La massima
1. Il decreto presidenziale, divenuto definitivo, è assimilabile al giudicato amministrativo e, quindi, è suscettibile di ottemperanza sulla scorta dei lineamenti normativi enucleati dagli articoli 112 e seguenti del codice del processo amministrativo.
2. La qualificazione della decisione su ricorso straordinario come decisione di giustizia inquadrabile nel sistema della giurisdizione amministrativa conduce al precipitato indefettibile della collocazione del decreto che definisce il ricorso al Capo dello Stato, reso in base al parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, nel novero dei provvedimenti del giudice amministrativo, di cui alla lettera b) dell’art. 112, comma 2, c.p.a., con la conseguenza che il ricorso per l’ottemperanza deve essere proposto, ai sensi dell’art. 113, comma 1, dello stesso codice, dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica “il giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta.
3. Poiché l’azione di ottemperanza si prescrive in dieci anni, una eventuale pronuncia di inammissibilità comporterebbe la riproponibilità del ricorso entro detto termine ed appare quindi conforme al principio del giusto processo, di cui all’art. 111 Cost. richiamato dall’art. 2 del Codice al comma primo, privilegiare, nell’interpretazione delle norme processuali, le soluzioni che agevolino la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini.
CONSIGLIO DI STATO
SEZIONE III
SENTENZA 28 ottobre 2013, n. 5162
SENTENZA NON DEFINITIVA
sul ricorso numero di registro generale 4356 del 2013, proposto da:
Salatino Bambina,
rappresentata e difesa dall’avv.to Antonio Ferdinando Nicoletti, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma Lido, via S. Monica, 2,
contro
Unita’ Sanitaria Locale N. 2 – Azienda Sanitaria Regionale dell’Umbria – oggi confluita nell’Azienda Unità Sanitaria Locale Umbria 1,
in persona del Direttore Generale p.t.,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv.to Mariagiovanna Belardinelli, con domicilio eletto presso lo studio della stessa, in Roma, via Cicerone, 44;
– Ministero della Salute,
in persona del Ministro p.t.,
non costituitosi in giudizio,
per l’esecuzione
del Decreto del Presidente della Repubblica del 17.2.2012, emesso all’esito del Ricorso Straordinario al Capo dello Stato n. 03000/2011, concernente .diniego mobilità.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Unità Sanitaria Locale Umbria N. 1 (già Azienda Sanitaria Regionale dell’Umbria – USL N. 2);
Visto che non si è costituito in giudizio il Ministero della Salute;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;
Relatore, alla camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2013, il cons. Salvatore Cacace;
Uditi per le parti, alla stessa camera di consiglio, i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I.) Prospetta l’istante, col ricorso di cui in epigrafe, di riassunzione di un giudizio di ottemperanza già proposto dinanzi al T.A.R. per il Lazio che con Ordinanza n. 4879/2013 ha dichiarato la propria incompetenza a decidere indicando questo Consiglio come giudice competente, di aver a suo tempo proposto, in data 7.5.2011, ricorso straordinario al Capo dello Stato, contro l’Unità Sanitaria Locale n. 2 – Azienda Sanitaria Regionale dell’Umbria, e nei confronti, altresì, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute, per l’annullamento della delibera n. 771 del 7.12.2010 del Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria predetta, di indizione di un concorso pubblico a 5 posti di dirigente medico, nonché della delibera n. 162 del 16.3.2011, sempre del Direttore Generale della ripetuta Azienda, di rigetto dell’istanza di mobilità avanzata dalla medesima dott.ssa Salatino. Soggiunge che all’esito della procedura di ricorso, lo stesso veniva accolto, previo parere del Consiglio di Stato, con DPR del 17.2.2012, e che tuttavia l’Amministrazione, invece di procedere al trasferimento della ricorrente o quanto meno nei confronti della stessa alla rinnovazione del colloquio (all’esito del quale era stata giudicata inidonea), adottava, con delibera del 21.2.2012, un nuovo Regolamento sulla Mobilità nonchè, di seguito, il 5.4.2012, un nuovo avviso di indizione di procedure per la copertura di otto posti vacanti di dirigente medico (area medica e delle specialità mediche, disciplina di medicina interna) mediante l’istituto della mobilità volontaria, dettando peraltro criteri totalmente differenti rispetto a quelli del precedente avviso di mobilità cui la ricorrente aveva partecipato.
