Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 19 dicembre 2014, n. 6185

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2118 del 2014, proposto da:

En. S.r.l.,

in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’avv.to An.Va. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, in Roma, via (…),

contro

Lo. S.p.A. ed altri (…),

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO – SEZIONE III n. 02642/2013, resa tra le parti, concernente procedura aperta per selezione di unico operatore per erogazione servizi di rete del sistema informativo socio-sanitario – ris. danni.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lombardia e di Lo. S.p.A.;

Visto che non si è costituita in giudizio B. S.p.A.

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese;

Vista la sentenza parziale n. 3300/2014;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2014, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;

Uditi, alla stessa udienza, l’avv. An.Va. ed altri (…);

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Lo. S.p.A., all’uopo incaricata dalla Regione Lombardia con delibera IX n. 1153 del 29 dicembre 2010, con bando pubblicato sulla G.U.U.E. 2012/S 36-058459, ha indetto una gara comunitaria a procedura aperta per la selezione di un unico fornitore (definito “Network Provider” o “NP”) a livello regionale per l’erogazione dei servizii di rete SSIS da erogare presso le ASL, gli Enti Erogatori Pubblici e i privati accreditati, le strutture socio-sanitarie, gli ambulatorii di MMG/PDF e le farmacie aventi sede in Lombardia.

La società odierna appellante, operatore autorizzato ad installare una rete di comunicazioni elettroniche e ad offrire al pubblico servizii di telefonia, ha impugnato dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, il bando ed il disciplinare, con riferimento alle parti (punto III.2.3 del bando e punto 4.2.1 a.2 del disciplinare), che prevedono gli specifici requisiti di capacità tecnica, che ciascun concorrente deve soddisfare a pena di esclusione.

Gli atti di gara in questione, esponeva essa col ricorso originario, “sono illegittimi nella parte in cui la lex specialis ha di fatto arbitrariamente ed illegittimamente limitato il numero degli operatori che possono partecipare alla procedura aperta in questione, imponendo – a pena di esclusione – un requisito tecnico sproporzionato.

Si tratta, in particolare, del II.2.3, lett. B del bando, ai sensi del quale è previsto che il concorrente (o la mandataria di un RTI) abbia:

(i) realizzato una fornitura di servizi di connettività (nella specie, SPC verso una Pubblica Amministrazione) di valore pari ad almeno euro 1.500.000 nell’ultimo triennio o, in alternativa, (ma, si vedrà, inverosimile),

(ii) realizzato e gestito una infrastruttura di rete geografica per un solo cliente, costituita da 12.000 punti di accesso al servizio” (pag. 9 ric.).

Esperita la gara senza la sua partecipazione, la ricorrente, a séguito del provvedimento di aggiudicazione, ha proposto motivi aggiunti, censurando la normativa di gara sotto un “duplice profilo di illegittimità sopravvenuta”, che la rende a suo avviso viziata, in quanto “assecondata a tale aggiudicazione, a seguito di una sua strumentale ed erronea interpretazione, che ha determinato un’asseverazione a posteriori dei requisiti previsti dalla lex specialis al solo fine di legittimare un’offerta altrimenti non meritevole di aggiudicazione” (pag. 9 mott. agg.).

2. – Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato il ricorso per motivi aggiunti inammissibile ed il ricorso introduttivo improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

In particolare, il primo giudice ha ritenuto che, avendo la ricorrente impugnato con i motivi aggiunti l’atto di aggiudicazione definitiva in favore di B. Italia S.p.A. ed avendo omesso di evocare in giudizio l’aggiudicataria, gli stessi dovevano ritenersi inammissibili.

Il T.A.R. ha, inoltre, rilevato come, “conseguentemente”, tanto rende “improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso introduttivo”.

3. – La ricorrente in primo grado ha proposto appello.

