per coerenza sistematica vanno ora esaminati i motivi di gravane con cui sono state riproposte le censure formulate con i motivi aggiunti al ricorso n. 24/2003, quand’anche sotto il profilo cronologico essi sono posteriori alla proposizione del ricorso n. 619/2005.
Va precisato che con i motivi aggiunti è stato chiesto l’annullamento delle delibere con cui la Provincia di Firenze ha adottato ed approvato lo spostamento dell’impianto da (omissis) a Case Pa. (scelta contestata dall’appellante in ragione dell’equivalenza ambientale dei siti, come emergerebbe dalla delibera di approvazione del Piano provinciale e dalla stessa VIS), nonché le delibere di rigetto della petizione popolare che richiedeva di effettuare approfondimenti tecnico-scientifici sulla pericolosità delle polveri sottili (c.d. nano polveri), non considerate dalla VIS. Tali ultime delibere sono state già impugnate con ricorso straordinario e la sentenza appellata ha dichiarato inammissibile il ricorso sul punto per il principio di alternatività tra i ricorsi di cui all’art. 10 del d.P.R. n. 1199 del 1971.
16.3.1. Possono essere esaminati congiuntamente i primi cinque motivi aggiunti in quanto intimamente connessi.
16.3.1.1. Con il primo motivo aggiunto è stata censurata la carenza di attribuzione degli uffici a determinare ulteriori fasi istruttorie costituite dalla comparazione dei siti, nonché la contraddittorietà con le precedenti deliberazioni in ragione dell’autovincolo che l’Amministrazione si era posta, con la deliberazione del Consiglio provinciale n. 22 del 2002, a non procedere alla realizzazione dell’intervento in alcun caso nell’ipotesi di “bilancio sanitario ambientale sostanzialmente negativo ovvero di valutazione sostanzialmente negativa”; non sarebbero state palesate le ragioni che avevano determinato tale scostamento, sottolineandosi che la delibera provinciale 22 del 2002 non avrebbe consentito l’individuazione di altri siti (stante la sostanziale omogeneità ambientale dei luoghi e l’equivalenza dei siti in zona, già in precedenza esaminati ed esclusi a favore di quello di Osmannoro) in caso di valutazione di impatto sanitario negativo, potendo solo predisporsi soluzioni diverse per la gestione dei rifiuti. La stessa VIS concludeva, quanto ad un’eventuale localizzazione dell’impianto in case Pa., per l’invarianza della situazione ambientale di fondo, stante l’uniforme livello di antropizzazione dell’area; inoltre le situazioni di criticità nella gestione dei rifiuti nella Provincia di Firenze che rendevano urgente l’intervento contestato per consentire alla Provincia di raggiungere l’autosufficienza nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti erano conseguenza della mancata attivazione di sufficienti azioni di prevenzione, riduzione e raccolta differenziata dei rifiuti.
16.3.1.2. Con il secondo motivo aggiunto è stato rilevato che la VIS non ha espresso alcun parere favorevole alla realizzazione dell’impianto e, comunque, non ha sufficientemente indagato i profili di rischio: la scelta di spostare l’impianto nella località di Case Pa., motivata esclusivamente in ragione del minore numero della popolazione residente, sarebbe illegittima per violazione degli articoli 2 e 32 della Costituzione in quanto riconosce le implicazioni di rischio connesse all’impianto, ma non ne trae le dovute conseguenze. Il minor numero della popolazione residente e le migliori condizioni di salute delle popolazioni esposte potrebbero al più incidere sulla distribuzione del rischio, ma non sulle potenzialità offensive dell’impianto, che non sarebbero per nulla eliminate dalle misure di mitigazione ambientale. Inoltre la delibera di variante non avrebbe tenuto conto della comprovata emissione di inquinanti più pericolosi a seguito della realizzazione del termovalorizzatore, né del loro incremento (con particolare riferimento al notevole aumento di diossine, cadmio, mercurio, polveri, piombo, indicato nella VIS come probabile eventualità in uno scenario futuro in ragione dell’inserimento e dell’implementazione del termovalorizzatore): nella VIS si fa riferimento, in relazione a detti inquinanti, a valori di concentrazione di grandezza comparabile tra il termovalorizzatore e le sorgenti di traffico più significative.
