Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 2 marzo 2015, n. 1018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE TERZA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3240 del 2014, proposto da:
Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via (…);
contro
Do.Cr., rappresentato e difeso dagli avv. Ar.Pr. e Fr.Mu., con domicilio eletto presso Fr.Mu. in Roma, Via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE IV n. 00478/2014, resa tra le parti, concernente mancata idoneità al s.d.i. nel corpo dei vigili del fuoco;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Do.Cr.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 novembre 2014 il Cons. Alessandro Palanza e uditi per le parti l’avvocato Mu. e l’avvocato dello Stato Sc.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Il Sig. Do.Cr. impugnava dinnanzi al TAR Campania il verbale della Commissione Medica Ospedaliera (CMO) istituita presso il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Caserta con il quale egli – a seguito di un giudizio diagnostico identificativo di una insufficienza renale cronica a grado inabilitante – veniva giudicato non idoneo permanentemente al S. D. I. nel Corpo dei Vigili del Fuoco, anche se idoneo parzialmente per il settore operativo, nonché gli OO.GG di trasferimento ed assegnazione provvisoria con sospensione temporanea dal Servizio Urgente di Soccorso.
2. – Con sentenza n. 478 del 4 febbraio 2014 il TAR Campania accoglieva il ricorso ritenendo sussistente la dedotta censura di eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erroneità dei presupposti in relazione ai requisiti normativi richiesti per l’espletamento delle mansioni nel settore operativo di soccorso del Corpo dei VV.FF avanzata nei motivi di gravame. Argomenta il giudice di prime cure che gli esiti dell’accertamento condotto dalla CMO contrastano con la tabella A allegata al DM 28.2.2002, alla quale risultano invece conformi le conclusioni espresse dalla consulenza tecnica d’ufficio disposta dal Tribunale, le quali, pur confermando la patologia riscontrata dalla CMO, escludono ripercussioni pregiudizievoli ai fini della piena idoneità al servizio. Per il TAR sussiste quindi un difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti nella determinazione della CMO, in assenza di un nesso tra la gravità in sé della malattia e l’esistenza di esiti o postumi invalidanti della stessa. Ne deriva la caducazione dell’atto in sede giurisdizionale con contestuale assorbimento degli ulteriori motivi addotti da parte ricorrente ed invalidazione dei provvedimenti successivi adottati dall’Amministrazione resistente.
3. – Propone appello il Ministero dell’Interno che, con un unico motivo di diritto, impugna e contesta la decisione del TAR Campania, assumendo che la predisposizione di una c.t.u da parte del Tribunale rappresenti uno sconfinamento dei poteri ad esso riservati, in quanto incidente sul merito amministrativo, sottratto al sindacato di legittimità del G.A. Inoltre la stessa C.T:U., pur avendo accertato la esistenza della medesima patologia individuata dalla CMO, ne trae diverse conseguenze, pur prevedendo che l’interessato debba sottoporsi a specifico controllo almeno 4 volte l’anno e dunque contraddicendo la sua dichiarazione di piena idoneità al servizio.
4. – Con propria memoria di costituzione il signor Do.Cr. assume l’infondatezza dell’appello così avanzato, riproponendo i motivi dedotti durante il giudizio di primo grado e ritenendo perfettamente esperibile nel caso de quo il sindacato di legittimità da parte del G.A., stante il palese travisamento dei fatti e l’irragionevolezza manifesta dell’originario provvedimento impugnato.
5. – La causa è stata discussa ed è passata in decisione all’udienza pubblica del 13 novembre 2014.
6. – L’appello è fondato nei limiti di cui alla seguente motivazione.
6.1. – Deve essere preliminarmente richiamata la consolidata giurisprudenza sui limiti del controllo giurisdizionale nelle materie connotate dalla discrezionalità valutativa delle Amministrazioni procedenti ai fini della verifica dei parametri di correttezza dell’azione amministrativa nonché della giusta applicazione al procedimento delle regole tecniche necessarie per l’adozione di una decisione finale ragionevole e non abnorme nei suoi contenuti. Ferma la piena giurisdizione sugli eventuali vizi del procedimento, il sindacato del giudice amministrativo sulla sfera riservata alla discrezionalità amministrativa è ammissibile ove si basi non su una diversa valutazione di merito, ma sul riscontro di elementi oggettivi sintomatici di un cattivo uso della discrezionalità quali travisamenti di fatto, evidenti illogicità, erroneità dei presupposti.