Nell’atto di appello è censurata la sentenza, che viene ritenuta “equivoca e contraddittoria” laddove ha statuito l’inammissibilità dei motivi aggiunti per mancata notifica all’aggiudicataria B., dal momento, si afferma, che “Enter non ha impugnato l’aggiudicazione finale (rispetto alla quale B. era controinteressata) né avrebbe potuto in ragione delle condizioni escludenti del bando”.

Nello stesso atto di appello si sostiene, inoltre, che la sentenza è altresì “errata laddove ritiene, alla luce dell’inammissibilità dei motivi aggiunti conseguentemente improcedibile il ricorso introduttivo: il ricorso avverso il bando e gli atti di gara (senza controinteressati predefiniti perché la gara era rivolta al mercato in generale) doveva essere trattato e deciso nel merito indipendentemente dai motivi aggiunti (nella denegata ipotesi di riconosciuta inammissibilità degli stessi)” (pag. 11 app).

Nel merito, sono stati riproposti i motivi (originarii ed aggiunti) proposti in primo grado e non esaminati dal T.A.R., nonché la domanda risarcitoria.

3.1 – Si è costituita in giudizio, articolatamente contestando le deduzioni di appello, la Regione Lombardia.

Con memoria in data 20 maggio 2014 l’appellante ha precisato le sue difese.

Con ulteriore memoria in data 23 maggio 2014 la stessa ha svolto ulteriori considerazioni di sintesi.

All’esito della chiamata e passaggio in decisione della causa alla udienza pubblica del 5 giugno 2014, la Sezione, con sentenza parziale n. 3300/2014, ha:

– statuito la non fondatezza dell’appello, nella parte (primo e secondo motivo) in cui censura la declaratoria, da parte del T.A.R., di inammissibilità dei motivi aggiunti;

– ai fini dell’esame del terzo motivo di appello (con il quale si deduce l’erroneità della sentenza appellata, nella parte in cui ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse) e di quello successivo (con il quale vengono ribaditi i motivi di illegittimità della lex specialis, di cui al ricorso stesso), ritenuto opportuno ordinare l’intervento del terzo aggiudicatario, ai sensi dell’art. 28, comma 3, c.p.a., onerando l’appellante della notifica di “copia del ricorso in appello e della presente decisione … a pena di decadenza, entro il termine di giorni trenta dalla data di notificazione (o, se anteriore, dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa) della decisione stessa, con onere, parimenti a pena di decadenza, di provvedere al deposito presso la Segreteria della Sezione di prova dell’intervenuta notifica, entro il termine di giorni quindici dalla data del suo perfezionamento” (pag. 11 sent.).

In data 17 luglio 2014 l’appellante ha provveduto al deposito dell’atto di integrazione del contraddittorio notificato.

Pur a séguito dell’intervenuta, rituale, intimazione, il terzo aggiudicatario non si è costituito in giudizio.

Si è invece successivamente costituita Lombardia Informatica s.p.a., che, con memoria in data 19 novembre 2014, ha ampiamente argomentato a sostegno della reiezione delle residue domande proposte dall’appellante.

Con memoria in data 25 novembre 2014 l’appellante ha ribadito i punti salienti delle sue domande.

Tutte le parti hanno prodotto memorie di replica, datate 27 novembre (Regione e Lombardia Informatica) e 28 novembre 2014 (appellante).

Conformemente a quanto stabilito con la citata sentenza parziale, la causa è stata nuovamente chiamata e trattenuta in decisione all’udienza pubblica dell’11 dicembre 2014.

4. – All’ésito della disposta integrazione del contraddittorio si può passare all’esame del terzo motivo di appello, con il quale, come s’è detto, si chiede la riforma della sentenza appellata, nella parte in cui ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse; esame, vale qui la pena sottolineare, che non è in alcun modo pregiudicato dalla citata sentenza parziale e di integrazione del contraddittorio, che ha devoluto alla sentenza definitiva ogni ulteriore questione “in rito e nel merito” relativa ai motivi di appello dalla stessa non affrontati.