Sul punto la sentenza impugnata avrebbe respinto le censure, richiamando alcuni passi della relazione VIS secondo i quali “lo stato di modificazione del carico ambientale atmosferico introdotto dal termovalorizzatore risulta ben al di sotto di tali limiti (cioè dei valori massimi ammissibili), garantendo livelli trascurabili di tali carichi”, senza curarsi di comporre il contrasto tra le stesse affermazioni contenute nella predetta relazioni VIS, pervenendo così ad una conclusione non condivisibile lì dove ha ritenuto che “i fattori di rischio non giungerebbero mai, secondo gli esiti dell’istruttoria, a varcare i limiti di pericolosità per la salute umana”; né la sentenza impugnata avrebbe tenuto debitamente conto dell’effetto cumulativo che le emissioni determinate dal termovalorizzatore e gli agenti inquinanti originati da altre sorgenti antropiche possono avere per la salute umana (come evidenziato da un contributo apparso su una rivista scientifica a firma degli stessi estensori della VIS).
16.3.1.3. Con il terzo motivo aggiunto è stata dedotta la mancata valutazione della problematica riguardante le polveri sottili: la sentenza sarebbe erronea nella parte in cui ha ritenuto che venga in rilievo un rischio ipotetico, non fondato su evidenze scientifiche e che, comunque, si tratterebbe di potenziali effetti negativi elisi dagli interventi di mitigazione previsti, da attuarsi in concomitanza alla realizzazione dell’inceneritore.
La relazione di VIS sarebbe affetta al riguardo da carente istruttoria perché si sarebbe occupata solo delle macro-polveri (le c.d. PM 10 della grandezza di 10 micron) senza considerare le c.d. nano-polveri (con dimensione al di sotto dei 2, 5 micron), benché ne sia nota esistenza e pericolosità e la maggior parte delle emissioni prodotte dai nuovi tipi di inceneritore venga veicolata proprio dalle polveri sottili, problematica questa affrontata anche a livello comunitario. Ne conseguirebbe l’illegittimità delle delibere impugnate per violazione dell’art. 32 Costituzione, dei principi previsti dalla legge 833 del 1978 e dei principi generali di prevenzione e precauzione perché non tengono conto della pericolosità e dell’incidenza delle nano polveri.
16.3.1.4. Con il quarto motivo aggiunto è stato evidenziato che la stessa VIS ha rilevato di non poter acquisire, in sede di istruttoria, elementi informativi che prevedessero le principali opere previste nello stesso territorio, così che sarebbe mancata l’acquisizione di informazioni riguardanti ulteriori interventi infrastrutturali già previsti nell’area, e in parte già programmati, con conseguente inattendibilità delle stime avente incidenza determinante anche con riguardo agli interventi di mitigazione.
16.3.1.5. Con il quinto motivo aggiunto è stata dedotta l’irragionevolezza, in virtù dei principi di precauzione e prevenzione, della scelta di collocare un inceneritore in un’area già compromessa, ovvero in un’area formalmente riconosciuta ad alta criticità ambientale ed a rischio di superamento per alcuni inquinanti dei valori limite stabiliti dalla normativa di settore sull’inquinamento dell’aria, determinato anche dalla particolare orografia del territorio e dalle condizioni meteo-climatiche sfavorevoli alla dispersione delle sostanze inquinanti. L’insediamento di un inceneritore di rifiuti come quello previsto determinerebbe inevitabilmente un aggravamento della condizione sanitaria dei cittadini e delle criticità ambientali della zona, tanto più che in detta area già ci sarebbe una concentrazione di polveri sottili una volta e mezzo superiore alla media regionale (come emerge dal Piano regionale di azione ambientale della Toscana 2004-2006-Allegato 28 ai motivi aggiunti) e che la criticità ambientale dell’area omogenea metropolitana fiorentina (in cui i valori di concentrazione delle polveri sottili PM 10 sarebbe superiore ai limiti e ai valori soglia previsti dalle disposizioni vigenti) presenterebbe una tendenziale stabilità.