6.2. – Nel caso di specie il TAR ha fondato la propria pronuncia sulla base delle risultanze istruttorie derivanti dalla consulenza tecnica d’ufficio dallo stesso richiesta, avendo ritenuto di constatare una evidente incongruenza fra i presupposti medico-legali e le conclusioni tratte dalla C.M.O in ordine alla parziale inidoneità al servizio alla luce della normativa che la regola ed in particolare della tabella A, del DM 28.02.2002.
6.3. – La tabella A allegata al DM 28.2.2002 elenca le patologie incompatibili, in quanto non sanabili, con lo svolgimento del servizio attivo. Alla voce malattie a carico dell’apparato urogenitale sono previste: “Le malattie renali in atto o croniche complicate da insufficienza renale nonché le malattie che necessitano di trattamento dialitico”.
6.4. – Va rilevato che i due accertamenti medici oggetto della controversia sono identici con riferimento alla diagnosi della malattia renale cronica al IV stadio e allo stato attuale del soggetto interessato. Divergono esclusivamente quanto alle conseguenti valutazioni concernenti la idoneità al servizio.
6.5. – Al riguardo, deve in primo luogo osservarsi che la valutazione della CMO in sede amministrativa e la consulenza medica di ufficio possono agire tecnicamente sullo stesso piano quanto all’accertamento della malattia e dello stato fisico del paziente, ma non con riferimento alla verifica di idoneità al servizio, per la quale le valutazioni dell’organo amministrativamente preposto devono presumersi, salva la prova contraria, basate su maggiore preparazione e competenza, stante la conoscenza dei requisiti richiesti dal servizio e la necessaria uniformità dei parametri da adottare, a meno che la stessa perizia non metta in luce violazioni dei parametri normativamente previsti, palesi illogicità o errori nei presupposti. Non ricorrendo tali circostanze nel caso di specie, può affermarsi che la consulenza tecnica si è spinta al di là delle sue competenze. Quanto al merito della valutazione effettuata, la stessa avverte la necessità di aggiungere alla dichiarazione di idoneità anche l’obbligo di almeno 4 accertamenti l’anno sulle condizioni dell’interessato, obbligo che evidentemente inficia la stessa dichiarazione di piena idoneità effettuata, dato che per sua natura essa non può riguardare solo il momento in cui è stata effettuata, ma un ragionevole periodo di tempo futuro.
6.6. – Il TAR basa la sua pronuncia su una interpretazione “logico sistematica”della espressione “non sanabili” riferita alle patologie elencate nella Tabella A del DM 28.02.2002, che opererebbero come causa di inidoneità soltanto ove le cure non riuscissero ad evitare immediati effetti sulla situazione fisica dell’interessato. Questa interpretazione non ha riscontri nella lettera della norma dato che la insufficienza renale, senza particolari qualificazioni, è chiaramente indicata dalla tabella A come causa di inidoneità al servizio attivo, distintamente dal caso più grave che richiede il trattamento dialitico. L’espressione di patologia non sanabile non si riferisce quindi alla curabilità dei sintomi, come ritenuto dal TAR, ma alla curabilità delle cause, in relazione alla funzione propria degli accertamenti di idoneità al servizio.
6.7. – Va infine rilevato che, nel caso in esame, non si tratta neppure di una totale inidoneità al servizio attivo, a cui è riferito l’elenco di patologie di cui alla già citata tabella A, ma di una parziale inidoneità all’impiego nel Servizio tecnico urgente di soccorso, restando l’interessato comunque idoneo alle mansioni tipiche delle attività collaterali di soccorso.
7. – In base alle considerazioni che precedono, l’appello deve essere pertanto accolto con riferimento al verbale della Commissione Medica Ospedaliera (CMO) ed è accolto con riferimento agli OO.GG di trasferimento ed assegnazione provvisoria con sospensione temporanea dal Servizio Urgente di Soccorso nel limite in cui l’Amministrazione – nel determinare l’impiego dell’interessato nelle mansioni tipiche delle attività collaterali di soccorso alle quali resta certamente idoneo sulla base della certificazione operata dalla CMO – tenga conto delle attitudini, della esperienza e dell’attuale residenza dell’interessato al fine di ridurre per quanto possibile l’impatto delle determinazioni da adottare sulle condizioni di vita e di lavoro.
8. – In relazione alla natura delle questioni e all’alterno andamento del giudizio, le spese per entrambi i gradi devono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
accoglie l’appello nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo – Presidente
Carlo Deodato – Consigliere
Salvatore Cacace – Consigliere
Roberto Capuzzi – Consigliere
Alessandro Palanza – Consigliere, Estensore
Depositata In Segreteria il 2 marzo 2015

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