La censura non è fondata.

Pur avendo la ricorrente impugnato nei termini il bando della gara di cui si tratta (concretamente lesivo dei suoi interessi laddove stabilisce, come presupposti restrittivi ed escludenti la sua partecipazione alla gara, “aver realizzato, complessivamente negli ultimi tre anni di esercizio, una fornitura di connettività SPC verso una pubblica amministrazione di valore pari ad almeno 1.500.000,00 IVA esclusa”, oppure aver “…realizzato e gestito una infrastruttura di rete geografica per un solo cliente, costituita da almeno 12.000 punti di accesso al servizio”), l’omessa, rituale, impugnazione (v. sul punto la sentenza parziale n. 3300/2014) del successivo provvedimento di aggiudicazione della gara stessa, conclusivo della procedura d’evidenza pubblica ed adottato in pendenza di gravame, è tale da determinare, come correttamente rilevato dal T.A.R., l’improcedibilità del ricorso proposto avverso la legge di gara.

Tanto in ragione:

– della necessaria salvaguardia dell’interesse del c.d. controinteressato sopravvenuto (in questo caso l’aggiudicatario della gara), che esige che il ricorrente, che abbia già gravato gli atti di indizione della gara, debba impugnare anche l’aggiudicazione, in modo tale da estendere il petitum di annullamento evocando in giudizio l’aggiudicatario, per il limite generale, che, in tema di retroattività dell’annullamento, investe non solo gli effetti irreversibili ormai prodotti dall’atto di cui si chiede l’annullamento (“factum infectum fieri nequit”), ma anche le situazioni soggettive consolidate di terzi in buona fede (Cons. St., sez. V, 25 novembre 2010, n. 8243; Cons. St., sez. VI, 23 dicembre 2008, n. 6520, 17 gennaio 2011, n. 244 e 23 giugno 2014, n. 3175), che devono essere posti in condizione di “difendere” la definizione dell’esito della gara ridondante a loro vantaggio, anche in relazione ai profili all’origine dedotti, che, una volta intervenuta l’aggiudicazione, non possono che costituire “materia del contendere” per tutte le parti del giudizio e, dunque, pure per il vincitore della gara, che avrebbe dovuto essere messo in grado di conoscere per tempo e formalmente tutti i profili contestati in giudizio (a tale scopo essendo sufficiente riprodurre, in sede di proposizione dei motivi aggiunti rivolti avverso l’aggiudicazione, le censure già poste a fondamento del ricorso introduttivo; ma tale onere, come s’è ampiamente visto in sede di sentenza parziale, la ricorrente non ha ritualmente soddisfatto);