La sentenza impugnata non avrebbe adeguatamente tenuto conto neanche di uno studio dell’OMS che evidenzia la correlazione esistente tra inquinamento atmosferico e insorgenza di patologie tumorali e del sistema cardiovascolare e respiratorio, limitandosi ad escludere che detto studio segnali per Firenze “incidenze di mortalità dovute ai fattori inquinanti superiori a quelli di altre concentrazioni metropolitane italiane”: gli atti impugnati violerebbero altresì il Piano regionale dei rifiuti di cui alla delibera del Consiglio regionale 88 del 1998, nella parte in cui prevede che dovevano essere preferite, nella valutazione delle tecnologie di smaltimento dei rifiuti, “le soluzioni che avessero consentito di non superare in alcun caso i valori massimi di concentrazione ambientale accettabili nell’area considerata”.
16.3.2. I motivi cosi riassunti sono tutti infondati.
Diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, gli uffici ben potevano determinare ulteriori fasi istruttorie costituite dalla comparazione dei siti, ciò non essendo affatto in contrasto con la delibera 22 del 2002, con la quale la Provincia di Firenze non si era imposta, in caso di esito negativo della VIS, un autovincolo che le avrebbe impedito di procedere ad una valutazione comparativa ai fini della localizzazione degli impianti in altri siti; ciò senza contare che tale esito non è stato neppure negativo, né indicativo di un progetto da abbandonare del tutto, in quanto la conclusione della VIS è stata di un “progetto da sottoporre ad uno studio più approfondito”.
E’ da rilevare al riguardo che la VIS era volta ad effettuare una valutazione di impatto sanitario dell’intero Piano provinciale e dell’intera area circostante il sito individuato: la comparazione tra siti, mediante il confronto tra soluzioni diverse e alternative, rientra proprio nella metodologia scientifica posta a fondamento della VIS, tanto che una simile richiesta, dopo la fase di screening, veniva rivolta dallo stesso coordinatore dello studio; la VIS inoltre non escludeva la realizzazione dell’impianto in Osmannoro, ma lo consentiva, subordinandolo a condizioni e a interventi cautelativi riguardanti lo stato di salute della popolazione residente e la sua densità. Pertanto, alla luce di tali elementi e di dati statistici inerenti patologie correlabili con le condizioni ambientali, l’amministrazione decideva di localizzare l’impianto in Case Pa., ove erano inesistenti eccessi statistici significativi riconducibili agli effetti dell’inquinamento in relazione ai parametri di salute.
Non sussiste dunque neppure l’addotta carenza di istruttoria perché la VIS ha utilizzato una metodologia scientifica avanzata, che ha consentito di effettuare una valutazione comparativa e una puntuale analisi delle alternative praticabili.
Né dalla relazione della VIS emergono criticità in relazione al mercurio, alle diossine e al cadmio: al contrario, con specifico riferimento a tali inquinanti, nella VIS si legge (quanto al cadmio) “tali valori… non risultano essere comparabili con i valori limite di concentrazione per la tutela della qualità dell’aria … Per tutte le diverse ipotesi di localizzazione, lo stato di modificazione del carico ambientale atmosferico introdotto dal termovalorizzatore risulta ben al di sotto di tali limiti, garantendo livelli di trascurabilità dei carichi”(pag. 463 della VIS); mentre per le diossine si afferma che:”i livelli di concentrazione prodotti assumono valori massimi di circa 2fg/m3 e valori inferiori a 1 Fg/m anche nelle immediate vicinanze dell’impianto(…) sulla base delle risultanze di alcune campagne di monitoraggio svolte da Arpat per la città di Firenze, specificatamente per tali tipologie di inquinanti, è stato possibile verificare come tali valori risultino ben inferiori rispetto a quanto misurato in aree distanti dalle sorgenti urbane di antropizzazione e addirittura trascurabili rispetto ai valori già esistenti in ambito direttamente urbano”; infine quanto al mercurio si legge che:”dai risultati si evidenzia che i valori di concentrazione per cadmio e mercurio dovuti all’effetto del solo termovalorizzatore sono al massimo dell’ordine di grandezza di decimi di ng e quindi due ordini di grandezza inferiori rispetto ai limiti in ambiente di lavoro”(pagina 326-fase II VIS).