II.) Assume che il secondo avviso di mobilità non attribuisce alla ricorrente l’utilità che il provvedimento in esecuzione le aveva riconosciuto, impedendole, questa volta, ab initio, di accedere ai posti in questione. Soggiunge al riguardo di aver quindi adito nuovamente l’Organo amministrativo per far valere la difformità dell’atto sopravvenuto rispetto alla legge. Nel contempo prospetta (rilevando che il cumulo delle domande è ammissibile in base all’art. 32 del C.P.A.), elusione del giudicato amministrativo, determinata dal nuovo Regolamento per la mobilità adottato dall’Azienda convenuta e dalla nuova procedura di mobilità avviata dall’Azienda stessa (mentre la precedente è ancora pendente non essendo stata annullata dal Decreto Presidenziale del 17.2.2012), poiché l’Amministrazione avrebbe dovuto riattivare, alla stregua del Decreto suddetto, la procedura medesima con valutazione di idoneità della Dott.ssa Salatino e con il consequenziale suo trasferimento. Invece, sono stati introdotti nuovi e diversi requisiti per escludere nuovamente la dott.ssa Salatino, il cui diritto al trasferimento era stato riconosciuto alla stregua dell’iter argomentativo seguito nel parere del Consiglio di Stato ratificato con il Decreto Presidenziale del 17.2.2012. Chiede quindi: A) che si ordini alla Azienda convenuta di dare esecuzione a tale Decreto (con il trasferimento dell’istante in uno dei posti vacanti presso l’USL n. 2 dell’Umbria o in subordine rinnovando il colloquio), e si nomini sin d’ora un Commissario ad acta per il caso di persistente inadempienza della P.A.; B) che, in alternativa, si adottino gli atti necessari a dare esecuzione alla decisione di cui trattasi, in luogo dell’Amministrazione; C) che vengano annullati o dichiarati nulli l’avviso di mobilità pubblicato il 5.4.2012 e il Regolamento di Mobilità Volontaria adottato con delibera n. 2 del 21.2.21012; D) che sia accertata, infine, la responsabilità dell’Azienda Sanitaria convenuta (per mancata esecuzione, violazione ed elusione della decisione oggetto di ricorso per ottemperanza) e per l’effetto la stessa sia condannata a risarcire il danno, da quantificarsi equitativamente in euro 88.252,80 o in altra somma maggiore o minore ritenuta di giustizia.
L’Azienda Sanitaria si è costituita in giudizio, eccependo, con successiva memoria, l’inammissibilità del ricorso sotto varii profili e chiedendone comunque il rigetto per infondatezza.
Non si è costituito in giudizio il Ministero della Salute.
Con memoria in data 3 settembre 2013 la ricorrente ha integrato le eccezioni e deduzioni contenute nel ricorso introduttivo.
Con memorie rispettivamente in data 20 e 21 settembre 2013 l’Azienda Sanitaria e la ricorrente hanno brevemente replicato agli scritti avversarii.
III.) Premesso quanto sopra, il Collegio, rileva:
– che il ricorso all’esame si sostanzia in una azione di ottemperanza nei confronti di un decreto decisorio di ricorso straordinario, proposta mediante riassunzione del giudizio già proposto dinanzi al T.A.R. per il Lazio, che ha declinato la propria competenza a decidere;
– che, come già correttamente osservato dal T.A.R., la questione dell’ammissibilità del ricorso per ottemperanza dei decreti di accoglimento di ricorsi straordinari al Capo dello Stato, adottati a seguito del parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, è stata già risolta in senso positivo sia dalla giurisprudenza della Corte di cassazione (per tutte SS.UU. n. 2065 del 28 gennaio 2011) sia dalla successiva giurisprudenza amministrativa recepita dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio ( vedi sentenze n. 18/2012 e n. 9/2013 ), che hanno fatto leva sul riconoscimento della natura intrinsecamente giurisdizionale di una procedura culminante in una decisione caratterizzata, nel regime generale di alternatività, dalla stabilità tipica del giudicato e, quindi, bisognosa di una tutela esecutiva pienamente satisfattoria.