– della odierna natura della aggiudicazione quale atto, nel quale debbono concentrarsi definitivamente tutte le posizioni sostanziali dei soggetti aventi una aspettativa qualificata alla regolare indizione ed al corretto svolgimento della gara, com’è reso palese dal disposto dell’art. 79, comma 5, lett. a), del Codice dei contratti pubblici (a norma del quale, tra i soggetti destinatarii delle comunicazioni volte a realizzare un effetto di conoscenza legale delle determinazioni rilevanti adottate dal seggio di gara, rientrano “coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito”), dalla disposizione della lett. b-ter) dello stesso comma 5 (che agli stessi soggetti prevede sia comunicata la data di avvenuta stipulazione del contratto), dalle previsioni in tema di termine dilatorio per la stipulazione del contratto recate dal comma 5-ter dell’art. 79 cit. e dal comma 10 dell’art. 11 del medesimo Codice, nonché, infine, dalla fissazione di un termine ultimo di sei mesi dalla stipulazione del contratto per la proposizione del ricorso recate dal comma 2 dell’art. 120 c.p.a. Trattasi invero di un complesso di disposizioni che tutte concorrono a definire l’aggiudicazione (ed il contratto che ad essa deve celermente ed indefettibilmente seguire nel termine di cui al comma 9 dell’art. 11 del Codice dei contratti pubblici) come l’atto in grado, da un lato, di attribuire all’aggiudicatario quanto meno una aspettativa giuridicamente qualificata all’esecuzione del contratto cui la gara è preordinata, dall’altro, di produrre, nei confronti di tutti i soggetti qualificatamente interessati alla gara medesima, un effetto immediato, consistente nella privazione definitiva, salvi interventi in autotutela della stazione appaltante od altre vicende non prevedibili né controllabili, del “bene della vita”, rappresentato o dall’aggiudicazione della gara (per coloro che ad essa abbiano partecipato) o dalla effettuazione della gara con diverse regole (per coloro che le regole stabilite dalla stazione appaltante abbiano a monte contestato) o dalla possibilità di risultare affidatario diretto dell’appalto (per coloro che abbiano contestato la possibilità stessa della gara). In questo senso la aggiudicazione si configura come l’atto suscettibile di attrarre tutte le “tensioni” innescate dalle varie valutazioni discrezionali compiute dall’Amministrazione nel corso del procedimento (a partire dalla deliberazione a contrarre), sì che non si può (più) ipotizzare che l’annullamento del bando di gara travolga il provvedimento di aggiudicazione non ritualmente impugnato, pena un irrimediabile contrasto col veduto sistema di diritto sostanziale e processuale, che mira ad accentrare e risolvere ogni questione controversa attinente alla gara in sede di impugnazione della aggiudicazione, com’è reso evidente anche dalle statuizioni degli artt. 121 e ss. c.p.a. in tema di inefficacia del contratto, che attribuiscono al “giudice che annulla l’aggiudicazione definitiva” il potere di dichiarare tale inefficacia, sì che l’ordinamento richiede un espresso annullamento dell’aggiudicazione ed una altrettanto specifica statuizione giudiziale di inefficacia del contratto, in netto e stridente contrasto con la ipotesi che l’aggiudicazione definitiva (ancorché non impugnata) possa essere travolta per effetto dell’annullamento del bando e che il contratto possa ritenersi inefficace in virtù di tale dirompente effetto caducante anziché a séguito di una espressa domanda di parte e della conseguente pronuncia del giudice.

Si ritiene pertanto che l’originario ricorso di primo grado debba essere dichiarato improcedibile per effetto della mancata rituale impugnazione dell’aggiudicazione, sulla quale non può certo produrre effetto sanante l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’aggiudicatario disposta nel presente grado di giudizio, in quanto la sua intimazione è stata disposta solo “ai fini dell’esame di ogni questione in rito e nel merito attinente al motivo di appello all’esame” e comunque non vale certo a rimettere in discussione la pronuncia, resa in sede di sentenza parziale, di inammissibilità dei motivi aggiunti proposti in primo grado avverso l’atto di aggiudicazione.

Da tanto consegue, come già detto, la reiezione del predetto terzo motivo d’appello, nonché l’improcedibilità del quarto motivo (col quale sono stati riproposti i motivi di illegittimità del bando di gara fatti valere con il ricorso originario) e la reiezione della domanda risarcitoria, difettando in radice il presupposto dell’illiceità dell’attività provvedimentale, dalla quale la ricorrente assume esserle derivato un danno.

5. – In conclusione, tenuto anche conto delle statuizioni di cui alla sentenza parziale n. 3300/2014, il ricorso dev’essere in parte respinto ed in parte dichiarato improcedibile.

La complessità di talune delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione tra tutte le parti di spese ed onorarii del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza – definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, in parte lo respinge ed in parte lo dichiara improcedibile e, per l’effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 11 dicembre 2014, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:
Giuseppe Romeo – Presidente
Salvatore Cacace – Consigliere, Estensore
Roberto Capuzzi – Consigliere
Dante D’Alessio – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Depositata in Segreteria il 19 dicembre 2014.

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