La relazione della VIS conclude che per cadmio e mercurio “i livelli di concentrazione sono sempre ben al di sotto dei livelli di salvaguardia della salute umana”, mentre per quanto riguarda le diossine “i valori presenti come ricadute al suolo risultano sempre inferiori a quanto rilevato in aree ben distanti dall’areale urbano fiorentino”.
Inoltre la relazione della VIS risulta aver effettuato un bilancio complessivo degli inquinanti, tra cui le polveri presenti nell’area, con uno studio che ha considerato non soltanto le polveri PM10, ma tutte le PTS, tracciando un bilancio per definire la quota di potenziale inquinamento aggiuntivo determinata da un ipotetico termovalorizzatore nell’area interessata dalle ricadute (con un contributo aggiuntivo, secondo la Città Metropolitana di Firenze, di circa l’1%) ed individuare sistemi adeguati di compensazione. Invero sono state analizzate diverse misure di mitigazione degli impatti, tra cui la chiusura della discarica di Case Pa. e un intervento di rinaturalizzazione della Piana Fiorentina (c.d. Boschi della Piana, ovvero un parco di circa 30 ettari, di cui almeno 20 boscati, adiacente al sito prescelto) in funzione di miglioramento della qualità ambientale dell’area e con funzioni di abbattimento delle emissioni inquinanti.
Deve aggiungersi che la scelta di Case Pa. non è stata poi effettuata solo in funzione dell’aspetto demografico, ma anche delle statistiche epidemiologiche, che come bene rilevato dal giudice di prime cure “mostrano una minore incidenza nella popolazione di patologie connesse ragionevolmente ai fattori di inquinamento già presenti in loco”.
Quanto alle doglianze articolate con il quarto motivo aggiunto si osserva che, come sottolineato dalle amministrazioni appellate, la VIS doveva tenere conto solo della situazione ambientale esistente al momento dell’effettuazione dello studio e non di future modificazioni urbanistiche del territorio, alle quali dovrà provvedere la futura pianificazione.
Quanto al presunto superamento dei valori di polveri sottili presenti nell’area, ciò risulta smentito dal “Rapporto annuale per la qualità dell’aria” redatto dall’ARPAT per gli anni 2006 e 2007, richiamato nell’impugnata sentenza, in cui, pur constatandosi il permanere di una situazione di difformità rispetto alla media annuale con riguardo al particolato PM10, si osserva la generale riduzione dal 2003 del livello medio di PM10 e un sostanziale consolidamento della situazione generale nel 2006, con un’ulteriore riduzione delle differenze tra i siti e con valori generalmente pari o inferiori ai valori limite fissati per la protezione della salute umana.
Risulta pertanto non irragionevole, né illogica la conclusione cui è giunto il primo giudice secondo cui non ci sono elementi che indicano, con riguardo all’incidenza dei fattori inquinanti per morbosità e mortalità, livelli maggiori di rischio per la città di Firenze rispetto ad altre aree metropolitane.
16.3.3. Con il sesto motivo aggiunto WW. ha lamentato la violazione del principio di gerarchia nella gestione dei rifiuti: la Provincia in sede di adozione della variante attinente alla localizzazione dell’impianto in applicazione della normativa sopravvenuta di cui al Testo Unico Ambientale avrebbe dovuto verificare l’impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero; tale verifica è indispensabile al fine di poter effettuare lo smaltimento, poiché la combustione dei rifiuti e il relativo utilizzo come fonte di energia si tradurrebbe, in concreto, in un’attività di smaltimento: sussisterebbe la violazione dei criteri di priorità previsti dall’art. 182 che consente lo smaltimento “previa verifica, da parte della competente autorità, dell’impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all’art. 181”.