– che, sulla base di tale condivisibile indirizzo, il decreto presidenziale, divenuto definitivo, è assimilabile al giudicato amministrativo e, quindi, è suscettibile di ottemperanza sulla scorta dei lineamenti normativi enucleati dagli articoli 112 e seguenti del codice del processo amministrativo;
– che, quanto alla questione di competenza, la qualificazione della decisione su ricorso straordinario come decisione di giustizia inquadrabile nel sistema della giurisdizione amministrativa conduce al precipitato indefettibile della collocazione del decreto che definisce il ricorso al Capo dello Stato, reso in base al parere obbligatorio e vincolante del Consiglio di Stato, nel novero dei provvedimenti del giudice amministrativo, di cui alla lettera b) dell’art. 112, comma 2, c.p.a., con la conseguenza che il ricorso per l’ottemperanza deve essere proposto, ai sensi dell’art. 113, comma 1, dello stesso codice, dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica “il giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta” ( conf., per tutte, Cass. sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2065 e 15 marzo 2012, n. 2129; Cons. Stato, Ad. Plen,. 5 giugno 2012, n. 18 n. 9/2013, cit.; sez. IV, 29 agosto 2012, n. 4638; sez. VI, 10 giugno 2011, n. 3513 );
– che l’art. 114, comma primo, cod. proc. amm. prescrive che il ricorso per l’ottemperanza sia notificato a tutte le parti del giudizio definito con il provvedimento, della cui esecuzione si tratta;
– che l’omessa notifica a taluna delle parti suindicate non è sanzionata dall’inammissibilità del gravame, atteso che l’art. 114, comma primo, cit. non prevede tale conseguenza in simili ipotesi;
– che l’art. 27 del Codice prevede che il contraddittorio possa sempre essere integrato, quando il giudizio è stato promosso solo contro alcune delle parti e non si è verificata alcuna decadenza;
– che, poiché l’azione di ottemperanza si prescrive in dieci anni, una eventuale pronuncia di inammissibilità comporterebbe la riproponibilità del ricorso entro detto termine ed appare quindi conforme al principio del giusto processo, di cui all’art. 111 Cost. richiamato dall’art. 2 del Codice al comma primo, privilegiare, nell’interpretazione delle norme processuali, le soluzioni che agevolino la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini;
– che pertanto, sulla base di quanto appena sopra osservato, l’eccezione di nullità della riassunzione sollevata dall’Azienda resistente non ha fondamento e va respinta, dovendosi precisare che la notifica dell’atto di riassunzione alla parte personalmente anziché al procuratore costituito nel giudizio a quo ai sensi dell’art. 125 disp. att. cod. proc. non è motivo di nullità dell’atto introduttivo, non risultando che tale scelta abbia comportato pregiudizii o limitazioni al diritto di difesa dell’Azienda stessa (diritto, che, con la regolare costituzione in giudizio e le difese svolte da essa parte intimata, risulta ampiamente esercitato) e che essa dunque non abbia garantito il corretto ripristino del contraddittorio nei confronti della controparte, atteso anche che, in caso di nullità della notifica dell’atto di riassunzione, il giudice deve ordinare la rinnovazione della notifica medesima entro un termine perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà poi l’eventuale estinzione del giudizio;
– che, contrariamente a quanto eccepito dall’Azienda intimata, nessun errore sulla esatta identificazione della controparte risulta contenuto nell’atto di riassunzione, che validamente è stato notificato dalla ricorrente, come risulta sia dall’intestazione dell’atto che dalla relativa relata di notifica, alla “UNITA’ SANITARIA LOCALE N. 2 – Azienda Sanitaria Regionale dell’Umbria – ad oggi confluita nell’Azienda Unità Sanitaria locale Umbria 1”, la quale ultima è appunto subentrata, ai sensi dell’art. 60 L.R. Umbria n. 18/2012, in tutti i rapporti già di pertinenza della prima;
– che, peraltro, il corretto ripristino del contraddittorio nei confronti delle controparti, da individuarsi in tutte le Amministrazioni evocate nel procedimento instaurato con il ricorso straordinario accolto con il D.p.r. la cui esecuzione è oggetto del ricorso all’esame non risulta assicurato né nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nemmeno evocata nel presente giudizio con l’atto di riassunzione, né nei confronti del Ministero della Salute, non costituitosi in giudizio, la notifica nei confronti del quale risulta effettuata presso la sede dell’Amministrazione e non, invece, come prescritto dall’art. 11, comma 3, del t.u. 30 ottobre 1933, n. 1611, presso l’ufficio dell’Avvocatura erariale, nel cui distretto ha sede l’Autorità giudiziaria adita;
– che tanto obbliga questo Giudice a concedere termine, come indicato in dispositivo, per la rinnovazione della notifica nei confronti del detto Ministero e per l’integrazione del contraddittorio nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, da effettuarsi con le modalità prescritte dalla legge;
– che va rinviata al definitivo ogni altra decisione in rito, sul merito e sulle spese;
P.Q.M.
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), non definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, ordina alla ricorrente di procedere alla notifica dell’atto di riassunzione al Ministero della Salute ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel termine di decadenza di giorni trenta a decorrere dalla data di notifica ( o, se anteriore, dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa ) della presente decisione, con onere, parimenti a pena di decadenza, di provvedere al deposito in giudizio di prova delle effettuate notifiche entro quindici giorni dall’ultima delle stesse.
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