Ha aggiunto l’appellante che sarebbe stato inappropriato il richiamo all’art. 181, lettera c), del medesimo Testo Unico, che fa riferimento all’utilizzazione dei rifiuti come combustibile quale attività di recupero, laddove nel caso di specie si tratterebbe di attività di smaltimento per la quale trova piena applicazione l’art. 182 del testo Unico, con conseguente necessità di effettuare le verifiche ivi indicate da parte dei soggetti istituzionali all’uopo preposti.
Anche tale motivo è da respingere, perché non sussiste alcuna violazione del principio di gerarchia nei criteri di gestione dei rifiuti: la combustione mediante produzione dei rifiuti non è mero smaltimento, ma attività di recupero (rectius: recupero di energia), rientrante nell’art. 181, comma 1, lett. c), del Testo unico in materia ambientale, mentre lo smaltimento è nozione limitata alla discarica e alla termodistruzione, ovvero all’incenerimento senza recupero di energia.
Come correttamente evidenziato dalla sentenza appellata, il Piano provinciale non prevede affatto lo smaltimento indiscriminato, ma un complesso di azioni e l’avvio dei rifiuti a diverse tipologie e tecniche di trattamento, articolate tra loro al fine di formare un ciclo di gestione integrata dei rifiuti che portano, nella fase finale, sia al recupero di materia, sia alla produzione di energia mediante termovalorizzazione della frazione combustibile e del biogas, ottenuta dalle suddette operazioni di trattamento: in tale quadro l’unico processo di smaltimento è costituito dall’avvio a discarica degli scarti.
Giova anche rilevare come l’art. 179 del D.Lgs. 152 del 2006 (Testo unico in materia ambientale), nella versione vigente all’epoca dell’adozione degli atti impugnati, nel recepire il criterio di gerarchia nella gestione dei rifiuti, definendo prioritaria la riduzione della produzione ed il recupero e residuale lo smaltimento, non prevedeva alcuna distinzione tra recupero di materia e recupero di energia.
16.3.4. Con il settimo motivo aggiunto è stata dedotta la violazione della Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti persistenti del 22 maggio 2001: le delibere sarebbero affette da eccesso di potere e carenza di istruttoria perché mancherebbero di ogni indicazione sulle alternative impiantistiche per evitare la formazione e ridurre l’emissione di tali sostanze, in un’ottica di tutela delle esigenze di salute pubblica, nonché delle ragioni che avrebbero giustificato la scelta dell’incenerimento come sistema di smaltimento dei rifiuti. Ha aggiunto l’appellante che la invocata Convenzione non conterrebbe soltanto norme programmatiche, ma anche misure precettive e suscettibili di immediata attuazione, sicché la violazione degli obblighi da essa derivanti e la legittimazione di comportamenti amministrativi contrastanti con gli obiettivi ivi indicati costituirebbe palese violazione di obblighi internazionali.
Anche tale doglianza è infondata.
Non sussiste alcuna violazione della Convenzione di Stoccolma giacché, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, essa contiene solo misure programmatiche e, in assenza di provvedimenti attuativi, non è direttamente applicabile, sicché, come bene osservato dal giudice di prime cure, non è sostenibile che la realizzazione dell’impianto in parola “si ponga in contrasto con l’obbligo di conformare l’azione amministrativa a quanto prescritto dall’invocata convenzione”.
Si deve aggiungere che in ogni caso la Convenzione non ha vietato la realizzazione di termovalorizzatori, ma ha previsto solo l’adozione delle migliori tecnologie possibili disponibili per la riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti e la prevenzione della loro produzione, ove possibile: la previsione di un impianto di recupero dell’energia ha, dunque, un effetto di riduzione di tali inquinanti, andando a sostituirsi ad eventuali sorgenti di emissione già esistenti. Quanto alla valutazione delle possibili alternative tecnologiche, si tratta di materia non riconducibile alla funzione pianificatoria, bensì ai procedimenti autorizzativi previsti dalle norme vigenti per i singoli impianti.
16.3.5. Con l’ottavo motivo aggiunto, WW. ha lamentato la pericolosità degli impianti di incenerimento e la mancanza di ogni valutazione e verifica, malgrado i rischi sanitari per le popolazioni esposte, sull’esistenza di scelte impiantistiche alternative e sulla non evitabilità di quelle effettuate.
Le amministrazioni avrebbero omesso di effettuare le necessarie comparazioni impiantistiche e non sarebbe stato sufficiente sostenere che gli impianti alternativi non consentirebbero di eliminare il ricorso finale alla discarica e al trattamento termico con ulteriori problemi determinati dalle emissioni maleodoranti, tanto più che il ricorso alla discarica non sarebbe evitato, ma anzi aggravato dall’inceneritore, dovendo le scorie solide generate, in ingenti quantità, dalla combustione essere smaltite proprio in discarica; inoltre, sempre secondo l’appellante, sarebbe mancata ogni verifica e valutazione e di conseguenza qualsivoglia motivazione circa l’impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero che costituirebbe una precondizione per la combustione dei rifiuti con produzione di energia ai sensi dell’art. 182, così che non sarebbe stato neppure verificabile la congruità e la ragionevolezza della scelta operata sotto il profilo dell’illogicità, contraddittorietà e completezza dell’istruttoria effettuata.
La doglianza deve essere respinta essendo sufficiente osservare che, come del resto condivisibilmente affermato dalla sentenza impugnata, il Piano provinciale non prevede uno smaltimento indiscriminato dei rifiuti e il loro incenerimento, ma l’incremento della fase preventiva di raccolta differenziata e diverse tipologie di trattamento che vanno a formare un ciclo di gestione integrata dei rifiuti che comporta sia il recupero di materia, sia la produzione di energia: sicché mentre la discarica è un processo di mero smaltimento, il termovalorizzatore integra attività di recupero di energia. Il che rende prive di qualsiasi fondamento le suggestive argomentazioni svolte con il gravame.
16.3.6. Non merita favorevole considerazione il nono motivo aggiunto con cui WW. ha censurato la scelta dello spostamento dell’ubicazione dell’impianto, ricadente sempre nell’area di Case Pa., ma traslato di alcune centinaia di metri dal confine di (omissis) a quello di Firenze, a seguito di osservazioni formulate dal primo Comune, senza rinnovare l’intero l’iter procedimentale, pur essendo interessato un numero maggiore di cittadini rispetto a quello oggetto della stimata dalla VIS, non potendo condividersi la sbrigativa conclusione del primo giudice secondo cui tale modifica non avrebbe comportato un sostanziale mutamento dell’individuazione del sito di interesse.
Invero dalla lettura del Piano provinciale (delibera n. 133 del 2006) si evince che lo stesso individua il sito di ubicazione dell’impianto nell’area a servizi tecnologici del Comune di (omissis) indicato come Case Pa., facendo riferimento all’intera area. Lo spostamento del termovalorizzatore in posizione più vicina al confine con il Comune di Firenze piuttosto che a quello con (omissis) non costituisce affatto una modifica del sito prescelto per l’ubicazione dell’impianto, in quanto questo viene sempre a ricadere all’interno del perimetro dell’area prescelta: piuttosto, l’esatta e puntuale ubicazione dell’impianto all’interno di questa area è lasciata alla VIA per consentire l’aggiustamento della posizione dell’impianto in funzione dei criteri di valutazione ambientale.
16.4. L’appellante si duole anche del mancato accoglimento delle censure sollevate col ricorso 619/2015, rivolto ad ottenere l’annullamento delle deliberazioni riguardanti l’approvazione del Piano industriale e delle deliberazioni della Provincia relative alla verifica di conformità del Piano industriale al Piano provinciale, asseritamente inficiate da vizi di illegittimità derivata da quelli fatti valere con il ricorso n. 24/2003, nonché da vizi propri, dedotti con censure che la sentenza avrebbe respinto con motivazione approssimativa, superficiale e non condivisibile.
16.4.1. In particolare, secondo la prospettazione dell’appellante, che giustifica la propria legittimazione ad agire in relazione all’interesse ambientale sotteso alla controversia, il Piano industriale sarebbe illegittimo perché assumerebbe a riferimento del sistema impiantistico il valore massimo atteso nella produzione di rifiuti riferito all’anno 2007, mentre non spetterebbe all’A.T.O. modificare i contenuti essenziali del Piano che sono di spettanza del Consiglio regionale e del Consiglio provinciale.
Inoltre l’appellante ha contestato la legittimità della prosecuzione dell’attività istruttoria per la realizzazione dell’inceneritore avendo la provincia richiesto all’A.T.O. la progettazione preliminare degli impianti tra i quali anche l’inceneritore della Piana Fiorentina: in realtà, non essendo ancora giunta a conclusione la VIS al momento dell’adozione del delibere impugnate (risalenti all’anno 2004), non poteva aver corso l’ulteriore istruttoria per la progettazione dell’impianto.
E’ stata anche dedotta l’illegittimità del Piano industriale nella parte in cui avrebbe privilegiato anch’esso, conseguenzialmente alle indicazioni del Piano provinciale, la destinazione ad incenerimento di un ingente quantitativo di rifiuti speciali e dei fanghi di depurazione, invece di ritenere preferibile il loro recupero; né convincerebbe, ad avviso dell’appellante, l’assunto in base al quale detti fanghi verrebbero avviati a combustione solo se intercettabili; è stato ribadito che tale opzione si porrebbe comunque in palese contrasto con il principio di gerarchia di gestione e con il Piano regionale, secondo cui la naturale e prioritaria destinazione riservata ai fanghi di depurazione sarebbe quella di recupero e riutilizzo, mentre la possibilità di smaltimento mediante combustione costituirebbe ipotesi meramente residuale.
16.4.2. Le doglianze devono essere respinte.
Ad avviso della Sezione il Piano industriale ben poteva assumere a riferimento del sistema impiantistico il valore massimo atteso nella produzione dei rifiuti riferito all’anno 2007, rientrando, infatti, tra i poteri dell’ATO quello di modificare i contenuti essenziali del Piano. L’art. 26 della legge regionale 25 del 1998 autorizzava la Provincia a prescrivere alle Comunità d’ambito le modifiche necessarie al fine di rendere il Piano industriale conforme al Piano provinciale: la possibilità che i flussi da gestire si discostino da quelli descritti nel Piano è correlata all’esigenza di considerare le situazioni reali che verranno in essere durante la sua attuazione.
E’ stata, inoltre, la legge regionale di riferimento a richiedere la progettazione preliminare di tutti gli interventi. Le conclusioni della VIS, comunque, non avevano condotto ad un risultato di totale esclusione del progetto in relazione alla sua fattibilità nel luogo indicato, bensì alla necessità di un approfondimento per introdurre elementi cautelativi a tutela della salute della popolazione residente.
La VIS concludeva, infatti, per l’accettabilità del piano di insediamento, pur con una serie di prescrizioni inerenti alle proposte misure di mitigazione ambientale.
Né la VIS doveva necessariamente essere estesa alle altre localizzazioni previste dal Piano con riferimento alla I fase di screening.
Visto che il Piano provinciale correttamente conteneva una disciplina per i rifiuti speciali, anche il Piano industriale poteva tenere in considerazione i rifiuti speciali non pericolosi. In relazione ai fanghi di depurazione il Piano provinciale e il Piano industriale facevano riferimento, quanto alla quota di fanghi da avviare a termovalorizzazione, alla sola quota intercettabile, peraltro residuale, essendo invece con priorità privilegiati, per quanto non intercettato, processi di smaltimento alternativi alla termodistruzione.
16.5. L’appellante ha riproposto anche le doglianze articolate con il ricorso 770/2008, proposto avverso le delibere di A.T.O. 6 contenenti modifiche al Piano industriale, censurate sia per vizi da illegittimità derivata, con riferimento ai vizi fatti valere con i motivi aggiunti al ricorso 24/2003, sia per vizi loro propri, e ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha accolto detti motivi di doglianza.
16.5.1. In particolare, il giudice di prime cure avrebbe errato nel ritenere infondata la censura in base alla quale, poiché il Piano industriale non prenderebbe in considerazione l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata dei rifiuti indicato per il 2012, l’incenerimento della parte residua come tecnica di smaltimento si porrebbe in contrasto con l’attuazione di una progressiva riduzione dei rifiuti e con l’obiettivo minimo di raccolta differenziata indicato per l’anno 2012 dall’articolo 205 del Testo Unico ambientale. Ciò avrebbe dovuto tradursi, secondo la prospettazione dell’appellante, nella stima di un diverso fabbisogno di smaltimento. Non sarebbe corretto ritenere, come fatto dalla sentenza appellata, che la programmazione della capacità dell’impianto poggerebbe su ragioni di carattere prudenziale e che il mancato raggiungimento dell’obiettivo fissato non comporterebbe di per sé la illegittimità delle previsioni del Piano. Gli obiettivi di legge (indicati, peraltro, anche dall’articolo 1, comma 1109, della legge finanziaria per il 2007, della quale l’Associazione appellante contesta pure la violazione) dovevano, invece, essere recepiti dal Piano industriale al fine di una corretta valutazione dei fabbisogni impiantistici di lungo periodo.
16.5.2. La doglianza è infondata.
Quanto alla presunta illegittimità del piano industriale che non conterrebbe la previsione dell’obiettivo del 65% della raccolta differenziata dei rifiuti entro l’anno 2012, la pianificazione di ambito effettuava previsioni e dimensionamenti del sistema fino alla data del 2010, anno in cui l’obiettivo previsto dalla legge era il 50% e si poneva un obiettivo di eccellenza del 55%: a livello nazionale, inoltre, non esiste una definizione del metodo per la determinazione del valore di raccolta differenziata.
Peraltro, la previsione normativa di obiettivi da raggiungere per la raccolta differenziata non esclude che la pianificazione debba avere carattere prudenziale, in assenza di elementi che consentano di ritenere prevedibile un trend di riduzione nella produzione dei rifiuti.
16.6. WW. ha, infine, censurato la sentenza impugnata nella parte in cui non ha accolto i motivi formulati nel ricorso 2194/2008 avverso le delibere con cui le Province di Firenze, di Prato e di Pistoia hanno dato esecuzione al Piano straordinario d’ambito previsto dalla legge regionale 61 del 2007, deducendone l’illegittimità derivata per le stesse violazioni contestate con i motivi aggiunti: detto Piano, dal momento della sua adozione, sostituiva i Piani industriali.
Le delibere in esame sarebbero, altresì, illegittime per vizi propri, poiché adottate in violazione degli artt. 7 e 13 della l. n. 241 del 1990, nonché per omessa applicazione della legge regionale 25 del 1998 sulla formazione degli atti in tema di Piani industriali, lesiva del diritto dei cittadini di partecipare alla formazione di tali atti. Invero il richiamato articolo 13 della legge sul procedimento, mentre esclude le garanzie partecipative con riguardo agli atti amministrativi generali, stabilisce che per essi restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; è stato anche evidenziato che tale piano non avrebbe avuto valore soltanto ricognitivo dei Piani industriali in precedenza approvati, ma anche valore provvedimentale, sicché andavano attivate le procedure partecipative previste ex lege.
La doglianza è infondata.
Trattandosi di atti di pianificazione non trovavano applicazione le norme sulla partecipazione previste dagli artt. 7 e 13 della L. 241 del 7 agosto 1990; neppure trova applicazione la L.R. 25 del 1998 in tema di formazione dei Piani industriali, non estensibile oltre i casi ivi contemplati.
E’ da aggiungere comunque che per l’adozione del Piano straordinario le modalità procedimentali sono state individuate ai sensi dell’art. 27 della L.R. 61 del 2007, che ha modificato la normativa regionale previgente, e sono corrette perché conformi a tale normativa. Il Piano straordinario, infatti, come correttamente dedotto nella sentenza impugnata, non è un nuovo atto di pianificazione, ma uno strumento attuativo della pianificazione provinciale vigente.
17. Sulla scorta delle considerazioni svolte l’appello deve essere respinto, nei sensi di cui in motivazione.
18. Sussistono giusti motivi, in ragione dell’evidente complessità delle questioni giuridiche oggetto di trattazione, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge nei sensi di cui in motivazione.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Carlo Saltelli – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere, Estensore
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